CAMMINI SICILIANI > Riflessioni, esperienze, consigli, itinerari... sui "cammini siciliani"

[Introduzione] Sul Cammino di Santiago in Sicilia

(1/1)

Sebastiano:
IL CULTO DI SAN GIACOMO TRA ZUFFE E PENITENZENel Nord della Spagna snoda il suo tracciato il celebre Camino de Santiago, uno dei pellegrinaggi più celebri della storia, lungo oltre 700 chilometri, che trasporta fino a Compostela migliaia di peregrinos. Anche in Sicilia esistevano nel Medioevo numerosi percorsi intrapresi dai pellegrini che intendevano recarsi a Messina e da lì a Roma e a Santiago da una parte o imbarcarsi per Gerusalemme dall' altra, attraverso un sistema di itineraria peregrinorum, caratterizzati dalla presenza di hospitalia, posti di ospitalità, a circa 20-30 chilometri uno dall' altro. L' esistenza di un vero e proprio fascio di Vie Francigene sicule è stata provata dallo storico Giuseppe Arlotta, curatore del volume "Guida alla Sicilia Jacopea" pubblicato nel 2004 dal Centro italiano di studi compostellani, di cui egli è responsabile per la Sicilia. Sulle orme dei pellegrini medievali, nel settembre 2008 la Confraternita di San Jacopo di Compostella ha percorso a piedi un tratto della via Francigena siciliana che conduce da San Giacomo di Camaro (Messina) a San Giacomo di Caltagirone, due luoghi emblematici della tradizione compostellana in Sicilia, e dal 9 e fino a ieri un altro gruppo di devoti ha effettuato da Gratteri a Galati Mamertino il pellegrinaggio delle vie di San Giacomo in Sicilia, ideato da Giacomino Giovanni Franchina dell' Associazione Jacopea. Le cinque tappe, per un totale di 120 chilometri circa, hanno toccato anche Geraci, Sperlinga e Capizzi. Il culto di San Giacomo aveva iniziato a diffondersi in Sicilia tra il XII e il XIV secolo, subito dopo la conquista normanna: secondo Goethe l' intera Europa si era formata nel cammino verso Santiago. Un culto che raggiunge oggi la sua apoteosi nella festa che si svolge annualmente a Caltagirone fra il 23 e il 25 luglio, quando il braccio reliquiario viene portato in processione dentro l' imponente cassa argentea, e migliaia di coppi in "carta briglia" sono accesi simultaneamente dai fedeli con un bastoncino a lenta combustione ( buceddu) formando suggestive immagini sulla celebre scala di Santa Maria del Monte. In alcuni paesi la festa del Santo è stata spostata ad altre date. Il pellegrinaggio di quest' anno è stato programmato per partire esattamente un mese prima della festa che a Gratteri si celebra l' 8 e 9 settembre. San Giacomo era patrono della Spagna e simbolo stesso della Reconquista contro i Mori che aveva reso possibile l' unificazione della nazione; l' antica nobiltà spagnola voleva esercitare un controllo sull' operato del re e considerava San Giacomo il simbolo della potenza ispanica fondata sulla fede e sulla spada. La Sicilia seguiva a ruota le vicende della "Catolicissima Spagna": in molti paesi dell' Isola il patronato di San Giacomo fu sostituito da quello della Madonna ma il culto di San Giacomo conservò una certa importanza. Dalla rivolta antispagnola del 1674 in poi, durante la processione del 25 luglio a Messina, iniziò la consuetudine di togliere la statua del Santo dal ferco lo e, in segno di sottomissione, di sostituirla con una teca con un capello della Madonna: era un segno del cambiamento dei tempi e la sostituzione avviene tuttora puntualmente ogni anno. Esistono tuttora in Sicilia sette Confraternite intitolate a San Giacomo, tutte penitenziali,e quella di Camaro presso Messina ha perfino creato un apposito piccolo museo. A Cammarata sino alla fine dell' Ottocento la confraternita di San Giacomo aveva un pesantissimo gonfalone che era causa di continue e violente contese, finché l' arciprete Manno, irritato dal comportamento dei confrati, lo calpestò e lo distrusse per sempre. Una reliquia della giuntura del dito di San Giacomo era attestata a Capizzi nel 1431, ma nel 1435 essa fu trasferitaa Messina scatenando l' ira della popolazione, che tuttora ogni anno il 26 luglio usa il fercolo del Santo come ariete per distruggere un muro che in origine rappresentava la casa di Sancho Heredia, colpevole di aver eseguito il perentorio ordine di Alfonso il Magnanimo. A Sclafani c' erano un tempo profondi contrasti tra la confraternita di San Giacomo e quella di San Filippo circa l' ordine con il quale esse dovevano uscire in processione, finché nel 1623 le due confraternite rivali si piegarono a un vero e proprio atto di concordia davanti al notaio. In passato i confrati non esitavano ad affrontare grandi sofferenze fisiche: nella sagrestia della chiesa madre di Castiglione è tuttora conservata la "pietra al collo" ( ' a petra ' o coddu ), una grande pietra lavica del peso di otto chili dotata di un foro in cui fare passare la corda, che i confrati in penitenza si legavano al collo facendo il giro di tre altari, percuotendosi con una catena e recitando il mea culpa. Molte le credenze e le superstizioni legate al santo: a Messina le mamme fanno passare i bimbi fra i piedi del fercolo perché credono che in tal modo cammineranno presto. Un' antica leggenda narra di un galletto che era stato cucinato da un oste ma era risorto grazie a San Giacomo per dimostrare l' innocenza di un pellegrino diretto a Santiago che era stato accusato ingiustamente di furto e impiccato dopo aver rifiutato le profferte amorose della figlia dell' oste. Per ricordare l' evento, fino agli anni Trenta sulle mura esterne della chiesa di San Giacomo a Geraci Siculo, si appendevano dei galletti vivi che divenivano il bersaglio di tiratori armati di sassi. Il povero galletto, così miseramente lapidato, veniva poi mangiato in famiglia per devozione a San Giacomo. Pitrè riferisce la credenza che l' anima dopo la morte dovesse andare in Galizia e salire in cielo per il violu di San Jabbicu, cioè la Via Lattea. Il viaggio a Compostela era molto faticoso ed estremamente pericoloso a causa dei malviventi che depredavanoi pellegrini di tuttii loro beni: si diffuse così la figura del pellegrino vicario, una persona che si metteva in cammino dietro compenso di denaro elargito dal penitente che così espiava i suoi peccati. È esemplare il caso del possidente termitano Giacomo de Aricio che nel 1436 obbligava le figlie per testamento a pagare un pellegrino perché andasse a Santiago in sua vece per sciogliere un voto da lui non adempiuto. - MARCELLA CROCE

da Repubblica del 14 agosto 2009   pagina 19   sezione: PALERMO

Navigazione

[0] Indice dei post

Vai alla versione completa