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Il cielo aiuta chi osa, di Elena Martinelli

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Francesco Urso:

Elena Martinelli

Si sa che nel Cammino si è protetti e accompagnati non solo dalle frecce gialle.
Quando si decide di intraprendere il Cammino e si ha la motivazione per farlo, il cielo aiuta chi osa. Di questo me ne sono resa conto già nel primo giorno del mio primissimo Cammino.
Arrivata con l’aereo assieme a mia figlia a Santander nel primo pomeriggio, pensavo di trovare immediatamente i collegamenti per iniziare il nostro cammino a Saint Jean il mattino seguente dopo aver comodamente dormito lì. Ma i contrattempi non tardarono ad arrivare.
All’aeroporto il transfer per la stazione degli autobus sarebbe partito dopo un’ora; ci prendiamo quindi il tempo di mangiare due patatine al bar e io di assumere un analgesico contro il mal di testa che stava inesorabilmente aumentando. Il cielo era coperto e c’era una leggera pioggerellina che rendeva tutto l’insieme grigio.
Arrivate alla stazione, chiediamo informazioni presso l’ufficio omonimo a una impiegata che per tutta risposta chiude lo sportello in faccia dicendoci che sono le 16 e lei chiude. Passiamo alla biglietteria usando il nostro dialetto spagnoleggiante (l’inglese qui non lo parlano) e ci dicono che per oggi è impossibile arrivare in Francia con i bus, bisognava prenotare prima; sarà possibile partire solo l’indomani. Non ci scoraggiamo e andiamo alla stazione dei treni dove constatiamo che il primo treno parte dopo le 19.
Pensiamo allora che ci conviene arrivare almeno al confine con la Francia prendendo un bus che parte alle 17 con destinazione Irun. Il pullman, costato 50 euro a testa, è di gran lusso e la hostess che ci ha servito la merenda ci ha dato anche delle utili indicazioni su come proseguire il viaggio. Ci rilassiamo sul confortevole bus gustandoci il paesaggio e le splendide città che attraversiamo: Bilbao e San Sebastian.
A Irun, ultima città spagnola prima della frontiera con la Francia, chiediamo informazioni per trovare la stazione della metropolitana la cui entrata è una scala nascosta fra due case. La stazione è piccolissima, ci sono poche persone, per lo più anziani che parlano basco. Saliamo sulla metropolitana di superficie, poche fermate e scendiamo a Heydaje, prima cittadina francese. Da qui arriviamo alla stazione dei treni che è sempre da tutt’altra parte e prendiamo al volo il treno diretto a Parigi, destinazione Bayonne. Il treno è zeppo, stiamo in piedi nel corridoio da dove scorgo un pellegrino (il primo che vedo) con zaino, cappello e la famosa conchiglia di Saint Jacques appesa al collo: “Chissà se anche lui farà il nostro percorso”, penso.
In poco tempo arriviamo a Bayonne, dove scopriamo che abbiamo appena perso il treno per Saint Jean, e che il prossimo partirà l’indomani. Sono le 21, siamo in piedi dall’alba, la stanchezza comincia a farsi sentire e anche un po’ lo sconforto, ma non sappiamo che il nostro Cammino è già iniziato e che qui gli aiuti sono infiniti.
Chiedo alla signorina della biglietteria se ci sono alberghi nelle vicinanze e quanto costano: “80-100 euro a notte”, mi dice, ma non mi dà nessun indirizzo. Chiedo quanto può costare un taxi da qui a Saint Jean che dista 56 km: mi risponde 90 euro. La decisione è presto presa: si prende il taxi e si lascia Bayonne.
Uscendo dalla stazione si avvicina a noi il pellegrino che avevo notato in treno (e che evidentemente teneva d’occhio i nostri spostamenti) e ci chiede se conosciamo un albergo nelle vicinanze poiché anche lui ha perso il treno. “Ci dispiace, non possiamo esserti di aiuto, noi abbiamo optato per raggiungere Saint Jean in taxi ancora in serata.” Lui si offre di aggregarsi a noi dividendo la spesa. Accettiamo volentieri perché ci sembra un tipo degno di fiducia. È belga e parla francese, così si offre di chiamare il taxi che arriva dopo ben 30 minuti; nel frattempo ci sediamo in un bar lì vicino e cerchiamo di conoscerci un po’.
Ci racconta che è giunto dal Belgio in auto lasciandola a Saint Jean da dove ha iniziato il Cammino, ma arrivato a Burgos ha dovuto fermarsi per una fortissima tendinite alle ginocchia. Ora a malincuore sta andando a riprendere l’auto per tornare a casa. È molto dispiaciuto e mortificato. Provo molta tristezza nel vederlo camminare zoppicando dolorante.
Arriva il taxi che però ci chiede 100 euro (tariffa notturna), accettiamo comunque e partiamo.
È ormai notte e sta piovendo molto. Lasciamo la cittadina e ci addentriamo in una valle buia; sono solo 50 km. Penso che in un’oretta saremo arrivati, mi rilasso comodamente sul sedile posteriore assieme a Veronica che sta già dormendo. Spariscono tutte le luci intorno a noi, la strada si fa stretta e deserta, il pellegrino belga seduto davanti a me parla con il taxista in francese, io non capisco nulla, Veronica dorme. All’improvviso un tremendo pensiero mi raggiunge: “Nessuno sa dove siamo, anche noi non lo sappiamo esattamente: e se questi sconosciuti ci portano chissà dove e ci fanno chissà cosa? Beh, sarà quel che sarà, mi affido ai miei angeli, loro penseranno a proteggerci”.
Arriviamo verso le 23 a Saint Jean. Dopo aver pagato il taxi pensavamo che il pellegrino belga ci lasciasse, invece, vedendoci molto stanche e disorientate, ci vuole accompagnare a cercare un posto per dormire. Piove bene e lui, sempre zoppicando, si fa tutta la via centrale fino ad arrivare all’ostello principale dove mettono il sello, ma lì l’hospitalero ci dice che l’ostello è al completo. Il nostro amico insiste, puntualizzando che sta piovendo e che potremo dormire anche in cucina, ma la risposta è categoria: “non c’è posto”.
Ce ne torniamo suonando e bussando a tutti gli ostelli che troviamo lungo la strada, ma niente da fare: i posti sono esauriti. È troppo tardi e qualcuno non ci apre nemmeno. Lui nota il nostro sconcerto e ci offre di ripararci riposandoci nella sua automobile; poi, con un tenero sorriso, mi dice di non perdere la speranza e di pensare positivo.
Io sto per mettermi a piangere, è quasi mezzanotte, sono in giro con mia figlia in un piccolo paesino sperduto dei Pirenei, con uno zaino pesantissimo sulle spalle e non so dove andare a dormire e questo mi dice di stare tranquilla! Vedo la fatica che fa a muoversi sulle gambe gonfie per accompagnare due sconosciute in cerca di un letto e mi chiedo: “Ma chi è costui? E chi ce l’ha mandato?”
Ci avviamo di nuovo sotto la pioggia con l’intenzione di bussare a qualche altra porta quando, girando a un angolo, scorgiamo una casetta privata adibita a ostello con un giardinetto e una luce accesa in cucina. In quel momento un ragazzo esce a fumare una sigaretta: chiediamo a lui se c’è posto per dormire. Dapprima ci risponde che non c’è l’hospitalero e che non sa, ma di fronte alle insistenze del nostro accompagnatore sale a controllare nelle camerate e ci comunica che ci sono ancora proprio due posti. Il nostro amico vuole accertarsi e sale con le sue gambe doloranti a controllare: i posti ci sono. Ci fermiamo.
Lui è soddisfatto, noi finalmente sollevate, lo abbracciamo e ringraziamo il nostro salvatore.
Non sappiamo neanche il suo nome ma è stato il nostro primo angelo del Cammino e gli saremo sempre grate. Senza di lui l’inizio del nostro percorso avrebbe certamente preso un’altra piega. Mi chiedo se questi contrattempi, che hanno movimentato la nostra prima giornata, abbiano lo scopo di mettere alla prova la nostra forza, la nostra capacità di risolvere i problemi, la nostra determinazione per la riuscita di un progetto... Oppure se è un insegnamento per mezzo del quale scopriamo che al momento del bisogno arriva sempre un aiuto; che possiamo contare sulla provvidenza divina.

****************Questa scrittura si trova contenuta da pag. 76 a pag. 82 del volume:
AUTORI VARI
(Forum dei pellegrini)
Quando il cammino trascende
Sincronicità vissute da Camminanti e Pellegrini
(A cura di Fiorenzo Zerbetto)
Libreria Editrice Urso, Collana "Cammini" n. 10
ISBN 978-88-6954-110-0
2016, 16°, 2016, € 12,00  Il Progetto del Forum dei pellegrini, che sembrava un sogno al Convegno di pellegrini e poeti di Chivasso di dicembre del 2015, dopo un anno è diventato realtà. Sono in tutto ventotto le testimonianze incredibili raccontate per la prima volta tutte assieme con la meraviglia, la sorpresa di persone il più delle volte non allineate ortodossamente con la fede tradizionale, o che hanno fatto fatica – non solo ad accettare l’eccezionalità di ciascuna di queste esperienze, ma anche a parlarne –, e che tuttavia hanno sentito l’urgenza di doverlo fare, non appena sono venuti a conoscenza della nostra iniziativa.

28 testimonianze di situazioni vissute da Camminanti e Pellegrini. Pur con caratteristiche diverse, esse si collocano al di fuori di ogni logica probabilistica e aprono riflessioni su dimensioni, stati d’animo e accadimenti oltre l’ordinario.
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