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 sabato, 25 settembre 2010 10:52
Lo scoglio d'Avola
Il capannone non era uno soltanto
come lo vedevo da dietro l’angolo nero
dello scoglio d’Avola
Era una fila di capannoni neri e alti
simili a cattedrali normanne
che avevano smesso di costruire perché impauriti
della loro stessa presenza
architetti senza coraggio
muratori pensosi
sul ciglio del fosso immenso da dove le costruzioni
si alzavano...
Algoritmi, preghiere, riflessioni lunghe...
poi il silenzio totale
e quella tonnara abbandonata mi riportava
indietro nei secoli
Sentivo gli spruzzi freddi
dell’acqua
sul viso
sulle mani...
E tu mi rassicuravi
mi dicevi che gli ultimi mostri marini
avevano lasciato la costa
perché avevano smesso di sognare...
Ma io
ancora risentivo l’urlo dei Rais
e ancora risentivo
il profumo aspro del sangue dei tonni
intrappolati nell’ultima stanza
mentre le cattedrali non finite
tremavano intorno a me
proiettando ombre lunghissime
sull’angolo nero
dello scoglio d’Avola
Domenico Giansiracusa mercoledì, 29 settembre 2010 09:48
Un brivido ha percorso la mia schiena, nel leggerti. Non posso esimermi dal commentare i tuoi versi: "Sentivo gli spruzzi freddi dell'acqua sul viso sulle mani..." "...l'urlo dei Rais...." "...il profumo aspro del sangue dei tonni...". Dipingi un quadro della tonnara, adesso così silenziosa e abbandonata; come un flash il culmine della mattanza; le ombre lunghissime delle cattedrali non finite: metafora potente. E' interrotto il futuro; c'è solo la tua poesia a descrivere il presente, sull'angolo nero dello scoglio d'Avola, che custodisce il passato...mai più tornato. Grande poesia...!!!
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Lia Schiavo giovedì, 30 settembre 2010 15:11
Grazie per le parole che mi hai voluto dedicare.
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