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Giuseppe Pignatello
Avola dalla preistoria al Duemila
2007, 8°, pp. 784, ill.
€ 26,00acquista

 
Avola

dalla PREFAZIONE

(…) Giuseppe Pignatello aggiunge un nuovo e più corposo tassello alla sua multiforme operosità di studioso del territorio e della cultura locale. La curiosità intellettuale mai doma, la scrupolosa ricerca dei documenti, la puntuale attenzione a cogliere le relazioni tra storia, antropologia e scienze sociali, la capacità di riordinare la trama degli eventi e dei personaggi su scala plurisecolare fanno di questo libro un contributo assai utile alla comprensione delle dinamiche istituzionali, economiche e sociali di lungo periodo di Avola e del suo hinterland.
Dalil'antica Hybla all'araba Abla fino alla normanna Abola, l'autore descrive la lenta transizione dal castrum fortificato alla cittadella medievale, che sotto il dominio feudale degli Aragona nel corso del XIV e XV secolo assume una più specifica identità urbana, come testimonia l'elevazione del feudo a marchesato nel 1542. Sotto la spinta della naturale fertilità del suolo e della laboriosità dei suoi abitanti la piccola città registra soprattutto nel XVII secolo un discreto sviluppo agroindustriale favorito dall'illuminato governo degli Aragona-Pignatelli: la coltivazione della canna, la produzione dello zucchero e la diffusione dei contratti d'enfiteusi alimentano la crescita economica ed insieme promuovono la formazione di un autoctono ceto civile (proprietari, mercanti, professionisti, «officiali») che insidiano la tradizionale leadership della demaniale Noto. Per questa società urbana in espansione, il terremoto del 1693 rappresenta solo un blocco temporaneo, poiché dalla distruzione materiale prende avvio la straordinaria opportunità di rifondare la città sulla costa, con una nuova forma esagonale che coniuga razionalità urbanistica e sviluppo economico. Nel XIX secolo Avola assume così i tratti di una città mercantile matura: dai circa 6000 abitanti del 1681 (ancora fermi a 6800 nel 1806) lo stock demografico balza a 11.000 abitanti nel 1861 e a 20.000 nel 1921, grazie alle trasformazioni intensive dell'agricoltura (mandorleto) e alle connesse attività marittime e commerciali. A cavallo tra Ottocento e Novecento Avola consolida in modo definitivo i suoi "caratteri originali" di città dinamica e aperta, luogo di formazione di élite colte e "dedicate" alla modernizzazione del territorio, come dimostrano le vicende politiche ed amministrative degli ultimi decenni con dovizia di particolari illustrate dall’autore.
Lo studio della storia locale resterebbe vuoto esercizio retorico e antiquario, o peggio scadrebbe nell'oleografia paesana, se non fosse supportato dalla competenza professionale e dall’impegno civile. Né l'uno né l'altro difettano però a Pignatello, che con questa sua opera intende proseguire l'esempio di serietà e di obiettività degli intellettuali positivistici del secondo Ottocento a cui dobbiamo la conoscenza approfondita della storia siciliana. Con una differenza significativa rispetto ai predecessori. Alla fine del secolo scorso la motivazione a ricostruire l'albero genealogico dei paesi nasceva dalla spinta delle borghesie locali ad autolegittimare il proprio ruolo "urbano" nei confronti del "barbaro contado" ed a nobilitare origini e vicende delle famiglie "illustri" del notabilato. Oggi il rinnovato interesse per la storia locale deriva dalla consapevolezza dei guasti culturali provocati dall'inarrestabile processo di dememorizzazione collettiva in cui ci sta precipitando la cosiddetta "civiltà" dei consumi e dei mass-media. Schiacciati dal presente "corto", stiamo perdendo le tracce del passato e rischiamo di smarrire direzione e senso del futuro. Recuperare il rapporto tra passato e presente, per dare continuità d'azione e spessore progettuale al domani delle nuove generazioni: questa è la sfida in cui si cimenta Giuseppe Pignatello e con lui tutti gli studiosi che ancora nutrono fiducia nel valore scientifico e pedagogico della ricerca storica.

Università di Catania, novembre 2007

Prof. Giuseppe Barone

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