(elaborazione foto della Libreria da parte di Ans Rademakers)

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Lorena, iscritta alla nostra MAILING ci fa pervenire da Cremona questo suo speciale omaggio alla Sicilia (e a questa terra d'Avola da dove vi scrivo). Precedentemente un altro comune amico le aveva passato una recensione sul libro Patrie smarrite,di Corrado Stajano,
precedentemente girata a tutti voi. Continuiamo il gioco attorno a questo libro (che analizzava il tema dello smarrimento del senso d'appartenenza) con un'ulteriore recensione del caro amico preside Angelo Fortuna di Noto.
Noto e Cremona oggetto di quel libro, si ritrovano soggetti di questa e-mail (per le imprevedibili sorti della letteratura).
Buona lettura



Conosco la vostra casa editrice solo "virtualmente", essendo di Cremona.
Me l'ha fatta conoscere grazie ad Internet un Amico che abita in Sicilia, ad Avola.
Non conosco la Sicilia, non ho purtroppo mai avuto occasione di visitarla, ma prima o poi lo farò.
Lo farò perché ho imparato a conoscerla sono emozionalmente, grazie a questo Amico ..... dalle sue parole quando descrive il paesaggio che lo circonda, quando parla del vostro mare - toccando le pietre regalatemi da lui, una verde marina e una di lava vulcanica.
Posso sentire le onde del vostro mare, vedere la luna che si riflette in esso ^ vivere le storie delle vostre città .
Quando mi parla della Sicilia - riesce a trasmettermi delle sensazioni molto forti - regalandole anche a me - ed è come se fossi lì.
Vedo e provo l'intensità di ciò che lo circonda, la forza della vostra terra, con gli occhi del suo cuore.
E vorrei conoscere queste emozioni di persona.
Ho letto la vostra e-mail con lo scritto di Marilena Monti "sull'asfalto c'era un fiore......"
Devo dire che il racconto mi ha emozionato, ho vissuto nelle sue parole una parte di Sicilia a me sconosciuta - e che arricchisce ciò che conosco della vostra terra, raccontata da persone che ne fanno parte e la "vivono".
Ma devo aggiungere, che ho rivissuto una parte di realtà che purtroppo nn è solo relegata alla Sicilia.
Anch'io, nonostante abiti al nord - devo lottare come donna - come donna che abita al nord!
Le lotte - apparentemente - possono sembrare diverse, ma nn per questo meno dure.
Purtroppo gli ostacoli, nn sono una prerogativa del sud.....
Fortunatamente abbiamo meno "sangue" (?!?) da scrivere e da descrivere... ma mi sento molto vicino a chi lo deve fare per ricordarci che il colore rosso - con cui scrive Marilena - è anche il mio.
........ Sincronicità !!! e mi arriva la recensione del libro di Patrie smarrite di Corrado Stajano !!!
Forse dovrei davvero approfondire questa relazione tra Cremona e la Sicilia !!!!!!!!!!
- e forse dovrei approfondire la conoscenza dell'Editore Urso che mi permette con le sue mail, ormai da molto mesi, il contatto con questa terra .
Un saluto e grazie per le sue e-mail !
Lorena


“PATRIE SMARRITE”, DI CORRADO STAJANO
LUCI ED OMBRE
di Angelo Fortuna

Abbandonando la sua abitazione cremonese, il 5 febbraio 1999, Corrado Stajano pronuncia queste parole con cui si conclude il suo saggio-racconto “Patrie smarrite” (Garzanti, Milano, 2001): “Mi sembra di non avere sentimenti. So soltanto che non appartengo neppure a questa comunità.” Qual è l’altra comunità cittadina sottintesa in questa dichiarazione? Ebbene, è quella da cui si allontanò il 18 settembre 1998, ripetendo i versi di Ibn Hamdis, grande poeta arabo-netino: “Oh custodisca Iddio una casa in Noto, e fluiscano su di lei rigonfie nuvole!”.
E’ proprio la capitale del barocco con cui da sempre intrattiene un rapporto di amore-odio.
Il volume consta di due sezioni ben distinte: Il Val di Noto e Il Feudo nero. La seconda è un’invettiva contro Roberto Farinacci, il bellicoso segretario del partito fascista italiano, “oltranzista straccione e volgare”.
Stajano, netino per parte di padre, ufficiale dell’esercito italiano, e cremonese per parte di madre, parla nella prima sezione del suo recente viaggio effettuato a Noto dal 29 agosto al 19 settembre 1998.
Trovandosi al Caffè Sicilia, osserva con attenzione un inglese con moglie e figli, esitante tra una granita di limone ed un sorbetto di mandorla e cannella: “Forse - si chiede – è il figlio di uno di quei soldati che arrivarono qui dal mare il 10 luglio 1943?”
Si precisano in tal modo le ragioni principali del suo ritorno a Noto: da un lato, la vendita di alcuni appezzamenti di terra sul monte Finocchito, dall’altro, la descrizione dello sbarco alleato di quasi sessant’anni fa. Sullo sfondo il suo rapporto conflittuale con la patria siciliana, determinato da “tanti nodi irrisolti della coscienza e della vita."
E’ sintomatico che, entrando in città, eviti accuratamente di posare lo sguardo sulle “meraviglie barocche, i capricci di pietra, i palazzi, le scalinate a ridosso dei balconi”.
Questo calcolato distacco gli consente di flagellare modelli culturali del Sud da tempo scomparsi, ma che egli ritiene invece vivi e vegeti, forse perché, vivendo lontano dalla Sicilia, pensa che tutto sia rimasto fermo a 50 anni fa.
Le immagini funeree in riferimento alla capitale del barocco si sprecano sia quando denuncia, e gliene siamo grati, il saccheggio della zona costiera, sia quando parla del dissesto del “Giardino di pietra”: “Adesso la città è ridotta ad un malinconico cantiere, i puntelli e le armature la ingabbiano”, sia ancora quando sottolinea la presunta irrazionalità con gli “angioloni delle chiese barocche, i cornicioni, i fregi, i capitelli, i ghiribizzi delle facciate e la cenere dorata dei palazzi sgretolati che fanno da scenografia ad un mondo dissennato”.
Annichilisce, poi, quando descrive “la passività, la stanchezza, il fastidio per chi fa, l’oblomovismo dei cittadini di Noto,… l’immobilismo ed il nonsipuotismo”.
C’è del vero in queste parole, eccome! Ma il pessimismo cupo che le pervade non è certo una medicina per quei netini che cercano con ogni mezzo di esorcizzare l’emergenza. Decisamente lugubre è quando Noto gli appare come “un organismo stremato che si sta dissolvendo, una città dove solo la morte è madre”.
Chiusi in tal modo i conti con quella che un tempo fu “urbs ingeniosa”, Stajano passa ad assestare colpi, generalizzando, alla nobiltà, alla borghesia e alla Chiesa, che “hanno esercitato l’arte del potere clientelare, ma non hanno saputo creare regole per tenere in vita una comunità moribonda”. Sospettando contiguità oggi inesistenti tra nobiltà e Chiesa, egli afferma: “Cardinali e vescovi escono dalle stesse famiglie”, quelle nobiliari cioè. In verità nessun cardinale e nessun vescovo è mai uscito, almeno dalk Settecento ad oggi, da alcuna famiglia netina, nobile o borghese che sia, se si eccettua, nel secolo scorso, il vescovo benemerito, nato a Noto, ma che esercitò il suo ministero episcopale a Tivoli, vicino Roma, Guglielmo Giaquinta (1914-1994), il cui padre era un agente di custodia.
Fuori della realtà appare anche quando attacca il Progetto Noto, sorto per iniziativa del compianto sindaco Passarello negli anni 80. Quella che era una semplice ipotesi di sviluppo della città, elaborata da tecnici e persone di buona volontà, entusiasti di dare un contributo alla rinascita della città, a prescindere da collocazioni partitiche ed aperta a tutte le possibili integrazioni, diventa per lui un losco affare: “Grandi gruppi industriali costituiscono consorzi collegati anche ad interessi locali, soprattutto clericali, propongono grandi progetti, fanno approvare leggi sociali”.
C’è da trasecolare, ma non si riesce proprio a capire a quali inesistenti leggi speciali e a quali interessi clericali si riferisca. Per la verità, la Chiesa di Noto, una delle più belle realtà postconciliari d’Italia, oggi annuncia il Vangelo e la salvezza a partire dagli ultimi. Non è imperdonabile che Stajano non lo sappia: ognuno fa le sue scelte nel campo del sapere. E’ grave che egli parli di cose che non conosce, magari basandosi su informazioni non controllate ed inesatte, come quando, ad es., attribuisce ad una fantomatica Lista verde lo smascheramento dei presunti imbroglioni del Progetto Noto e la salvaguardia dell’oasi di Vendicari dalla speculazione. Con buona pace di chi per essa, come l’Ente Fauna ed altre aggregazioni di cittadini, si è realmente battuto in prima fila.
Ecco perché a queste pagine in cui sembra prevalere il pregiudizio, noi preferiamo quelle in cui confessa il “forzoso fatale legame” con la patria siciliana, “terra ripudiata ma amata”. Allorché descrive da par suo il fascino di Noto, passa quasi inosservata la sua ossessione per la “città morente”: “Come non esser presi, in quel mondo dell’eccesso, dalla passione, dall’intensità dei sentimenti, dalla natura rimasta, in qualche anfratto, di irripetibile bellezza”. E poi: “Restavo ammaliato davanti a ogni monumento, ma capivo che in una simile città è impossibile separare l’uno dall’altro i monumenti d’arte perché è la città il monumento, con le sue strade diritte e parallele, rotte da piazzette che spuntano improvvise e da scalinate grandiose che fondono tra loro gli spazi dei palazzi e dei conventi. Un incantesimo. Una visione sublime.”
Rimaniamo commossi dinanzi a tale acuta descrizione della particolare bellezza di Noto.
Se egli tornasse più spesso in questo angolo sud-orientale siciliano e verificasse di persona il fervore dei cantieri di lavoro e la progressiva liberazione dei monumenti dalle ingabbiature, oltre a sentirsi in sintonia, ciò che gli fa onore, con “i giovani, donne, preti, piccoli maestri di scuola, magistrati coraggiosi”, prenderebbe più a cuore la sua patria netina che non di invettive, a volte fuori misura, ha bisogno, ma di incoraggiamento per uscire definitivamente dall’emergenza.

Angelo Fortuna


Noto barocca, adesso anche patrimonio dell'Unesco,
a due passi dalle Oasi di Cava Grande del Cassibile, Pantalica e Vendicari,
in provincia di Siracusa, a sud di Siracusa, in Sicilia,
sempre più visitata per la sua straordinaria unicità.
Nel 1998 il collega amico editore Vincenzo Jannuzzi
mi prospettò l'idea di una sua collana di libri per l'Editrice Affinità Elettive
dedicata agli angoli caratteristici e più belli della Sicilia.
Ebbi il privilegio, in seguito, di collaborare
alla realizzazione del volume relativo
ad AVOLA MODICA NOTO RAGUSA SCICLI
da cui è tratto questo immaginario viaggio borbonico in Noto
a firma di Salvatore De Jean.

Buona lettura
Francesco Urso

ITINERARIO BORBONICO
attraverso Noto


Immaginiamo di seguire i Reali di Napoli durante le frequenti visite a Noto, allora il capoluogo della provincia più a sud del Regno, e di visitare i luoghi del loro soggiorno. Entrando a Noto attraverso il neociassico arco Ferdinandeo, edificato nel 1834 in occasione della prima visita di Ferdinando II di Borbone, e seguendo via Ferdinandea, oggi corso Vittorio Emanuele, si arriva a palazzo Sant'AlfanoSant'Alfano dove venivano ospitati i sovrani delle Due Sicilie. Posto alla sinistra del Duomo, nella scenografica piazza Senatoria, questo palazzo dei marchesi Landolina di Sant'Alfano, barocco come tutta la città,veniva anche chiamato “1a piccola reggia di Noto", sia perché richiamava lo stile del palazzo Reale di Napoli, sia perché ospitava i Reali. Infatti, un'ala, detta “1e stanze del Re", lussuosamente ed artisticamente arredata, veniva riservata solamente ai Sovrani.
Deliziosi il cortile interno, con il giardino di agrumi e gelsomini, e la fontanella in fondo al romantico vialetto che ne chiude la prospettiva.
Continuando questo ideale itinerario Borbonico, giungiamo, mediante via Cavour già via di Montevergine, a palazzo Trigona dei marchesi di Canicarao e Dainamare. In questa dimora, l'unica con nove grandi panciuti balconi barocchi sul prospetto, troneggiano tre grandi aquile aragonesi in pietra, a memoria delle origini regali della famiglia.
Magnifica anche la facciata interna affiancata da terrazze, degradanti fino ai piani più bassi, che delimitano il grande cortile. Nei sontuosi saloni, mirabilmente decorati ed arredati, venivano organizzati i balli in onore della Regina di Napoli a cui partecipava tutta l'aristocrazia netina, con gran sfavillio di abiti e gioielli.
Quasi di fronte al palazzo Trigona, sempre in via Cavour, troviamo un altro edificio barocco, anch'esso meta di visite reali: l'imponente palazzo Astuto dei baroni di Fargione. Questo palazzo, che si articola su tre piani, presenta sette grandi panciuti balconi simmetrici sul prospetto. Le numerose sale, alcune pregevolmente decorate, ruotano intorno ad un incantevole giardino pensile, così descritto dalla scrittrice
principessa Vittoria Alliata di Viliafranca: "un luogo d'incontro così fragrante e delizioso esiste nel mondo intero solo a Noto ed Aleppo, la grande capitale sulla via della seta".
Sala SpecchiSul finire del 1700, nell'ala est dei palazzo era ubicato il Museo Astuziano, creato dal barone Antonino, grande archeologo e numismatico. Nelle sale di questo silenzioso Museo, il più a sud d'Europa, si poteva spesso incontrare Re Ferdinando II, attratto dalla ricchezza dei numerosì reperti archeologici e dal medagliere a cui era interessato anche Re Ludovico I di Baviera, altro illustre frequentatore del Museo netino. Oggi resta ben poco di tutto questo. Palazzo Sant'Alfano, donato al vescovo di Noto dall'ultima marchesa Landolina, versa in stato di abbandono ed in perenne attesa di restauro.
Un'ala di palazzo Trigona è gelosamente custodita, quale abitazione, dall'ultima marchesa di Canicarao. Il resto, proprietà dei Comune, è già in parte restaurato e viene utilizzato per conferenze, mostre, convegni. A restauro ultimato diverrà anche sede dell'istituto Internazionale di Scienze Criminali. Di palazzo Astuto, oggi sede dei prestigioso Circolo “Val di Noto", venduto purtroppo frammentariamente, rimangono ben conservati solo alcune sale ed il giardino pensile. Si tenta di perpetuare i fasti dei passato con feste, ricevimenti e conferenze ad alto livello.
Salvatore De Jean
Nella foto in alto PALAZZO SANT'ALFANO
In basso SALA DEGLI SPECCHI di PALAZZO NICOLACI

Autori Vari, Perle di Sicilia - Avola Modica Noto Ragusa Scicli , 1998, 8°, pp. 176, ill., € 11,00
( In caso di acquisto,specificare se si desidera testo in italiano, inglese, francese o tedesco). Acquista









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