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SILVANA GRASSO RECENSISCE
DI SPAGNA E DI SICILIA

DI SEBASTIANO BURGARETTA

La vanità del ritratto


Jano Burgaretta, per chi non lo conoscesse, è l'incarnazione dell'intellettuale ellenistico, di quel Callimaco che alla corte dei Tolomei ad Alessandria, nel terzo secolo a. C., funambolizzava saperi diversi, spesso ossimorici, dalla filologia alla scienza, dalla fabula mitologica all'encomio, dalla prosa alla poesia. Una figura oggi pressoché scomparsa quella del letterato “polifonico”, cancellata , divorata dalla frigida specialità dei saperi , dal chiostro della specializzazione, dalla clausura della singolarità scienzial, dalla circoncisione della tridimensionalità “genetica” del sapere.


Di Spagna...Di Spagna e Di Sicilia (Libreria Editrice Urso, € 14,00acquista) è un libro di elzeviri che, e nella autografia critica del suo Autore e nella confettura del suo Editore, ricorda integro il sapore del buon pane fatto in casa, nel forno a legna di pietra. Un'artigianalità meritoria nell'anonimia, oggi, della editoria ipermercantile dagli inchiostri anemici e dalla sciatteria grafica. blank e contenitore in cui le minime imperfezioni diventano suggestioni, unicità, singolarità nel mare magnum delle narcotizzanti omologie, omografie, omotipie.

Fotoda sinistra: Ciccio Urso, Sebastiano Burgaretta,
Silvana Grasso e Corrado Dipietro
nella Libreria Editrice Urso
in Corso Garibaldi 41 ad Avola

La monotonia della sedicente e arrogante critica da perfezione trova in questo volume l'originalità e l'extravaganza della imperfezione assunta come vaghezza, della diversità adottata come giudizio. Il testo di Burgaretta nell'edizione Urso realizza la copula perfetta di due artigiani della sana provincia siciliana che del buon libro e della buona parola fanno ragione di vita, o meglio religione di vita quotidiana.
Di Spagna e Di Sicilia è il palcoscenico letterario che dividono scrittori poeti pensatori, spagnoli e siciliani, affratellati da un dna emotivo e culturale, passionale e sciabolante tale che l' indimenticabile Leonardo Sciascia non esiterebbe oggi a confermare che andare per la Spagna è, per un siciliano, un continuo insorgere della memoria storica, un continuo affiorare di legami, di corrispondenze. L'occhio acuto di Burgaretta mosso da apuleiana curiositas fiuta analogie, scava col seghetto dell'archeologo nel misterioso dedalo delle genie culturali sicule-ispane, con curiosità itinerante e intuizione rabdomantica.
Già Plutarco ne
Le Vite Parallele aveva, al di là d'ogni presunzione razziale e culturale, individuato i Grandi e la Grandezza e nel mondo greco e nel mondo romano, ghigliottinando quella spregevole apartheid genoculturale che stabiliva primati e primazie . La crazia culturale non è un fatto di razza, né di gene, ma di virtù e talenti, che fecondano ovunque. Al di là e a dispetto dei territori e delle frontiere, al di là dell'ottusità della convenzione e dell'istituzione che congela embrioni di intelligenza, ignari accusatori dell'altrui mediocrità. Mai come oggi, dopo l'11 settembre, in tempi di terrorismi di nuova genitura e di vecchissima fecondazione , l'intuizione di Plutarco veicola vangeli di verità sapienziale.
Tornando all'Avolese, Jano Burgaretta è personaggio onnipresente nel suo territorio, a volte protagonista, altre deuteragonista, altre ancora, semplice comparsa. E' preziosa Vestale, il professor Burgaretta della storia travagliata della sua Avola come dell'alchimia di certi personaggi di cui persino la famiglia genetica, anagrafica ha perso memoria.
Dal suo libro mi piace ricordare Giuseppe Bianca, un
Catone avolese, nato nel 1801, che sembra uscito dalla penna di Cornelio Nepote. “Uomo di vita austera, tutto d'un pezzo, che mandò al diavolo l' avvocatura per la botanica”.
"Uomo di costumi antichi – si legge – alieno da pubblici rumori, aborrente dalle lodi e dalle onorificenze, sobrio , integerrimo, innamorato di quiete e solitudine”.
Basterebbe tale cammeo di catoniano costume come cartina di tornasole di Burgaretta scrittore, poeta, critico ma soprattutto galantuomo che disseppellisce dalla incuria memoriale di chi sopravvive uno studioso dimenticato, sopravvivente solo in virtù d'una via e d'una scuola che ne portano, in scolorita lapide, il nome ormai predato dalla dimenticanza.
Un uomo di vecchio stampo, il Bianca, che rifiutò cattedre universitarie ovunque, quelle stesse per cui oggi si scannano a colpi di calunnie e scimitarre in tutti gli atenei. Quest'uomo che studiava il carrubo e i Carmi di Catullo , studiava il mandorlo e traduceva in latino Il
Cinque Maggio manzoniano. Uomo grande e serio, conoscitore dell'animo umano non meno che della vegetazione delle Madonne, tale profeta dell'altrui incuria che, a chi insisteva per ritrarlo, ebbe a dire con sofìa e ironia Perché farmi il ritratto? I miei figli potrebbero avermi un certo riguardo, ma i miei nipoti se ne servirebbero per coperchio di giara.


Silvana Grasso

Silvana Grasso è nata nei pressi dell'Etna.
In questo articolo apparso il 10 gennaio 2002
sulla terza pagina del quotidiano catanese LA SICILIA incarna,
questa volta per noi, modesta e orgogliosa espressione di piccola editoria di provincia,
l'incandescenza del linguaggio e l'inesauribile invenzione lessicale.
Ha pubblicato Nebbie di ddraunara (1993 - Premio Grinzane Cavour, Premio Mondello),
Il bastardo di Mautana (1994, 1997), Ninna Nanna del lupo (1995),
L'albero di Giuda (1997, Premio Napoli, Premio "Vittorini") e
La pupa di Zucchero (presentato ad Avola dalla Consulta Comunale Femminile il 10 novembre 2001)

PERCHÉ LA SCUOLA MEDIA NON FUNZIONA


Bisogna fornire agli studenti gli opportuni strumenti di lavoro


Il Sole-24 Ore ha pubblicato di recente il documento riguardante il livello d'istruzione dei quindicenni che vivono negli Stati più avanzati. La graduatoria, stilata dal Centro di ricerca internazionale dell'Unicef a Firenze, ha preso in esame le abilità di lettura e il possesso di conoscenze in matematica e in scienze. I risultati non sono incoraggianti: 24 Paesi Ocse su 30, quelli dell'area mediterranea in particolare, nell'ordine Portogallo Grecia Italia Spagna, ne escono con le ossa rotte. I migliori risultati li ottengono i preadolescenti della Corea, del Giappone, della Finlandia e del Canada. Secondo gli indicatori, il 19% dei ragazzi italiani non sa lavorare su di un testo per trarne informazioni. E inoltre, il 45% di chi frequenta la scuola dell'obbligo non possiede le conoscenze matematiche di base. Il rapporto dell'Unicef conclude: confrontando gli esiti degli apprendimenti degli studenti dello stesso periodo, il divario registrato è preoccupante. Alcuni alunni sono indietro e di parecchio.
Diversi commentatori analizzando questi dati non esitano a definirli disastrosi. Limitandosi ai numeri nudi e crudi non si può non essere d'accordo. Ma quando si passa ai rimedi ipotizzati la musica cambia. C'è infatti chi sostiene la necessità di riproporre, alla lettera, i contenuti classici: la sintassi, la grammatica, il rompicapo dell'analisi logica, la matematica di una volta e così via. Se fosse questa l'unica soluzione sarebbe troppo facile.
Non vale la pena ricordarlo, anche se le contrapposizioni nette fra presente e passato sono discutibili, ma il grande Giovanni Comisso, per citarne uno, nella scuola dei contenuti e della sintassi ad ogni costo fu bocciato nella sessione autunnale della maturità classica nel 1924. Ne "Il porto dell'amore" le sue frasi sembrano "tenute insieme più con il respiro che con la sintassi". Che cosa si vuol dire? Che la grammatica la sintassi il lessico sono le condizioni necessarie ma non sufficienti per saper scrivere. Nessuno vuole svilire l'importanza dei contenuti, delle conoscenze, dei codici linguistici. Ma sono dati che invecchiano con una velocità impressionante. Gli archivi delle scuole sono pieni di carte geografiche attuali appena qualche tempo fa. Poi sono accaduti i fatti che sappiamo e le hanno rese carta da macero: la caduta del muro di Berlino, la fine dell'Unione Sovietica e della ex Yugoslavia. Dobbiamo allora abolire la geografia? No ovviamente. La memorizzazione storica delle conoscenze, la molteplicità delle produzioni testuali le troviamo in internet. Basta saper cliccare e navigare. Ne consegue che la scuola deve ripensare le proprie finalità. Magari creando le condizioni per "imparare ad imparare", insegnando con molta pazienza le strategie che gli esperti definiscono metacognitive. Io non leggo e non lavoro su di un brano solo perché lo dice l'insegnante o perché devo superare una tantum un test che può sempre essere strutturato in modo diverso.
Bisogna invece contribuire a formare lettori esperti fornendo gli opportuni strumenti di lavoro: chiarire perché si legge il brano, abituarli ad identificare gli elementi fondamentali del testo e a calibrare l'attenzione fra i contenuti distinguendone l'importanza. Monitorare spesso la lettura intervenendo sulle cause della difficoltà di comprensione. Se abbiamo la certezza che tutti gli adolescenti dell'Ocse seguono lo stesso approccio testuale e i nostri ragazzi non riescono a scalare la vetta della classifica, allora sarà il caso di preoccuparsi sul serio.


Fausto Politino



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