...Avola seguiva e rispettava un certo suo tradizionale principio araldico. Nessuno aveva un titolo di barone o marchese. Raschiando nella tradizione come si fa coi muri nel tentativo di rintracciarvi vestigia di affreschi, qualcuno si qualificava nobile per avere scoperto fra le cose vecchie di famiglia qualche ritratto ad olio di un suo antenato vestito in una certa foggia in uso presso i gentiluomini titolati del tempo. Codeste pallide ingenue nostalgie nobiliari disegnavano sul sereno volto di Avola un dolce impercettibile sorriso. Ella era la sola, la vera nobile, ed il suo stemma superava in gentilezza, cavalleria, umanita' tutti gli stessi dell'intiera nobilta' di Sicilia. Non aquile, non leoni, non leopardi, non armi, non corazze, non cimieri. Il suo blasone annunciava la serenita' del vivere che non ha tempo, che non ha epoca, la vita di sempre: uno scudo leggermente convesso sul quale campeggia ben visibile la Croce, e due cornucopie ricurve legate alla base da un nastro sorreggono lo scudo e lo presentano quasi offerte da due morbide braccia muliebri, tre capi simmetricamente in volo verso l'alto, il tutto sormontato da una possente corona marchionale. A parlarne parrebbe una cosa complicata. Ma, alla vista, lo stemma si rivela armonioso, semplice, spontaneo. La spontaneita' era come l'immediata rivelazione del carattere di Avola, parsimoniosa e prodiga, sensibile alla bellezza elargita dalla sua marina e dalla sua campagna.
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