
Pensieri brevi per una metafisica dell'aria nel contesto di una bibliografia dell'Attuale
L'aria pesa. E pesa innanzitutto come parola, ossia come segno o espressione del linguaggio dell'uomo. Ciò fu chiaro sin dal principio del pensiero, per cui Anassimene poté dire che l'aria è il pensiero stesso, l'apeiron determinato causa di tutti gli enti. Ma, con la nuova scienza, sappiamo che, se l'aria pesa, pesa pure il vuoto. A tal punto, che oggi possiamo parlare di aria/vuoto come di un nuovo elemento, secondo quanto qui appresso verrà precisato.
In principio, il linguaggio fu onomatopeico, al pari di quello degli animali: espresse il grido di dolore dell'uomo. Oggi, attraverso un clinamen speculativo durato duemilacinquecento anni, esso è divenuto espressione pura e assoluta secondo il motto che la pittrice Maddalena Rossetti scrive nel suo sito multimediale dal titolo eloquente 'filosofia dell'aria': 'esprimere è vitale/quanto respirare'.
L'aria è invisibile e tuttavia ha un peso. Il medesimo principio, trasferito sul piano della nuova scienza, suona così: la nuova scienza (o biotecnologia) è invisibile (perché non è soltanto tecnica ma utopia) ed ha un peso determinante nella realtà (perché, contrariamente alle utopie classiche, essa mira, in quanto scienza, a un progetto reale e realizzabile, e addirittura in fase di realizzazione, di trasformazione dell'uomo e del mondo).
In tal senso, la nuova scienza, portando a compimento la lunga agonia dell'invidia di dio, è pervenuta alla creazione di una nuova realtà: ha dato forma, ha cioè in-formato (Flusser) un suo mondo. 'Un terzo mondo tra il reale e l'immaginario, – scrive Lucien Sfez ne ''Il sogno biotecnologico'' è un 'semi-mondo' se si vuole, e in cui è impossibile, o perlomeno difficile separare la natura dall'artificio (i tamagotchi ne sono un esempio)'' (vedi articolo MicroMega).
Mondo o semi-mondo, possiamo comunque dire che esso sembra prodursi da una sorta di condensazione adiabatica del reale verso il suo grado zero, in cui il sentire tradizionale diviene il già sentito dell'uomo senza qualità di Musil (Mario Perniola, ''Del sentire'') e il sentire contemporaneo, il non sentire dell'uomo come 'cosa che sente' (M. Perniola, ''Il sex appeal dell'inorganico''). Il telos di quest'ultimo è di poter trasmutare nella 'vita/non vita' dell'Artificial Life di Langton, in cui l'uomo come tale alchemicamente si autoestingue per dar posto alla sua forma di vita, costituita da esseri superiori che, secondo il ragionamento del danese Steen Rasmussen, vivono la loro vita artificiale in una realtà parallela a quella naturale, ma avente il medesimo statuto ontologico di quest'ultima (Sfez, op. cit.).
In questa prospettiva, quel che conta tuttavia, pi?? che la realizzazione o meno del progetto utopico, è la variazione di senso dell'intera realtà, la quale viene a prospettarsi come la risultante della fusione singenetica e del gioco sinestetico del naturale con l'artificiale in cui, per operarsi una distinzione, vale la seguente 'formula' delle proporzioni: 'Predomina la porzione indipendente dall'azione umana? Allora dico che è naturale. Predomina la porzione dipendente dall'azione umana? Allora dico che è artificiale' (Ignacio Gomez de Liano, 'Sul fondamento').
La realtà, in tal senso, appare né come materia né come forma ma come 'modello': 'In passato occorreva distinguere fra scienza e arte, e ora è diventato inutile' (Vilém Flusser, 'Filosofia del designer'). Ancora: 'In passato si mirava a formalizzare il mondo dato per scontato, mentre ora si punta a realizzare le forme abbozzate per produrre mondi alternativi. Questo si intende per 'cultura immateriale', anche se in realtà dovrebbe essere chiamata 'cultura che si materializza' (Ibid.). Non ha più senso, in definitiva, usare la parola materiale come contrario di immateriale, perché 'l'immateriale, o, per essere più precisi, la forma è quella che fa in primo luogo apparire la materia' (Ibid.). Ma, questo fatto, precisa Flusser, non ha avuto mai senso, se si pone attenzione al significato greco (e latino) di materia, h_le, cioè di caos amorfo contrapposto a forma, morph?�: 'Al momento attuale, tuttavia, sotto la spinta dell'informatica, stiamo ritornando al concetto iniziale di materia come riempitivo temporaneo di forme eterne' (Ibid.).
Il binomio aria/vuoto ben rappresenta tale processo simbiotico materia (gas, caos)/forma (vuoto). Ma configura, al contempo, come dire, un diallelo della coppia di opposti aria/non aria, che tocca tutti i suoi aspetti semantici, fino a costituire una sorta di torricelliana bolla di vuoto nell'intero campo dell'esistenza. E' come se il mondo intero precipitasse in uno stato di afanisi dal quale non emerge nulla.
Qui si tocca con mano il limite della tanto decantata 'originalità' del pensiero greco nel suo rapporto con l'Oriente, che alimenta una pretesa superiorità dell'occidentalismo 'ariano' su ogni altra cultura. Martin West, che certo non ne disconosce l'originalità, pure contrasta decisamente l'aspetto sopravvalutativo di quest'ultima, per la semplice ragione che impedisce di vedere come alla base di ogni pensiero vi sia una matrice unitaria.
La scienza occidentale, difatti, supera l'horror vacui aristotelico solo in apparenza, portandoci a spasso in una navicella per il cosmo come in un Luna Park. In ciò, si badi, rimane fedele alla sapienza greca del piacere e della bellezza. Ma, non 'istruisce' affatto circa il senso profondo delle cose e dell'universo, che rimane pertanto come una 'cosa in sé', aporetica e inconoscibile. Per la scienza, l'aria e il vuoto sono la medesima cosa: l'aria è è non è, il vuoto è e non è. Le cose, secondo il pensiero occidentale, come dice Severino, escono dal nulla per poi rientrarvi, e in questo circolo si consuma la 'follia' dell'Occidente.
L'afasia della tecnica e della scienza occidentali sul senso delle cose è costitutiva, non istitutiva: davanti all'imponderabile, la scienza 'perde il respiro' e tace. Crick potrà dire che l'anima non è altro che una data reazione di neuroni nel cervello umano, ma davanti al senso dell'anima, i suoi neuroni non riescono a trovare quel ''varco'' paragonabile alla 'porta stretta' del Vangelo è che, al termine del processo conoscitivo, può dilatarsi sino a consentirci nel corso dell'esistenza stessa di percepire il 'senso di eternità' (Michele Porzio, Metafisica del silenzio ��� John Cage l'Oriente e la nuova musica���).
Al circolo 'vizioso' del nichilismo occidentale, l'Oriente contrappone la figura spiraliforme della 'conchiglia di Vishnu' ���nella quale resta celata la conoscenza durante il cataclisma di passaggio tra un'era e la successiva�Ķ Il suono spiraliforme della conchiglia è un'immagine in miniatura dello stato del cosmo e della conoscenza nella nostra epoca: quello che a certuni pu?? apparire un cammino nichilistico verso il silenzio, l'afasia, la tela bianca e la morte dell'arte, indica in effetti la fase di 'inviluppo' della conchiglia su se stessa��� (Ibid.).
Il vuoto diviene, sotto questa nuova luce, il 'punto' di passaggio tra un respiro e un altro, tra il cataclisma di un'epoca e il sorgere di un'altra epoca, e ci indica, come scrive Porzio, quella 'porta nel cielo' che ci fa raggiungere uno 'stato di equilibrio' tra l'uomo e la natura, di cui la musica di Cage è un fulgido esempio.
Nella mitologia dell'antico Egitto, ci ricorda un recente libro curato da Bruno Accarino, ���La bilancia e la crisi ��� Il linguaggio filosofico dell'equilibrio���, ���il dio dell'aria era considerato la personificazione dello Stato, perché aveva il compito di tenere sollevato il cielo sopra la terra e di non farlo precipitare. Trattenendo la volta del cielo, egli costruisce un legame tra cielo e terra, costringendo l'ordine del mondo ad un difficile equilibrio e configurandolo come una catastrofe a stento trattenuta e sempre possibile���.
L'aria ha, dunque, un peso. Nonostante noi non ce ne accorgiamo.