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18) Giovanni Stella  Maschio
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Mercoledì, 6 Settembre 2006 02:47 Host: host5-153.pool80104.interbusiness.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Ettore Randazzo, La giustizia nonostante, Sellerio editrice, Palermo 2006, pp. 177, Ä 10,00

Mentre accarezzo la copertina rileggo ancora una volta il titolo e mi colpisce, come la prima volta, quel nonostante che racchiude tutto il libro: dallíincipit ìMa almeno, avvocato, otterremo giustizia?î, alla chiusura ìQuasi un indennizzo... per lui. E per me, che mi ostino, chiss‡ perchÈ, a fidarmi della giustiziaî.
Líedizione Ë quella solita, raffinata di Elvira Sellerio nella collana ìIl divanoî, comoda anche per il formato tascabile, nella quale per stare in tema, líautore ñ al pari dellíassassino che torna sempre sul luogo del delitto ñ dopo la felice opera Líavvocato e la verit‡ di tre anni fa, ora propone La giustizia nonostante.
Eí un libro da divano, forse sÏ per il lettore, ma sono pagine, una dopo líaltra, scritte in trincea, da un generale che lotta, da decenni, in prima fila nellíesercito dellíavvocatura, per líavvocatura e la giustizia.
Un altro libro sullíavvocatura, sulla giustizia, dunque?
Assolutamente no. Non un libro di arringhe pronunciate e raccolte, come síusava un tempo, non un lavoro sulla storia, la genesi, le radici dellíavvocatura, non un volume di storie giudiziarie rievocate o di analisi solo tecnica dei mali della giustizia.
Il volume, in tal senso sui generis, Ë il frutto della simbiosi fra il narratore e líavvocato: in un testo accattivante e degno della migliore prosa convive tutta líesperienza posta a profitto nel rievocare, giorno dopo giorno, il tormento e la solitudine del difensore, che si fronteggiano con quelle del suo assistito.
Líautore, Ettore Randazzo, ha alle spalle, seppur giovane, una lunga militanza nellíavvocatura. Allievo di Nicola MadÏa e di Pierluigi Romano e come loro maestro completo, Ë noto sia agli addetti ai lavori che al grande pubblico per la strenua battaglia che su quel fronte combatte per una giustizia pi? giusta, alla guida dellíUnione delle Camere Penali Italiane, prestigiosa carica conquistata percorrendo incessantemente la via del dovere e del sacrificio.
Il risultato della fatica dellíautore, Ë indispensabile al giovane che si accinge alla professione nella sfera penale che ha prima saccheggiata poi sottratta la mia copia; al penalista esperto e serio che vi potr‡ confrontare con la sua casistica i rapporti con i suoi assistiti, lo snodarsi delle varie fasi processuali e le storture insite, i rimedi esperibili; al magistrato che chiamato ad amministrare giustizia, potr‡ rendersi conto tangibilmente di ciÚ che accade portandosi per una volta dallíaltra sponda del fiume; al cittadino comune che avvertir‡ quanto buio e incerto sia il tunnel ñ non molto dissimile da quello della grave malattia ñ di chi incappa nelle maglie della giustizia.
Nel volume alla introduzione fanno seguito sette capitoli, líultimo dei quali d‡ il titolo anche allíopera: sette tasselli sparsi ñ Finalmente solo. Líinganno della presunzione díinnocenza. Diritto di Difesa e Libert‡ del cittadino: teoria e pratica. Líinquisizione. Alla ricerca della retta via. La sentenza giusta. La difesa ìnelî e ìdalî processo mediatico. La giustizia nonostante ñ che alla lettura complessiva compongono quel mosaico dal soggetto nitido e dalla policromia di colori. Una copiosa appendice ñ il codice deontologico forense e quello del Magistrato e le regole di comportamento del penalista nelle indagini difensive ñ utilissima, anchíessa meritevole di attenta lettura, completa líopera.
In corpore vili (cosÏ Gesualdo Bufalino titolÚ idealmente il seminario dove mise a nudo sÈ e i suoi lavori) poteva essere a modesto avviso di chi scrive un titolo alternativo o un sottotitolo del libro.
PerchÈ qui líautore ñ ed Ë, ritengo, uno dei pregi maggiori dellíopera ñ si fa chirurgo di sÈ e si apre al cospetto del pubblico per mostrare a se stesso e agli altri le parti pi? nascoste e occulte, di avvocato e di uomo.
Randazzo racconta tutto della sua giornata che inizia al mattino presto e gli consente, nel silenzio del telefono e al riparo dallíinvasione dei clienti, di lavorare meditando e assistendo al sorgere del sole seduto sulla poltrona dei ricordi ñ una sorta di moviola della memoria ñ che ha resistito al tempo e al mutare dellíarredo.
Sono quelle poche ore, chiamiamolo cosÏ, il riposo del guerriero. Pi? che un riposo tuttavia, si tratta della preparazione agli eventi che nella drammaticit‡ dellíimprevedibile e spesso dellíinverosimile connoteranno il ritmo di tutta una lunga, estenuante, interminabile giornata.
In un processo di tipo accusatorio dove dovrebbe sussistere (o almeno vi si tende) la parit‡ fra le parti ñ accusa e difesa ñ una delle due gode gi‡ di per sÈ di una posizione privilegiata ñ non fosse altro perchÈ dispone gratuitamente di ingenti mezzi investigativi (dalle forze dellíordine a quantíaltro puÚ acquisire con provvedimenti) ñ e certamente non dovrebbe essere rappresentata in giudizio da soggetti che in base allíOrdinamento Giudiziario sono comunque ìcolleghiî dei giudicanti, con evidente anomalia, che sussisterebbe anche nellíipotesi in cui il collegio giudicante fosse composto da iscritti negli albi degli avvocati. Di qui la necessit‡, da tempo sollevata ñ purtroppo senza esito positivo ñ, della separazione delle carriere nellíambito della Magistratura. Solo cosÏ si puÚ dare vera attuazione al nuovo articolo 111 della Costituzione che nel disciplinare il Giusto Processo, sul quale molto si sofferma líautore, prevede lo svolgimento del processo ìnel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parit‡, davanti a giudice terzo e imparzialeî.
Una grande conquista di civilt‡ quella portata dalla nuova formulazione dellíarticolo 111 della Costituzione, che necessita tuttavia, come per tutte le grandi riforme volte a migliorare la Societ‡, per la sua completa attuazione ñ tra la norma costituzionale scritta e la sentenza resa cíË di mezzo la produzione legislativa speciale e il processo ñ di tempi lunghi, dibattiti, convegni, interventi del legislatore ordinario, pensiero di dottrina, pronunce di giurisprudenza e di testimonianze concrete, come questo libro di Randazzo che pone sotto la lente di ingrandimento tutti i piccoli e i grandi accadimenti che costituiscono gli anelli della lunga catena che Ë la vicenda giudiziaria.
Il processo penale quale mezzo al fine, strumento volto alla realizzazione della giustizia si appalesa di per sÈ un calvario, una sorta di tortura cinese, un incubo senza fine. E finisce col rivelarsi una vera e propria pena, ancorchÈ non detentiva, legata alla imputazione in caso di assoluzione, aggiuntiva a quella inflitta, in caso di condanna. Circostanza ben diversa dalla custodia cautelare, istituto di cui si fa spesso largo uso, fino allíabuso che costituisce invece una pena scontata anticipatamente e in caso assolutorio un grave irreparabile (non risarcito) danno al cittadino il cui dramma se lo porter‡ appresso tutta la vita.
Eí per tutta la durata del processo che líimputato si lega a doppio filo al suo difensore, come il paziente al medico, col quale condivide il dramma processuale, la solitudine e passo dopo passo, la sofferenza che entrambi vivono. Su questo aspetto il lavoro di Randazzo Ë puntuale, dettagliato, minuziosamente certosino e la descrizione dellíiter processuale d‡ contezza al lettore, soprattutto a chi mai ha avuto a che fare con la giustizia penale, quale Ë la realt‡, ignota ai pi?, che spesso sono giustizialisti irriducibili. FinchÈ ... non vengono raggiunti da un avviso di garanzia.
Rovescio della medaglia. Se la condanna dellíinnocente Ë il de profundis dello Stato di diritto e della civilt‡ giuridica e la stessa assoluzione Ë comunque preceduta dallíiter processuale, tormento e pena in sÈ, Ë opinione di chi sta scrivendo che alla condanna del colpevole di fatti gravissimi e di delitti efferati, deve conseguire la certezza che sconter‡ la giusta pena; chÈ ìmeccanismiî via via nel tempo che consentono uníampia riduzione e spesso la vanificazione della pena, sono altrettanto mortificanti quanto la sanzione inflitta a chi non Ë colpevole.
La mancanza della certezza della pena procura una incentivazione al delitto.
AndrÈ Gide che fu anche giurato popolare in un processo dal quale ricavÚ un gustoso libretto (Ricordi della Corte díAssise, Sellerio, stessa collana), scrisse che nei suoi soventi viaggi allíestero era solito visitare come prima cosa i giardini pubblici e i palazzi di giustizia.
Anche Randazzo ci rappresenta la sua predilezione a visitare le aule dei tribunali, laddove in base a come si svolge il processo ci si rende conto del grado di civilt‡ del popolo.
Eí vero. LíItalia, culla del diritto, ha perso il primato di garanzia processuale in favore dei paesi di Common Law che si ispirano alla Magna Carta, ma per fortuna Ë lontana dai riti processuali e dalle condizioni carcerarie di paesi come Thailandia, Turchia (chi non ha visto Fuga di Mezzanotte?), e via dicendo.
Fra i tanti argomenti líautore affronta anche quello relativo alla responsabilit‡ civile del magistrato (siccome ricorrente domanda dellíassistito al suo avvocato dopo líassoluzione) e lo tratta con signorile equilibrio sintetizzando la tesi pro e quella contro. Purtroppo gli argomenti contro la responsabilit‡ sono altrettanto validi anche per tutti gli altri cittadini, taluni spesso costretti a lavorare in condizioni di difficolt‡ e rischio enormi (si pensi ai medici; e non solo ad essi): eppure essi rispondono della responsabilit‡.
Gli italiani a larga maggioranza con un referendum si dissero favorevoli alla responsabilit‡ anche per i magistrati.
CiÚ nonostante con legge successiva il Parlamento nellíintrodurre líobbligo dellíammissibilit‡ dellíazione (e quindi di dover preventivamente svolgere una causa civile in tre gradi: con costi elevati e tempi lunghissimi), prima di poter iniziare líazione risarcitoria vera e propria, ha, di fatto, vanificato il risultato referendario.
Randazzo Ë anche uno dei massimi esperti di deontologia forense avendo lavorato al codice di categoria e pubblicato sullíargomento vari testi fra i quali un corposo volume scritto congiuntamente allíavvocato Remo Danovi, gi‡ presidente del Consiglio Nazionale Forense.
Pertanto non ha mancato di riportare molto opportunamente in appendice il testo del codice deontologico, ma si fa carico nel volume di dosare sempre e sapientemente il diritto ñ dovere della difesa, comunque da garantire, con il rispetto doveroso delle norme di deontologia, senza le quali salta líequilibrio processuale con rischio di sconfinare in una sorta di giungla giudiziaria.
Con una salutare ventata di ottimismo líautore conclude líopera manifestando la sua ostinata incessante lotta per contribuire volta a volta affinchË trionfi solo la giustizia. Nonostante...


Giovanni Stella
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