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 Mercoledì, 22 Agosto 2007 00:10 IP: 151.53.146.176
Aldo Messina, Nuove dalla Nunziata, marzo 2007, 16?, pp. 128, Euro 9,00
Ogni scrittura Ë in rapporto con líantico. Se questo Ë un dato di fatto, ogni archeologia Ë in rapporto con la scrittura. Ad essa Ë riservato il compito di raccontarla. Non cíË scrittura che non merita di essere raccontata. Al racconto líarcheologia non puÚ sottrarsi, quando cíË la necessit‡ di riportare alla luce i simulacri cari allo scrittore.
Al cospetto dei propri rimossi, lo scrittore non si tira mai indietro. Da questo punto di vista, la scrittura archeologica Ë una sorta di regolamento di conti con se stesso. Nasce da qui la necessit‡ di allargare il fronte della narrazione. Non solamente la parola, intesa come oralit‡, si puÚ attribuire il compito di raccontare: con la parola non cíË rimozione del senso. Quindi la parola non puÚ testimoniare il tempo che Ë senso rimosso. Questo non si puÚ dire della scrittura. Essa, a partire da quegli oscuri luoghi da cui un giorno la coscienza si Ë emancipata, pone in essere le sue simbologie nella rappresentazione del senso traslato, cioË del solo senso che consegnandosi alla trascendenza si salva. La scrittura archeologica trova il senso nel nulla e salva lo scrittore, il cui racconto si autosostiene su un abissale fondamento di libert‡. CíË il sospetto che non salva líuomo: líuomo che Ë antecedente allo scrittore non puÚ rinunciare al dolore. Lo scrittore Ë colui che ha accettato questo lascito di sofferenza. Il compito che gli spetta Ë di strappare dalle mani del tempo il senso di questo dolore privo di senso.
La scrittura archeologica, libera da ogni arcaico fondamento sacro, ha preso definitivamente congedo da quegli spazi enigmatici e bui che risolvevano nel racconto mitico la primigenia follia degli uomini. Non cíË possibilit‡ di sopprimerla la follia, ma solo allontanarsi da essa, tenersi distante, confonderla, come fa la scrittura archeologica che Ë scrittura traslata o scrittura stratificata.
Il libretto di ìnarrativa archeologicaî (cosÏ ha pensato di definirlo il suo autore) ìNuove dalla Nunziataî Ë un alto esempio di scrittura stratificata, cioË di scrittura capace di de-scrivere líarte, cioË una scrittura che metta líuomo in condizione di scoprire i modelli che contengono la sua essenza attraverso la negazione del divino, come puÚ succedere a un collezionista di madonne che non puÚ fare a meno di contemplare le sue icone prima di pensare, di viaggiare, di amare.
ìNuove dalla Nunziataî non Ë racconto sfuggente, pur se basato su qualcosa di comunicativo ed estetico nello stesso tempo: strade inesistenti, fenditure della roccia, incisioni che non si leggono quasi pi?, trafugamenti e trafugatori, imposture e impostori. Ogni traccia, ogni segno attiene al campo dello spirito, forse anche agli affetti ancestrali, ai legami indissolubili: un padre che muore pi? volte, una madre dietro ogni sacra icona. Buttandola su Freud ci sarebbe da scialare, ma Ë meglio lasciar perdere. Meglio non correre il rischio di sfondare porte aperte.
In conclusione, se Ë arte Ë arte, puÚ star bene il riso e puÚ star bene il pianto, perchÈ ognuno vi si riconosce. Il prof. Aldo Messina Ë uno che ha imparato a piangere e a non dividere le sue lacrime tra la vita dellíuomo e la vita dellíarte. Con ciÚ dimostrando díaver capito che cosíË un ìuomoî e che cosíË ìarteî. Egli non Ë percorso da un reale conflitto di sentimenti e non fa fatica a portarsi alla vera altezza dellíuomo e alla vera altezza dellíarte: un uomo Ë un uomo solo se puÚ appartenere allíarte, e líarte Ë arte solo se puÚ contare su un uomo che la sostiene.
Andrea Camilleri, autore del romanzo ìLa concessione del telefonoî si Ë guardato bene dal dire che si trattava di narrativa burocratica. Lo stesso avrebbe dovuto fare il prof. Aldo Messina, perchÈ ciÚ che egli ha scritto Ë pura narrativa. Ah, dimenticavo: bella narrativa. Complimenti!
Nino Muccio Avola, 18 agosto 2007
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