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42) Benito Marziano  Maschio
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Lunedì, 14 Dicembre 2009 01:29 IP: 93-46-19-89.ip105.fastwebnet.it Scrivi un commento

Benito Marziano per Memoria aggiunta di Giovanni Stella

Ricevere in dono un libro e' cosa sempre gradita, se poi il dono viene da Giovanni Stella, si tratta di una sua opera e inoltre e' accompagnato da una dedica che esprime i sensi di una sincera amicizia, il gradimentomoltiplicato.<br>
Il libro in questione e' Memoria aggiunta, ultima opera di Giovanni Stella, pubblicato in sedicesimo, con una copertina raffinata nella sua semplicita', nella ''Collana Omnia'' della ''Libreria Editrice Urso'' di Avola.
Non appena l'ho avuto in mano, ero nella libreria di Ciccio Urso, dove l'amico Giovanni me l'aveva fatto recapitare, ho aperto la busta, ho cominciato a sfogliarlo, ho letto l'indice e poi la nota di presentazione del prof. Giorgio Bárberi Squarotti, una nota intensa nella sua brevita', che da' la misura dell'alto valore di questa ultima fatica di Stella.

Il volume presenta scritti di vario argomento raggruppati per tema. Cosi', abbiamo all'inizio dei brevi ritratti di noti professionisti suoi amici; seguono poi alcune note di un suo recente viaggio a New York; delle recensioni di opere
letterarie; alcune note su sue vicende personali attinenti alla salute; altri
brevi ritratti di grandi figure; alcune considerazioni attinenti a problemi
della sua professione; e a chiusura due liriche, di cui una rappresenta una
sorta di doloroso diario dedicato alla madre.

La penna felice di Stella raggiunge, come sempre, livelli cosi' alti di espressivita' e di buona lingua da fare un piccolo capolavoro di ogni scritto, e particolarmente di quella sezione consistente in ritratti di amici, alcuni magari gia' perduti, che nel suo ricordo appaiono circonfusi da un alone di grandezza e dignita', anche, forse, grazie alla sua impareggiabile affettuosita'.
La prosa, qui, si contamina spesso di poesia. Voglio per tutti ricordare, Per Paolo Montoneri , dove, ripercorrendo nellememoria i loro incontri e i loro dialoghi, scrive: ...<i>resteranno in me, nel mio cuore, nei miei ricordi - finche' memoria concedera' - come i momenti piu' alti, piu' belli, piu'lirici ed appaganti del veloce transito...

A questa sezione segue quella degli Appunti di un viaggio a New York (2009), vero, pur se breve, diario odeporico ricco di osservazioni e riflessioni sulla citta', sulla societa', sulla vita e sulla strana democrazia statunitense. Ma, in proposito, preferisco far parlare lo stesso Stella con la sua ineguagliabile efficacia e la
sua prosa affabulatrice: ''Il 'Village' e' un tuffo nell'umana civilta' dove l'uomo ancora misura se stesso resistendo e sopravvivendo a cio' che poco piu' in la' e' diventato: un minuscolo elemento di un ingranaggio gigantesco che lo fagocita e ne annienta la dimensione. (1. Quelle urla al Villane).

Andando in giro per il Villages'imbatte in un edificio, del quale preferisco che parli direttamente Stella, perche' sarebbe impossibile sostituirne la tensione che riesce a comunicarci: <i>Una scritta su due lati, pitturata in bianco e nero su legno
incastonato a muro, dice ''Norther, fondato nel 1827''. Si legge nella guida turistica che il palazzo, a tre piani
fuori terra, fu destinato a offrire assistenza gratuita ai poveri. </i>

<i>''Assistenza gratuita, negli Usa?'', mi sono chiesto. Ma qui, se un essere umano cade a terra colpito da infarto, frattura o qualche altra cosa, e' portato in ospedale solo se e' munito di carta di credito o assicurazione medica, viceversa, resta si trova nella indifferenza piu' totale dei passanti.

Ma da quell'edificio, il Nostro aveva sentito provenire delle urla che, ora, rendendoci partecipi di una situazione quasi onirica, scopriamo provenire si' da
quell'edificio, ma soltanto nella fantasia di Stella, perche' quelle urla... e lascio ancora alla sua fervida penna di appagare la vostra curiosita': Ma quelle urla erano sempre piu' rabbiose e forti e turbavano l'assoluto silenzio d'intorno.

Penetravano i miei timpani, sconvolgevano il mio animo.
Erano urla senza tempo... Fra gli ospiti del nosocomio era stato ricoverato Edgar Allan Poe.


E nel tentativo di volere entrare nell'edificio sbarrato con lucchetti, si trova davanti: Appoggiato al tronco di un albero spoglio, proprio di fronte all'ingresso, alle mie spalle, silente sostava un giovane sui trent'anni, forse trentacinque, non essere piu' preciso sull'eta'. quanto accade dopo assume dei toni che, dice l'autore stesso, gli sembra di vivere un'atmosfera
surreale, e qui mi fermo perche' non desidero privare il lettore del piacere
di leggere questa pagina particolarmente avvincente.

Seguendo il nostro amico nella sua passeggiata, ci veniamo a trovare Harlem. (2 Il bambino di Harem). Dopo un breve ricordo del lungo travagliato cammino dei neri Stati Uniti per raggiungere la loro emancipazione e dell'immenso contributo portato a tal fine da Martin King, ci racconta
di una passeggiata nelle strade di Harlem, durante la quale non perde
l'occasione di qualche chiacchierata con alcuni abitanti del luogo, spinto
dall'interesse a conoscere direttamente opinioni, usanze e abitudini della
gente. Si imbatte, infine, in qualcosa che non poteva non turbare profondamente la fine sensibilita', la grande umanita' che si evince da ogni scritto di Giovanni Stella. Gli accade di vedere che un bambino investito da un'automobile, in pochi minuti arrivano un'auto della polizia e un'autoambulanza, ma poi tutto si blocca per almeno venti minuti, perche' polizia e personale sanitario si mettono a esaminare e riempire moduli e stampati, prima che l'autoambulanza muova verso l'ospedale, con molte probabilita' che tale ritardo comprometta la salute del piccolo. E mentre l'autoambulanza, finalmente, si muove verso l'ospedale, Stella si lascia andare all'amara considerazione: Quanto tempo sprecato!, penso rabbioso. e' possibile che negli Usa le carte siano piu' importanti delle emergenze?
All'occhio attento e alla nobilta' d'animo di Stella non poteva sfuggire questa discrasia della democrazia statunitense, ne' potevano sfuggirgli quelle altre, anche piu' gravi,
di cui ci parla in (6. Manhattan), dove, dopo aver esaltato la grandiosita' Usa, la faccia piu' appariscente e scintillante della medaglia, guarda attentamente l'altra faccia, quella di cui meno si parla, di una societa' dominata dall'individualismo esasperato,dall'egoismo gretto, dall'indifferenza disumana, da una poverta' impensabile.
A Manhattan abitano i miliardari, che si
combattono a suon di dollari, e il barbone che all'angolo della via chiede un
dollaro, per acquistare un ...che gli domi i crampi allo stomaco, e pur di avere quel dollaro e' disposto a farsi fotografare in vostra compagnia.
Il lusso piu' sfarzoso vive e convive con la miseria piu' deprimente, che aumenta via via che ci si allontana dal centro verso quartieri che di poverta' sono pieni.
Ci sono i gioiellieri e le firme piu' famose che propongono oggetti il cui costo fa venire le vertigini, e anche botteghe piccolissime gestite in economia da cinesi e da gente di colore, che stentano a sbarcare il lunario.
Manhattan e' il lusso, la grandeur,
l'assoluto in termini di bellezza architettonica e urbanistica, cui corrisponde l'adeguato prezzo. Ma e'
anche la contraddizione piu' eclatante, dove l'uomo, inquilino del pianeta, e'
costretto a vivere: l'uno nell'oro e nella ricchezza a lui ignota nella entita', l'altro che non ha ricovero la notte e di giorno lesina l'elemosina per un sandwich o una frutta, che gli consentano di sopravvivere.

Ho voluto riportare per intero questa poco piu' di mezza pagina perche' a me sembra che non vi sia da togliere neanche una parola in analisi impietosa della societa' statunitense, cosi' interessante e fondamentale per comprendere questa societa' cosiddetta opulenta, nella quale, ci fa vedere Stella, l'opulenza e' in realta' privilegio di pochi, non di tutti ne' di molti, come con grande superficialita' si e' portati a credere a proposito degli Usa.

Queste amare e illuminanti considerazioni di Stella, personalmente, mi fanno ricordare una analoga considerazione che De Maistre faceva in Viaggio intorno alla mia stanza: <i>Un mucchio di disgraziati, distesi seminudi sotto i portici di quei sontuosi appartamenti, sembra stiano morendo di freddo e di miseria. - Che spettacolo! Vorrei che questa pagina fosse
nota al mondo intero;vorrei che si sapesse che, in questa citta', dove tutto
respira l'opulenza, durante le notti fredde dell'inverno, una folla d'infelici,
dorme all'addiaccio, con la testa appoggiata su un paracarro o sulla soglia
d'un palazzo.


Cosi' scriveva De Maistre: si era a Torino nei primi dell'Ottocento.
E immagino cosa penserebbe se dovesse tornare in vita oggi e dovesse leggere le pagine di Stella, che fotografano la non felice realta' del paese che viene decantato come la piu'grande democrazia del mondo, e scoprire che cio' che tanto lo aveva allora sdegnato, continua a essere di piena attualita', e in tutto il mondo, ben due secoli dopo. Non si farebbe, immagino, un concetto molto lusinghiero del nostro tempo e della nostra civilta'.

Tornando all'opera di Stella, a questi Appunti di viaggio a New York, seguono ancora altri scritti di vario argomento: il racconto Leo e la corsa, e in Quel giorno a Capotaormina, di vicende personali, quali quelle relative a un suo recente periodo angustiato da seri problemi di salute, che e' assieme un omaggio riconoscente e affettuoso all'illustre chirurgo che lo ha avuto in cura; un interessante
arguto ritratto, in Giulio Andreotti</i>,<i> del noto personaggio, del quale ricorda
le indiscusse capacita', non soltanto politiche, ma anche le altrettanto certe
ma meno commendevoli perfidie politiche, che gli hanno meritato, la definizione
di ''<i>Richelieu della politica italiana''.
Un uomo, aggiunge ancora, provvisto di un ottimo senso dell'umorismo,... 'enfant prodige' della politica italiana, e che definisce frequentatore del Vaticano dove la sua cultura e il suo stile curialesco affondano le radici.

In Sciarada,
dopo avere brevemente
commentato alcune riflessioni di Gesualdo Bufalino e riflettuto, a sua volta, sulla vita e sulla morte, conclude con un'espressione che riafferma il suo convinto razionalismo: In quello stesso stato di assenza e buio ritengo si ritorni con la morte, evento che conclude e chiude la parabola della vita.

Interessanti le note su ''Sovente all'anima'' di Sebastiano Burgaretta, opera della quale i presentatori e la critica hanno concordemente stimato l'alto valore della poesia, e della quale Stella qui scrive, fra l'altro: <i>Con quest'ultima opera Burgaretta segna un salto di qualita', un'evoluzione positiva e propositiva nella
sua poetica, sia in relazione ai testi precedenti, sia con riferimento alla
lingua.</i>

Il volume dopo qualche altro ritratto di grandi personaggi e alcun</span> scritti attinenti a questioni della sua professione di dottore commercialista,
si chiude con due liriche, una delle quali, A mia madre, e' un affranto diario di amore e dolore per la cara madre
inferma. Il poeta condivide nei versi le sofferenze di lei, che le legge sul volto, negli occhi: ...piccini,
rossi, / lucidi, smarriti come la tua memoria, / in quel corpo che immobile giace / da troppo tempo sul letto del dolore.
Ricorda, poi, le cure che a
lui aveva sempre dedicato quand'era bambino, e poi ragazzo, e quando, lei avanti negli anni, ancora lo accoglieva, in qualche momento di sua difficolta' esistenziale, fra le sue braccia. E mi indicasti di
nuovo/, scrive, /la via smarrita / per poi ritirarti / nel silenzio.


E avverte tutta l'amarezza della sua impotenza, resa ancora piu' tormentosa dal non poterle ricambiare l'aiuto che sempre ne aveva avuto: Ora giaci, e nulla, ahime', / io posso fare per
te. C'e', in questoracchiuso in due versi che sono una disperazione soffocata, il senso dell'avvertita nullita' di un uomo, che ritrova, pare, il coraggio di accettare
il vivere grazie alla forza che gli discende ancora una volta, proprio da colei a cui lui non puo' dare alcun aiuto. Infatti, come se
la madre avesse compreso quel suo doloroso rincrescimento, con un gesto lo
rincuora: <i>Ma le tue labbra / spinte a baciarmi / prima di andarmene/ sono state, o madre, / il dono piu' bello.

Vive il poeta lo stesso calvario della madre e, forse, il suo e' persino piu' doloroso di quello di lei, si potrebbe pensare che ci dicano questi versi ricchi d'amore e di pathos: Ti guardo con occhi d'amore, / mi fissi con <i>occhi minuti. / Ma tra i due sguardi / c'e' l'assenza. e' quell'assenza
della madre, che, dicevo, rende probabilmente minore la sua sofferenza rispetto a quella del figlio, quell'assenza che in altro momento, il poeta riprende con un verso straordinario: la tua memoria
sempre piu' rara.
C'e' in quel rara una delicatezza, un pudore, direi,
quasi il poeta non volesse aggettivare la memoria dell'amata madre con un
termine troppo rude, irrispettoso, perche' e', quella memoria, qualcosa di
prezioso per lui e, come tale, col venire diminuendo non puo' che diventare piu' rara.

Ma non voglio togliere al lettore il piacere di scoprire da se' le intense emozioni che puo' dare la lettura di questo dialogo silenzioso, nel quale
agli sconsolati pensieri del poeta arrivano in risposta soltanto qualche
sguardo che lo accarezza, e un accenno di bacio che, tuttavia, lo rincuora,
perche' e' il dono piu' bello, che possa
ricevere da lei.

Quest'opera, ultima arrivata di Giovanni Stella, pur nella non unitarieta' dei temi e delle forme letterarie si presenta, direi, come un'opera unitaria nei contenuti che ne emergono, poggianti su una carica di forti ideali umani ed etici, nella capacita' di procurare al lettore intense emozioni che, in un crescendo quasi da grande sinfonia, raggiungono l'acme in, A
mia madre
, che e' uno dei piu' belli e commoventi dialoghi senza parole tra
una madre e un figlio, che mi sia capitato di leggere.


Benito
Marziano
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