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47) Benito Marziano  Maschio
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Miele estremo, di Giovanni Stella


Mi sono accinto a leggere Miele estremo, ultima fatica letteraria di Giovanni Stella, con la certezza che non sarebbero andate deluse l’aspettativa e l’interesse che, solitamente, mi procura la lettura di suoi scritti, e non mi sbagliavo, che', ancora una volta, Stella non mi delude, e sono certo che non deluderà nessun lettore.

Come alcune altre delle sue tante pubblicazioni, questo Miele estremo e' essenzialmente, come lo definisce Giorgio Bárberi Squarotti, "libro di memoria, di vita, di viaggi".

Di memoria, soprattutto, direi, perche' la vita, i viaggi, ma anche i tanti simpatici aneddoti, i ritratti di personaggi tipici che hanno costellato anni non tanto lontani della città di Avola; i ricordi affettuosi di tanti amici non più viventi; i ritratti di quanti costituiscono la ricca e prestigiosa galleria dei suoi amici sono qui piu' che narrati come rivissuti in questo suo viaggio nella memoria. Che la vita e' memoria, il Nostro lo dichiara già con il riportare l’antico motto latino "Memini, ergo sum", come introduzione della breve dedica Al lettore, con la quale inizia l'opera.

"Memini, ergo sum" dicevano i latini: ricordo quindi esisto, scrive ancora, poco piu' avanti.

Ma anche, ribaltando i termini, io direi: Sono, esisto, perché ricordo. E sì! Perché la nostra vita è il nostro passato, si sostanzia del ricordo del passato, il futuro non ci appartiene ancora, lo possiamo immaginare, vagheggiare, prevedere, magari, ma non è nella nostra vita, lo sarà soltanto quando, dopo essere stato presente per un istante, diverrà passato.

E Stella, a rinforzare il senso di quel motto, subito aggiunge nell’incipit della dedica, di cui dicevo sopra: “Lettres de mon moulin” di Daudet, “L’albero dai fiori bianchi” di Biagi…,in letteratura, “Il posto delle fragole, di Bergman…, nel cinema, sono soltanto taluni esempi di omaggio alla propria infanzia, dell’uomo che nell’età avanzata rivede, come in una moviola, l’età più bella della propria vita e ne rafferma man mano il ricordo. E ricordando rivive”.

C’è in queste parole la cifra di questa pregevole opera che si sviluppa in un racconto affabulante, che alterna note malinconiche e di forte rimpianto, pur se mai, questo, eccessivo e scorato, a narrazioni di piacevoli note di viaggio, o di aneddoti ameni e, a volte, di un grande e fine umorismo che gli deriva dalla capacità minuziosa di osservare la vita e gli uomini.

Fra le prime i ricordi di famigliari, di parenti, di amici “passati a miglior vita”, come si è soliti dire, ma Stella laico e non credente, come espressamente si dichiara, credo che, come me, non ritenga che altra vita possa esserci, né migliore né peggiore di questa. E scrive pagine che ci raccontano di grandi dolori patiti a seguito di avvenimenti luttuosi o dolorosi nell’ambito famigliare (ma anche fra gli amici, ché dell’amicizia ha un nobile concetto), che lo hanno toccato profondamente e gli hanno ispirato scritti di indescrivibile tristezza. E a tal riguardo, come non ricordare le sublimi poesie dedicate alla madre malata, che sono un dialogo muto, interiore, unidirezionale del poeta con la madre, che si sostanzia di un parlare con lei, che non può ascoltarlo, senza parole: di parlarti con parole mute, scrive, con un verso che a me sembra veramente impareggiabile.

Ma Stella è uomo che ama la vita, e la vita si compendia di dolori, di tristezze, di malinconie, ma anche di gioie, di piaceri, di divertimenti. Lui la vita la sa anche godere e prende tutto ciò che essa può offrire. Ecco, allora, che ci parla della sua passione per le belle auto, per i viaggi, per i buoni ristoranti e per i buoni cibi, e, soprattutto, per le buone rasserenanti gioie della famiglia.

E, tuttavia, la sua notevole razionalità lo induce, anche, a guardare con uno sguardo un po’ disincantato e sornione la vita e gli uomini, traendone aneddoti e caratteristiche di tipi umani dei quali sa raccontare con una notevole vena umoristica, che gli permette, spesso, di raggiungere effetti veramente esilaranti.

Di alcuni, almeno, di questi aneddoti mi piace anticipare un po' l'argomento, non di più, per non privare il lettore del piacere di riderne quando li leggera'. E come non ridere, a esempio, di Don Angelino, il ghiotto di dolci; di Lu zu' Turi, con la motocicletta; dell’oste sempre brillo (e per quale strano motivo!); dell’asino che, in una gara, ormai prossimo alla vittoria, la manca; e di tanti altri personaggi dei quali si raccontano fatti e vicende che rallegrano, in genere, la vita di quartiere delle piccole, ma anche delle grandi città.

E mi piace concludere queste mie note, ricordando le parole con le quali l’autore chiude questa sua opera: Il tempo intanto si consuma. E noi con lui.

Parole che a me sembrano il naturale corollario di quanto Stella scrive alla pag. 150, dopo aver ricordato che egli, come tutti ritornerà nell’assenza, dice, che un libro in una biblioteca, forse, potra' testimoniare del suo passaggio sulla terra, ma si chiede: A che serve? A creare un’illusione di immortalita', come taluni credono? In fondo e' una vana illusione anch'essa, perché io non ci sarò più. Cosi' credo. Altri, provvisti di un dono che a me manca – "la fede" – pensano diversamente e … aspettano serenamente. Beati loro!

Concetto che condivido pienamente e che, immagino, l’amico Giovanni non me ne vorrà se me ne appropriero'.



Benito Marziano

Noto, 22 novembre 2010

Giovanni Stella
''Miele estremo''
2010, 16°, pp. 270
Libreria Editrice Urso, Collana Omnia n. 3
Euro 13,00
EAN 978-88-96071-33-5
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