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48) Giovanni Stella  Maschio
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Mercoledì, 11 Maggio 2011 18:32 IP: 93-46-37-235.ip105.fastwebnet.it Scrivi un commento

Mario Portanova, Giampiero Rossi, Franco Stefanoni.
Mafia a Milano
Melampo editore, Milano 2011, pp. 490, euro 18,50


***
Nando dalla Chiesa è innanzitutto un gran signore, che ho avuto il privilegio di incontrare, oltre ad essere il figlio diletto del mitico generale Carlo Alberto, barbaramente assassinato unitamente alla giovane moglie Emanuela Setti Carraro, a Palermo dalla mafia. È professore di Sociologia della criminalità organizzata nell’Università Statale di Milano,nonché scrittore e saggista con al suo attivo un cospicuo numero di libri pubblicati.
“Tu che cammini la strada non c’è, la strada si fa camminando”. Questo pensiero di Machado era riportato in un suo biglietto inviatomi per lo scambio degli auguri natalizi. Avere in mano Mafia a Milano, “sessant’anni di affari e delitti”, un volume di 500 pagine, accreditato dalla Introduzione di Nando dalla Chiesa, è un forte stimolo ad una impegnativa lettura. Gli autori sono tre giornalisti di lungo corso: Mario Portanova, Giampiero Rossi, Franco Stefanoni, “allievi” di pensiero del professore Nando; Stefanoni, anche suo studente all’Università, peraltro noto al grande pubblico dei professionisti perché da molti anni cura la rubrica professionale ne il Mondo, l’autorevole settimanale economico del Corriere della Sera.
Tutti e tre gli autori hanno iniziato l’attività giornalistica nei primi anni Novanta scrivendo inchieste sulla criminalità organizzata per il mensile Società Civile ai cui “amici” è dedicato il libro. Ci vuole una buona dose di pazienza per continuare la lettura pagina dopo pagina dei fatti narrati, supportati spesso da elementi giudiziari, che con lavoro certosino di raccolta e coordinamento gli autori hanno espletato.
Il tutto interessa da oltre mezzo secolo la capitale economica d’Italia. Quando nell’Ottocento e agli inizi del Novecento si parlava di mafia il termine evocava per antonomasia la Sicilia, terra dove atavico germinava il fenomeno criminoso associato ad uomini vestiti di nero con lupara e amicizie contigue che interessano lo stato sociale più basso. Negli Stati Uniti d’America il fenomeno, sviluppatosi nei primi decenni del secolo scorso, lo si individuava come d’importazione siciliana in tutto, metodo e uomini (i gangster) compresi. Altrove in Italia ramificatosi, estendendosi e creando focolai e cellule di origini autonome, assunse connotazioni e denominazioni diverse: camorra e 'ndrangheta in Campania e Calabria, Sacra corona unita in Puglia. Patologie criminose tutte, con uno stesso denominatore comune: forme e metodi similari, ancorché in costante adeguamento alla evoluzione della società. La mafia, fenomeno grave che tende ad essere uno Stato nello Stato, per sovvertirne la legalità ed assumere il controllo sostituendosi ad esso, è sempre un problema di vaste proporzioni che ha assunto vieppiù dimensioni gigantesche e preoccupanti tali da cointeressare costantemente nella lotta tutte le strutture istituzionali (dalle forze dell’ordine alla magistratura) nel tentativo di arginare ed emarginare un fenomeno che si è dimostrato difficile da debellare. Lontani ormai i tempi descritti da Leonardo Sciascia, ben conoscitore del fenomeno, ne Il giorno della civetta e in tutti gli altri scritti che anche allora interessavano la cultura letteraria, mezzo indispensabile per una diffusione di massa conoscitiva di quanto accade nella società ad opera di questo cancro che tende a creare diffuse metastasi. Agli abiti neri e alla lupara si sono sostituiti colletti bianchi e raffinati metodi criminogeni, via via adeguati ai tempi, che non potevano non approdare anche nel nord, là dove è più forte l’economia, perciò anche a Milano. Questo libro ne dà contezza con un lavoro minuzioso che ricostruisce un periodo lungo oltre mezzo secolo e che, ovviamente, interessa una moltitudine di vicende, di personaggi e di luoghi.
1Molto opportunamente gli autori hanno ricordato quale premessa al lavoro, che fino a sentenza passata in cosa giudicata, ogni cittadino, ancorché oggetto di condanna nei primi gradi di giudizio, è un presunto innocente. Così stabilisce la Costituzione italiana. I fatti perciò vanno tutti oggetto di verifica, riscontro, esame dagli organi inquirenti prima, della Magistratura poi.
Di quando in quando esistono tuttavia fatti che si mostrano come gli scogli: riemergono intatti dopo ogni ondata di parole. Nel risvolto di copertina dal libro si legge: “La mafia non esiste dicono i governanti padani, come i loro colleghi del sud il secolo scorso. Con poche eccezioni anche le associazioni imprenditoriali e professionali non la vedono. Chi nega, chi minimizza, chi ostenta stupore di fronte alle indagini che svelano densi intrecci tra criminalità, mondo degli affari e amministratori pubblici. Eppure a Milano e in Lombardia la mafia c’è, ben radicata da oltre mezzo secolo: i pionieri della 'ndrangheta e di cosa nostra arrivarono negli anni Cinquanta; seguirono gli uomini della camorra e della Sacra corona unita. Da allora ne hanno fatto di strada. Mafia a Milano racconta, per la prima volta in modo organico e completo, una storia di violenza, successo, arricchimento, emancipazione. [...]. Nel nuovo millennio, le cosche dettano legge nei cantieri, accumulano enormi patrimoni immobiliari, guidano holding familiari. Complice il silenzio che li circonda, i clan trapiantati a Milano e dintorni si sono riorganizzati e rafforzati. Per dare l’assalto all’economia e alla politica”.
Il libro oltre che della già detta e sociologicamente interessante introduzione di Nando dalla Chiesa si compone dei seguenti capitoli (all’interno di ognuno dei quali il lavoro è suddiviso in specifici paragrafi): “Prologo; Radici; La stagione dei gangster; Finanza nera alla milanese; Colletti bianchi; Nei quartieri delle cosche; Amicizie pericolose; La santissima alleanza; La mafia non esiste; Assalto all’economia; Epilogo: la cupola e il sistema”.
Si conclude poi con un indice dei nomi e un indice dei luoghi, resisi necessari per la cospicua quantità del materiale che lo compone. È il volume di per sé un documento storico? Forse. È certamente un lavoro del quale non potrà fare a meno lo storico di domani che vorrà affrontare il delicato argomento della mafia nella capitale della finanza e dell’economia, nell’area industrializzata del nord d’Italia, là dove c’è più denaro che velocemente circola e che in parte sfugge purtroppo alle regole della legalità.
I nostri padri ci hanno lasciato in eredità lo Stato di diritto. Noi abbiamo il dovere di lasciare ai nostri figli la cultura della legalità, la sola che ci appartiene, la strada che dobbiamo indicare a percorrere, quella che “si fa camminando”. Per i posteri, se posteri esisteranno.

Giovanni Stella
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