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Giovedì, 5 Aprile 2012 01:31 IP: 93-46-38-134.ip105.fastwebnet.it Scrivi un commento Invia una E-mail

POETA PRESENTA POETA

Lucia Bonanni
per "RITORNO AD ANCONA ED ALTRE STORIE"

“Ritrovarsi così… semplicemente!/Unire gli orizzonti e le attese,/le voci e i respiri,/le partenze e i ritorni./Salutarsi così… semplicemente,/con la luce negli occhi e la speranza nel cuore.” (ndr).
E con Sandra Carresi, dopo la bella esperienza di Vigevano, nella tarda mattinata di domenica 25 marzo 2012 ci ritroviamo in Corso Garibaldi, 41 lì ad Avola, davanti alla Libreria Editrice Urso per la giornata conclusiva del Concorso “Libri di-versi”.
“Tieni, portati un po’ di peso” mi dice Sandra nel farmi dono della sua ultima pubblicazione “Ritorno ad Ancona ed altre storie”, redatta a quattro mani con Lorenzo Spurio, saggista, redattore ed autore di riviste e testi letterari.
La cosa buffa è che Sandra ed io per quel nostro abitare nei luoghi che un tempo furono oggetto delle mire espansionistiche della Repubblica Fiorentina e che oggi si rivelano come i territori più belli dei dintorni di Firenze, siamo quasi vicine di casa.
“Sono già due volte che ci incontriamo fuori provincia, la prossima sarà di certo il 23 maggio prossimo in quel di Villa Bandini a Firenze in occasione della presentazione del tuo libro”, dico a Sandra con quel piglio d’allegrezza che sempre mi deriva dallo stare con gli altri e da un qualcosa di piacevolmente inatteso quale è il dono di questo libro.
“Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere” afferma Daniel Pennac nell’opera “Come un romanzo” ed io cerco di dilatare il mio tempo con delle buone letture ove non mancano mai quelle degli amici.
Mi incuriosisce molto la dicitura “Ritorno ad Ancona…” così inizio a leggere proprio dal racconto che assegna il titolo all’intera silloge per passare di seguito a “Telefonate anonime” e “Un cammino difficile”. “Ho pensato che l’anima mantiene la sua freschezza e la penna altro non è il fiume che l’attraversa” dichiara l’autrice nell’introduzione al proprio lavoro. Quindi anche per lei la scrittura è un bisogno irrefrenabile, una necessità forse “venuta meno a qualche minestrone” (ibidem), un’espressione del proprio essere ed anelito verso la scoperta di se stessa in quei personaggi esteriori che di volta in volta la sua anima va svelando attraverso al penna.
“Per quanto mi riguarda, credo che riflettere sul senso delle proprie scelte sia sempre doveroso” si legge nella prefazione di Anna Maria Folchini Stabile, dovere che mi sento di dire non sempre ottemperato e onorato con buona disponibilità d’animo e saggia maturità.
Spesso è più facile stornare il viso, illudersi che col tempo qualcosa potrà mutare, cercare stratagemmi o alterative per eludere la pressione esercitata da certi contesti di vita, percepiti come una scatola in cui ci si sente rinchiusi e da cui non si riesce a trovare vie di fuga, tutto a discapito di un dialogo aperto, costruttivo e fondante.
Sono questi i concetti espressi nei tre racconti il cui filo conduttore altro non è che l’amore, l’amore nella più ampia accezione del termine e che qui trova forma sia nel rapporto di coppia, in quello parentale e non ultimo quello tra fratelli.
Un filo d’Arianna il sentimento enunciato che lega non solo l’intreccio e la fabula di ciascuna narrazione, ma fa anche da unione non detta, ma annunciata tra i diversi racconti. Scritture, queste, strutturate nella logica del contrasto, artificio letterario che li rende ancor più intriganti e cattura l’attenzione di chi legge. Il contrasto è qui descritto come quelle serie numeriche che possono essere presentate sia in senso ascendente che in quello discendente, rispettando sempre la posizione ed il valore delle cifre. Ecco allora che in questi racconti vediamo i sentimenti scemare verso l’annullamento più completo o assumere la direzione di un ampliamento più sistematico. E sempre protagoniste indiscusse sono le donne, le donne con la loro sensibilità e la loro forza interiore, la loro connaturata capacità di donarsi e dare amore, le donne con le loro fragilità e quel loro saper trovare soluzioni agli eventi avversi, le donne che ricordano e riescono a dimenticare anche in nome di un sentire profondo, le stesse donne che si prendono cura dei loro figli anche venendo meno alle loro aspirazioni e ai loro bisogni. Ed ecco che sulla scena di questo libro si stagliano le protagoniste di sofferenze e rinunce nonché oggetto di abbandoni insensati e comportamenti talvolta ostili: Giada, Rebecca, Eva, protagoniste indiscusse di quel “cammino difficile” a fronte di esperienze di vita tessute per lo più in negativo.
“Un compagno (è) una presenza costante, una persona con la quale si cresce e si condividono affetti e esperienze” (o. c.), e giusto per questo, d’altro canto a Ruggero, Vincenzo e Alberto non può essere conferito tale titolo, da un lato per quel loro aspetto comportamentale che lascia perplessi e dall’altro per non aver saputo o voluto cogliere l’attimo fuggente dell’idea che “l’amore è fatto di tante sfumature, aspetti e comportamenti” (ibidem) e che per essere vero e ben coeso necessita di tanta fede, speranza e carità; fede nelle proprie scelte, speranza di dare corpo ai progetti, specialmente a quelli di carattere affettivo, carità verso la persona che ci sta accanto nel saperne comprendere a pieno le essenzialità più nascoste. Ecco anche perché un amore inatteso, nato in un contesto idilliaco come può essere quello di un’isola mediterranea, si scioglie come neve e nel nulla si dissolve allorché il protagonista si trova a doversi confrontare con una realtà diversa anche da quella dove abitualmente vive ed è attore indiscusso.
Ed ecco ancora perché una giovane donna viene lasciata a se stessa all’annuncio di una maternità inattesa, maternità che nel corso del tempo le riempirà la vita e le farà fare acrobazie per allevare una figlia tanto amata; quella stessa figlia che in età adulta si troverà faccia a faccia con Jacopo, fratello da parte di quel padre scanzonato e irresponsabile che salderà il proprio conto morale con il lascito di una cospicua eredità per entrambi i figli. “sai sono fidanzato con Francesca… vorrei che la conoscessi e che… insomma, che ci frequentassimo”, “siamo ancora in tempo, s vogliamo” (ibidem) e in “forte abbraccio” le tante telefonate anonime ricevute da Giada trovano un volto, trovano le sembianze dell’amore fraterno che riesce ad elevarsi al di sopra delle miserie umane.
Ecco infine perché Eva viene lasciata sola a dover sbrogliare la difficile matassa dell’educazione dei figli , bimbi presi in adozione per quel bisogno ancestrale e mai sopito di maternità, insito nel cuore e nella mente di ciascuna donna. “Ora cruciale/d’altissimo travaglio,/ dolore e sofferenza:/cambiati in gioia,/nascendo una stupenda/e meravigliosa creatura… soffio divino” recitano con grande sensibilità i versi della lirica “Parto” dell’amico-poeta Corrado Bono, mentre colui, il compagno di Eva, che in un primo momento era apparso in piena sintonia con lei, la donna della sua vita, e con il suo modo di essere, delira dal solco segnato e dinanzi ad impegni inattesi ed altresì gravosi, si spaventa e l’unica soluzione possibile gli appare la fuga dalle proprie responsabilità di uomo e di padre.
Quel medesimo uomo e quel medesimo padre che la vita mettere poi a confronto con vicende personali assai penose, facendogli toccare con mano lo scotto dell’abbandono e la cupa malinconia che ne segue; la vita che lo rendere freddo e incapace di appoggiarsi all’amore che quei bimbi saprebbero dare e all’aiuto che Eva in un moto di spontanea generosità e speranza adesso gli offre; Eva che è ben consapevole del fatto che “anche i periodi molto oscuri sono capaci di vedere la luce” (ibidem) e riesce così a ripristinare il centro del proprio cerchio di vita e ad “accorgersi (anche) che qualcuno non aspettava altro di vedere apprezzamento per quell’invito a cena mai prima accettato” (ibidem).
Un libro di non facile lettura questo di Sandra e Lorenzo per le implicazioni a carattere psicologico e sociale che si dipanano nei periodi e riescono a meravigliare il lettore.
Un testo con belle e particolareggiate descrizioni degli ambienti e delle persone , una scrittura che deriva le caratteristiche affettive di ciascun personaggio non dalle peculiarità del loro carattere bensì dai tratteggi di un sorriso, di gesto, di una postura, compendio del loro modo di essere e di porsi in relazione con la vita e a quanto di bello e meno bello può offrire.
Un libro dal linguaggio accessibile e la struttura sintattica lineare ed agevole, ma di grande impatto emotivo anche per quel rammentare luoghi a me conosciuti e quella forma lessicale che nell’espressione parlata talvolta porta a fare un diminuitivo che, forse, i puristi della lingua possono anche non accettare, ma che io tanto riconosco e che tanto mi piace usare, espressine che risulta poter essere un vezzeggiativo per un lemma che in questi racconti rivela a posteriori un uomo che non cambia né il proprio modo di essere e neppure quello di agire con se stesso e con gli altri. Una lettura, questa di “Ritorno ad Ancona…”, che induce a porsi domande sui grandi tempi della vita e a cercarne risposte esaustive anche in relazione al vissuto di ciascuno di noi perché come insegna J. W. Goethe, “Ogni libro è un capitale che silenziosamente ci dorme accanto, ma che produce interessi incalcolabili”, un capitale che nel testo di Sandra e Lorenzo si esplica nella forte capacità di analisi e nella spiccata sensibilità dei due autori nel saper narrare accadimenti e nel saper descrivere personaggi, lasciando così trasparire anche la bellezza della loro anima.

---- Lucia Bonanni ------
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