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Venerdì, 8 Maggio 2009 22:05 IP: 93-46-2-96.ip105.fastwebnet.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Logiche di un potere siciliano. LíArra di Felice Crosta

LíAgenzia regionale per i rifiuti e le acque ha dettato regole e mosso fiumi di denaro, lungo tutto il perimetro degli Ato. Di emergenza in emergenza, in pi? occasioni Ë finita sotto accusa. LíArs ne ha deciso quindi, nel dicembre 2008, lo scioglimento. Eppure continua a esistere e a reggere i giochi. Lo far‡ per tutto il 2009. Ma tante cose vanno muovendosi perchÈ la decisione venga revocata.

di Carlo Ruta


CëË un soggetto pubblico in Sicilia che evoca emergenze, ma anche torrenti di denaro. » lëArra, Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, istituita con decreto del presidente della regione Cuffaro il 28 febbraio 2006. Si tratta di una struttura centralistica, rigidamente verticale, che ha avocato competenze che appartenevano a un pulviscolo di enti territoriali: dai comuni ai consorzi di bonifica, assumendone comunque di nuovi, sulle linee della legge Galli. Líavvento di tale organo ha chiuso in via definitiva la fase, inaugurata dal generale Roberto Jucci, dei commissari regionali per líemergenza idrica, di cui si erano serviti i passati presidenti. In una situazione che sempre pi? andava intricandosi, con il mobilitarsi di interessi forti oltre che con la crescita delle problematiche sul terreno, quella esperienza si era dimostrata in effetti debole, necessariamente priva di profilo strategico. E il passaggio, logico e per certi versi necessario, si Ë dimostrato adeguato alle aspettative. LíArra, guidata dallíavvocato Felice Crosta su designazione di Cuffaro, ha permesso di convogliare nellíisola fondi europei per miliardi di euro, che non potevano essere utilizzati con la gestione commissariale. Palazzo díOrleans ha potuto contare, da quel momento, su un braccio operativo coeso, in grado di porsi come interlocutore unico di tutte le parti in gioco, quindi garante di un sistema. In definitiva si Ë materializzato dal versante pubblico il collante che occorreva per combinare interessi distanti, passato e presente, tradizioni che non intendono demordere e scommesse sul futuro.

A dispetto dei suoi poteri di mediazione e, almeno in via ufficiale, di intervento specialistico, líArra reca un profilo pesante. Come altri organi regionali di recente istituzione Ë retta infatti da logiche di sottogoverno, tese a garantire la stabilit‡ del personale politico a dispetto degli eventi. In questo senso non differisce tanto dagli enti regionali di un tempo: líEms, líEas, altri ancora. Si Ë distinta inoltre, sin dalla nascita, per le spese inusitate del suo funzionamento, a tutti i livelli, a partire comunque dal pi? elevato. Crosta, che dagli esordi la dirige con piglio decisionistico, Ë risultato il burocrate meglio pagato in Italia, con un compenso complessivo di oltre 500 mila euro líanno, pari a circa 1500 al giorno. Per contenere lo scandalo che andava montando nel paese, si Ë adottato un escamotage singolare, inteso a bilanciare di fatto i poteri nellíAgenzia. Nel 2008 Ë stato posto per legge un tetto di 250 mila euro ai compensi dei burocrati, ma, contestualmente, Ë stato deciso di affiancare a Crosta tre consiglieri, perchÈ tutti i partiti di governo potessero essere rappresentati. La scelta Ë caduta quindi su Giuseppe Infurna, ex deputato regionale di An, Rossella Puglisi, gi‡ candidata per líUdc alle politiche del 2008, Guglielmo Scammacca, ex assessore regionale ai Lavori Pubblici: questíultimo poi sostituito, per riequilibrare le influenze, da Giovanni Cappuzzello, gi‡ candidato Mpa alle politiche. Anche tali consiglieri beninteso, sulle cui professionalit‡ e competenze ha dovuto garantire Crosta, non importa con quanta convinzione, godono di compensi annui di 250 mila euro cadauno, per 750 mila complessivi.

Gli stipendi díoro e gli scambi con i partiti di governo, nel solco appunto di una tradizione, costituiscono tuttavia solo il sintomo di un modo di essere, perchÈ nelle politiche sul terreno si sono espresse compiutamente le logiche dellíautorit‡ regionale. Ne sono uscite infatti istituzionalizzate emergenze che prima erano state gestite in modo contingente e tattico, con aggravamenti non da poco. In tema di rifiuti, il caso pi? rappresentativo Ë quello dei termovalorizzatori, la cui realizzazione, a dispetto dellíopposizione di intere cittadinanze, era stata assegnata nel 2003 a compagini guidate dal Gruppo Falck e da Waste Italia. Dopo líannullamento della Corte di Giustizia dellíUE dei due appalti, quando le installazioni erano gi‡ in opera, líAgenzia di Crosta avrebbe potuto agire con determinazione lungo vie alternative, come veniva indicato da tecnici e da estesi movimenti. Invece ha preso tempo e insiste a prenderne, tanto da legittimare líipotesi, nellíambito delle opposizioni politiche e non solo, che si voglia eludere, con dei marchingegni, il divieto dellíUnione Europea, mentre nelle citt‡ siciliane incombono emergenze rifiuti di rilievo napoletano e in certi ambienti si insiste a guadagnare con le discariche abusive.

In tale vicenda, che ha visto in palio oltre un miliardo di euro, Felice Crosta, prima da vice commissario per líemergenza rifiuti, poi da presidente dellíArra, Ë andato muovendosi in realt‡ con spesse motivazioni. Nel 2003 ha siglato personalmente la convenzione con le compagini vincitrici, di cui ha avuto modo di conoscere da vicino caratteri, progetti, apparentamenti. Le anomalie degli appalti che alcuni anni dopo sarebbero state riscontrate in sede comunitaria non poterono essere quindi frutto del caso. Richiamano bensÏ degli atteggiamenti. E la cosa tanto pi? appare indicativa, di un clima se non altro, se si tiene conto di alcune realt‡ economiche incastonate in quelle cordate aggiudicatarie, che reclamano oggi una penale di 200 milioni di euro per líannullamento degli accordi. Si tratta della Emit, che fa capo alla famiglia Pisante, e della Altecoen, che riconduce al medesimo gruppo oltre che allíimprenditore Pietro Gulino di Enna. La prima risulta presente negli appalti per i termovalorizzatori di Palermo e Casteltermini, sotto la guida della Actelios del gruppo Falck. La seconda figura nel cartello aggiudicatario dellíinceneritore di Augusta, guidato ancora da Actelios, mentre costituisce un pezzo forte del consorzio Sicil Power, che si Ë aggiudicata líappalto dellíinceneritore di Messina. A fare la differenza sono comunque due dettagli. Sia i Pisante sia Gulino recano un passato giudiziario importante. I primi, che proprio con líimprenditore ennese sono stati dentro líaffare dei rifiuti di MessinAmbiente, finito in scandalo con numerosi arresti, risultano inseriti in modo strategico, con presenze quindi a tutto campo, nellíaltro ambito interessato dallíArra: quello dellíacqua. Ebbene, tutto questo, ancora una volta, non puÚ essere considerato casuale. Richiama bensÏ concertazioni mirate, una macchina in movimento, che trova riscontri proprio nei modi in cui líAgenzia di Crosta si Ë posta sul terreno delle risorse idriche.

In effetti, pure da tale prospettiva sono andati creandosi strani miscugli, largamente condivisi dai potentati regionali. Il momento di avvio, che in qualche modo ha aperto le piste dellíaffare siciliano, si Ë avuto comunque con líentrata in campo della multinazionale francese Veolia intorno al 2003. Tale societ‡ aveva gi‡ stretto un patto di ferro con i Pisante, attraverso la condivisione del pacchetto azionario della Siba, che aveva assunto gestioni di acqua e depuratori lungo tutta la penisola. Volgendosi alla Sicilia, recava quindi buone ragioni per fare cordata con líalleato pugliese, che peraltro, proprio nellíisola recava interessi e referenti. Pure con questi ultimi, beninteso, la multinazionale ha dovuto fare i conti. Si Ë ritrovata a interloquire infatti con il Gulino di Altecoen e ha dovuto riconoscere spazi di tutto rispetto al nisseno Di Vincenzo. In tali termini si compiva quindi, nel 2004, la maggiore esperienza di privatizzazione dellíacqua nellíisola, con il passaggio degli acquedotti dallíEas a Sicilacque. E Felice Crosta, nelle vesti allora di commissario straordinario allíemergenza, sul piano strettamente operativo ne Ë stato líartefice, per diventarne infine, da plenipotenziario dellíArra, il garante.

Nellíaprile 2004, Salvatore Cuffaro dichiarava solennemente che la privatizzazione era ormai pressochÈ fatta e líemergenza in via di superamento. Ma le aspettative di un iter veloce e confortevole della prima sono durate poco. Líistituzione dellíAgenzia Ë apparsa la risposta idonea. E in una certa misura lo Ë stata, se Ë riuscita, appunto, ad avocare a sÈ poteri, a stabilire quindi regole e direzioni di marcia in tutto il territorio regionale. Non si Ë tenuto tuttavia conto di talune situazioni sul terreno, che sono andate facendosi sempre pi? magmatiche. Non si tratta solo dei ricorsi al Tar, che nella definizione degli appalti sono diventati una consuetudine. NÈ delle direttive comunitarie, che pure hanno costituito uno scoglio difficile, talora addirittura insuperabile. » maggiormente lungo il perimetro degli Ato che il disegno strategico di Crosta Ë andato impigliandosi. A partire dagli Ato stessi. Ne sarebbero potuti nascere uno per provincia. Ne sono risultati 27, che contano ben 189 consiglieri díamministrazione. In sintonia con contraenti privati, sotto comunque le direttive dellíArra, le autorit‡ di Ambito avrebbero dovuto mettere ordine nei servizi idrici e nel ciclo dei rifiuti, invece su entrambe le linee si Ë finiti in piena calamit‡. In ultimo, líintera macchina degli Ato Ë entrata in crisi, fino al limite del dissesto, con un indebitamento complessivo di quasi un miliardo di euro, non tanto per le difficolt‡ economiche degli enti locali di riferimento, pur significative, quanto per i modi in cui ha gestito le proprie economie, a partire dalle spese di funzionamento, che non costituiscono beninteso le maggiori. Alcuni numeri al riguardo sono eloquenti: solo i 189 consiglieri di amministrazione costano ai comuni circa 12 milioni di euro líanno; una somma analoga viene destinata a incarichi di consulenza; qualche milione viene speso addirittura per le auto blu.

LíAgenzia di Crosta Ë andata portandosi, come Ë evidente, su un terreno critico. Alle emergenze che ne hanno garantito la sopravvivenza e il potere, se ne sono aggiunte infatti altre, meno controllabili, tanto pi? in tempi di recessione. Díaltra parte, restano impegnative le pretese del privato, entro cui insistono a influire le ipoteche della tradizione. Garante di un sistema che ha incluso ed escluso, líArra ha sempre rispettato i patti con i contraenti, visibili e sottintesi. Ne danno conto i capitoli di spesa della Regione, líimpiego di fondi europei, la concessione a certe condizioni del patrimonio pubblico, la condivisione o la tolleranza di taluni stati di fatto. Con líapporto decisivo degli Ato e non solo, ha finito quindi con il rendere sistema, pi? ancora che in passato, lo spreco di risorse. Mentre si consuma allora il fallimento del piano rifiuti, Felice Crosta puÚ trovare confacente siglare un accordo con Actelios e Sicil Power, con cui viene stabilito in 200 milioni di euro la somma che dovr‡ essere pagata alle medesime a titolo di penale per líannullamento dellíappalto degli inceneritori: un importo, appunto, che lascia tanto dubitare. A dispetto dellíobbligo di astensione, líArra trova altresÏ confacente proporre nuovi bandi di gara, che violano di fatto líobbligo di esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia Ue, oltre che i princÏpi della libera concorrenza. E ancora, di concerto con la Regione, che intanto ha dovuto farsi carico dei 540 milioni di debiti accumulati dallíEas, trova congruo che gli indebitamenti degli Ato vengano risanati, come Ë avvenuto nel caso di Simeto Ambiente, con i fondi delle autonomie locali.

Tutto questo ha recato beninteso dei costi, che possono esporre líautorit‡ regionale a una serie di pericoli. Alcuni segnali possono persino evocare gli anni dellíEas di Aristide Gunnella, finiti in scandalo: il crepuscolo cioË di un sistema che nei decenni della Dc aveva espresso i caratteri di un feudo. In tutta la Sicilia Ë in effetti allarme. Le denunce si moltiplicano. In numerosi centri la protesta, che sempre pi? riunisce líintera banda delle emergenze, giunge a coinvolgere sindaci ed esponenti degli stessi partiti che governano la Regione. E dal palazzo liberty da cui muovono Crosta e i suoi commissari ad acta si colgono indizi di tensione, mentre la partita dei termovalorizzatori, sempre pi? influente e contaminante, rischia di generare ulteriori scoperture. Su tali sfondi trova senso allora la decisione di sciogliere líAgenzia, presa dallíArs il 28 novembre 2008, su proposta del consigliere Giuseppe Laccoto del Pd. Il termine delle operazioni di chiusura Ë stato fissato nel 31 dicembre 2009, dopo cui Ë prevista líentrata in funzione di un Dipartimento delle acque e dei rifiuti presso il nuovo assessorato dellíEnergia. Ma per il sistema vigente Ë scoccato realmente líinizio della fine?

LíArra, espressione del potere regionale, si Ë resa garante di equilibri delicati, fino a divenire líemblema, si direbbe il monumento, della privatizzazione in stile siciliano. Non puÚ quindi scomparire senza che se ne avvertano serie risonanze. Crosta in particolare si Ë assunto líonere di condurre in porto progetti che restano largamente irrisolti. Esistono servizi idrici da assegnare in aree importanti, come quelle di Messina e Trapani. La problematica dei termovalorizzatori rimane appunto nelle secche. Per tali ragioni, e non solo, Ë difficile che entro il dicembre 2009 i conti possano essere chiusi. Se da parte dellíopposizione, con un emendamento proposto dallo stesso Laccoto, Ë stato chiesto quindi di anticipare lo scioglimento dellíAgenzia e il passaggio di consegne, nellíambito dei partiti di maggioranza si sta operando perchÈ la decisione dellíArs venga rivista, elusa, fatta decadere. In questa direzione va in particolare la presa di posizione del capogruppo dellíUdc Rudy Maira, secondo cui la professionalit‡ acquisita sul campo dai funzionari dellíArra non Ë sostituibile. Il resto, ovviamente, va facendosi in sordina.


Fonte: ìLíisola possibileî rivista mensile siciliana allegata a ìIl Manifestoî.
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