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Carlo Ruta  |
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Recessione e mafie (1).
» líEldorado delle economie illegali?
di Carlo Ruta
» il caso di partire da un dato. Nellíattuale crisi, la sola che riesce a evocare quella drammatica del 1929, un peso non da poco hanno avuto i flussi di capitali anomali, di origine illegale, per il rilievo del tutto particolare che i medesimi hanno recato nellíestendersi delle bolle speculative. Si consideri il caso della Russia, dove la forbice delle ricchezze ha assunto ampiezze iperboliche, anche al cospetto di paesi di tradizione liberal. Dopo il trauma dellí89, uomini díaffari legati spesso allíOrganizatsya, la mafia di quelle regioni, hanno potuto dettare regole, fare accordi alla pari con pezzi di stato, fino al capolinea del Cremlino. Sono andati quindi letteralmente allíassalto, puntando sullíindustria metallurgica, sul petrolio, ma pure, con decisione, sul grande mercato immobiliare: tutto da ridisegnare dopo decenni di edilizia pianificata dalle burocrazie sovietiche. Con tali numeri si sono riversati altresÏ lungo i continenti, mettendo radici negli Stati Uniti, nellíoriente asiatico, in Israele, nellíEuropa occidentale, Italia inclusa. Hanno alimentato trame speculative, incettato territori, animato paradisi gi‡ esistenti o in ascesa tumultuosa, come quello di Dubai, finendo per crearne di propri, come quello di Goa, in India, dove hanno avocato a sÈ, con guadagni díoro, gran parte del territorio, combinando ad arte le suggestioni dellíeffimero e il cash, la forza del contante.
Si tratta evidentemente di uno scorcio, solo rappresentativo di uno scenario multiplo, euforico, che ha visto del tutto ridisegnate le mappe delle fortune. » fin troppo sintomatico che nella lista dei pi? ricchi al mondo compilata da ìForbesî emergano oggi non soltanto nababbi russi dal profilo equivoco, come Oleg Vladimirovič Deripaska, notoriamente legato alla mafia moscovita dei fratelli Lev e Michail Černye, ma anche autentici gangster, come il narcotrafficante messicano Joaquin Guzman Loera, che dopo líuccisione del colombiano Pablo Escobar ha avocato a sÈ il mercato della cocaina negli Stati Uniti. In sostanza, una genia riconoscibile di uomini díaffari, di radice criminale, proveniente da tutti i continenti, ha potuto partecipare a pieno titolo ai processi, li ha in parte sospinti, ha corroborato un metodo, imprimendo agli scambi velocit‡ inconsuete, radicalizzando quindi il senso dellíazzardo. Ne sono un riscontro i paradisi del riciclaggio che, sorretti da potenti cartelli, proprio negli ultimi due decenni hanno potuto operare al massimo di giri. Se quelli della tradizione, dal Liechtenstein a Panama, dal Lussemburgo alla Svizzera, hanno guadagnato infatti in scioltezza, soprattutto i pi? recenti, meglio attrezzati alle situazioni, hanno fatto per certi versi il nuovo catechismo della finanza internazionale.
Pur connettendosi con la tradizione inesausta dellíevasione fiscale, tali siti hanno mutato carattere e modi, per certi versi specializzandosi, rendendosi sempre pi? organici alle economie propriamente criminali: in particolare ai traffici di narcotici, armi, esseri umani. Le contiguit‡, pure dirette e materiali, indotte da tali paradisi hanno contribuito altresÏ a superare remore e slargare gli orizzonti operativi. Evidentemente, le isole Cayman, che, come testimoniano le vicende della Bank of Credit and Commerce International e non solo, a lungo hanno costituito un punto di condensazione fra mafie ed economie ufficiali, sono solo líemblema di un modo díessere. Come puÚ esserlo Lefkose, capitale della repubblica cipriota vassalla della Turchia, in cui, allíombra di un centinaio di banche off-shore e di ben 18 casinÚ, da qualche decennio vengono organizzate le tratte dei migranti, e degli schiavi, che dallíoriente asiatico e dallíAfrica si versano in Europa, dalle porte balcaniche, spagnole, siciliane. Dalle cose emerge insomma che i paradisi vecchio stampo, immobili, perfino riconoscibili, hanno lasciato il posto a un mondo ubiquo, mobile, al passo con i tempi, largamente impermeabile alle stesse rilevazioni dellíOcse, e comunque irriducibile, malgrado il sommarsi di accordi, perlopi? incoerenti, fra governi dopo il varo del Patriot Act statunitense nel 2001.
Tutto questo, ovviamente, non puÚ essere estraneo alle bolle speculative, che, impinguate pure dalla politica economica americana di questi anni, volta ad alzare valli di difesa e a pianificare assalti ìpreventiviî, alla fine sono esplose in modo catastrofico. E qui si innesta un paradosso. Se líeconomia illegale ha contribuito, seppure da comprimaria, a generare la depressione economica dei nostri giorni, Ë quella che di pi? puÚ beneficiarne. Le mafie del resto hanno sempre guadagnato dalle crisi, non soltanto economiche, dellíultimo secolo. Quella italiana ha tratto vantaggi immensi dalle cesure del 1943-45. Quella russa e le altre slave hanno tratto uno slancio supremo dallí89. Líillegalit‡ economica statunitense puÚ essere detta figlia della grande crisi del 1929, perchÈ proprio in quello snodo, nei primi anni trenta, i boss raccolsero maggiormente i frutti del contrabbando che aveva caratterizzato il decennio precedente, del proibizionismo: Al Capone in testa, che dallíhotel Lexington di Chicago, suo quartier generale, dettava legge alle ufficialit‡, mentre nei propri ristoranti offriva pasti caldi ai poveri che pi? erano stati colpiti dalla recessione.
In che modo, allora, gli imperi economici illegali stanno beneficiando della recessione? Il caso italiano, di certo fra i pi? rappresentativi per numeri e presenze in campo, consente di tracciare delle coordinate. » stato documentato che clan mafiosi stanno acquisendo propriet‡ díimmobili in tutta la Liguria, facendo leva sulla loro disponibilit‡ di contante. » stato segnalato inoltre, con dovizia di dati, che Ë in crescita líusura, quindi il passaggio di mano di attivit‡ economiche legali ad ambiti illegali. Allarmi in tal senso sono stati quindi lanciati dalla Direzione Nazionale Antimafia e da varie procure, oltre che da numerose associazioni, lungo tutta la penisola. Se si allarga tuttavia il quadro affiora dellíaltro. Le mafie italiane, che secondo la Confesercenti muovono capitali per diverse centinaia di miliardi di euro, pari al 6 per cento del PIL, hanno sempre avuto un feeling con líedilizia, come del resto quelle di ogni altro paese. Mai perÚ come in questi anni, che proprio nella vicenda immobiliare hanno visto le accensioni economiche pi? telluriche, si sono dimostrate lungimiranti. Si sono rese artefici infatti di un importante progetto di diversificazione, che sta recando dei punti fermi in tre ambiti divenuti eminentemente economici: líacqua, il ciclo dei rifiuti, le energie, incluse quelle che vengono dette alternative, come nel caso delle eoliche. E tali affari, a conti fatti, non possono conoscere crisi nÈ in Italia nÈ altrove, almeno nei modi e nei numeri che adesso, a titolo generale, si registrano.
Tale paradigma non puÚ valere díaltronde solo per questo paese. La crisi, che ha avuto líepicentro negli States ma si Ë propagata ovunque per le interdipendenze del sistema, Ë stata originata soprattutto dalle bolle speculative, abnormi, che hanno interessato il mercato immobiliare. Non cíË ragione quindi di ritenere che le economie illegali di stati come Colombia, Russia e Stati Uniti, non prive peraltro di nessi con quella italiana, si siano mosse diversamente. E alcuni dati ne danno conto. » documentato che la mafia russa e quella cecena sono presenti nel business del petrolio, dei materiali radioattivi, del gas. » emerso in particolare che il controllo esercitato dalla neftemafiya sulle esportazioni di greggio, ha provocato alla Federazione Russa perdite annue per miliardi di dollari. I dati delle maggiori borse internazionali, inclusa quella di Piazza Affari, confermano díaltronde che i titoli dellíacqua, del gas e dellíenergia elettrica, le cosiddette Utilities, hanno retto meglio di altri, inclusi quelli del mitico Nasdaq, ai colpi della recessione. Prova ne Ë che i fondi EFT, contenenti i titoli delle 30 maggiori societ‡ multinazionali dellíacqua, sono fra i pochi in questi tempi a garantire degli utili. 10 mila dollari investiti in tali titoli agli inizi del 2002, sono diventati infatti 20 mila a fine 2008. Mentre altri fondi, soprattutto a causa dei rovesci del biennio 2007-2008, hanno dato di massima risultati negativi.
Fonte: Domani.arcoiris.tv
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