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Fulvio Maiello  |
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Partendo dalla constatazione che ci troviamo in un momento di grave difficoltà economica e sociale mi provo a fare alcune considerazioni. La mia generazione è stata appena sfiorata dagli avvenimenti collegati alla seconda guerra mondiale: ricordo vagamente il piccolo fucile di legno con il quale giocavo da balilla, i carri con i grossi cavalli che trainavano i cannoni e ogni tanto lo sconquasso delle bombe che aprivano crateri nelle vie e nelle piazze del mio paese. Finita la guerra c’è stata la rinascita che tutti conosciamo come “ il miracolo italiano “. Le nuove generazioni si sono assunte il compito arduo e appassionante di dare un senso alla società che usciva dalla guerra. Anch’io ho sentito quel richiamo e, come tanti come me, ha cercato di far sentire ai propri figli quello che per noi era un dovere: Costruire uno stato democratico con al centro i valori eterni della libertà, del lavoro e del rispetto dell’altro. Oggi avanza un’altra generazione, piena di ansie e vigore, la quale sembra indecisa sulla strada da percorrere. E’ tentata dalle lusinghe della globalizzazione, commistione di desideri e bisogni planetari, quasi sempre illusori e irraggiungibili, e non riesce ad intraprendere nessuna attività pratica. Si dice in giro che i giovani si appoggiano volentieri alla famiglia fino ad una età avanzata e non si può giustificare il fenomeno solo con la precarietà o la mancanza di lavoro. Credo che dai giovani bisogna aspettarsi qualcosa di più. Non hanno subito i traumi, piccoli o grandi, della guerra e pensano di poter fare a meno dei valori catalizzati dai vecchi. Il mondo è loro e lo aggrediscono, ma nel modo sbagliato. Nulla è dovuto a nessuno, nemmeno a loro, ma tutto può e deve essere conquistato anche con la violenza, se necessario. I nostri giovani, però, sembrano non capire e si perdono dietro i falsi valori che i media propongono: il telefonino, il computer, la discoteca e simili. Non sono ancora alle strette perché, bene o male, in tasca hanno sempre i 100 euro che passa la famiglia e l’automobile di papà è sempre disponibile. Mi domando cosa aspettano? Perché non si muovono, non reagiscono alla miseria morale dei nostri giorni e non prendono la barra del comando? I vecchi non hanno più le forze per farlo e i loro sudati risparmi presto finiranno.
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