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Giovanni Stella  |
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Radici
Il telegiornale mattutino che mi accompagna nel prepararmi ad uscire nella stanza dellíalbergo nella citt‡ capitolina, mi inchioda, pietrificandomi per qualche secondo, alla notizia che il giorno prima, la facolt‡ di Economia della Universit‡ ìLa Sapienzaî di Roma, ha iniziato, in sontuosa discrezione, la celebrazione del centenario della sua fondazione.
Le poche immagini che scorrono veloci sul video mostrano una Aula Magna degna delle migliori tradizioni dei tempi andati stracolma di gente e dietro il lungo tavolo rialzato, tantissime toghe che vestono ñ come gli abiti talari i prelati ñ i sacerdoti della cultura sapienzale, i professori saliti in cattedra dopo un lungo viatico compendiato nel difficile concorso superato, custodi delle scienze economiche, giuridiche e aziendali che nellíAteneo, massima Istituzione scolastica, dispensano ai giovani, per evolverli dopo un lungo faticoso cammino da titolari di un diploma di maturit‡ in Ö dottori. Líimpegno pi? importante di giovent?, la gratificazione culturale forse pi? bella della vita, che, forte di un bagaglio di sapere che sol chi lo possiede ne apprezza in termini morali, sociali, professionali, da accesso ad un mondo pi? qualificato del lavoro.
Quelle poche immagini bastano a farmi accapponare la pelle, a riportare veloce la moviola del tempo indietro di oltre un terzo di secolo, a rivedere con gli occhi della mente e rivivere, con líanimo di chi pur avendo la pelle bruna non sa staccarsene, quei fantastici, indimenticabili, anni trascorsi nella facolt‡ allora Economia e Commercio di Catania.
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La memoria scorre. Diciottenne, un titolo di studio tecnico che non amavo molto, il desiderio ansioso di seguire líinsegnamento di Bacone ìchi pi? sa pi? puÚî.
Líiscrizione: lunghe pratiche burocratiche, interminabili file, il defilarsi dagli anziani che tentavano come fattucchieri di realizzare durante la festa della matricola, il ìpapelloî, iniziazione alla vita goliardica universitaria. Defilamenti anche allíingresso principale nei primi giorni di lezioni, passo felpato per guadagnare líingresso secondario.
I professori, ognuno col suo vezzo, col suo tic, col suo carattere tenevano lezioni dalle otto di mattina alle 20 di sera e negli orari pi? disparati.
Il pullman delle ore 4,40 per arrivare in tempo dopo 3 ore di viaggio in facolt‡, il ritorno a casa in orari altrettanto scomodi, i soggiorni settimanali in pensione, dove il miglior amico era il pigiama, da non togliere per evitare tentazioni di uscite, i manuali corposi coi quali convivevamo in un rapporto di amore ñ odio, ossimoro necessitato, le notti, fino a fare le ore piccole, con le spalle chine sui libri aperti, gli amici, le zingarate (ìdolce felicit‡ fatta di nienteî), le passeggiate in via Etnea, líentrare ed uscire da uníaula allíaltra, líascoltare per ore le lezioni dispensate dai professori, che talvolta intrattenevamo in corridoio o in istituto per chiarimenti o commenti, líAula Magna aperta nelle occasioni solenni, la statua di Minerva che campeggiava di fronte alle scale, le esercitazioni con gli assistenti, i seminari, le riunioni di gruppi di lavoroÖ gli esami. Trentadue, uno dopo líaltro, ogni volta un patema díanimo, una sofferenza sofferta, poi la gioia di una nuova materia annotata nel libretto ñ matricola 17.376: ancora custodisco gelosamente il tesserino e il lungo cappello viola ñ e la corsa gi? al telefono per infilzarlo di gettoni e chiamare pap‡ e mamma, felici ancor pi? di me del tassello aggiunto al mosaico. Quindi la tesi, assegnatami dal compianto professore Ubaldo Mazzarini che settimanalmente scendeva gi? da Roma in aereo per tenere le lezioni e i rapporti con gli studenti.
Infine líAula Magna illuminata, la relazione del professore Mazzarini, la mia esposizione e tutti in piedi con al mio cospetto undici toghe nere ad ascoltare le parole pronunciate dal presidente della Commissione, il preside di facolt‡ professore Emilio Giardina: ìLe conferisco la laurea di Dottore in Economia e Commercioî.
Restano ancora le parole pi? belle che in vita mi sono state rivolte.
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La mia Ë líesperienza di tutti quanti abbiamo percorso la stessa strada, che chi non líha provata non puÚ capire nÈ apprezzare, anzi talvolta tenta invidiosamente disdegnarla. Poi ancora libri e studi per un serio e difficile Esame di Stato, propedeutico allíiscrizione allíAlbo. E da qualche decennio anche un tirocinio di tre anniÖ Lo stesso viatico di Notai, Avvocati, Ingegneri, ecc.
Ma io e tutti quanti noi abbiamo fatto quanto sopra detto non siamo pi? ciÚ che eravamo prima di iscriverci allíUniversit‡: siamo uníaltra cosa, del tutto diversa, in termini di cultura, di formazione, di esperienza scolastica, di vita; siamo bagaglio di conoscenza da porre a servizio della collettivit‡.
In assenza di esclusive e/o prerogative la ìdifferenzaî fra chi esercita una stessa attivit‡ non protetta ñ abusivo, praticone con scuole medie inferiori, professionista con diploma di scuola media superiore e professionista con laurea ed Esame di Stato ñ Ë data proprio esclusivamente dai percorsi formativi. Líutente rivolgendosi deve sapere qualí Ë il bagaglio culturale a supporto del professionista che liberamente sceglie e al quale spesso affida anche le sue sorti economiche.
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Le immagini televisive oltre a procurarmi líemozione conseguente, riportano, ancora una volta nel mio animo quel titolo felice La rabbia e líorgoglio di Oriana Fallaci, la valorosa scrittrice recentemente scomparsa. Titolo stavolta invertito.
Líorgoglio di aver avuto la fortuna di frequentare líUniversit‡, gravando economicamente sui miei genitori, di aver conseguito la laurea nel solo modo allora esistente ñ e senza scandalose scorciatoie oggi possibili per alcune categorie di laureati mercË le convenzioni ñ Laureare líesperienza ñ con ìtaluneî Universit‡, che regalando ingenti crediti formativi, consentono con pochissimi esami e senza tesi di conseguire una ìlaureaî.
La rabbia, sia per le convenzioni suddette, sia perchÈ il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, istituzione che rappresenta il governo della professione non era stato invitato alla cerimonia che ha festeggiato i 100 anni della nascita della facolt‡, che coincide appunto con il centenario del germoglio della nostra professione. La quale nasce col bagaglio culturale massimo degli studi economico ñ giuridici universitari, differenziandosi da altra professione che poggiava sul titolo di studio di diploma di scuola media superiore.
Con la istituzione della facolt‡ di Economia si pone la pietra miliare della nostra professione che ottiene titolo e riconoscimento giuridico nel 1929, quindi autonomo ordinamento professionale e nomen iuris nel 1953.
Mi sono chiesto, perchÈ non siamo stati invitati alla cerimonia della ìSapienzaî?
Mi induco a prendere carta e penna per rappresentare il mio dolore e il mio rammarico al Magnifico Rettore e al Preside di Facolt‡.
Ma dopo líimpulso la ratio. Se fossi al loro posto come risponderei a una lettera simile?
Ho letto in quel foglio bianco la risposta virtuale.
Egregio dottore, per quali meriti avremmo dovuto invitare alla nostra cerimonia solenne la governance di una categoria professionale che proveniente dalle nostre viscere da un secolo, di colpo attrae, confondendosi con essa e equiparandola a sÈ, una categoria professionale di diplomati? Líinvito, ove trasmesso, ancorchË destinato ai dottori commercialisti, non avreste richiesto voi stessi, che fosse esteso ai diplomati di scuola media superiore?
PerciÚ, ecc. ecc.
Ho riposto nel cassetto carta e penna.
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Oggi ñ ed Ë il motivo che mi induce a metter gi? di getto queste brevi note ñ Ë venuto in studio Alex che frequenta a Catania il 2? corso della facolt‡ di Economia e segue da vicino la nostra professione, alla quale spera accedere. Entusiasta e pimpante di lieta giovent? il ragazzo mi ha parlato della cerimonia alla ìSapienzaî vista in televisione. A bruciapelo, quasi come un colpo di pistola, mi ha chiesto: ìE del Consiglio nazionale chi cíera? Da chi era composta la delegazione?î
Ho abbassato gli occhi sul tavolo e mentre fra me e me invocavo silenzioso perdono, il mio volto Ë diventato rosso. Di vergogna.
Novembre 2006
Giovanni Stella
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