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Carlo Ruta  |
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Il business del secolo in Sicilia
Acqua, un affare che scotta
Come gruppi economici e consorterie territoriali stanno appropriandosi delle risorse idriche di una regione che possiede tanta acqua mentre, per paradosso, ne patisce endemicamente la mancanza. La presenza discreta della multinazionale spagnola Aqualia. Le strategie della societ‡ catanese Acoset. Líanomalia del sudest.
In Sicilia i processi di privatizzazione dellíacqua che vanno dipanandosi negli ultimi anni si raccordano con una tradizione composita. Se si d‡ uno sguardo alla storia post-unitaria, si constata infatti che líaccaparramento delle fonti, delle favare per usare il termine di derivazione araba, ha scandito con regolarit‡ líevoluzione legale e illegale dei ceti che hanno esercitato dominio sullíisola. Il controllo delle acque ha consentito di lucrare rendite economiche e posizionali importanti, di capitalizzare, di chiamare a patti le autorit‡ pubbliche, di condizionare quindi gli atti dei municipi, degli enti di bonifica, di altre istituzioni. E il canovaccio di tale affare, di rilievo appunto strategico, ancora oggi rimane tale, benchÈ si faccia uso di strumenti e progettazioni non pi? a misura di un mondo agrario pi? o meno statico, ma di una realt‡ in profonda evoluzione, sullo sfondo delle economie globali. Si tratta di comprendere allora i modi in cui si coniugano oggi i due elementi, innovazione e tradizione, a partire comunque dal dato che anche in Sicilia si vive al riguardo un passaggio epocale, dopo il lungo tragitto delle aziende municipalizzate, che sempre e comunque hanno dovuto fare i conti con i signori delle fonti.
Nel quadro dei processi generali che hanno reso líacqua una risorsa economica, una merce, che chiama in causa multinazionali potenti come Suez, Vivendi, Impresilo, RWE, la legge Galli del 5 gennaio1994 sugli ambiti territoriali ottimali, ATO, ha segnato una svolta rispetto al passato, puntando a eliminare la frammentazione che fino a quel momento aveva caratterizzato la gestione idrica nel territorio nazionale. Pur sottolineando sin dallíincipit il rilievo dellíacqua quale bene pubblico, ha posto nondimeno le basi per líirruzione dellíinteresse privato nella gestione dei servizi idrici degli ATO, con il ricalcolo di tale risorsa sotto il profilo economico. E tutto questo, se, come si diceva, non poteva non sommuovere, in senso lato, líinteresse della grande finanza, come testimonia negli ultimi anni il coinvolgimento di banche come líAntonveneta, la Fideruram e altre ancora, ha finito con il sollecitare una pluralit‡ di interessi, con líesaltare anomalie esistenti e generarne di nuove, specie nel sud della penisola e in Sicilia, dove líeconomia pi? di altrove Ë inficiata da mali strutturali, dove vigono appunto tradizioni tipiche, che rendono ineludibile líipoteca delle consorterie.
La posta in gioco in Italia Ë ovviamente altissima, potendo comprendere, fra líaltro, gli ingenti finanziamenti a fondo perduto che líUnione Europea ha destinato a tali ambiti, perchÈ vengano eliminati i gap che interessano il paese. Tanto pi? lo Ë comunque in regioni in cui le strutture e gli impianti esistenti scontano deficit strutturali, consolidatisi lungo i decenni. » il caso della Sicilia, dove líEAS e le municipalizzate hanno gestito regolarmente impianti obsoleti, dove quasi tutti gli invasi recano vistosi segni díincuria, le infrastrutture restano esigue, le condutture fatiscenti e in una certa misura da rifare. Il progetto di privatizzazione nellíisola ha potuto quindi fregiarsi di un obiettivo seducente, quello della modernizzazione dei servizi idrici che, dopo anni di attesa interlocutoria, Ë stato agitato come una sorta di rivoluzione dal governo regionale di Salvatore Cuffaro. E dal decisionismo, sufficientemente mirato, del ceto politico di cui líex presidente conserva in una certa misura la rappresentativit‡, corroborato comunque dai trasversalismi che insistono a connotare la vicenda pubblica nella regione, ha preso le mosse, negli ultimi anni, una sorta di caccia allíoro.
Líaffare dellíacqua reca in Sicilia dimensioni inedite. Sono in gioco infatti 5,8 miliardi di euro, da amministrare in trenta anni, con interventi a fondo perduto dellíUnione Europea per pi? di un miliardo di euro. Dopo un primo indugio, dettato presumibilmente da ragioni di cautela, che ha visto comunque diverse gare andare a vuoto, la scena si Ë quindi movimentata, con líirruzione di importanti realt‡ economiche, interne allíisola ed esterne. Una fetta cospicua dellíaffare Ë stata avocata dalla multinazionale francese Vivendi, socia di maggioranza della Sicilacque spa, che, dopo la liquidazione dellíEnte Acquedotti Siciliani, ha ereditato la gestione di 11 acquedotti, 3 invasi artificiali, 175 impianti di pompaggio, 210 serbatoi idrici, circa 1.160 km di condotte e circa 40 km di gallerie. In diverse ATO si Ë gi‡ provveduto, altresÏ, alle assegnazioni. Nellíarea di Caltanissetta si Ë imposta Caltaqua, guidata dalla spagnola Aqualia. A Palermo e provincia ha vinto il cartello Acque potabili siciliane, di cui Ë capofila Acque potabili spa, controllata dal gruppo Smat di Torino. Nellíarea etnea la guida del Consorzio Ato Acque Ë stata assunta dalla catanese Acoset. Ad Enna ha vinto Acqua Enna spa, comprendente EnÏa, GGR, Sicilia Ambiente e Smeco. A Siracusa vige la gestione mista della Sogeas, che vede presenti, con líente municipale, la Crea-Sigesa di Milano e la Saceccav di Desio. Ad Agrigento Ë risultata aggiudicataria la compagine Agrigento Acque che fa capo ancora ad Acoset. Negli altri ATO le gare rimangono sospese.
» la prima fase ovviamente, quella dei grandi appalti, che Ë preoccupante non solo per la virulenza con cui i poteri economici incalzano e mettono in discussione le istanze della democrazia, degradando un bene comune qual Ë líacqua a merce, ma, di gi‡, per i modi in cui evolvono le cose, in ossequio appunto a una data tradizione. In relazione pi? o meno diretta con grandi societ‡ estere e italiane interessate allíaffare Sicilia, vanno muovendosi infatti ambienti economici discussi, a partire dai Pisante, le cui imprese risultano inquisite dalle procure di Milano, Monza, Savona e Catania per una variet‡ di reati: dal pagamento di tangenti allíassociazione mafiosa.
Gi‡ coinvolta nellíisola in vicende legate agli inceneritori, tale famiglia si Ë mossa con intenti strategici. Si Ë inserita, tramite la controllata Galva spa, nel raggruppamento guidato da Aqualia, per la gestione idrica nel Nisseno. Partecipa con un buon 8,4 per cento alla societ‡ aggiudicataria nel Palermitano, Acque potabili siciliane spa. Tramite le societ‡ Acqua, Emit, e Siba detiene una discreta quota azionaria di Sicilacque che, come detto, ha rilevato dallíEAS il controllo delle grandi risorse idriche regionali. Ancora per mezzo della Galva partecipa altresÏ alla compagine vincente nellíAgrigentino, Girgenti Acque, di cui Ë capofila Acoset, che con Aqualia ha concorso in varie province. Ha invece perso nel Catanese, perchÈ, líAMGA spa, capofila della compagine entro cui correva, in competizione con Acoset, per líaggiudicazione dellíATO 2, Ë stata esclusa dalla gara.
Nelle mappe dellíacqua assumono altresÏ rilievo due noti imprenditori siciliani: líingegnere Pietro Di Vincenzo di Caltanissetta e líennese Franco Gulino, che vanno facendo non di rado gioco comune, pure di concerto con i Pisante. Il primo, cui sono stati confiscati beni per circa 300 milioni di euro, ha assunto la gestione dei dissalatori di Trapani, Gela, Porto Empedocle, Lipari e Ustica, indubbiamente strategica. » stato líunico offerente nella gara per la gestione idrica di Trapani, poi sospesa. In competizione con le imprese di Caltaque, ha corso altresÏ per líappalto ATO di Caltanissetta, dentro la compagine NissAmbiente, che comprendeva pure líAltecoen di Franco Gulino. Questíultimo poi. Proprietario di un gruppo di quaranta societ‡ operanti in diverse regioni italiane, con interessi pure in Sud America, Ë stato rinviato a giudizio a Messina per concorso esterno in associazione mafiosa, per líaffare dei rifiuti di MessinAmbiente, che tramite líEmit ha coinvolto pure i Pisante. Con líAltecoen, che la stessa Corte dei Conti siciliana ha definito nellíaprile 2007 uníazienda ìinfiltrata dalla criminalit‡ mafiosaî, si Ë introdotto nellíaffare dei termovalorizzatori, per uscirne con ingenti guadagni. Ancora tramite líAltecoen, Ë stato presente nella Sicil Power di Adrano, insieme con la DB Group, presente nei raggruppamenti guidati dalla catanese Acoset.
Tutto questo definisce evidentemente un ambiente, che fa da sfondo peraltro a fatti e atteggiamenti ancor pi? preoccupanti. Si tratta del lato pi? oscuro del processo di privatizzazione, di cui emergono un poí le coordinate nelle dichiarazioni di un reo confesso, Francesco Campanella, ex presidente del consiglio municipale di Villabate, sulla costituzione del consorzio Metropoli Est, finalizzato al controllo delle acque in alcuni centri del Palermitano. Fatti sintomatici si rilevano comunque in quasi tutte le aree dellíisola: dallíAgrigentino, dove i sindaci di Bivona e Caltavuturo hanno denunciato le logiche dubbie invalse negli appalti di manutenzione, a Ragusa, dove sin dagli inizi della vicenda ATO Ë stato un crescendo di atti intimidatori. E si Ë ancora agli esordi.
In linea con le consuetudini, vanno delineandosi in sostanza due livelli: quello della gestione idrica in senso stretto, conteso da multinazionali e grandi societ‡ del settore, non prive appunto di oscurit‡, e quello dellíimpiantistica, lasciato in palio alle consorterie territoriali, che recano ragioni aggiuntive, oggi, per porsi allíombra di poteri estesi e ineffabili. Un quadro definito degli interessi potr‡ aversi comunque con líentrata nel vivo degli ammodernamenti, nella danza di bisogni e pretese che sempre pi? verr‡ a stabilirsi fra appalti e subappalti. Solo allora líobolo alla tradizione verr‡ richiesto con ampiezza: quando in profondo si tratter‡ di fare i conti con il privato che cova gi‡ nei territori, quando si tratter‡ altresÏ di saldare i conti con la parte pubblica, in sede municipale, provinciale, regionale.
In questa fase, in cui alcuni raggruppamenti recano caratteri di veri e propri cartelli, la logica prevalente rimane quella delle concertazioni a tutto campo, che traspare, fra líaltro, in certi movimenti mirati, prima e dopo le aggiudicazioni: tali da pregiudicare talora la linearit‡ delle gare. Un caso esemplare, che ha avuto pure risvolti parlamentari, con una interpellanza del deputato Filippo Misuraca, Ë quello di Caltanissetta, dove la IBI di Pozzuoli, capofila della compagine esclusa dalla gara ATO, ha presentato ricorso contro Caltaqua, per ritirarlo appena avuta líopportunit‡ di inserirsi, con líAcoset di Catania che líaffiancava, nel gruppo assegnatario, attraverso líacquisizione di una quota cospicua dalla Galva del gruppo Pisante. Tutto questo, a dispetto delle leggi e delle direttive comunitarie, che vietano qualsiasi modificazione allíinterno delle compagini vincenti.
Il processo di privatizzazione in Sicilia non sta recando comunque un decorso facile. Ha suscitato tensioni politiche, tali da rendere difficoltose le aggiudicazioni, mentre ha agitato la protesta delle popolazioni, allarmate dai rincari dellíacqua che ovunque ne sono derivati. Per tali ragioni a Trapani e Messina le gare rimangono sospese, con rischi di commissariamento dei rispettivi ATO, mentre a Ragusa si Ë arrivati addirittura a un ripensamento, per certi versi un dietro-front, che ha coinvolto gran parte dei sindaci dellíarea. E proprio la vicenda di questíultima provincia segna nel processo una vistosa anomalia.
Sotto il profilo economico, il sudest, da Catania alla provincia iblea, reca tratti distinti. » la sede principale delle colture in serra, lungo i percorsi della fascia trasformata. » area díinsediamento di grandi centri commerciali, con poli importanti a Misterbianco, Siracusa, Modica e Ragusa. » territorio di una banca influente, la BAPR, che riesce a collocarsi oggi, per capitalizzazione, fra le prime venticinque banche in Italia. In virt? dellíintegrazione cui puÚ godere, sempre pi? va facendosi altresÏ uníarea di forte interlocuzione economica, a tutti i livelli, con risvolti operativi non da poco. Se ne hanno riscontri nella politica concertata dei poli commerciali, quelli indicati appunto, e tanto pi? negli accordi strategici che vanno maturando nel mercato immobiliare, nella grande distribuzione alimentare, nel mercato ittico, nella costruzione di opere pubbliche, infine, dopo la svolta della legge Galli e le sollecitazioni dal governo regionale, nello sfruttamento privato delle acque. In questíultimo ambito infatti la catanese Acoset, ponendosi a capo di un raggruppamento coeso, ha deciso di guadagnare terreno oltre il territorio etneo, mentre la Sogeas di Siracusa, pur avendo introdotto soci privati, cerca di mantenere, al momento, un contegno pi? prudente.
Negli ultimi anni la societ‡ catanese Ë stata al centro di numerose contestazioni, da parte di enti e comitati di cittadini che ne hanno denunciato, oltre che i canoni esosi, le carenze di controllo. Il caso pi? clamoroso Ë emerso nel 2006 quando nellíacqua da essa erogata in diversi centri sono state rilevate concentrazioni di vanadio nocive alla salute. La Confesercenti di Catania Ë intervenuta con esposti ad autorit‡ competenti e al Ministero della Salute. Il comune di Mascalucia ha aperto in quei frangenti un contenzioso, negando la potabilit‡ dellíacqua. Per la mancata erogazione in alcuni centri, líazienda Ë stata inoltre censurata dal Codacons e, in un caso almeno, Ë stata indagata dalla magistratura etnea. A dispetto comunque di simili ìincidentiî, che definiscono il piglio dellíazienda mentre incrinano, in senso lato, le sicurezze sulle qualit‡ del servizio privato, líAcoset, potendo contare su alleati idonei, ha assunto i toni e le pretese di un potere forte.
Nata nel 1999 come azienda speciale, che ai fini della gestione idrica consorziava venti comuni pedemontani, líimpresa presieduta dal geometra Giuseppe Giuffrida si Ë trasformata nel 2003 in societ‡ per azioni, con capitale pubblico e privato. Nello slanciarsi lungo la Sicilia, ha stabilito rapporti con ambienti economici mossi. Nella compagine di Girgenti Acque, di cui Ë capofila, ha associato la Galva del gruppo Pisante e una societ‡ che fa capo alla famiglia Campione, discussa per vicende che ne hanno riguardato un componente. Nel medesimo tempo, con le movenze tenui che accomunano tante imprese dellíest siciliano, líAcoset Ë riuscita ad aver voce negli ambiti decisionali che pi? contano nellíisola. Un test viene ancora dallíAgrigentino, dove, malgrado líopposizione di ventuno sindaci, che avevano chiesto líannullamento dellíaggiudicazione, la societ‡ catanese Ë riuscita a mettere le mani comunque sullíaffare idrico, con la condivisione forte del presidente provinciale degli industriali, Giuseppe Catanzaro, del direttore generale in Sicilia dellíAgenzia regionale per i rifiuti e le acque, Felice Crosta, del presidente della regione Cuffaro.
Pure i numeri sono quindi divenuti quelli di un potere in evoluzione. Quale socio privato dellíATO 2 di Catania, líimpresa eroga líacqua a 20 comuni etnei, per circa 400 mila abitanti. Da capofila della societ‡ Girgenti Acque ha sbaragliato potenti societ‡ italiane ed estere, come Aqualia appunto, aggiudicandosi un affare che le far‡ affluire in trenta anni 600 milioni di euro, di cui circa 100 milioni dallíUnione Europea. Con una quota minima, ceduta dalla Galva dei Pisante, risulta presente nel gruppo Caltaqua, aggiudicatario della gestione idrica del Nisseno. Sin da quando si Ë profilato il business della privatizzazione, con un raggruppamento díimprese che comprende pure la BAPR, ha deciso di puntare altresÏ a sud, gareggiando ancora con la multinazionale iberica, per assicurarsi la gestione dei servizi idrici di Ragusa, che recano una posta di oltre mezzo miliardo di euro, di cui circa 100 mila della UE. Se avesse centrato tale obiettivo oggi avrebbe in pugno un quinto circa dellíintero affare siciliano.
I giochi apparivano fatti. Delle tre societ‡ concorrenti, Saceccav, Aqualia e Acoset, la prima, che concorreva gi‡ per insediarsi allíATO di Siracusa, Ë stata esclusa dalla gara per motivi che sono apparsi sospetti, tali da indurre uno dei commissari, il prof. Francesco Patania, a dimettersi e presentare un esposto alla procura di Ragusa. La seconda, che di lÏ a poco avrebbe avocato a sÈ la gestione idrica del Nisseno, per certi versi si Ë ritirata perchÈ non ha risposto allíinvito della commissione di dichiarare se persisteva il suo interesse alla gara. La compagine di Acoset, che al medesimo invito ha risposto affermativamente, aveva quindi ragione di sentirsi vincitrice. Le cose sono andate tuttavia in modo imprevisto. La maggioranza dei sindaci, che nel giugno 2006 si erano espressi a favore della gestione mista, pubblico-privata, nella seduta del 26 febbraio 2007 hanno deciso di avviare infatti la procedura di annullamento della gara perchÈ difforme alle direttive dellíUnione Europea. E il 2 ottobre del medesimo anno la gara Ë stata annullata. Ma perchÈ Ë avvenuto tale ripensamento e, soprattutto, quali giochi reggevano, e reggono tuttíora, líaffare acqua del sud-est?
Lo schieramento di Acoset per líATO di Ragusa reca conferme di rilievo e qualche accesso. Rimane forte la presenza catanese, con Acque di Carcaci, Acque di Casalotto e la COESI Costruzioni Generali. Con opportuni scambi posizionali vengono altresÏ confermate, perchÈ strategiche, due presenze: la IBI di Pozzuoli, con cui nel Nisseno la societ‡ catanese ha condotto líoperazione di trasbordo in Caltaqua, che ha suscitato allarme nella Sicilia tutta e prese di posizione parlamentari; la DB Group che, tramite la Sicil Power, costituisce un punto di contatto fra líAcoset e il gruppo di imprese che fa capo alla famiglia Pisante. Inedita Ë invece, ma pure sintomatica, la partecipazione della BAPR, che meglio di ogni altra realt‡ compendia il potere finanziario del sudest. La banca iblea ha fatto una scelta anomala, per certi versi controcorrente, dal momento che nessun altro istituto di credito dellíisola ha deciso di porsi in campo. Ma líha fatta a ragion veduta.
Nel quadro degli scambi che vigono nellíest siciliano, la BAPR costituisce una presenza di peso, in grado di interloquire con tutte le economie, a partire comunque da quelle legate allíedilizia e allíinnovazione agricola. Reca una dirigenza solida, attenta alla tradizione, non priva tuttavia di impeti modernistici, che tanto pi? si avvertono nellíattivismo di Santo Cutrone, consigliere di amministrazione, costruttore, componente della giunta CCIIA di Ragusa, vice presidente siciliano dellíANCE. Forte dei ruoli rivestiti, Cutrone ha potuto stabilire relazioni da vicino con líimprendtoria catanese, inclusa quella legata allíacqua. Con la CG Costruzioni, di cui Ë proprietario, ha fatto affari comuni con líingegnere Di Vincenzo, con la costituzione di una ATI, associazione temporanea d'impresa, che ha concorso in numerose gare, dal comune Misterbianco al porto di Pozzallo. Quale presidente provinciale dellíAssociazione Nazionale Costruttori si Ë esposto in favore della privatizzazione dellíacqua a Ragusa, mentre, a chiusura del circolo, ha sostenuto nellíintimo della BAPR le ragioni, infine vincenti, della scesa in campo con Acoset.
In considerazione di tutto questo, i conti dellíacqua, nella declinazione del sudest, tornano con pienezza. La societ‡ guidata da Giuseppe Giuffrida, che ha accettato la sfida dei giganti europei, ha avuto buone ragioni per imbarcare la banca siciliana, ravvisando nel prestigio e nellíinfluenza della medesima una carta spendibile ai fini dellíaggiudicazione del mezzo miliardo di euro in palio. Dal canto suo la BAPR, sospinta dal protagonismo di Cutrone, si Ë risolta a rivendicare una propria ipoteca, la prima, sullíaffare del secolo, sulla scia peraltro di taluni gruppi finanziari, per consolidare sotto la propria egida líasse economico Ragusa-Siracusa-Catania. Come si evince dalle movenze, tutti i protagonisti della compagine, da Acoset a IBI, da DB Group allíistituto ibleo, hanno comunque ben chiaro che la conquista del centro-partita nella cuspide iblea puÚ costituire un incipit per ulteriori affari, tanto pi? dopo lo scoccare del 2010, quando, con líapertura dellíarea di libero scambio, il territorio del sudest, in virt? dellíesposizione che reca sul Mediterraneo, diverr‡ strategico.
In definitiva, nella Sicilia pi? a sud si Ë giocato per vincere, a tutti i costi. Il coinvolgimento della BAPR ne Ë una prova. E Acoset, con le sue alleate, avrebbe vinto se, dopo la decisione assunta dai sindaci dellíATO in favore della privatizzazione, nel giugno 2006, non fossero accaduti degli incidenti, privi di riscontro in Sicilia, per certi versi quindi imprevedibili. Un pugno di ragazzi, fondatori di un giornale in fotocopia, ìIl clandestinoî, hanno deciso di mettersi di traverso, suscitando una resistenza corale, che ha incrociato lungo il suo cammino Alex Zanotelli, líAntimafia di Francesco Forgione, il Contratto Mondiale dellíacqua di Emilio Molinari, la CGIL di Carlo Podda. Dalle cronache, in Sicilia e nel paese tutto, la storia Ë stata registrata come una esperienza esemplare, cui si sono coinvolti dirigenti sindacali come Tommaso Fonte, Franco Notarnicola, Nicola Colombo e Aurelio Mezzasalma, esponenti politici come Marco Di Martino, esponenti dellíassociazionismo come Barbara Grimaudo. La battaglia dellíacqua, nel sudest siciliano, rimane comunque aperta, con i poteri forti che insistono a lanciare i loro moniti, mentre vanno preparandosi allíultimo decisivo assalto.
Carlo Ruta
Fonte: ìNarcomafieî, gennaio 2009
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