dalla INTRUDUZIONE
(…)nella storiografia italiana attuale le ricerche sugli usi
civici non sembrano né di moda, né numerose. Si era avuta una
stagione proficua nell’età di passaggio fra Otto e Novecento, grazie
allo sviluppo di una scuola storico-giuridica che in Sicilia
aveva avuto diversi e brillanti epigoni. Poi era calato il silenzio,
anche perché il contesto politico-istituzionale si era fatto tutt’altro
che favorevole a ricerche sulle proprietà collettive o sugli usi della
terra “dal basso”, da parte degli strati popolari delle società locali.
“Legnare, pascere, seminare” in forme comunitarie era progressivamente
proibito prima dalle usurpazioni e poi dal quadro giuridico
di una protezione della proprietà privata di carattere sempre più
spiccatamente capitalistico: la storiografia non poteva non essere
molto condizionata da questo contesto, caratterizzato prima dal
sistema liberale e poi dal regime fascista. Soltanto dietro le spinte
del movimento contadino nel secondo dopoguerra era ripartita la
ricerca sugli usi civici e sulla proprietà collettiva. E di nuovo, ai
nostri giorni, alcuni storici italiani hanno ripreso ad interessarsene,
risentendo dell’attenzione dei movimenti altermondialisti alla questione
agraria e alla sua storia.
In quest’ambito storiografico s’inserisce la ricerca di Cuda, che
storico non è di professione, ma che storico si fa partendo dal suo
“andar per colli e valli” iblei e facendo scorrere il suo occhio sui
segni del territorio.
Giuseppe Restifo
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