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La 
  Sicilia, i Siciliani, Marilena Monti,
i viaggi, i colori, le impressioni più autentiche, 
agli occhi e al gran cuore di un'artista sensibile quale Ans Rademakers.
  Intervento
  di Ans Rademakers, 
  artista olandese. 
  In marzo del 2001 ho letto la storia "Ma in mezzo all'asfalto c'era un 
  fiore" tramite la "Mailing List libreria Editrice Urso" non una 
  volta, ma tre volte. Marilena Monti, una cantastorie siciliana, ha raccontato 
  la sua opinione emozionante della Sicilia, gli invasori, la drammaticità 
  delle donne, che è diversa da quella degli uomini, la bellissima natura, 
  la luce... "Noi siciliani siamo i soli capaci di raccontarci al mondo. 
  Gli altri ci raccontano per interesse, ci vendono per denaro, ci rappresentano 
  diversi da come noi."...
  Ogni anno, dal 1993 siamo ( mio marito Paul ed io) in Sicilia per 3 settimane. 
  Viene dal fatto che abbiamo guardato l'arte romana a Roma. Se tu volessi capire 
  l'arte romana, o l'arte del Rinascimento, devi cercare le radici nella cultura 
  greca, che si trova in Sicilia. 
  Prima di partire abbiamo scrutato i luoghi interessanti, la storia della Sicilia, 
  gli scrittori siciliani. In breve: per metà anno abbiamo letto e letto... 
  Sciascia, Di Lampedusa, Carlo Levi, ecc., della storia, provato a imparare la 
  lingua ... Abbiamo scrutato dove lasciare i soldi,,abbiamo creduto di rimanere 
  sempre all'erta in Sicilia, perché la Sicilia è una isola pericolosa: 
  non solo per il traffico, ma anche perché non ci si può fidare 
  della gente: i nostri conoscenti ci hanno preavvisati, benché non avessero 
  mai visitato la Sicilia. 
  Dopo alcuni giorni in Sicilia sono stata confusa: troppe impressioni. La luce 
  alle sei del mattino è più calda e più poetica di quanto 
  Omero abbia scritto nell'Odissea, l'azzurro del mare è più intenso 
  dei miei colori nei tubetti, le pietre e la terra hanno una aura calda, ma languiscono 
  nel sole duro, ho provato che i templi a Selinunte e Siracusa sono luoghi sacri. 
  Le mie prime parole per descrivere dove sono: su una terra magica, mitica, melanconica, 
  piena di misticismo. E la gente? Fiera, rispettabile, affetta da un senso del 
  proprio valore, con occhi nei quelli si vede la sua storia, emozione, passione, 
  il suo essere radicato. E il pericolo? Dov'è il pericolo? Non potevo 
  scrivere sulle cose che avevo visto, ma sulle cose che avevo sentito. Non potevo 
  disegnare, forse perciò non volevo vedere le cose da una distanza. 
  Il mio senso, la mia idea della Sicilia meravigliosa non è cambiata negli 
  otto anni di visita. Resto affascinata per l'isola, che è una fonte d'ispirazione 
  per raffigurare le mie impressioni. 
  In generale, se qualcuno dice qui in Olanda "Sicilia", la gente pensa 
  a violenza, perché le notizie sull'isola sono quasi sempre unilaterali, 
  ha un effetto negativo e affermativo. Se si guarda qui un film sulla Sicilia, 
  si vede violenza, se si guarda un documentario o una telecronaca sulla Sicilia, 
  si tratta di violenza, se si leggono gli ultimi romanzi o autobiografie, che 
  si svolgono in Sicilia, il tema è la violenza. E nel depliant di Alitalia 
  di quest'anno si legge che solo in Sicilia si trova la vera vita dei campi con 
  asini e carretti. 
  Con il mio sito "I colori della Sicilia" http://home.hetnet.nl/~arademahttp://www.libreriaeditriceurso.com, 
  iniziato in seguito alla storia di Marilena Monti e alle mie esperienze, vorrei 
  contribuire a una piega positiva e modesta alla reputazione della Sicilia. 
  Olanda, dicembre 2001
  Ans Rademakers
  ans_rademakers@mac.com
  Accludiamo quanto precedentemente inviato in "Mailing List" 
  e che ha riferimento con l'intervento di Ans Rademakers
L'8 marzo di questo 2001 
        la Consulta Femminile di Avola, continuando una tradizione positiva di 
        incontri culturali aventi per tema la donna, ha presentato nel Salone 
        comunale di Avola il volume di Giacomo Pilati (gionalista pubblicista 
        di Trapani) LE SICILIANE Quindici storie vere, edito da Salvatore 
        Coppola.
        In quella occasione 
        ho conosciuto subito Marilena Monti, in un singolare e solare pomeriggio 
        siciliano, nella mia libreria senza confini precisi tra dentro e fuori 
        (da venticinque anni, cioè già dall'origine, la grande porta 
        "palermitana" a due ante "eternamente" aperta, estate o inverno che sia, 
        non definisce per niente il rapporto tra chi è dentro e chi sta 
        fuori; semmai è lo spazio interno che non consente di più).
Così, mi ritrovai 
        a sorpresa davanti i tre amici, quasi con la parvenza di una visione; 
        Marilena aveva una chitarra e ciò mi fece subito buona impressione.
        Quella che seguì, 
        fu un'indimenticabile serata.
Per far conoscere 
        Marilena a quanti di voi non abbiano avuto l'occasione, ho pensato di 
        inviarvi il capitolo del libro LE SICILIANE che riguarda Marilena Monti.
Mi sono permesso 
        di lasciare in rosso-sangue solo alcune parti significative delle sue 
        parole, e se un editore di Milano disse a lei, una volta, di non essere 
        abbastanza sanguigna, io invece ho dovuto colorare di nero la sua scrittura 
        sanguigna (perché così indicano i canoni classici della 
        scrittura, nero su bianco), con l'imbarazzo della selezione....
Il 23 e 24 Marzo Il 
        Teatro Selinus di Castelvetrano dà in scena "Aquila" 
        , con musiche e regia della stessa Marilena.
        Colgo l'occasione per 
        augurarle, assieme a tutti voi che mi leggete, un immenso successo di 
        pubblico e di critica.
Buona lettura.
Francesco Urso
        MARILENA MONTI  
        
        Ma in mezzo all'asfalto c'era un fiore...
        Io non dovevo fare 
        la cantante. 
Studiavo da biologa. 
        Poi quando mi mancava solo la tesi ho deciso di non laurearmi più. 
        Non volevo cadere un giorno nella tentazione di lasciare la musica per 
        un altro mestiere. È troppo forte questo mio impulso a raccontare 
        per essere ingabbiato dentro un titolo di studio.
        Credo che ciascuno di noi abbia una funzione nella 
        vita. La mia è questa: raccontare, raccontare, raccontare. Sento 
        moltissimo gli incontri, gli accadimenti, le cose, la natura, questa terra 
        ed ho l'istanza immediata di fare vivere queste emozioni con le parole, 
        per descriverle agli altri. Una esigenza di rappresentazione che esprimo 
        con le canzoni.
        Nella mia musica c'è la presenza di mia nonna. Lei non cantava, 
        però mi ha raccontato tantissime storie di Sicilia. Mi ha insegnato 
        tutti i proverbi. Si esprimeva più con i proverbi che con i discorsi 
        lunghi e complessi e questo suo esprimersi così immediato è 
        oggi la mia radice di ulivo.
        La nonna mi ha trasferito questa linfa e questa connessione profonda con 
        una sicilianità austera e felice, gioiosa e in qualche modo nobile, 
        nel senso che ha il sentimento della vita guadagnato a fatica, sofferto, 
        valutato nella sua grandezza.
        Mi ricordo questa nonna che discuteva mezz'ora con una mosca dietro il 
        vetro, insistendo perché uscisse, perché non voleva vedersi 
        costretta ad ucciderla.
        lo non sono una cantante, sono un cantastorie. 
        Chi fa il cantante è uno che cura e studia la voce, lavora su questo 
        mezzo come fa il violinista col suo violino. Io mi definisco un saltimbanco, 
        nel senso che attraverso tutte le varie possibilità espressive. 
        Faccio rivivere storie vecchie e nuove di quest'isola attraverso una voce 
        e una chitarra.
        Cerco nelle piazze un rapporto intenso con la gente, un rapporto capace 
        di creare un'atmosfera magica di ricerca, di voglia di affondare le radici 
        nel tempo.
        La piazza non è lo stadio e nemmeno un teatro. Nelle piazze c'è 
        una dimensione umana del silenzio, voci lontane, le luci delle case. Si 
        paò partecipare di più un'emozione.
        Nelle mie canzoni il tema dell'isola è centrale perché l'isola 
        la identifico con me stessa. Sono una siciliana che ogni giorno deve lottare 
        in quanto donna e in quanto siciliana.
        Proprio come la Sicilia che, sempre guardata con sospetto, deve lottare 
        per una propria libertà di popolo. Ogni giorno devo combattere 
        per l'affermazione dei miei diritti, dei miei spazi.
        Palermo è una città assediata da polizia e carabinieri, 
        per questo si sente di più il sentimento dell'oppressione e il 
        desiderio del riscatto. Poi in fondo è sempre questo il messaggio 
        di tutto quello che scrivo: riscatto.
        Noi siciliani siamo i soli capaci di raccontarci 
        al mondo.
        Gli altri ci raccontano per interesse, ci vendono per denaro, ci rappresentano 
        diversi da come siamo.
        Gli invasori fanno soldi sulle storie di sangue della Sicilia e ci raccontano 
        tragici. La tragedia si piazza meglio, si vende di più al cinema, 
        alle case editrici, ai giornali.
        Noi siamo invece drammatici. E il dramma è diverso dalla tragedia. 
        È più intimo, meno plateale della tragedia con cui ci vendono.
        Il siciliano delle mie canzoni ha dentro questo dramma.
        Una drammaticità che chiaramente può sconfinare in momenti 
        di sottile autoironia, ma è prevalentemente dramma.
        La donna vive con maggiore intensità questa situazione.
        Ha vissuto più visceralmente all'interno della casa ed ha avuto 
        tempo di mettere a punto i propri linguaggi.
        L'uomo proiettato all'esterno ha dovuto invece più spesso mediare 
        i propri drammi. La donna è stata più a contatto con se 
        stessa e ha maturato la propria identità che è fortemente 
        drammatica ma anche molto ironica.
        La Sicilia è la terra del silenzio.
        Io ho sempre in testa un'immagine che mi ha colpito moltissimo. Un pomeriggio 
        di trenta anni fa a Poggioreale.
        Il terremoto aveva distrutto tutto. La miseria sovrastava ogni cosa. La 
        disperazione della gente era scolpita nei volti di tutti.
        Ma in mezzo all'asfalto c'era 
        un fiore, una margherita gialla che aveva 
        sfondato la pietra per annunciare la primavera.
        Era venuta fuori da una crepa con una grande forza.
        La natura coi suoi cicli normali aveva risposto alla sua stessa violenza, 
        dal silenzio era venuto fuori l'urlo.
        Questa terra ha delle cose da dire che esprime mormorando.
        Io credo che prima o poi arriverà l'urlo che è coro e poi 
        armonia.
        Per levare alto questo grido bisogna guardare al passato, prendere forza 
        dai nostri padri, dai nostri nonni. Nel passato c'è l'energia. 
        Ma anche il rimpianto di sapori umani che si sono sbiaditi. Ed anche rimorso 
        perché non si è fatto abbastanza per questa terra.
        Tutti da queste parti abbiamo il nostro peccato di omertà. Guardandoci 
        indietro, rileggendo la nostra storia dobbiamo trovare l'energia per cancellare 
        queste soffili connivenze.
        La Sicilia è una terra che stende tappeti 
        agli invasori. Questa è la cosa che rimprovero di più 
        ai miei conterranei.
        Qui l'invasore viene sempre accolto a braccia aperte ed è quasi 
        sempre uno che ci saccheggerà, ci ruberà. È uno che 
        ci racconterà male falsando le nostre intenzioni sia le negative 
        che le positive. Un altro non ci può raccontare 
        come siamo, dobbiamo imparare noi stessi a farlo.
        Dirigo laboratori di scrittura nelle scuole proprio perché i ragazzi 
        si abituino a raccontare se stessi e ad entrare in contatto con le proprie 
        parole dell'anima.
        Più parole si sanno e più si è liberi.
        Non dobbiamo aprire la televisione per sapere chi siamo.
        Sono tornata a Santa Margherita Belice per un concérto ed ho visto 
        ristrutturata la casa delle vacanze di Tomasi di Lampedusa. E mi chiedevo 
        se questa fosse ancora la terra del Gattopardo. Ritengo che per molti 
        versi lo sia.
        Nella rassegnazione, certamente. Iene e sciacalli si sono moltiplicati. 
        Gli invasori di oggi sono i giornalisti. Ma anche gli scrittori.
        La Sicilia è una terra continuamente saccheggiata 
        da chi continua a scrivere libri sulla Sicilia. Di siciliani che scrivono 
        la Sicilia ce ne sono in buona e in cattiva fede e questi ultimi sono 
        i più cannibali di tutti.
        Il fascino della Sicilia è incredibile, noi non riusciamo neanche 
        ad immaginare quanto fascino possa esercitare su chi non è siciliano. 
        Questo è un luogo oscuro, è un luogo pieno di magia, è 
        un luogo dove si può perdere la ragione.
        Se uno che fa lo scrittore o il giornalista punta la sua attenzione sulla 
        Sicilia ad un certo punto si perde in un labirinto inquietante. Ed io 
        capisco che possa subirne il fascino e che possa desiderare di parlarne, 
        di scrivere, di volerne sapere di più. Però quando si pensa 
        a sfruttare la Sicilia coi film e coi libri perché tanto il sangue 
        vende sempre, allora non ci sto.
        Avevo scritto un racconto su un fatto drammatico 
        avvenuto a Palermo, e un editore di Milano me l'ha respinto dicendomi 
        "lei non ha inchiostro rosso. Deve scriverlo con più sangue".
        Mi ha ferita a morte.
        Ecco, questo episodio offre la misura esatta di quanto il nostro sangue 
        diventi moneta sonante per costoro. Farei un Vespro Siciliano contro 
        questi nuovi invasori.
        Di questa terra mi piace la luce. La profondità di campo.
        La possibilità di vedere oltre ciò che è consentito. 
        Quando guardo l'orizzonte da qualsiasi luogo della Sicilia, che sia una 
        collina, che sia un piano alto, che sia una pianora, mi accorgo di scorgere 
        le isole e oltre le isole altri mondi.
        Il siciliano ha una straordinaria 
        capacità di percezione sensoriale che coincide con una luce d'intelligenza 
        abbagliante. E questo è un dono in 
        più. È un rapporto di amore con la terra viscerale, fortissimo, 
        irrazionale, che procura emozioni incontenibili. Questa è una signora 
        isola. Io la immagino con la faccia di mia nonna. È una terra generosissima. 
        Penso a certi nostri paesaggi di spine e rovi bucati all'improvviso da 
        un fiore.
        Per me quel fiore che ho visto in mezzo all'asfalto, fra le case distrutte 
        del Belice ha molto più valore di certi giardini della Svizzera 
        dove la noia impera.
        Questa è una terra di sorprese. Io dico che 
        la Sicilia è il "Bignami" del pianeta terra. C'è 
        tutto.
        Io sono stata lo scorso inverno sull'Etna. Di notte a 1800 metri c'erano 
        i ghiacciai. All'alba a Taormina, era arrivato lo scirocco e c'erano 20 
        gradi. In un'ora sono passata da un posto dove si poteva sciare ad un 
        altro dove si poteva fare il bagno. In pochi chilometri ho attraversato 
        le stagioni, i paesaggi, le emozioni.
        In pochi istanti ho bucato il mondo. E ne ho percorso la sua sintesi.
Marilena 
        Monti
saramon@tiscalinet.it
        
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