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CITTA' DI AVOLA
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Il territorio di Avola è stato vissuto nei vari momenti
storici. Sul litorale si trovano i resti di una villa ellenico-romana
(I° secolo a.c. - I° secolo d.c.). Accanto alla S.S. 115, in
prossimità dell'ingresso della città, vi sono reperti
archeologici, fra i quali necropoli paleocristiane e bizantine, ed il
cosiddetto "dolmen", la cui suggestiva "architrave",
nella parte superiore, presenta 10 piccoli loculi rettangolari. Con
la forma di un serpente alato, Abola, città
medioevale, era situata sul Monte Aquilone, nella parte terminale degli
Iblei, a pochi chilometri dall'attuale abitato. Intorno si trovano testimonianze
preistoriche con tombe sicule a forno. Nell'antico centro,
dal 1361 baronia e dal 1542 marchesato degli Aragona Pignatelli Cortes,
erano situati il castello-fortezza, documentato dal XIII secolo, ed
oltre 20 edifici sacri, dei quali alcuni in stile gotico. Dal Belvedere
della città antica è possibile ammirare uno scorcio di
natura di incomparabile bellezza: Cava Grande.
La città, distrutta l'11 gennaio 1693 da un apocalittico terremoto, fu in seguito ricostruita in pianura, in prossimità della costa, su un progetto del frate gesuita Angelo Italia. La pianta era esagonale, circondata da fortificazioni, e presentava al cantro una grande piazza quadrata con altre quattro piazze all'estremità dei due assi viari principali. Caratteristici, all'interno dei moduli dove si sviluppa l'edilizia privata, sono i cortili. Il tempio più importante della città ricostruita è la Chiesa Madre di San Nicolò, iniziata proprio nel 1693, caratterizzata dalla facciata a torre che si apre alla piazza con un ampio sagrato delimitato da statue di fattura barocca. All'interno notevoli sono la cappella del SS. Sacramento, gli stucchi dell'altare, che concludono il transetto, e la cripta. Della fine del 1500 è la statua dell'Assunta, della seconda metà del 1600 il Crocifisso ligneo posto nell'abside ed attribuibile alla scuola di frate Umile da Petralia, del XVIII secolo sono le tele con lo Sposalizio della Vergine, attribuita a Olivio Sozzi, e la Madonna del Rosario, attribuita a Sebastiano Croce. Le altre chiese della città appartengono al 1700. Nella Chiesa di Santa Venera troviamo un interessante ovale dedicato alla Santa Padrona e una statua, pure della Santa, in legno, argento e oro, opera di E. Puglisi Caudullo. e di Raffaele Abbate. Nella Chiesa di San Giovanni troviamo la teca in argento e bronzo del 1600 con la reliquia di San Corrado. Nella Chiesa di Sant'Antonio Abate vi è un'apprezzabile decorazione interna e la statua del Cristo alla Colonna del XVII secolo,intorno alla quale si strinsero i sopravvissuti al terremoto del 1693. Nella Chiesa di Santa Maria di Gesù interessanti sono l'altare, con le colonne tortili, e la pala dell'Immacolata con i Santi Francesco e Rosalia. Ma la più barocca fra le chiesa della città e la Badia, che presenta una facciata con linee concave e convesse e custodisce all'interno pregiati decori e tele del Carasi. Fuori da centro storico troviamo la Chiesa del Convento dei Cappuccini, dove troviamo una pregevole tela della Esaltazione della Santa Craoce del pittore fiammingo Francesco da Castello ed una Custodia lignea della seconda metà del XVII secolo. Intorno al 1800, a causa dell'espansione urbanistica, le fortificazioni che circondavano la città di pianta esagonale vengono assorbite e verso la fine del 1800, ad opera dell'ingegnere Salvatore Rizza, vengono realizzate importanti opere edilizie di stile neoclassico quali il Mercato Comunale,la Torretta dell'Orologio, il Municipio, il Teatro Comunale. Nell'architettura civile dei primi decenni del 1900, si impone ad Avola lo stile floreale. I motivi liberty sono trattati da abili scalpellini che li incidono negli stipiti e nelle chiavi d'arco delle facciate. Di antica tradizione e di notevole folklore è la processione della Spina Santa, celebrata il Venerdì Santo, e a paci, celebrata la Domenica di Pasqua nella piazza principale. Particolari emozioni suscitano i muri di San Sebastiano, celebrati la seconda domenica di Maggio. Nell'ambito dell'Estate Avolese, l'ultima settimana di Luglio, hanno luogo i festeggiamenti di Santa Venera con la caratteristica corsa dei cavalli ed il Festival del Folklore internazionale. Festoso e rinomato è il Carnevale Avolese, con sfilate di carri allegorici e infiorati e di gruppi mascherati. I ballarini e i ruffiani sono le maschere tradizionali. Fra gli eventi sportivi di rilievo, notevole è la corsa automobilistica Avola-Avola Antica. Tra i prodotti tipici di Avola, famosi sono le mandorle e il "miele di satira". La pizzuta d'Avola o Avola scelta è una mandorla insuperabile per forma e gusto. usata per la confetteria e per preparare deliziosi biscotti, latte di mandorla, torroni, ma anche il bianco-mangiare ed il marzapane, con il quale si realizza la frutta martorana. Il miele di sataredda (timo) è, invece, il prodotto che ha dato fama, nel modo classico, ai Monti Iblei e ad Avola, e nel cui stemma sono presenti tre api. Avola (C.A.P. 96012) dista 199 Km. da Agrigento, 187 Km. da Caltanissetta, 81 Km. da Catania, 176 Km. da Enna, 177 Km. da Messina, 329 Km. da Palermo, 63 Km. da Ragusa, 23 Km. da Siracusa, alla cui provincia appartiene,372 Km. da Trapani. Il comune conta circa 32.000 abitanti ed ha una superficie di 7.426 ettari per una densità abitativa di 431 abitanti per chilometro quadrato. Sorge in una zona pianeggiante litoranea, posta a 37 metri sopra il livello del mare. Il municipio è sito in via Mazzini Giuseppe n. 18, tel. 0931-583111 fax. 0931-583104. Le attività economiche principali sono la pesca e l'agricoltura. I prodotti agricoli tipici sono: gli agrumi, le mandorle, i cereali, le olive. Il nome originario della cittadina era Abola, l'antica città distrutta dal terremoto del 1693. Il nucleo cittadino si formò sotto il dominio arabo nel sec. IX, sull'altopiano ibleo. Successivamente appartenne ad altri signori, fino a divenire dominio degli Aragonesi nel 1419. Incendiata dai Turchi nel 1572 e dinuovo distrutta nel 1693, fu in seguito ricostruita in pianura. Foto © 2000 Affinità Elettive La città, che ha una caratteristica pianta esagonale, conserva diversi edifici in stile liberty. I monumenti più importanti sono la chiesa Madre, la chiesa della SS. Annunziata in stile barocco e il neoclassico Teatro Garibaldi. Tra i cittadini più illustri si ricordano lo scienziato Giuseppe Bianca, che ha tradotto in latino l'ode Il 5 maggio di A.Manzoni e ha descritto 752 varietà di mandorlo avolese, e la poetessa benedettina Beatrice Calvo. Una delle più belle meraviglie della nostra città, ma anche una delle più grandi, se si pensa alla maestosità delle sue dimensioni, è Cava Grande del Cassibile. Cava Grande è un lungo e profondo canyon scavato nell'altopiano Ibleo, e appunto per la sua grandezza è considerata una delle cave più vaste e più lunghe che segnano i Monti Iblei. Naturalmente, come la nostra città, Cava Grande ha alle sue spalle una antichissima storia, fatta di civiltà e popolazioni, che fecero di Cava Grande la loro casa. Infatti, fin dal periodo neolitico, alcune popolazioni si insediarono a Cava Grande utilizzando, come protezione, il sistema difensivo naturale offerto dalle alte rocce che formano, le pareti della cava. Col passare del tempo tali popolazioni crearono nella roccia centinaia di abitazioni, collegate tra loro da corridoi e scalinate che tuttora servono a noi per poter visitare tali "tracce" di civiltà lasciateci dai nostri antenati. In età pre - greca nacquero dei veri e propri villaggi rupestri, e nei secoli successivi, pare che vi abitassero già 1.200-1.500 persone. Sotto i romani Cava Grande fu abbandonata per essere poi abitata, nel medioevo, da briganti e pastori che cercarono rifugio in essa. Cava Grande del Cassibile si raggiunge proseguendo da Avola verso Avola antica, seguendo la strada asfaltata che ci conduce fino alla vetta della montagna. Durante la strada è possibile notare, sulle varie colline che si incontrano, abitazioni rupestri e numerose tombe. Dopo circa venti minuti di salita, i cartelli stradali ci dicono che siamo quasi arrivati alla meta; svoltando a destra, arriviamo così al grande piazzale che sovrasta la cava. Osservandola dall'alto possiamo notare una breve e stretta scalinata, scavata nella roccia, che ci conduce verso la profondità di Cavagrande. Ad un certo punto la scalinata finisce ed inizia un sentiero largo poco meno di un metro; questo è molto pericoloso poiché, se da un lato del percorso abbiamo la parete rocciosa, dall'altro vi è il vuoto. Per tale motivo è consigliabile realizzare tale percorso solamente durante la bella stagione, poiché d'inverno esso diventa impraticabile e quindi molto pericoloso. Comunque, con una buona dose di avventura e una buona scorta di acqua e sali minerali, in circa un'ora di discesa (a piedi naturalmente) e pressoché il doppio per risalire, arriviamo in fondo a Cavagrande, dove troviamo ad aspettarci i bellissimi e misteriosi laghi che sono alimentati dal fiume Cassibile che dà, appunto, il nome alla cava. Costeggiando il fiume arriviamo, da una parte, a un piano roccioso dove si trovano delle vasche naturali chiamate "marmitte",per la loro forma a pentola; costeggiando la parte opposta del fiume, arriviamo invece all'altra meraviglia di Cavagrande, il lago più grande, famoso per un fatto misterioso e intrigante: infatti pare che, tutti coloro che si siano immersi in tale lago, non ne abbiano mai trovato il fondo. Una volta arrivati è impossibile rinunciare ad un fantastico bagno nelle gelide acque dei "laghetti", così come vengono chiamati da tutti noi. Venire a Cava Grande è un'esperienza bellissima, quindi voi siete tutti invitati a visitare tale fantastico mondo. |
Avola,
magica e crudele,
di Giuseppe Condorelli, Centonove, anno XIII, n. 40, 21 ottobre 2005
Il romanzo di Giorgio Morale Paulu Piulu edito da
Manni. Una matrice autobiografica per raccontare la storia di tanti emigranti
siciliani
Aggrappato alla memoria sua e di unisola tanto magica quanto crudele
e "matrigna", Paulu Piulu - romanzo desordio di Giorgio
Morale che la prestigiosa Piero Manni di Lecce ha appena pubblicato nella
collana Pretesti snoda una narrazione esemplare
di formazione, scandita da una infanzia segnata da una dignitosa povertà
ad Avola prima del grande salto nella Germania industrializzata degli anni
70.
Di chiara matrice autobiografica anche se nellottica della focalizzazione
zero - la storia ripercorre, senza la retorica larmoyant e bovaristica di
tanta letteratura regionalistica, le vicende in cui tanti siciliani possono
riconoscersi: il lavoro alienante e agro nei campi del padre bracciante, una
infanzia dal margine, del freddo e della fame, il mito (un po
esotico) della terra promessa (America o Germania poco importa), la disillusione
dellimpatto con la civiltà, la necessità delle
radici.
Per orientarsi e spostarsi lungo questa bildung il giovane protagonista
Paolo che assume il ruolo del piulu (onomatopea del verso
della gazza) si fa voce, lamento appunto attraverso una
intima corrispondenza col mondo arcaico che lo circonda cavallo, la
stalla, il mare, la pioggia, ape, erba, feste comandate (così come
si intitolano i brevi capitoli che lo compongono) e con quello crudele
dallaltro della fabbrica, dellindigenza, della città e
de suoi rapporti disumanizzati.
Per orientarsi (anche nel suo presente di insegnante a Milano) Paulu-Giorgio
utilizza la memoria come una bussola, si fa palombaro: non a caso linizio
del romanzo è ricco di metafore marinare che poi alludono a
quella dellesistenza come viaggio: Come unancora Paolo invocava
la mano che la madre tendeva da un letto allaltro. Paolo lafferrava,
facendo passare la sua attraverso le assicelle che formavano la sponda del
lettino, incerto confine con il mare aperto, come il parapetto di una nave.
Paulu Piulu è anche libro solare in una accezione particolare,
bufaliniana quasi, sospeso tra luce e lutto: se è vero che lestate
illumina meglio i ricordi, quella luce è anche in grado di mettere
a nudo le ombre di una esistenza assai contrastata - città/mare; fabbrica/alienazione;
partenza/fuga; orto/radici, una esistenza sostanzialmente connotata da una
sorta di animismo magico, una dimensione a volte mitica in cui il protagonista
è totalmente immerso: una compenetrazione nel mondo della natura e
dei suoi esseri.
Grazie ad un registro linguistico ondulato e dolce, il romanzo dellinfanzia
di Giorgio Morale è il romanzo della verità e lepigrafe
della Cvetaeva La storia delle mie verità, ecco linfanzia
ce ne restituisce tutto il senso: dalla dignitosa povertà, dalle
trasgressioni, dallamore per la lettura fino alla maturazione della
coscienza, esplicitata da quel desiderio daltezza che è
voglia di mutamento e di trasformazione.
Anzi nella seconda sezione (La torta di sabbia) dopo i conflitti della prima,
il romanzo sembra ritrovare in alcuni capitoli una deliziosa atmosfera retrò:
se volessimo istituire un paragone cinematografico potremmo benissimo pensare
a Les choristes di Barratier per quel suo modo discreto e spontaneo di maneggiare
alcuni momenti fondanti dellinfanzia.
Lungo questo tragitto, lungo questa geografia che non è solo interiore
ma reale e dolorosa, non si smarrisce però lidentità se
non per farsi più forte, più radicata: nella figura (circolare)
del padre che non certo a caso apre e chiude la vicenda a quarantanni
di distanza - si avverte ancora la necessità dellappartenenza,
dellidentità e dei legami familiari, di una attrazione - alla
Vittorini? per quei luoghi che ormai Paolo esule nella moderna Milano
continua a rivisitare: I luoghi sembravano lanima buona delle
cose. In essi erano sedimentati gli affetti e le storie, svincolati dallaltalena
delle vicende umane. Ed essi li porgevano, puri, indifesi, disponibili.
Ed è proprio questa purezza, questo humus quasi pascoliano del nido
ma attraversato da astratti furori a rendere piacevole la mistica
dellinfanzia di Paulu Piulu.
Giorgio
Morale, Paulu Piulu, Pagine 176, € 15,00 Acquista
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