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CITTA' DI AVOLA
(Siracusa)

italia

Comune della Sicilia in prov. Di Siracusa, situato a 40m d'altitudine su un altura dominante il golfo di Noto; 74.2 kmq; 32.000 abitanti (Avolesi). Notevole la Chiesa Matrice, dall'altissima facciata settecentesca. Nel territorio, coltivazioni di olivi, cereali, viti, agrumi e mandorle. Allevamento bovino e ovino. Nei pressi rovine di Avola Vecchia (427 m).

Il territorio di Avola è stato vissuto nei vari momenti storici. Sul litorale si trovano i resti di una villa ellenico-romana (I° secolo a.c. - I° secolo d.c.). Accanto alla S.S. 115, in prossimità dell'ingresso della città, vi sono reperti archeologici, fra i quali necropoli paleocristiane e bizantine, ed il cosiddetto "dolmen", la cui suggestiva "architrave", nella parte superiore, presenta 10 piccoli loculi rettangolari. Con la forma di un serpente alato, Abola, città medioevale, era situata sul Monte Aquilone, nella parte terminale degli Iblei, a pochi chilometri dall'attuale abitato. Intorno si trovano testimonianze preistoriche con tombe sicule a forno. Nell'antico centro, dal 1361 baronia e dal 1542 marchesato degli Aragona Pignatelli Cortes, erano situati il castello-fortezza, documentato dal XIII secolo, ed oltre 20 edifici sacri, dei quali alcuni in stile gotico. Dal Belvedere della città antica è possibile ammirare uno scorcio di natura di incomparabile bellezza: Cava Grande.
    La città, distrutta l'11 gennaio 1693 da un apocalittico terremoto, fu in seguito ricostruita in pianura, in prossimità della costa, su un progetto del frate gesuita Angelo Italia. La pianta era esagonale, circondata da fortificazioni, e presentava al cantro una grande piazza quadrata con altre quattro piazze all'estremità dei due assi viari principali. Caratteristici, all'interno dei moduli dove si sviluppa l'edilizia privata, sono i cortili.
     Il tempio più importante della città ricostruita è la Chiesa Madre di San Nicolò, iniziata proprio nel 1693, caratterizzata dalla facciata a torre che si apre alla piazza con un ampio sagrato delimitato da statue di fattura barocca. All'interno notevoli sono la cappella del SS. Sacramento, gli stucchi dell'altare, che concludono il transetto, e la cripta. Della fine del 1500 è la statua dell'Assunta, della seconda metà del 1600 il Crocifisso ligneo posto nell'abside ed attribuibile alla scuola di frate Umile da Petralia, del XVIII secolo sono le tele con lo Sposalizio della Vergine, attribuita a Olivio Sozzi, e la Madonna del Rosario, attribuita a Sebastiano Croce.
    Le altre chiese della città appartengono al 1700. Nella Chiesa di Santa Venera troviamo un interessante ovale dedicato alla Santa Padrona e una statua, pure della Santa, in legno, argento e oro, opera di E. Puglisi Caudullo. e di Raffaele Abbate. Nella Chiesa di San Giovanni troviamo la teca in argento e bronzo del 1600 con la reliquia di San Corrado. Nella Chiesa di Sant'Antonio Abate vi è un'apprezzabile decorazione interna e la statua del Cristo alla Colonna del XVII secolo,intorno alla quale si strinsero i sopravvissuti al terremoto del 1693. Nella Chiesa di Santa Maria di Gesù interessanti sono l'altare, con le colonne tortili, e la pala dell'Immacolata con i Santi Francesco e Rosalia. Ma la più barocca fra le chiesa della città e la Badia, che presenta una facciata con linee concave e convesse e custodisce all'interno pregiati decori e tele del Carasi. Fuori da centro storico troviamo la Chiesa del Convento dei Cappuccini, dove troviamo una pregevole tela della Esaltazione della Santa Craoce del pittore fiammingo Francesco da Castello ed una Custodia lignea della seconda metà del XVII secolo.
    Intorno al 1800, a causa dell'espansione urbanistica, le fortificazioni che circondavano la città di pianta esagonale vengono assorbite e verso la fine del 1800, ad opera dell'ingegnere Salvatore Rizza, vengono realizzate importanti opere edilizie di stile neoclassico quali il Mercato Comunale,la Torretta dell'Orologio, il Municipio, il Teatro Comunale.
Nell'architettura civile dei primi decenni del 1900, si impone ad Avola lo stile floreale. I motivi liberty sono trattati da abili scalpellini che li incidono negli stipiti e nelle chiavi d'arco delle facciate.
    Di antica tradizione e di notevole folklore è la processione della Spina Santa, celebrata il Venerdì Santo, e a paci, celebrata la Domenica di Pasqua nella piazza principale. Particolari emozioni suscitano i muri di San Sebastiano, celebrati la seconda domenica di Maggio. Nell'ambito dell'Estate Avolese, l'ultima settimana di Luglio, hanno luogo i festeggiamenti di Santa Venera con la caratteristica corsa dei cavalli ed il Festival del Folklore internazionale. Festoso e rinomato è il Carnevale Avolese, con sfilate di carri allegorici e infiorati e di gruppi mascherati. I ballarini e i ruffiani sono le maschere tradizionali. Fra gli eventi sportivi di rilievo, notevole è la corsa automobilistica Avola-Avola Antica.
    Tra i prodotti tipici di Avola, famosi sono le mandorle e il "miele di satira". La pizzuta d'Avola o Avola scelta è una mandorla insuperabile per forma e gusto. usata per la confetteria e per preparare deliziosi biscotti, latte di mandorla, torroni, ma anche il bianco-mangiare ed il marzapane, con il quale si realizza la frutta martorana. Il miele di sataredda (timo) è, invece, il prodotto che ha dato fama, nel modo classico, ai Monti Iblei e ad Avola, e nel cui stemma sono presenti tre api.
Avola (C.A.P. 96012) dista 199 Km. da Agrigento, 187 Km. da Caltanissetta, 81 Km. da Catania, 176 Km. da Enna, 177 Km. da Messina, 329 Km. da Palermo, 63 Km. da Ragusa, 23 Km. da Siracusa, alla cui provincia appartiene,372 Km. da Trapani. Il comune conta circa 32.000 abitanti ed ha una superficie di 7.426 ettari per una densità abitativa di 431 abitanti per chilometro quadrato. Sorge in una zona pianeggiante litoranea, posta a 37 metri sopra il livello del mare. Il municipio è sito in via Mazzini Giuseppe n. 18, tel. 0931-583111 fax. 0931-583104. Le attività economiche principali sono la pesca e l'agricoltura. I prodotti agricoli tipici sono: gli agrumi, le mandorle, i cereali, le olive. Il nome originario della cittadina era Abola, l'antica città distrutta dal terremoto del 1693. Il nucleo cittadino si formò sotto il dominio arabo nel sec. IX, sull'altopiano ibleo. Successivamente appartenne ad altri signori, fino a divenire dominio degli Aragonesi nel 1419. Incendiata dai Turchi nel 1572 e dinuovo distrutta nel 1693, fu in seguito ricostruita in pianura. Foto © 2000 Affinità Elettive La città, che ha una caratteristica pianta esagonale, conserva diversi edifici in stile liberty. I monumenti più importanti sono la chiesa Madre, la chiesa della SS. Annunziata in stile barocco e il neoclassico Teatro Garibaldi. Tra i cittadini più illustri si ricordano lo scienziato Giuseppe Bianca, che ha tradotto in latino l'ode Il 5 maggio di A.Manzoni e ha descritto 752 varietà di mandorlo avolese, e la poetessa benedettina Beatrice Calvo.
    Una delle più belle meraviglie della nostra città, ma anche una delle più grandi, se si pensa alla maestosità delle sue dimensioni, è Cava Grande del Cassibile. Cava Grande è un lungo e profondo canyon scavato nell'altopiano Ibleo, e appunto per la sua grandezza è considerata una delle cave più vaste e più lunghe che segnano i Monti Iblei. Naturalmente, come la nostra città, Cava Grande ha alle sue spalle una antichissima storia, fatta di civiltà e popolazioni, che fecero di Cava Grande la loro casa. Infatti, fin dal periodo neolitico, alcune popolazioni si insediarono a Cava Grande utilizzando, come protezione, il sistema difensivo naturale offerto dalle alte rocce che formano, le pareti della cava. Col passare del tempo tali popolazioni crearono nella roccia centinaia di abitazioni, collegate tra loro da corridoi e scalinate che tuttora servono a noi per poter visitare tali "tracce" di civiltà lasciateci dai nostri antenati. In età pre - greca nacquero dei veri e propri villaggi rupestri, e nei secoli successivi, pare che vi abitassero già 1.200-1.500 persone. Sotto i romani Cava Grande fu abbandonata per essere poi abitata, nel medioevo, da briganti e pastori che cercarono rifugio in essa. Cava Grande del Cassibile si raggiunge proseguendo da Avola verso Avola antica, seguendo la strada asfaltata che ci conduce fino alla vetta della montagna. Durante la strada è possibile notare, sulle varie colline che si incontrano, abitazioni rupestri e numerose tombe. Dopo circa venti minuti di salita, i cartelli stradali ci dicono che siamo quasi arrivati alla meta; svoltando a destra, arriviamo così al grande piazzale che sovrasta la cava. Osservandola dall'alto possiamo notare una breve e stretta scalinata, scavata nella roccia, che ci conduce verso la profondità di Cavagrande. Ad un certo punto la scalinata finisce ed inizia un sentiero largo poco meno di un metro; questo è molto pericoloso poiché, se da un lato del percorso abbiamo la parete rocciosa, dall'altro vi è il vuoto. Per tale motivo è consigliabile realizzare tale percorso solamente durante la bella stagione, poiché d'inverno esso diventa impraticabile e quindi molto pericoloso. Comunque, con una buona dose di avventura e una buona scorta di acqua e sali minerali, in circa un'ora di discesa (a piedi naturalmente) e pressoché il doppio per risalire, arriviamo in fondo a Cavagrande, dove troviamo ad aspettarci i bellissimi e misteriosi laghi che sono alimentati dal fiume Cassibile che dà, appunto, il nome alla cava. Costeggiando il fiume arriviamo, da una parte, a un piano roccioso dove si trovano delle vasche naturali chiamate "marmitte",per la loro forma a pentola; costeggiando la parte opposta del fiume, arriviamo invece all'altra meraviglia di Cavagrande, il lago più grande, famoso per un fatto misterioso e intrigante: infatti pare che, tutti coloro che si siano immersi in tale lago, non ne abbiano mai trovato il fondo. Una volta arrivati è impossibile rinunciare ad un fantastico bagno nelle gelide acque dei "laghetti", così come vengono chiamati da tutti noi. Venire a Cava Grande è un'esperienza bellissima, quindi voi siete tutti invitati a visitare tale fantastico mondo.
Un intervento dell'ing. Libero D'Agata
sulla storia (e sulle storie) del depuratore ad Avola,
per il quale, fra l'altro, tanti cittadini pagano inutilmente
( e anche ingiustamente) da anni le tasse
per un servizio che non c'è, né mai c'è stato.
Alla popolazione avolese interessa sicuramente
che si risolva la questione indecorosa e antistorica
della depurazione ad Avola; su questo non ci sono dubbi!
Molti cittadini (disinteressati, vien proprio da dire,
approvando tanti passaggi dell'intervento di D'Agata)
auspicano che la crescita del dibattito su tale questione
porti qualcosa di positivo alla città!
Presto, speriamo.
Francesco Urso

Dr. ing. LIBERO D’AGATA
Studio tecnico c.so V. Emanuele. 175
96012 Avola – tl. 0931894409

il comuneAl sig. Sindaco di Avola
nella qualità di direttore di “il COMUNE di Avola

Oggetto: opere pubbliche – speciale depuratore
PROGETTO DEFINITIVO DELL’IMPIANTO
PER LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE

Pag. 31 anno 2, n° 2/3, novembre/dicembre 2004.

Il sottoscritto ha ricevuto da amici, con l’esortazione a fare finalmente chiarezza sull’argomento, l’articolo in oggetto redatto dall’arch. Gaetano Brex, nel quale si affronta l’annosa questione del depuratore di Avola. In tale articolo si accenna alla storia dell’impianto di depurazione, ma con un taglio che devo dire mi ha lasciato molto perplesso. Dice l’arch. Brex “…il Comune di Avola iniziò a dotarsi di un impianto di depurazione delle acque reflue in prossimità del litorale di Marina di Avola in C.da Zuccara, già negli anni ’70 e nel 1978 approvò il progetto dei lavori di completamento per lire 550.000.000, aggiudicati nel 1981 all’impresa GE.MA.MOVI.TER. che fallì nel 1986 lasciando incompleta l’opera, i cui ruderi sono ancora ben visibili adiacenti all’area per le attrezzature del porto turistico. Per tale progetto, redatto dall’ing. Libero D’Agata, furono destinati due finanziamenti rispettivamente di € 891.336,24 con D.A. n°491 del 05/12/1985 ed € 1.032.913,80 con D.A. n°340 del 27/02/1987 per un totale di € 1.924.250,04 senza comunque ottenerne in risultato atteso.”.
Nella ricostruzione effettuata dal dirigente dell’Area 4, sembrerebbe che tutto sia avvenuto per puro caso, per eventi sfortunati o perché era scritto nel destino che Avola restasse senza impianto di depurazione.
Per di più si desume da quanto riportato in corsivo:
A) che l’impianto progettato dall’ing. Franco D’Agata venne abbandonato a causa dell’impresa GE.MA.MOVI.TER. “…che fallì nel 1986 lasciando incompleta l’opera, i cui ruderi sono ancora ben visibili adiacenti all’area per le attrezzature del porto turistico.”.
B) che il progetto di completamento elaborato dal sottoscritto era evidentemente inconcludente, infatti pur avendo ottenuto il finanziamento aggiuntivo “…per un totale di € 1.924.250,04…”, tuttavia non venne realizzato.
C) che le Amministrazioni di Avola fecero tutto il possibile per arrivare alla realizzazione di quell’opera pubblica essenziale “…senza comunque ottenerne in risultato atteso.”
Non è possibile ricostruire un evento di tale portata per lo sviluppo della città ignorando le risultanze processuali, che oramai hanno accertato in buona parte la verità dei fatti.
Incominciamo con il dire che il progetto dell’impianto di depurazione iniziò il suo iter, assieme al primo programma generale della fognatura, nel 1966 e venne condotto ad opera dell’ing. Franco D’Agata, con tre lotti successivi, fino al dicembre 1983. Era uno dei primi impianti di depurazione della Sicilia ed Avola mostrava di essere all’avanguardia in questo settore non solo nella nostra regione. Durante l’esecuzione dei lavori, per motivi di salute e per raggiunti limiti d’età, l’ing. Franco D’Agata si dimetteva dall’incarico. Con delibera del Commissario Regionale n°293 del 15/03/1984 il sottoscritto subentrò nella direzione dei lavori del lotto in corso d’esecuzione, affidato alla GE.MA.MOVI.TER. e con delibera commissariale n°668 del I°/06/1984 venne incaricato della redazione del progetto di completamento.
Fu in questa faglia temporale che maturò, in quei circoli oscuri che operano da sempre ad Avola a cavallo tra l’affare e la politica, la volontà di affossare l’impianto e mettere a frutto le aree attorno ad esso, che pur non avevano vocazione residenziale.
A questo punto è utile riportare la dichiarazione n°3 che lo scrivente ha depositato il 26/04/04 a Messina nel corso del processo intentato dal sottoscritto contro il Presidente del Consiglio (in realtà contro il G.I. dr. Elvira Maltese) in base all’art.2 della l. n°117/88 “Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati.”:
***
Il sottoscritto D’Agata Libero, al solo fine di agevolare la serenità di giudizio dell’illustrissima Corte adita, ritiene, a completamento della dichiarazione n°1 del 18/10/03, di dovere rilasciare la seguente ulteriore dichiarazione:
1) Al sorgere delle costruzioni abusive attorno all’impianto di depurazione, il sottoscritto effettuò un rapporto d’ufficio al Comune di Avola, con nota del 9/02/84, nota successivamente ripresa più volte dalla Commissione di collaudo regionale dell’impianto. Tuttavia tale denuncia non diede luogo all’applicazione della legge urbanistica e le costruzioni abusive, nel tempo, vennero non solo ultimate, ma addirittura incrementate di numero.

2) Fu, invece, avviato un processo per presunti illeciti compiuti dal sottoscritto nella D.L. del costruendo impianto di depurazione. Tale fatto costrinse lo scrivente a presentare, a sostegno della propria innocenza, tra il 1987 ed il 1988, alla Procura di Siracusa ed al Pretore di Avola (lo stesso che aveva emesso l’ordine di arresto a carico dello scrivente sulla scorta di presunte indagini di P.G., ritenute assai credibili), una serie di esposti-denuncia nei quali si sosteneva:
Ý che larga parte delle aree attorno all’impianto di depurazione era di proprietà dei sigg. Achille e Francesco Vinci, rispettivamente padre e zio del magistrato Antonino Vinci, giudice presso la sezione penale del Tribunale di Roma, non ancora implicato in tutti i processi, poi istauratisi a suo carico, per l’aduso a mercificare la propria funzione giudiziaria;
Ý che a seguito dell’azione giudiziaria nei confronti del sottoscritto, l’Amministrazione di Avola aveva abbandonato la costruzione dell’impianto e, con delibera di C.C. n°218 del 23/04/1988, aveva addirittura trasferito l’impianto di depurazione in altra area del Comune;
Ý che i piani di recupero di Avola, redatti dall’arch. Giuseppe Vinci, per il modo in cui erano stati elaborati, facevano apparire costruzioni edificate dopo il I°/10/83 (data ultima per permettere l’accesso alla sanatoria edilizia L.47/1985), come già esistenti a quella data. Tra queste anche quelle sorte attorno all’impianto di depurazione nel 1984;
Ý che la campagna scandalistica portata avanti nel 1984/85, contro la costruzione dell’impianto (anche con vistosi falsi fotografici), era a firma della giornalista, impiegata presso il Comune di Avola, Eleonora Vinci, figlia del dott. Francesco Vinci, assessore del Comune di Avola fino al 1983 e da sempre strenuo oppositore della costruzione dell’impianto.
3) Il solo risultato dei suddetti esposti, fu l’istaurarsi a carico dello scrivente del procedimento penale n°1601+3901 Reg.Gen. Proc. e n°565/A/88 Reg. G.I., imputato del delitto di cui all’art.342, co.1,2,3 C.P. per avere offeso l’onore ed il prestigio dell’Amministrazione di Avola, con attribuzione di fatto determinato. Con sentenza istruttoria n°35 del 28/03/1990, lo scrivente venne assolto perché il fatto non sussiste e “Tutti gli atti del procedimento vanno trasmessi al P.M., perché possa instaurare altro procedimento al fine di accertare gli eventuali reati commessi dagli amministratori del Comune di Avola…”, in quanto “La perizia d’ufficio, che va interamente condivisa, perché fondata su argomenti pienamente aderenti alle obiettive risultanze processuali, coerenti ed immuni da vizi logici di sorta, ha consentito di accertare che, benché la sanatoria di cui alla L.47/1985 facesse riferimento alla data dell’1/10/1983, gli amministratori del Comune di Avola, nell’approntare gli strumenti tecnici per la redazione dei “Piani Particolareggiati di Recupero” di cui all’art.14 della L.R. 10/8/1985, n°37, fecero redigere planimetrie con riferimento prima al 31/12/1983 e poi, addirittura, a date ancora successive, Sicché, assolutamente evidente è l’inidoneità di una tale condotta a rendere possibile la sanatoria di costruzioni successive al I° ottobre 1983.” .
4) Durante lo svolgimento del processo suddetto, il sottoscritto subì un grave atto intimidatorio con l’incendio e la successiva esplosione della vettura di proprietà della propria consorte, in data 1/04/89. Dopo la pubblicazione della sentenza istruttoria sopra riportata e durante lo svolgimento del processo a carico degli Amministratori del Comune di Avola ( la Procura di Siracusa agì contro ignoti!) e della campagna di stampa che ne seguì, il sottoscritto in data 8/09/”90 subì un attentato mafioso: mentre rientrava a bordo della propria vettura nell’abitazione di via Cavour a Noto, veniva affrontato da due malavitosi a bordo si un grosso ciclomotore, che tentavano di assassinarlo a colpi di 7,65, distruggendogli l’omero sinistro e costringendolo a due delicate operazioni chirurgiche. Di nessuno dei detti delitti la procura di Siracusa è riuscita a venire a capo. Gli autori ed i mandanti sono rimasti ignoti.
5) Con sentenza ordinanza istruttoria del 25/03/91 (a oltre 5 anni dall’arresto) il sottoscritto veniva rinviato a giudizio per i presunti illeciti commessi durante la direzione dei lavori dell’impianto di depurazione. Si fa rimarcare:
Ý che le indagini di P.G., che avrebbero dovuto giustificare l’ordine di arresto emesso dal Pretore di Avola, alla fine del segreto istruttorio, risultarono non allegate al fascicolo giudiziario e che successivamente il Commissariato di P.S. di Avola, tenuto alla custodia del documento, ha dichiarato non essere state mai espletate (vedasi documento in All. n°1);
Ý che dopo il deposito della perizia dei C.T.U. del 25/05/87, che scagionava integralmente il sottoscritto da ogni accusa, ritenendo assolutamente corretto l’operato del D.L., la fase istruttoria del processo si era trascinata per altri 4 anni, senza il compimento di alcun atto istruttorio, in un totale inspiegabile oblio;
Ý che l’iter istruttorio si concludeva, subito dopo l’attentato, mentre che sullo stesso erano in corso le indagini preliminari, in aperto e totale contrasto con le risultanze della stessa perizia d’ufficio.
Ý che nella sentenza ordinanza istruttoria, zeppa di sottintesi colpevolisti privi di qualsiasi riscontro processuale, il sottoscritto veniva addirittura accusato di aver voluto continuare la realizzazione dell’impianto di depurazione, anche in presenza di costruzioni abusive che ne avrebbero impedito l’utilizzazione, solo per tornaconto personale.
6) Benché l’Ordinanza di rinvio a giudizio dati 25/03/91, il processo, trascorsi ben ulteriori 8 anni!, fu celebrato nel 1999. Solo dopo che il magistrato Antonino Vinci, condannato già ad un anno e mezzo di reclusione, veniva ulteriormente, per altri fatti delittuosi, arrestato e sospeso dalle funzioni e dallo stipendio. Si fa presente che la sentenza del 25/10/1999, emessa dal TRIBUNALE ORDINARIO di SIRACUSA, assolveva il sottoscritto, ma, per due reati, “per sopravvenuta prescrizione”, costringendolo a ricorrere in appello a tutela del proprio onore e della propria rispettabilità professionale.La successiva sentenza emessa in data 13/11/2000 dalla Corte d’Appello di Catania, assolveva in modo perentorio il sottoscritto “con la formula più ampia, perché i fatti non sussistono”;
7) Sulla scorta delle dette sentenze il sottoscritto presentava istanza di RIPARAZIONE PER INGIUSTA DETENZIONE e la Seconda Sezione Penale della Corte D’Appello di Catania, con ORDINANZA n°54/03 del 22/04/03, condannava a norma degli artt. 314 e 315 c.p.p. il Ministero dell’Economia e delle Finanze “…al pagamento in favore del predetto D’Agata della complessiva somma di € 84.912,00…a titolo di equa riparazione per l’ingiusta custodia cautelare subita…”, oltre alle spese di giudizio.
Citava, inoltre, per risarcimento danni il Presidente del Consiglio dei Ministri a norma dell’art.2, L. n°117/88 e la Seconda Sezione Civile del Tribunale di Messina, con decreto del 29/10/03 nella causa civile n°5440/02 R.G.C. (vedasi documento allegato), ha riconosciuto fondato a carico del G.I. sia la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile (art.2, co. 3, let. a, L.117/88), sia l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di fatti la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del processo (art.2, co. 3, let. b, L.117/88).
8) Il processo connesso all’impianto di depurazione di Avola ha coperto per 19 anni gli esposti dello scrivente di cui al punto 2, ossia ha occultato la verità inoppugnabile, già del tutto evidente alla data dell’arresto, che l’unico risultato pratico perseguito dal detto procedimento penale è stato l’abbandono dell’impianto stesso e la sua successiva riduzione a rudere, il suo spostamento in altro sito, l’affrancamento delle aree attorno all’impianto dal vincolo di inedificabilità e la sanatoria delle costruzioni abusive sorte durante la costruzione dell’impianto nei pressi dello stesso (vedasi foto allegate). Neppure alla data odierna, a 19 anni di distanza, la costruzione del nuovo impianto di depurazione di Avola è stata iniziata.
***Il processo contro la dr. Maltese sta approdando in cassazione e contro la stessa è in via di presentazione una documentata denuncia al Consiglio Superiore della Magistratura in quanto:
“ I gravi e numerosi errori revocatori, la manipolazione dei fatti e delle prove, il colpevole rigetto totale della perizia del Tribunale del 25/05/1987, l’accettazione acritica di indagini a dir poco sbrigative e disinvolte, il denso inserimento - nel corpo della sentenza ordinanza di rinvio a giudizio - di sottintesi colpevolisti privi di riscontro processuale, la rilettura imposta alla vicenda giudiziaria finalizzata al solo scopo di portare alla massima evidenza il presunto coinvolgimento del D.L., consentono al sottoscritto di affermare in piena convinzione che la dr.sa Elvira Maltese ha agito in totale discordanza con tutti i principi di deontologia giudiziaria, disattendendo platealmente allo stesso giuramento previsto dall’art.30 L.10/04/1951,n°287: “…giuro di ascoltare con diligenza e di esaminare con serenità prove e ragioni dell’accusa e della difesa, di formare il mio intimo convincimento giudicando con rettitudine ed imparzialità, e di tenere lontano dall’animo mio ogni sentimento di avversione e di favore, affinché la sentenza riesca quale la società deve attenderla: affermazione di verità e di giustizia.”.”
Dal riassunto della vicenda su riportata, durata già 20 anni e non ancora conclusa, si evince:
a) Che l’impianto non fu per niente abbandonato a causa del fallimento dell’impresa GE.MA.MOVI.TER.. A determinare la rinuncia all’opera fu l’accanimento giudiziario della Procura di Siracusa, tanto ingiustificato quanto infarcito da un’incredibile quantità di errori commessi per grave negligenza giudiziaria. L’allora Pretore Marcello Viola, prestatosi alla bisogna, si è salvato dagli effetti dalla L. 117/88 solo perché operò prima che la stessa entrasse in vigore. Il sottoscritto ha contestato alla dr. Maltese, che li aveva ereditati dal dr. Viola, ben 22 fatti distinti di grave negligenza!
b) Il progetto di completamento dell’impianto venne approvato in linea tecnica dal C.T.A.R. con voto unanime in data 11/10/1984 e, come giustamente ricordato dall’arch. Brex, regolarmente finanziato, ma l’Amministrazione di Avola, caso unico nella storia della città, ritenne di applicare nei confronti del sottoscritto la presunzione di colpevolezza, e con D.G.M. n°328, 9/04/1986 <<Revoca dell’incarico della direzione lavori riguardante il completamento dell’impianto di depurazione dei liquami della civica fognatura.>>, non solo rescisse unilateralmente l’incarico dell’impianto, ma addirittura si spinse successivamente a troncare tutti gli incarichi professionali con lo scrivente.
c) Gli amministratori di Avola non solo non fecero nulla per salvare il realizzando impianto di depurazione in C.da Zuccara, ma - in larga parte intimiditi dalla presunta minaccia dell’azione giudiziaria (allora vigeva lo scandaloso processo inquisitorio!), per il resto in quanto partecipanti dell’accordo affari-politica - agirono attivamente per affossare l’impianto con la ricordata D.C.C. n°218 del 23/04/88, che spostando la sede dello stesso, rendeva inutilizzabile il progetto del sottoscritto e inspendibile il finanziamento ottenuto.
Credo con la presente di aver dato un contributo alla comprensione dell’annosa vicenda e resto sempre disponibile per un suo approfondimento in qualsiasi sede ed in qualsiasi maniera lo si voglia ottenere.
Cordialmente.
Avola,14/01/2005
Liberodr. ing. Libero D’Agata

PauluAvola, magica e crudele,
di Giuseppe Condorelli, Centonove, anno XIII, n. 40, 21 ottobre 2005

Il romanzo di Giorgio Morale “Paulu Piulu” edito da Manni. Una matrice autobiografica per raccontare la storia di tanti emigranti siciliani
Aggrappato alla memoria sua e di un’isola tanto magica quanto crudele e "matrigna", Paulu Piulu - romanzo d’esordio di Giorgio Morale che la prestigiosa Piero Manni di Lecce ha appena pubblicato nella collana “Pretesti” – snoda una narrazione ‘esemplare’ di formazione, scandita da una infanzia segnata da una dignitosa povertà ad Avola prima del grande salto nella Germania industrializzata degli anni ’70.
Di chiara matrice autobiografica – anche se nell’ottica della focalizzazione zero - la storia ripercorre, senza la retorica larmoyant e bovaristica di tanta letteratura regionalistica, le vicende in cui tanti siciliani possono riconoscersi: il lavoro alienante e agro nei campi del padre bracciante, una infanzia “dal margine”, del freddo e della fame, il mito (un po’ esotico) della terra promessa (America o Germania poco importa), la disillusione dell’impatto con la ‘civiltà’, la necessità delle radici.
Per orientarsi e spostarsi lungo questa “bildung” il giovane protagonista Paolo – che assume il ruolo del “piulu” (onomatopea del verso della gazza) – si fa voce, “lamento” appunto attraverso una intima corrispondenza col mondo arcaico che lo circonda – cavallo, la stalla, il mare, la pioggia, ape, erba, feste comandate (così come si intitolano i brevi capitoli che lo compongono) – e con quello crudele dall’altro della fabbrica, dell’indigenza, della città e de suoi rapporti disumanizzati.
Per orientarsi (anche nel suo presente di insegnante a Milano) Paulu-Giorgio utilizza la memoria come una bussola, si fa palombaro: non a caso l’inizio del romanzo è ricco di metafore marinare – che poi alludono a quella dell’esistenza come viaggio: “Come un’ancora Paolo invocava la mano che la madre tendeva da un letto all’altro. Paolo l’afferrava, facendo passare la sua attraverso le assicelle che formavano la sponda del lettino, incerto confine con il mare aperto, come il parapetto di una nave”.
Paulu Piulu è anche libro ‘solare’ in una accezione particolare, bufaliniana quasi, sospeso tra luce e lutto: se è vero che “l’estate illumina meglio i ricordi”, quella luce è anche in grado di mettere a nudo le ombre di una esistenza assai contrastata - città/mare; fabbrica/alienazione; partenza/fuga; orto/radici, una esistenza sostanzialmente connotata da una sorta di animismo magico, una dimensione a volte mitica in cui il protagonista è totalmente immerso: una compenetrazione nel mondo della natura e dei suoi esseri.
Grazie ad un registro linguistico ondulato e dolce, il romanzo dell’infanzia di Giorgio Morale è il romanzo della verità e l’epigrafe della Cvetaeva – La storia delle mie verità, ecco l’infanzia – ce ne restituisce tutto il senso: dalla dignitosa povertà, dalle trasgressioni, dall’amore per la lettura fino alla maturazione della coscienza, esplicitata da quel “desiderio d’altezza” che è voglia di mutamento e di trasformazione.
Anzi nella seconda sezione (La torta di sabbia) dopo i conflitti della prima, il romanzo sembra ritrovare in alcuni capitoli una deliziosa atmosfera retrò: se volessimo istituire un paragone cinematografico potremmo benissimo pensare a Les choristes di Barratier per quel suo modo discreto e spontaneo di maneggiare alcuni momenti fondanti dell’infanzia.
Lungo questo tragitto, lungo questa geografia che non è solo interiore ma reale e dolorosa, non si smarrisce però l’identità se non per farsi più forte, più radicata: nella figura (circolare) del padre che non certo a caso apre e chiude la vicenda – a quarant’anni di distanza - si avverte ancora la necessità dell’appartenenza, dell’identità e dei legami familiari, di una attrazione - alla Vittorini? – per quei luoghi che ormai Paolo esule nella moderna Milano continua a rivisitare: “I luoghi sembravano l’anima buona delle cose. In essi erano sedimentati gli affetti e le storie, svincolati dall’altalena delle vicende umane. Ed essi li porgevano, puri, indifesi, disponibili.”
Ed è proprio questa purezza, questo humus quasi pascoliano del nido ma attraversato da “astratti furori” a rendere piacevole la mistica dell’infanzia di Paulu Piulu.

Giorgio Morale, Paulu Piulu, Pagine 176, € 15,00 acquistaAcquista

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