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Laura Spazzacampagna
stretti in un istante solo
che segnano un percorso profondissimo
dentro di loro
superando quegli ostacoli
che la vita non insegna
solo per cercare di essere più veri
per guardare ancora fuori
per non sentirsi soli.”
Potrà sembrare strano premettere il testo
di una canzone d’amore dovendo parlare di quanto sta accadendo in
Cisgiordania ed Israele in questi giorni pazzeschi, drammatici; il motivo
di tale scelta, affatto casuale, è costituito dal semplice dato di
realtà che due persone a me care sono lì. E per mio puro e
semplice egoismo non è lì anche il mio compagno, che volentierissimamente
sarebbe andato al seguito della Carovana per la Pace che ha, sola in queste
ore, rappresentato l’ultimo ponte di solidarietà con il popolo
palestinese. Si tratta, per chi non lo sapesse – possibilità
che contemplo per via del silenzio dei media su tale iniziativa –
di una delegazione di 600 persone di cui circa la metà italiani,
che comprende pacifisti e disobbedienti provenienti da diverse nazioni europee.
Per quanto riguarda la composizione del gruppo dei connazionali, si segnala
la presenza di deputati verdi e di Rifondazione Comunista,nonché
rappresentati di diverse realtà legate ai centri sociali, a Rifondazione,
ai Verdi, ai “Beati i costruttori di pace” – è
lì anche Don Albino Bizzotto – a gruppi musicali quali ad esempio
i 99 Posse: tutti accomunati dal desiderio di promuovere azioni di disobbedienza
non violenta (manifestazioni di piazza in diverse città e campi,
sit-in, animazioni) nel duplice tentativo di portare maggiore attenzione
sugli eventi recenti di devastazione e sui potenziali di pace presenti nei
territori in guerra e di affiancare fisicamente il popolo palestinese rimasto
solo in un tragico isolamento dovuto alla campagna militare e mediatica
di Sharon.
Le due persone che sono partite con la Carovana
mercoledì 27 marzo pomeriggio sono Valerio, il fratello minore del mio
compagno, e Fabio, il trentenne assessore alle Politiche Sociali del Municipio
X del Comune di Roma presso cui lavoro.
Ho visto Valerio il giorno prima della partenza;
è passato da casa del fratello dove io mi trovavo bloccata da un
feroce mal di testa. Ha inserito una nuova scheda per il telefonino, mi
ha pregata di ricordarmi di non dire niente alla madre che avrei visto qualche
giorno dopo, e mi ha spiegato che le chiamate al suo cellulare sarebbero
state comunque a suo carico per la tratta fuori dal confine, e pertanto
sarebbe stato il caso di limitarle alle emergenze. Ho scritto su dettatura
il numero su un foglietto di carta. Ci siamo salutati in maniera blanda.
Visto che mi aveva detto che era reduce da una conferenza stampa ripresa
dal TG2 sulla Carovana della Pace, ho guardato assieme al fratello tutti
i telegiornali della sera, senza però ravvisarne traccia. Il mercoledì
è trascorso senza quasi pensieri, con leggerezza, ma già il
giovedì, nel verificare che nessun giornale che solitamente pubblicizzava
l’iniziativa dava notizie, con il mio compagno, Nicola, cominciavamo
a preoccuparci di una sorta di invisibilità che non garantiva la
riuscita dell’azione. Nicola chiamava quindi la redazione di Liberazione,
da cui lo rassicuravano del fatto che non avevano avuto ancora notizie dalla
Carovana per il numero in edicola, ma avrebbero provveduto ampiamente nei
giorni a venire. Ed in effetti il venerdì, parallelamente alle notizie
gravissime riguardanti l’accerchiamento di Arafat a Ramallah, finalmente
il Manifesto e Liberazione iniziavano a dare notizie adeguate. Nel frattempo
tramite il sito www.altremappe.org avevamo modo di aggiornarci passo
dopo passo; una radio locale di Roma, Radio Città Aperta, che è
in contatto telefonico con alcuni dei giovani presenti nei territori occupati
oltre che con il sito di cui sopra, ci teneva compagnia in ogni lungo o
breve percorso in automobile. Dal sito apprendevamo sabato che il punto
di incontro per manifestare a Roma era davanti alla sede ONU prospicente
Piazza Venezia. E così la domenica di Pasqua, trascorsa come se nulla
fosse in casa, verso sera prendeva per noi, una comune coppia che si aggira
per la città con sguardo sperduto, un’aria surreale: ci avvicinavamo
alla tenda deserta nel giardinetto antistante la sede ONU, guardavamo le
luci azzurre delle volanti che si muovevano a scatti, nervosamente, nel
centro storico, ci incamminavamo verso il Parlamento per vedere se una rappresentanza
fosse rimasta a fare una veglia lì davanti, e poi verso un’edicola.
Lì Nicola comprava il numero di Liberazione del giorno stesso e in
quinta pagina, aspettando nell’atrio di un cinema l’apertura
della sala per vedere l’ultima trasposizione di Sciascia, mi cade
l’occhio sulla frase: “…mentre uno dei pacifisti italiani
che si trovano a Ramallah, Fabio Galati assessore del X Municipio di Roma,
ci spiega al telefono come nell’edificio della leadership palestinese
si trovi anche una pacifista irlandese di cui nessuno fino a questo momento
ha avuto notizia…”.
Il fiato si ferma: il nome di un compagno di lotte
di Valerio compare poche righe dopo, e, incrociando lo sguardo di Nicola,
capisco che lui ha sospettato da sempre che i nostri cari si trovassero
a Ramallah. Fino a quel momento ascoltavo ogni notizia provando ad immaginare
come fosse la situazione in ogni campo, in ogni territorio; ora avevo davanti
agli occhi le immagini drammatiche trasmesse dai telegiornali di Ramallah
accerchiata dai Tank israeliani. E’ stato quindi il gruppo di Fabio
a rifornire Arafat di nuove cariche per i cellulari e di medicinali per
i feriti.
Nel vicino ospedale si trova invece la
Eurodeputata di Rifondazione Comunista Morgantini. Da lei e da molti testimoni
si hanno fin troppo confermate notizie di corpi di poliziotti palestinesi
giustiziati con un colpo alla nuca. Almeno trenta fino ad oggi. E poi irruzioni
nelle case, intimidazioni a donne e bambini. E poi gruppi di pacifisti francesi
che si sono fatti arrestare con infermieri palestinesi affinché non
accadesse che venissero giustiziati anche loro impunemente. E poi la presenza
dei pacifisti anche nei campi più a rischio di rappresaglie israeliane,
ad esempio quello da cui veniva la sedicenne che ha realizzato il
sanguinosissimo attentato al supermercato venerdì scorso…
Infine oggi, lunedì di Pasqua, apriamo con
Nicola il sito di “Altremappe” e constatiamo che il nome e cognome
del fratello spicca nella delegazione che è appena entrata a Ramallah
per “dare il cambio” a quanti erano vissuti in questi giorni
lì; e lì resteranno finché non arriveranno degli
osservatori internazionali che svolgano mediazione e controllo su quanto sta
accadendo.
La mente va alle immagini trasmesse sabato sera di
giovani israeliani che, da diversi giorni, non fanno che ballare e ballare con
musica a tutto volume sulla spiaggia di Tel Aviv. Credo che questo atto di
alienazione trasmetta quel senso di vuoto, di orrore e di impotenza che
è proprio di chi non ce la fa più a sperare. Ariel Sharon ha
richiamato alle armi ventimila riservisti per completare nei 10 giorni
consentiti dagli USA l’azione di smantellamento dell’Intifada; gli
obiettori vengono reclusi. Il cosiddetto terrorismo, da Sharon costantemente posto
a motivazione di quest’azione di guerra per richiamare un vasto consenso
internazionale, è frutto in realtà dell’irrigidimento delle
politiche di non dialogo attuate finora. Questi pazzi, pazzi giovani e adulti
che sono partiti dalle loro comode case di Parigi, Roma, Berlino, Dublino, hanno compiuto un gesto di
speranza che mai nessuno ha avuto il coraggio di realizzare prima di oggi. Un gesto che può essere letto come
“di parte” da chi decide di dar credito alle parole di Sharon, certo:
ma chi altri avrebbe affrontato simili rischi pur di portare un segno di pace
tangibile, concreta? Chi altri non avrebbe ripreso il primo aereo in partenza
da Tel Aviv?
E così, mentre i giornalisti sono invitati ad andarsene dai territori occupati, mentre l’ANP è messa in ginocchio, mentre i fedeli di tutto il mondo pregano sugli inginocchiatoi delle chiese, questa preghiera di fede concreta in un mondo migliore è realizzata dai quei seicento corpi circa che si aggirano tra feriti, uomini armati, donne e bambini dagli occhi neri. E non solo costituiscono coi loro corpi preghiera: sono anche ponte con le nostre case, con la mia casa, ed ora anche con la vostra. Ci ricordano che siamo, come dice la canzone, destini che si uniscono, che si intrecciano, che cercano soluzioni possibili anche laddove la situazione apparirebbe assolutamente disperata ed irreversibile. Rileggo, nella speranza di farle diventare mie, le parole di Giovanni Russo Spena da Gerusalemme la domenica di Pasqua: “A noi pare che occorra reindagare il concetto di pace per non giungere alla disperante conclusione che uno stato di guerra permanente non può che trovare l’opposizione avventurista armata, il suicidio individuale e collettivo, oppure l’abbandono della speranza della trasformazione e dell’identità nazionale dei popoli.” E, più sotto: “Sembriamo matti a dirlo oggi, pensando al presidente Arafat chiuso in quella stanza: ma noi tutti qui continuiamo a credere che rinizia subito il percorso per arrivare alla costruzione di due stati per due popoli. Oggi vi è un popolo in più che soffre ma si ribella e uno stato in meno.” (da Liberazione del 31.03.2002)
Laura Spazzacampagna
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Da Laura
Spazzacampagna
iscritta alla Mailing List (e nostra "inviata" a Roma...)
riceviamo questa straordinaria testimonianza
sulla manifestazione dei No Global di sabato 10 novembre 2001
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You may say Im dreamer
but Im not the only one"
John Lennon
Eravamo tanti,
sì. Abbiamo attraversato, chi in silenzio, chi passeggiando con un
amico, chi ballando, chi cantando, chi gridando, chi portando uno striscione,
il cuore della città sede di quelle istituzioni che la guerra lhanno
votata quasi unanimemente. Eravamo noi quella marea sconfinata di non unanimi.
Noi quelli che si addolorano di ogni guerra e di ogni morte, qualunque nome
porti, qualunque lingua parli. Eravamo noi che in cuore nostro abbiamo scelto
la via della pace, e che questa pace, ancora una volta, dopo Genova, dopo
la Perugia-Assisi, labbiamo rappresentata con la nostra mite presenza.
Noi che ancora crediamo che "un mondo diverso è possibile".
Vorrei dire non i numeri, che pure sì, eravamo davvero in tanti. Ma
vorrei dire i nomi, le storie, i motivi che ci hanno condotti, ognuno per
proprie vie, a condividere un momento così speciale. Vorrei raccontare
un clima, una gioia di trovarsi e di contarsi. Quando il mondo ha scelto una
sua drammatica direzione che si configura come una via senza ritorno, come
una spirale inarrestabile di odio contro odio, di essere umano contro essere
umano, di rabbia contro rabbia, ci si sente soli e a volte sconfortati. Quello
che ho visto sono stati suoni e danze, colori e volti che, con discrezione,
trasgressione, ironia, allegria o drammaticità, hanno scelto di rappresentare
questo universo silenzioso che siamo noi sognatori. Si sono levate le canzoni
di John Lennon mischiate a quelle dei gruppi posse mischiate ai canti curdi
mischiate alle canzoni palestinesi mischiate a tamburi di pace. Si sono intrecciati
i destini, su queste strade romane, di giovani, anziani, donne, uomini e bambini,
di politici, operai, insegnanti, impiegati, e di gente del Nord e del Sud
dItalia e del mondo. Cè stato qualche raggio di sole, ma
soprattutto una leggera pioggia. Cera in una piazza non lontana la rappresentanza
di unaltra Italia e di un altro mondo, che non ci comprende e non ci
riconosce. Ma la massa umana scivolava e scivolava inarrestabile, come se
nulla fosse.
Vorrei trovare le parole per dirlo, per dire che non è vero, non è
niente vero quel che si azzarda su di noi, popolo infame e senza patria che,
secondo loro, laltra Italia, non esprime a sufficienza il proprio dissenso
nei confronti degli attentatori dell11 novembre. Noi, i traditori della
patria, noi che combattiamo senza armi, oggi, in piazza, ma ogni giorno nella
nostra vita. Noi vorremmo cominciare a spiegare le ragioni di questo dissenso
che potrà sembrare insano e inconsapevole. Noi che ogni giorno, invece,
ci sforziamo di cercare una coerenza quotidiana tra il pensare in modo aperto
a tutto il mondo, a tutte le culture, a tutte le povertà, e lagire
concreto. Noi che ci interroghiamo sui consumi che facciamo, che cerchiamo
di comprare cibi e vestiti che non provengano da realtà di sfruttamento,
noi che cerchiamo di parlare con chi è diverso da noi anziché
bollarlo a priori, noi che vorremmo costruire un futuro che non sia necessariamente
un gioco al massacro. Noi che cerchiamo non il torto o la ragione, ma la verità
che sottende le scelte politiche dominanti, non il buono e il cattivo, ma
il perché della rabbia e della violenza. Noi che alla violenza abbiamo
detto e continueremo a dire no, in ogni sua forma. Noi che sceglieremo, da
ora in poi, la forma di lotta della disobbedienza civile. Noi che vorremmo
meno forza ai cannoni e ai fucili, e più forza alla cooperazione internazionale
e alla solidarietà. Noi, sì, i pazzi sognatori che rendono instabile
la società italiana di fronte ad un mondo compatto contro il nemico;
noi, sì, che alla figura del nemico non crediamo a priori, noi che
non cadiamo nella trappola dell"occhio per occhio".
Noi eravamo davvero un po come tutti voi, oggi, con gli stessi identici
problemi di salario, figli, mogli e mariti, di nonni e di nipoti, di affitto,
tasse, bollette e rincaro della benzina. Noi, allo stesso modo. Ma lavere
ugualmente paura per il futuro e per la sopravvivenza non ci ha ancora costretti
a rinunciare alla speranza. Perché non osare sperare nel genere umano?
Perché non puntare sulla giustizia mondiale e non di un Paese solo
contro un gruppo solo di terroristi? Noi vogliamo ancora credere, e labbiamo
condiviso oggi con gioia e disperazione. Per questo su tanti corpi oggi era
affisso un cartello che recitava "Not in my name". Perché
se guerra deve essere, non sia nel nostro nome.
Un camion dei centri sociali autogestiti romani mandava musica altissima molto
vitale e ritmata. Su questa base, il dj parlava, e con frasi rappresentava
emozioni, paure, forza, energia. Ripeteva, mentre scendeva la sera e ci si
avvicinava al Circo Massimo: "Questa notte la passeremo insieme, uniti,
disperati e consapevoli. Insieme." Sotto, un fiume di ragazzi, ma non
solo, continuava a ballare e a sorridere, mani e sguardi si intrecciavano,
capelli si muovevano nellaria, e guardare tutta quella vita giovane
e già tradita da un progetto miliardario di guerra che mortificherà
necessariamente la loro aspettativa di giustizia sociale, di istruzione, di
lavoro, di casa, muoveva un sentimento struggente nel cuore. Pochi metri più
avanti, sul Colle Aventino, una sequela di fiaccole era disposta in modo da
formare le parole: "No war" che brillavano sole e fiere. Ecco, per
quei giovani innamorati della vita e danzanti, per i bambini che stanno nascendo
e che sono appena nati, qui e in qualunque luogo del mondo, non abbiamo altro
dovere che rispondere come quelle fiaccole accese nella notte e nella pioggia.
Laura
Spazzacampagna
10 novembre 2001
Autismo
Una breve cronaca appena romanzata... come lanno scorso.
Un mio personale regalo per gli amici
che anche nel periodo natalizio
hanno voglia di leggere.
Fausto Politino
La madre si era presentata qualche giorno dopo lincontro ufficiale.
Con la determinazione e la convinzione di chi è abituata a lottare
contro le norme, le procedure, lincomprensione. Voleva chiarimenti.
Non aveva ancora deciso dove scrivere il figlio, certificato come diversamente
abile. Lavorava a tempo pieno, chiedeva certezze: il ragazzo doveva essere
accolto in una struttura pubblica, anche alla Media, perché aveva sempre
frequentato la scuola. Non credeva nelle associazioni specializzate e riconosciute.
Per lei erano state un fallimento. Limitazione dei compagni aggressivi
lo facevano regredire. La diagnosi di autismo non era una condanna a morte.
Consulti esterni lavevano rassicurata. Suo figlio non ha deficit cognitivi
gravi. E poi cè un approccio didattico collaudato, la comunicazione
facilitata. Si utilizza il computer, si stabilisce un naturale leggero graduale
contatto fisico guidandogli il dito e prima o dopo riesce a scrivere, a farsi
capire, a riassumere, ad imparare la storia e la geografia. Bisognava soltanto
non accettare passivamente la disabilità. Intervenendo a livello cognitivo
positivamente, ci sarebbero state ricadute importanti negli altri sistemi:
comportamentale motivazionale emozionale. Bastava poi rifarsi al concetto
di Vygotskij, alla sua teoria della zona di sviluppo prossimale: fra il livello
che il soggetto manifesta e quello potenziale cè un divario che
si può colmare con laiuto delladulto specializzato. Ad
una condizione, ribadisce la madre, che non deve essere lasciato solo.
Inizia lanno scolastico. Il ragazzo arriva. La madre lo accompagna in
classe. Lo affida al gruppo. Passano pochissimi istanti. Si alza dal banco.
Gira le spalle alla cattedra e inizia a sfogliare in modo frenetico il primo
libro che gli capita. Lo lascia cadere. Si batte la testa con le mani. Emette
suoni come mugolii acuti intensi disperati. Snello agile salta dalla finestra
con estrema facilità. Improvvisamente. Il panico serpeggia. Facce attonite
sincrociano. Lo spazio che circonda la scuola è molto ampio.
Arriva davanti alla fossa del salto in lungo. Si ferma di colpo. Affonda le
mani nella terra e la fa scorrere come lacqua di una fontana. Esce dalla
fossa, sposta la terra e forma dei mucchietti. Li disfa. Torna indietro e
ricomincia. Continua così per ore. Coazione a ripetere, ritualismi
autoappaganti? Devono essere interrotti, rinforzati? In che modo? Se cerchiamo
di riportarlo nella classe attrezzata, con il famoso computer e le altrettanto
famose scansioni scritte della giornata, si agita grida si morde le mani sfugge
a qualsiasi presa. Nessuno ha mai visto niente del genere. Nessuno ci ha informati.
Passa una settimana. Lultimo sole estivo lo attrae. Sfugge al controllo,
sale sul cubo in cemento che ricopre la caldaia e si spoglia. E tranquillo,
si muove rapido dentro il perimetro. I suoi occhi non guardano quelli che
sotto si agitano. Fa caldo fuori stagione. Si toglie ciò che indossa.
Sta bene. Perché gli altri gridano? E questo quello che pensa?
Qualcuno ci dirà come entrare in contatto ammesso che sia possibile?
Come capire quando ha fame quando deve andare in bagno quando vuole stare
da solo quando vuole stare in gruppo quando è stanco quando vuole uscire
quando vuole ascoltare quando vuole correre quando vuole essere accarezzato
quando sì vuol dire no?
Fausto Politino
A
Comiso, in provincia di Ragusa,
in questa Sicilia provincia d'Europa
In un giorno di fine d'anno siamo andati (Giovanni Stella, Leonardo Miucci
io e Liliana) a rendere omaggio a Gesualdo Bufalino nella sua dimora estrema.
Un rito che di tanto in tanto ripetiamo volentieri, per onorare la memoria
dell'uomo e la presenza tangibile della sua opera.
A sera ad Avola antica, nella sua collina, nel presepe vivente abbiamo scambiato
un abbraccio caloroso con Nunzio Bruno, artista egocentrico e poliedrico nonché
originale etno-antropologo.
Quella che segue è la sintesi poetica della giornata.
Francesco
Urso
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Ignoto futuro
La casa di ferro
scivolava lesta
fra le colline iblee,
e la macchia mediterranea
evocava negli amici di sempre
ricordi ellenici,
mentre lamico novello
osservava incredulo e ammirato.
Ancora un anno se ne andava
Nella piazza del borgo
la chiesa simponeva sontuosa
alla vista, e il circolo che ospitò
lillustre figlio aveva sbarrate
le porte agli avventori.
Così ci riferì luomo senza nome
che fornì lieto lume agli ospiti.
Nella dimora estrema
rendemmo omaggio a don Gesualdo
che dorme il sonno dei savi,
del cui nettare, giorno dopo giorno,
ci nutriamo, come di miele estremo.
Silente fu il ritorno
come i giorni del passato.
Nel buio della sera
nel monte degli avi
raggiungemmo Nunzio,
custode di memoria
che ci donò il calore
del suo abbraccio,
a conforto del freddo Natale.
Uomini e donne sul colle
animavano un presepe vivente,
richiamo di un rito millenario,
ignota la sua durata futura.
Giovanni
Stella
Avola 29 dicembre 2002
foto di Francesco Urso
opere attualmente in commercio di Giovanni Stella:
Le Sirene e l'Isola
Amici cari
Il rigattiere e
l'avventore
Lapilli
21
marzo 2003
Giornata mondiale della poesia
promossa dall'UNESCO
Alle
associazioni, circoli, riviste letterarie, gruppi o singoli che intendono
organizzare (come già fu fatto, con notevole creatività, nel
2002) manifestazioni per questa ricorrenza (fissata emblematicamente per
il 21 marzo, ma che può svolgersi nella settimana fra il 16 e il
23), lanciamo un appello affinché si porti la poesia fuori dagli
spazi ad essa tradizionalmente deputati stimolando poeti ed operatori culturali
ad organizzarsi per letture, distribuzione di testi (in forma di volantinaggio)
o altri modi che creativamente si possono inventare, in luoghi aperti, dove
ci sia una cospicua affluenza di persone (ad esempio mercati, supermercati,
piazze, metropolitane, stazioni, o fuori dalle scuole, dalle fabbriche,
dagli uffici ecc.).
Allo stesso tempo facciamo appello agli insegnanti perché promuovano
particolari iniziative nelle scuole, stimolando ad esempio gli studenti
a proporre testi da leggere collettivamente, o invitando, quando possibile,
i poeti stessi nelle aule.
Per la migliore riuscita di quanto proposto è importante costituire
un coordinamento tra le varie città o situazioni, sia per lo scambio
di idee che per ottenere il massimo della risonanza a livello nazionale.
Pertanto chiediamo a tutti gli interessati di mettersi in contatto con noi
(scrivendoci all'indirizzo sottostante), anche con suggerimenti, idee, dubbi,
domande, e di diffondere questo invito a quanti si ritiene possano aderire.
PRIMA Carovana nazionale di Poesia e Musica
PER LA VITA, LA PACE, LA BELLEZZA, IL GIOCO,
IL RISPETTO
PER TUTTO CIÒ CHE LA GUERRA IMPLICITAMENTE NEGA
La Carovana di poesia e musica vuole interpretare la giornata mondiale della
poesia in modo dinamico e libero, scegliendo di anno in anno un tema, un
percorso, sul quale il nostro sguardo e il nostro linguaggio abbiano la
necessità di esprimersi.
Questanno il progetto prevede varie tappe che collegano in una grande
manifestazione nazionale artisti e intellettuali che, nella libera espressione
di ognuno, si ritrovano uniti nel rifiuto della guerra e del terrorismo,
e nella ricerca della pace, prioritaria a ogni logica di prevaricazione
e di scontro.
Le tante adesioni date alla Carovana da parte di Associazioni, Organizzazioni,
Istituti di cultura, Istituzioni e singole personalità, danno impulso
a una Rete di relazioni fondate sulla cultura del rispetto dellaltro
da sé, della gioia dellessere, del gioco, dello scambio tra
le pluralità che sono nel mondo e in ciascuno di noi.
Coordinamento nazionale
Anna Santoro, Araba Felice (Napoli)
info@arabafelice.it
Maria Jatosti (Roma) fpme@libero.it
Adam Vaccaro, Milanocosa (Milano) info@milanocosa.it
Collaborazioni (Istituzioni, Istituti di cultura
): Assessorato
alla Cultura del Comune di Napoli; Assessorato alla Cultura del Comune di
Sasso Marconi; Assessorato alla Cultura del Comune di Modena; Assessorato
alla Cultura del Comune di Forlì; Assessorato alla cultura della
Provincia di Bologna; Arci Roma; Biblioteca Alessandrina Università
degli Studi di Roma; Dialogue Among Civilizations Through Poetry; Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici (Napoli); Fondazione Mudima (Milano);
Sindacato Nazionale Scrittori (Sez. Lazio); Sindacato Nazionale Scrittori
(Sez. Toscana); Sindacato Nazionale Scrittori (Sez. Lombardia)
Rete di Siti e Riviste: airporthouse.org; arabafelice.it; bollettario.it;
bookeditore.it; dialoguepoetry.org; Diario di poesia; digilander.libero.it/xlisabeth;
fuoricentroscampia.it; laprimaweb.it; levocidellaluna.it; libreriadonna.com;
milanocosa.it; nonsoloparole.com; nuoviautori.org; paginedilunapiena.supereva.it;
paroladidonna.net; poesia.vulgo.net; Rassegna Siti Culturali; writers.it;
Karenina.it; transference.f2.com; vibrisse.bollettino.it; libreriaeditriceurso.com;
Almanacco del Ramo d'Oro (Trieste); Bollettario (Modena);
Esperienze Letterarie (Roma); Il gabellino, (Arezzo); Il Giuoco dassalto
(Bologna); Il Paese delle donne (Roma); Il verri (Milano); La clessidra
(Novi Ligure - Alessandria); Riv. FOLIVM (Roma); La Mosca (Milano); Larea
di Broca (Firenze); La Terra del fuoco (Napoli); Lettera internazionale
(Roma); Le Voci della Luna (Sasso M. Bologna); Lortica (Forlì);
Il Manifesto (Roma); Prospektiva (Roma); Periferie (Roma); Testuale (Milano);
Versodove (Bologna)
Scuole che ad oggi aderiscono e che parteciperanno attivamente (letture
e musiche da parte di studenti e studentesse): I.T.C. Diaz (Napoli); I.P.
Isabella DEste (Napoli); I.T. Elena di Savoia (Napoli); L.C. Pansini
(Napoli); L.S.P.P. Pimentel (Napoli); L.Pol. Scampia; L.S. Severi + 38°
Distretto (Castellammare); L.C. Vico (Napoli); L.S. Vittorini (Napoli)
Chiunque voglia aderire può farlo tramite noi, inviandoci
un messaggio in qualsiasi forma.
Coordineremo le possibili iniziative e le comunicheremo al Coordinamento
nazionale.
Sollecitiamo la vostra adesione!
VISITA
nel nostro sito
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(IL FORUM)
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Editrice Urso
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e-mail info@libreriaeditriceurso.com
sito internet http://www.libreriaeditriceurso.com
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