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da Avola a Donnalucata
Nel 2022 la nona edizione del CAMMINO DELLA MADONNA DELLE MILIZIE
si realizzerà nei giorni 18-19-20-21 e 22 maggio 2022 come sempre con il colore arancione delle nostre magliette rigorosamente senza quota di adesione e senza costi inutili per i pellegrini partecipanti. Aderire con un messaggio a madonnamilizie@libreriaeditriceurso.com
Si tratta di un cammino esclusivamente mariano
che passa dalla chiesetta della Madonna delle Grazie di Avola Antica, dal Santuario della Madonna della Scala in territorio di Noto, per proseguire, poi, verso Testa dell’Acqua, Rosolini, Modica, Scicli e, concludersi, dopo aver raggiunto Donnalucata, con la visita del Santuario della Madonna delle Milizie, c he fu costruito, secondo la leggenda, dopo l’apparizione della Madonna a fianco degli Sciclitani e dell’esercito normanno nel 1091, nel corso dell’ultima battaglia contro gli Arabi in Sicilia, dopo oltre duecento anni di loro dominio. Nella semplicità di questo cammino si richiede il massimo del rispetto reciproco, e molta solidarietà tra i pellegrini.
Nei cinque giorni di cammino, che in totale sarà di circa cento chilometri, si prevede di attraversare qualche area
totalmente priva di rete telefonica, e per mantenere il gruppo compatto il cammino non ha una segnaletica propria. Alla fine del cammino i pellegrini stessi consegnano agli altri pellegrini con un loro discorso breve la pergamena
che attesta il compimento di tutto il cammino (chiamata “Miliciana” da “Milici”, il nome della contrada dove è il Santuario). Si consiglia di arrivare al punto di partenza, Avola, entro le 18 della sera prima dell’inizio del cammino,
e cioè martedì 17 maggio o la mattina del 18. DAL 18 al 22 MAGGIO DEL 2022 LA CONSEGNA DEL TESTIMONIUM A FINE CAMMINO Per quel che riguarda colazioni, pranzi e cene ognuno si adeguerà oppure no
alle scelte necessariamente a prezzo contenuto proposte dal gruppo. Per sapere di più su questa esperienza e sulle esperienze precedenti:
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Per molti è un po' la "Santiago Siciliana": il cammino sacro della Madonna delle Milizie |
Per le note problematiche della pandemia in corso
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Abbiamo concordato con Michele Piccione, presidente del Vespa Club Avola, un concentramento regionale di Vespe e moto d'epoca domenica 24 maggio 2020 nell'area antistante al Santuario della Madonna delle Milizie, dalle 10,30 alle 12,30 di quel giorno, con alla conclusione dell’evento la benedizione dei caschi. Questo per aggiungere interesse e attenzione attorno al Santuario, con la speranza che un domani questa importante struttura venga aperta almeno tutte le domeniche (e che sia assicurata lì nei pressi una cabina con WC)... |
LA “MILICIANA”
PERCHÉ “Miliciana”? CLICCA QUI se vuoi vedere alcuni video relativi alla consegna della pergamena |
LEGGI GRATUITAMENTE ONLINE
In sottofondo la canzone “Madonna delle Milizie”, |
clicca sull'IMMAGINE IN ALTO A DESTRA E ANDRAI NELLA PLAYLIST
DEI VIDEO DEL CAMMINO
Nel 2019 la 7ª edizione del
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Ecco il n. 15 del settimanale "MARIA CON TE" in edicola fino al 15 aprile 2019, Nominare solamente il nome di Maria, genera la pelle d'oca, "L'ho chiamata più volte, risultava irreperibile, poi non rispondeva al cellulare…
Sono queste alcuni aspetti delle telefonate che abbiamo ricevuto Basta poco per capire quale possa essere l'accoglienza di queste richieste, Intanto il nostro cammino ci aspetta! |
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ECCO LE IMMAGINI DELLA QUINTA EDIZIONE
DEL CAMMINO DELLA MADONNA DELLE MILIZIE
A PIEDI DA AVOLA AL SANTUARIO
DELLA MADONNA DELLE MILIZIE DI DONNALUCATA
nei giorni 18-19-20-21 maggio 2017
Visita anche:
– https://www.youtube.com/watch?v=Mh6NviNl8fM&list=PLzsmMXJh3TIOBzLKgTFayN1YMk7xu21yf
PELLEGRINAGGI IN SICILIA
Per cercare di affrontare uno studio sui percorsi, i cammini di congiungimento ai siti chiave del pellegrinaggio medievale – almeno per quello che riguarda l’area iblea e in particolare il territorio sciclitano – si può probabilmente procedere solo a tentoni e con metodo deduttivo. Ma ho il dubbio che si tenda più all’induzione, essendoci insicurezza sull’individuazione di ciò che è “universale” e di ciò che è “particolare”. Ad ogni modo, la difficoltà maggiore in questa ricerca è causata della scarsezza di documenti cartacei e sostanziali. Con documenti sostanziali intendo riferirmi a tutto ciò che documenta in sostanza l’ipotesi che si vuole accreditare. Ad esempio un monumento, una chiesa, una iscrizione, e così via. Uno dei punti di partenza, nella questione che ci riguarda, potrebbe essere il dato storico che certifica, sino alla seconda metà del settecento, un caricatore riservato ai Cavalieri di Malta, presso il porto di Scicli (Marsa Shiklah) in Sampieri, ed uno stesso Cavaliere risiedente in Città con funzione di Ricevitore dell’Ordine Gerosolimitano. Così ne scriveva nell’ottocento il Canonico Pacetto, riprendendo a sua volta la descrizione fatta dal settecentesco cronista Carioti, arciprete sciclitano: “Sin da quando l’illustre Ordine Gerosolimitano si stabiliva nell’Isola di Malta, mantenne sempre in Scicli uno de’suoi Cavalieri, col titolo di Ricevitore, a somiglianza delle primarie Città del Regno, per tosto occorrere a’bisogni dell’Ordine dell’Isola; avendo sempre a sua disposizione una Feluca, da servirle per dare sicuro ricapito a’grossi Plichi della Posta, che da varie parti della Sicilia, ed anche dall’estero, pervenivano a questo Ricevitore.” Che il porto di Scicli fosse un punto strategico, crocevia di merci e popolazioni disparate, se ne ha contezza storica, oltre che mitologica. Per quest’ultima categoria si può riportare il passaggio sciclitano di Ercole (la cui prova era vantata dai cronisti partendo dal leone impresso sul vessillo cittadino), di Dedalo, e poi successivamente di San Paolo e Sant’Antonio. Leggende interessanti, e persino credibili nel caso di San Paolo. Intendo dire che per una questione di rotte il passaggio da Malta alla Sicilia, specie nella parte sudorientale, era facilitato in direzione di Sampieri e non di Pozzallo o di Siracusa, come oggi si potrebbe erroneamente dedurre. Il che rende dunque credibile la leggendaria storia che accredita la suola paolina calcante per prima la terra siciliana in area sciclitana. In effetti bisogna pur dire che, per quanto la mitologia rimandi metaforicamente alla realtà e la leggenda possa risultare persino credibile, questi esempi ricordano i sin troppo frequenti soggiorni di Garibaldi in tutto lo Stivale. Ma se l’eroe dei due mondi riposava ad ogni città, tra le tante che ne annoverano il passaggio, quando avrà trovato il momento di unificare l’Italia? Occorrerà evitare di suffragare l’ironia conseguente, e cominciare le indagini dai documenti storici (per quanto anch’essi spesso vadano a coincidere con la poesia). Uno di questi è la descrizione di Scicli che rende Idrisi nel famoso “libro di Ruggero” (intorno al 1150 d.C.). Ne riporto alcuni tratti, che fanno il paio con quanto già trascritto dal canonico Pacetto: “Distante dal mare tre miglia circa, è paese di singolare prosperità, popolato e rigoglioso, dotato di una campagna fiorente, di mercati a cui affluiscono prodotti di ogni paese.” E poi ancora: “Ci si arriva via mare dalla Calabria, dalla Tunisia, da Malta e da altri territori.” È il caso di ricordare che all’indomani della riconquista normanna dell’Isola, il Gran Conte Ruggero aveva deciso di lasciare Scicli alla Corona, come territorio demaniale. Mentre feudali divennero Modica e Ragusa, anche se quest’ultima in mano a Goffredo, figlio dello stesso Gran Conte. A motivo di tali decisioni, lo stesso Ruggero sembrava addurre l’importanza generale del porto sciclitano. Si coglie immediatamente il nesso tra questi dati e i pellegrinaggi. Poiché è proprio da tale periodo che prende avvio un rinnovato interesse per il cammino di fede verso i luoghi sacri della cristianità: Gerusalemme, Roma e Santiago. Tutti luoghi che come punto di partenza, in Sicilia, non potevano prescindere dall’avvio in Messina. Ma andiamo con ordine: Dal centro al nord della Penisola, alle Alpi, sin dal XIII secolo si cominciò a parlare di via francigena. Si trattava di una serie di percorsi, che avrebbe accompagnato il pellegrino sino al punto di avvio del cammino vero e proprio, quello prescelto per il proprio pellegrinaggio (appunto Gerusalemme, Roma o Santiago). Atto dovuto, almeno una volta nella vita di ogni credente, in maniera del tutto analoga al pellegrinaggio musulmano verso La Mecca. Per quanto si viaggiasse più per mare che per terra, non è vano ricordare che esisteva una via Francigena anche in Sicilia, francigena nella denominazione ovviamente solo per la funzione di collegamento, appunto, al porto di Messina. Il porto siciliano, come già detto, era punto di arrivo e di ripartenza. La via francigena di Sicilia si presentava come un percorso circolare, ricoprente l’area dell’entroterra siculo, lambiva in quattro punti le zone portuali più importanti dell’Isola: Gela, Siracusa, Messina, Palermo. Si collegavano a questa ulteriori percorsi, vie, e proprio su una di queste ultime si trovava Scicli. Anzi, a voler essere precisi, una di queste vie di collegamento alla via di collegamento principale (la via francigena di Sicilia), partiva da Marsa Shiklah, risalendo poi verso Scicli. Un documento sostanziale, un ricordo, lo si può ravvisare volgendo gli occhi verso la collina della Croce, ivi ancora si staglia in alto una Croce di Malta, sul campanile della chiesa del Calvario, e non lungi dal Convento di S. Maria la Croce, fondato da Francescani di ritorno dalla Terra Santa. Poi da Scicli il tragitto si muoveva verso Modica, dove è ancora presente una trecentesca chiesa templare intitolata in modo magniloquente a San Giacomo (link, rimando ad un altro mio articolo per ciò che riguarda) e infine giungeva a Ragusa dove è attestata una chiesa in passato appartenente all’Ordine dei Cavalieri di Malta, dedicata al culto della Madonna Odegitria. Chiesa riedificata sul’Ospitale dell’Ordine di San Giovanni, notoriamente succedaneo di quello Templare. Nella stessa Ragusa, ancora oggi è testimoniabile l’esistenza di un Ordine di San Giacomo della Spada, presso l’omonima chiesa all’interno dei giardini iblei, ed è possibile scorgere i segni monumentali e grafici che rimandano al culto del Santiago Matamoros. Sembra quasi che ogni stazione, ogni ospitale sia situato appositamente alla distanza necessaria per il riposo quotidiano del pellegrino in cammino. E probabilmente è proprio così, accertato che questa era la metodologia viaria perseguita sia sul vero e proprio Cammino di Santiago, quanto lungo la via per Gerusalemme. Mi sembra poi credibile il pensare la via francigena di Sicilia come collegamento alle vie che conducevano al mare, e non il contrario. Tra queste appunto quella per Scicli. Questi sono i miei dubbi in merito all’individuazione dell’universale e del particolare. Mi rendo più chiaro, come già preannunziavo, il sistema prediletto per il viaggio – almeno sino a tutto l’ottocento – in Sicilia, era quello marittimo. Ciò per più motivi, che vanno dalla velocità alla sicurezza. E perciò deducibile che una via interna, per quanto “santa”, poteva infine risultare poco sicura per un pellegrino. Immaginiamo un pellegrino sbarcato a Palermo, o meglio ancora a Trapani, esso si sarà mosso in parte attraverso la cosiddetta via francigena, e solo per raggiungere la via del mare che maggiormente lo interessava, ad esempio quella verso Marsa Shiklah. Quello che intendo dire è che statisticamente i flussi di pellegrini dovevano essere più diretti verso i porti che viceversa. Il problema della sicurezza del pellegrino, è noto, fu il motivo scatenante alla base della nascita dell’Ordine Templare. Non c’è il tempo per affrontare il tema della presenza dei Frati-Cavalieri nell’Isola, i successivi Ospedalieri e Maltesi, o gli antagonisti Teutonici. Si dovrebbe cominciare ad approfondire sul forte legame sussistente tra le Priorie Benedettine di San Filippo d’Agira e quella Sciclitana di San Lorenzo. Ricordando che quella di San Filippo era collegata all’abbazia di S. Maria dei Latini a Gerusalemme. Una donazione (di fantasia quanto quella di Costantino) citata in un documento del 1168, “trasformava una bolla papale, secondo cui da allora in poi tutte le proprietà della fondazione palestinese dovevano dipendere da S. Filippo di Agira” (Il Monachesimo Latino nella Sicilia Normanna, di Lynn Townsend White Jr.). L’importanza che aveva assunto San Filippo è resa chiara nel 1187 allorquando Saladino prese Gerusalemme e i monaci di S. Maria dei Latini fuggirono in gran parte presso la Casa di Agira. La forte presenza gerosolimitana nel territorio, il connubio che si generò per mezzo della agiografica descrizione più o meno storica dei cronisti normanni, probabilmente diede avvio ad un sistema iconografico che legava imprese belliche e santi. Non ho usato volutamente il termine “milizie” (al posto di “imprese belliche”) per evitare di suffragare più del dovuto una dubbiosa dicitura come quella di Madonna delle Milizie. Mi propongo cioè di restare al sicuro dato dialettale che si ferma a quel “milici” dai rimandi pagani (link ad alcune informazioni su Bacco Milichio). Seppure, in pieno spirito scettico, non nego la possibilità che quel “milici” possa davvero essere la trasposizione di “militi” (link ad un argomento in favore). In ogni caso la leggenda sciclitana della Madonna che appare per coadiuvare le esigue forze normanne, mentre si stanno per scontrare mortalmente contro l’infedele, non solo ha degli analoghi sulla stessa zona iblea: dalle vaghe similitudini con San Giorgio, a quelle esemplari con il Santiago Matamoros campeggiante sulla facciata di San Giacomo in Ragusa inferiore. Le analogie sono infinite in tutto il territorio che fu dei Normanni, nel sud Italia. La volontà di quei cronisti, primo tra tutti Goffredo Malaterra, era quella di accreditare religiosamente e da un punto di vista latino, la crociata normanna contro i mori di Sicilia. Così le apparizioni sono molteplici: a Ravanusa la Madonna appare a Ruggero durante l’assedio della città, fornendogli acqua per dissetarsi; a Cerami sono addirittura in due a partecipare alla battaglia, San Michele e San Giorgio; gli esempi e le apparizioni – mi verrebbe da dire – sono infinite. In realtà, con poco afflato mistico, il numero si restringe ai luoghi e le città oggetto della riconquista normanna. Su queste figure salvifiche, il posto d’onore lo va assumendo Santu Iacu. Ed è da questo dato che deve essere ripreso il cammino, con fede o con interesse laico e storico, per intraprendere comunque un percorso di riabilitazione dell’io. Bisogna riavvolgere il cosiddetto nastro, e riprendere da dove si è sbagliato. Occorre ridiventare poeti. Riporto, per concludere, un passo tratto da un racconto di Daudet: «È vero, pastore, che siete un po’ stregoni, voialtri?» Gaetano Celestre
L'appello per il recupero della fruizione del Santuario Il sindaco pro tempore del Comune di Scicli Franco Risino
Un gruppo di pellegrini collegati a cammini di fede europei
SCICLI 1823... (Il “marrocco” era una specie di mantello con maniche, portato dagli uomini sopra gli abiti, simile a quello usato in Marocco, donde il nome)
SANTIAGO E LA SICILIA ...Messina era, dunque, il punto di convergenza del sistema viario siciliano, e il suo porto era il centro di smistamento dei pellegrini provenienti da ogni parte della Sicilia e diretti a Gerusalemme, a Roma e a Santiago. Il pellegrino, infatti, poteva attraversare lo Stretto e continuare il percorso terrestre sulle strade della Calabria, oppure poteva essere accolto sulle navi che approdavano sulle sponde peloritane e che spesso trasportavano pellegrini provenienti da tutt’Europa e diretti a Gerusalemme. Nel percorso inverso, invece, tornando dalla Terrasanta, le navi approdavano nel porto di Messina e risalivano lungo le coste italiane toccando i porti tirrenici e liguri. Da qui i pellegrini proseguivano sulle strade che conducevano a Roma e a Santiago di Compostella. Altri pellegrini giungevano nel porto di Barcellona, come si deduce dai registri del’”Almoina reial” della città catalana. In essi sono elencati 23 pellegrini siciliani, in gran parte diretti a Santiago o già di ritorno, i quali avevano ricevuto l’elemosina tra il 1378 e il 1385. Altri nomi di pellegrini siciliani si stanno rintracciando, a poco a poco, attraverso uno studio più attento di documenti editi e inediti. Nell’ottobre del 1253 la messinese Calofina de Apothecis aveva già compiuto un pellegrinaggio in Terrasanta ed era in procinto di partire per Santiago. In un documento databile attorno al 1334 si legge che una donna si era messa in cammino dalla Sicilia alla volta di Santiago per invocare la salvezza dell’anima del suo unico figlio. I nomi di alcuni Siciliani diretti a Santiago si rintracciano, tra il 1399 e il 1420, nei libri contabili dell’Opera di S. Iacopo di Pistoia in cui sono registrate le elemosine fatte ai pellegrini in transito: «Piero da Palermo con due compagni» nel 1399, «Andrea di Cicilia» nel 1401, «Giovanni di Cicilia» nel 1403, il ragusano «frate Paulo di Iohanni da Raugia» nel 1420 e, infine, «frate Francesco da Raugia» nel 1440, anche se, per quest’ultimo, non è specificato che si trattasse di un pellegrino. Un altro pellegrinaggio a Santiago compiuto dal messinese Filippo Viperano, funzionario del regno di Sicilia, è attestato nel 1414. GIUSEPPE ARLOTTA L’evento che voglio segnalare è interessante sin dal titolo che gli è stato assegnato: “Madonna-Donna La spiritualità che si incarna nell’attualità attraverso la poesia. Poeti e pellegrini dell’area iblea a confronto”.
È utile cominciare dai due termini “Cammino” e “Poesia”, per giustificare tale mia curiosità. La simbologia associabile al gesto del “camminare” e – a maggior ragione – il significato sottinteso al “cammino-pellegrinaggio”, verte essenzialmente sul concetto di “ricerca”, nelle sue più diverse accezioni. “Sei tu la strada che io percorro mentre mi guardo attorno! Ma tu non sei tutto ciò che c’è qui! Credo che qui ci sia anche qualcosa che non si vede.”, così Whitman consigliava di cercare “qui”, sulla terra, ciò che non si vede e potrebbe far parte di una dimensione iperuranica. Mi scuso per la terminologia adoperata, ma la reputo essenziale al fine di portare il tema nei paraggi di un asciutto sincretismo assolutamente necessario. Cercare se stessi, cercare una risposta, o anche una domanda, cercare per il solo piacere di cercare, persino svagatamene. In qualunque modo la si voglia interpretare, la vita stessa è un cammino di ricerca. Dal momento in cui l’essere creato – o generato, che è lo stesso – cominciò a pensare, tra i migliori “cercatori” dell’umanità si ascrissero sin da subito i poeti. Non è vano ricordare che Dio stesso, nella letteratura sacra, si impone spesso come autore lirico. Non a caso ho scelto un passo di Whitman – appunto sul “camminare” – al fine di introdurre l’affascinante viaggio che sarà intrapreso da un gruppo di poeti e di pellegrini, coordinati dall’editore Francesco Urso, con partenza da Avola (Venerdì 24 maggio) e arrivo a Scicli (Domenica 26 maggio). Mi sembra una superflua precisazione, probabilmente, l’affermare che il gruppo si muoverà assolutamente a piedi, ma alla fine lo stesso è stata fatta. La ridondanza talvolta funge solo da paravento ad una non troppo celata volontà di porre in rilievo talune informazioni solo apparentemente superficiali. Andando ai formalismi dell’informazione più sobria: la prima tappa sciclitana è posta a Donnalucata (intorno alle ore 16:00), presso il Santuario della Madonna re Milici. Il culto mariano è una presenza simbolica sostanziale in ciò che concerne la tradizione del cammino/pellegrinaggio nella sua forma cristianizzata. La Donna, la Madonna, presa sempre – anche iconograficamente – come stella polare dell’auspicato buon viaggio. Una figura molto radicata anche nel territorio ibleo, persino nei toponimi delle contrade: ricordo il culto della Madonna dell’Itria, Santa Maria Odegitria, ossia di colei che mostra la giusta direzione, dal greco. Dopo il benvenuto ai pellegrini, alle ore 16:30 circa, il cammino riprenderà verso Scicli. Infine dalle ore 19:00 il viaggio si concluderà all’interno del cortile dell’Opera Pia Carpentieri, dando spazio alle celebrazioni festose e finali a corollario dell’evento. Grazie alla collaborazione del Museo del Costume, si svolgerà un momento d’incontro con interventi, letture di poesie, messaggi e testimonianze, riguardanti il tema del cammino e della donna nella società. Nella stessa occasione sarà possibile appagare l’udito grazie ai canti di un coro polifonico. Riepilogando con maggiore concisione: Alle ore 16:00, presso il Santuario della Madonna re Milici, sarà dato il benvenuto ai pellegrini. E da lì si riprenderà il cammino verso Scicli. Alle ore 19 è previsto l’arrivo in Scicli, all’interno del pittoresco cortile dell’Opera Pia Carpentieri. L’organizzazione, in un continuo dialogo tra Avola e Scicli, è curata da Elisabetta Ventura, Marianna Buscema e l’editore Urso, con la collaborazione del prestigioso Forum dei cammini europei del pellegrino e dei poeti di "Libri di-versi in diversi libri". Il valore di questa iniziativa prescinde dalle individuali opinioni fideistiche di ognuno. Si astrae persino dal fatto che tali opinioni sussistano o meno, scetticamente scrivendo. Il bisogno di ricerca e di cammino è proprio dell’uomo, in quanto pellegrino terreno. Concludo l’articolo con l’invito di Francesco Urso: “Scrivi poesie, e senza la poesia la tua vita non avrebbe senso? Vuoi cogliere un’opportunità di recitare le tue poesie? Vieni con noi a Scicli domenica 26 maggio 2013” Segnalo un link per chiunque voglia interessarsi maggiormente o partecipare attivamente all’evento. Buon Cammino a tutti!
PAGINA CONTENUTA IN "AUTORI VARI"
Dopo le testimonianze di sincronicità raccolte nel 2016 nel volume "Quando il cammino trascende", abbiamo voluto continuare ancora nel 2017 a richiedere ulteriori riflessioni, un po' perché siamo convinti che non è facile raggiungere l'immenso universo di camminatori nonostante l’inflazione dei nuovi mezzi di comunicazione, e, poi, anche, perché, molto spesso, in parecchi pellegrini ci sono delle resistenze ad ammettere l'esperienza limite dell'incontro con l'inspiegabile e col mistero delle cose, che pur accadono a tantissimi camminatori.
Siamo riusciti sicuramente solo in minima parte percepire e mettere nero su bianco quanto di magico accade, ma siamo convinti di aver esercitato un ruolo importante nel valorizzare queste cose immateriali ma di grande sostanza per la ricerca di senso, e abbiamo fatto bene a ripetere ancora, che queste esperienze non vadano tenute per sé, ma vanno piuttosto condivise, quantomeno con chi ha già sperimentato ciò di cui stiamo parlando; è bene tentare di spiegare tutto questo a chi neanche lontanamente può riuscire a immaginare, che tante cose possano realmente accadere...
E noi possiamo dirlo che è così, perché siamo stati fra quei privilegiati che le hanno vissute, e anche raccontate!
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