Sebastiano
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I
MENDICANTI BEFFEGGIANO I BORGHESI THE
BEGGARS OPERA la celebre ballad - opera di John Gay scritta
nel 1727, si è arricchita dallottobre 2005 a Bari degli
apporti al testo di Tyrone Guthrie e dellinnovativa regia di
Moni Ovadia, con la versione musicale di Benjamin Britten che già
nel 1948 ne diresse la versione modernizzata a Cambridge. |
Bari, 20 aprile 2005 LA LIQUIRIZIA DELLE DUE SICILIEdi Sebastiano Gernone
Non se n’abbia a noia il cortese lettore se questa nota ha qualche cenno biografico, mi viene spontaneo scriverla per introdurre qualche considerazione su quel che osserviamo in questi giorni Fatto sta che scrivo quel che stamani mi è capitato. Uscivo da casa ubicata nel quartiere Libertà che mi originò in quel di Bari, diretto verso il negozio di tabacchi, articoli postali & altro per far pesare e affrancare un plico postale indirizzato a Gino Giammarino, direttore editoriale del periodico per il Sud “ il Brigante”. L’umore era quello solito quando ritorno nella mia città: ci si sente consolati e rassicurati dal luogo familiare ma un po’ uggiosi per la quotidiana imbecillità che dà spettacolo su questo pianeta e nella nostra estrema provincia imperiale, ma un po’ d’esperienza si è fatta, ed essa ci consola nel passaggio relativo di noi mortali al cospetto dei milioni d’anni e della vastità incommensurabile degli universi. Per raddolcirci dalle amarezze, l’occhio malandrino meridionale è stato attirato dalla confezione di liquirizie posto giusto appunto tra il tabaccaio e il sottoscritto. Tutto a un tratto abbiamo dimenticato il gran rumore delle settimane trascorse, con l’onnipresenti facce omologate dei candidati politici alle regionali tappezzate in ogni dove, il loro gran gridare, la polemica per la conquista del potere senza alcun serio e chiaro programma propositivo, e insomma la loro scostumata invadenza nelle nostre vite per improbabili e minimi cambiamenti in meglio: alla fine del gran chiasso si è votato per il male minore come dovrebbe essere per la Politica che è in tutte le culture antiche, orientali e occidentali pratica delle più mediocri legata al Mercato mentre i veri creativi e i saggi non ne fanno la loro ragion d’essere, sdegnandola o al più servendosene. Ai politici invadenti si è associato il lungo corteo dei cardinali ingioiellati, la gran folla dei cattolici da spettacolo e del “ Io c’ero”, dei laici rumorosi, dei giornalisti sistemati a compiangere in mondovisione e con la presenza di tutti i potenti la dipartita di un papa, tifando le masse irresponsabili della propria parola per la presunta santità del defunto, e di lì a qualche giorno pronti ad applaudire l’arrivo di un altro inviato a parer loro dallo Spirito Santo: quando si dice la profondità e la silenziosità dell’anima… Ma tutte queste riflessioni tra me e me appesantite da qualche acciacco recente, sono scomparse quando, come scrivevo dianzi, sono apparsi davanti ai miei occhi le scatolette con la scritta:
E nel dettaglio il prodotto si presenta e si pubblicizza in: LIQUIRIZIA PURA - specifiche tecniche
estratto acquoso di radice di liquirizia, concentrato a consistenza
di pasta e diversamente formato in bastoncini, tronchetti e rombetti,
ed aromatizzato nei prodotti rombetti di liquirizia all'anice e alla
menta.
il succo di liquirizia utilizzato proviene dalla Calabria
[evviva! evviva! evviva! Mi rallegravo!],
ed è noto per essere uno tra i più pregiati sul mercato.
Questa linea di prodotti oltre ad avere un potere calorico molto basso,
non vi sono infatti zuccheri aggiunti, può esporre il marchio
Dente Felice, in quanto ha superato con successo tutti i test telemetrici
atti a dimostrare che il loro consumo non favorisce lo sviluppo della
carie.
estratto di radice di liquirizia, anetolo e olio essenziale di menta nei rombetti di liquirizia aromatizzata. Il cuore si è gonfiato di gioia perché finalmente vedeva realizzarsi – nel mio quartiere periferico per di più - uno degli obiettivi della campagna COMPRA E VIAGGIA SUD che ci vede impegnati da tempo, convinto - come lo sono in tutte le regioni di buon senso - che occorra acquistare soprattutto e innanzi tutto i prodotti locali se si vogliono conservare e aumentare i posti di lavoro. La gioia visiva delle gialle scatolette era d’un colpo trasmessa alle mani e si voleva mettere mano al portafoglio – anche incoraggiato dal commerciante che s’intrometteva garantendomi la qualità del prodotto – per acquistarne con piena solidarietà duosiciliana una confezione: ma, grazie a Dio, l’occhio leggeva in alto, sotto la scritta in rosso della ditta Leone, a caratteri minuscoli la città di confezione finale e sede dei padroni: Torino! E’ addirittura stato pubblicato un libro d’autori vari su questo marchio torinese: “LEONE DOLCE LEONE - Leggenda italiana di un gran marchio” , grazie al quale sappiamo che “Leone, dal 1857 il re della dolcezza. Il gusto Leone nasce nel 1857: nel Piemonte che guidava l'Italia a essere libera, una piccola bottega guidava i buongustai subalpini sotto la bandiera della bontà. Poco per volta, le delizie di Casa Leone conquistano Torino, la Casa Reale, l'Italia e si spargono nel mondo degli intenditori.” Si sa, caro e paziente lettore, che la regione Calabria prima di essere conquistata con tutto il Sud dalla tirannia dei Savoia capeggiata da Vittorio Emanuele II e sotto la regia di Cavour e dell’utile idiota Garibaldi –anche in Calabria all’indomani della corruzione dei generali borbonici e dopo aver falsamente promesso terra ai contadini alleandosi con i poteri forti locali dei latifondisti -, la nostra Calabria, appunto, annoverava nel regno delle Due Sicilie insieme con altri stabilimenti fabbriche di liquirizia e che, guarda caso, la piccola bottega Leone di Torino nacque nel 1857… mentre le fabbriche di liquirizia in Calabria scomparvero dopo la conquista del Sud da parte dei Savoia. Dalle nostre parti la liquirizia era conosciuta da oltre 35 secoli e divenne, “ a partire dal 1715 (anno in cui il Duca di Corigliano impiantò la prima fabbrica del genere in Calabria), fonte di progresso economico per la gente… Dal XVIII secolo ebbe inizio la vivace azione produttiva tramite industrie di trasformazione della radice di liquirizia che cresceva spontaneamente nelle zone pianeggianti della Provincia di Cosenza… La coltivazione della liquerizia, un arbusto alto oltre un metro, era diffusa intorno alla vasta piana di Sibari, nelle zone del litorale ionico della Calabria settentrionale e nel basso versante ionico delle Serre e dell'Aspromonte. Un sistema di stabilimenti provvedeva alla lavorazione della radice che, dopo l'estrazione, veniva macinata e polverizzata, oppure ammollata e fatta macerare in acqua bollente fino ad ottenere un impasto denso e rigido. La pianta nasceva in zone scarsamente popolate o addirittura soggette a fenomeni di impaludamento, in terreni acquitrinosi e freddi, prossimi al mare, e verso la metà di ottobre schiere fitte di lavoratori, ricorda ancora Placanica, scendevano dalle pendici della presila e dai casali di Cosenza verso le marine ioniche della Calabria per andare a lavorare come coglitori e cavatori della radice, ed il ciclo si concludeva con la fase dell'impasto e della confezione del prodotto, affidata alle donne.” (cit. Armando Orlando, vedi nota). In uno studio di Andrea Pesavento “Il commercio e la produzione di liquirizia nel settecento“ leggiamo: “I primi documenti sull’esportazione dal Crotonese di liquirizia risalgono alla seconda metà del Seicento. L’undici luglio 1679 il genovese Battista di Scormè, patrone di una tartana, dichiarava di aver noleggiato la sua barca al napoletano Vincenzo Volpicella per andare a caricare 200 cantara di pasta di liquirizia, 150 a Cassano ed il resto a Crotone…” Dello stesso autore leggiamo sempre sulla nostra liquirizia il “Commercio e primi tentativi di produzione”: Attivi nella commercializzazione ma anche con tentativi di produzione è l’aristocrazia cittadina. Nel luglio 1692 Mutio Bernale ed il figlio Ottavio prendono in prestito da Alessandro Mazzeo, del casale di Mangone, quattro "caccavi di rame per uso di far pasta di regolitia" Alla fine del Seicento i nobili di Crotone sono già ben inseriti nel commercio della liquirizia. Essi fanno da cerniera tra i produttori dei casali silani ed i mercanti di Napoli. Agli inizi del settembre 1696 Stefano Perretta di Albi, casale di Taverna, incaricava il reverendo Giuseppe Locanto di vendere in Napoli della "pasta di regulizia sistemata con fronde di alloro e "le boglie" dovranno essere "ben lavorate, liscie, distaccate e sciolte l’una dall’altra". Per tutto il Settecento nel porto di Crotone si susseguono gli imbarchi di pasta di liquirizia, prodotta dai produttori silani ed acquistata dai mercanti napoletani. […] Raccoglitori, produttori e mercanti Lo scavo della radice di liquirizia era fatto da squadre di "cavatori" provenienti dai casali silani durante l’autunno e l’inverno. Particolarmente adatti si dimostrarono i terreni cespugliosi e argillosi del Crotonese, che fornivano un prodotto di buona qualità per l’alto blank di glicirrizina. Domenico Vecchio ed il socio Giovanni Antonio Mauro, entrambi di Grimaldi, nel mese di ottobre dell’anno 1724 stipulano un contratto con il signor Ignazio Monaco di Cosenza presso il notaio Francesco Antonio Stello di quella città. Essi si impegnano a condurre una squadra composta da sessanta uomini alle marine di Cotrone, a Casalnuovo ed a Poligrone a cavare radica di liquirizia. […] Particolarmente attivo in questa prima metà del Settecento è il produttore Gregorio Niceforo. Egli vende pasta di liquirizia al mercante napoletano Andrea di Sarno. Nel maggio 1727 arriva al porto di Crotone la nave "Il Dispaccio" del capitano inglese Giovanni Peake per imbarcare 323 cantara e rotola 40 di pasta di liquirizia… Imbarchi di pasta di liquirizia oltre che da Crotone avvengono anche da altre località costiere del Crotonese. Il capitano olandese Cornelio Strop noleggia la sua nave. Egli deve recarsi da Leone Vercillo di Policoro per poi andare a Fasana nella marina di Strongoli a caricare una partita di pasta di liquirizia da portare a Livorno. […] Nascita dell’industria della liquirizia nel Crotonese La redditività del commercio della liquirizia, anche in rapporto alla crisi che sta investendo il mercato cerealicolo, spinge alcuni nobili crotonesi ad investire in questo settore. Traendo forza e potere dall’ingente capitale di cui dispongono, proveniente dalla speculazione granaria, utilizzano la rete commerciale, da tempo funzionante per il commercio del grano, che li collega con i mercanti di Napoli. Essi associano i produttori silani e si inseriscono da protagonisti anche nel mercato della liquirizia.” Una ultima citazione è d’obbligo perché precede di poco la conquista del Sud e la fortuna della piccola bottega della ditta Leone di Torino: “Dieci fabbriche di liquirizia, che si estrae dalla radice della pianta detta da Linneo Glycirrhiza glabra spontanea produzione di que' terreni, ne mandano all'Inghilterra ed alla Francia circa ottomila cantara, che rendono ai loro proprietari più di dugentomila ducati” (F. Stancarone, Calabria Citra, in Viaggio nel Regno delle due Sicilie, Napoli, 1848, p. 4) Le fabbriche di liquirizia in Calabria non esistono più ma a Torino hanno deciso che visto il lavoro culturale che ci vede impegnati – noi ed altri – nel ridare orgoglio al nostro Sud e alla nostra storia era loro utile intitolare il succo estrattivo di liquirizia della Calabria: LIQUIRIZIA DUE SICILIE Mille Grazie a Loro Signori! Che continuano a prendere e depredare, la Colonia dà sempre i prodotti e le idee… Adesso è ora di finirla con quest’andazzo, dobbiamo essere noi del Sud capaci di acquisire una reale consapevolezza del valore autonomo del patrimonio politico, economico, culturale della nostra Terra calpestato e strumentalizzato dalla nazione italiana e per l’intanto compriamo Sud e viaggiamo nel Sud e… occhio al marchio! ____________________
http://www.laprovinciakr.it/lequirizia.htm |
AL
MINISTRO PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO AL PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI DITALIA ALL'AMBASCIATORE DEGLI STATI UNITI IN ITALIA ALL'AMBASCIATORE D'ITALIA NEGLI STATI UNITI ISTITUZIONI CULTURALI ITALO AMERICANE ORGANIZZAZIONI Americani di origine italiana : NIAF (National Italian American Foundation), OSIA (Order of Sons of Italy in America) e UNICO Presidenti dei Comitati degli Italiani all'Estero (Comites) istituiti negli Stati Uniti a Boston, Chicago, Detroit, Filadelfia, Houston, Los Angeles, Miami, New York, Newark, San Francisco e Washington Consiglieri del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE) p.c.: stampa RAZZISMO
ETNICO CONTRO ITALO AMERICANA NEGLI USA |
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SCIROCCO
E IL RISORGIMENTO MITIZZATO In data 7 giugno 2003 il
quotidiano Il Mattino di Napoli ha pubblicato un articolo
intitolato Povero Garibaldi a firma di Titti Marrone,
in recensione al breve saggio - apparso sulla rivista trimestrale
Nuova Antologia- del prof. Alfonso Scirocco -, illustre
titolare della cattedra di Storia del Risorgimento allUniversità
di Napoli.
Molti si chiederanno: chi è costui? Quale nuovo apporto alla memoria fondante il bel paese ci ha consegnato? Si ha la fortuna di aver incrociato il predetto studioso a Napoli nel 1984 allimportante convegno di studi sul Brigantaggio; Scirocco inoltre, con la sua secca figura presenziava un incontro culturale sul Risorgimento nel novembre 2002 a Roma, circostanza questultima, in cui labbiamo rivisto e riascoltato con attenzione compassionevole, educazione che si deve pur avere per chi fa parte del Creato. Lintervento a Napoli nel 1984 del nostro, unitamente a quello del prof. Giuseppe Galasso - la cui fama travalica i tempi e i luoghi -, fu indirizzato sostanzialmente a tacitare il grande storico del Brigantaggio Franco Molfese. Tantè che il Molfese, studioso serio e rigoroso a noi familiare, ci confidò alcuni giorni dopo il convegno - che linsistenza del Galasso e Scirocco nazionali ad invitarlo alle giornate napoletane, aveva lo scopo strumentale di contrastarlo e limitare lincidere del suo testo fondamentale sullo sviluppo storiografico, per ricondurre gli indirizzi di ricerca alla visione tradizionale unitaria liberale crociana: dunque, si proponevano di avversare linterpretazione del Molfese che documentava e dimostrava scientificamente nel dettaglio, la storia della feroce guerriglia contadina, la resistenza armata popolare alla conquista del Sud e ai falsi plebisciti del Risorgimento, che non fu certo processo unitario, bensì complesso e contrastatissimo scontro politico- militare - economico. In quelloccasione chi scrive denunciò (intervento censurato negli atti), la chiusura del più importante archivio su quelle vicende: lUfficio Storico dello Stato Maggiore Esercito che è blindato sui documenti relativi ai contadini briganti fucilati a decine di migliaia nel Sud, con villaggi abitati da innocenti messi a fuoco dai soldati invasori. Orbene, lanno scorso a Roma erano presenti anche il giornalista Paolo Mieli, di cui è ormai chiara lattenzione moderata più da ci si permetta pompiere che da indagatore serio delle vicende e motivazioni profonde dei conquistati; tra gli altri relatori vi erano i proff. Banti e Talamo. Questultimo e Scirocco sono gli esponenti di punta della componente moderata di studiosi risorgimentali: quelli a guardia donore in perenne servizio della memoria del conquistatore Vittorio Emanuele II, e dei suoi cortigiani guidati da Cavour, per intenderci. Sempre premiati i due Scirocco e Talamo, già a partire dagli anni 60 del centenario nazionale e delle figurine risorgimentali. Si conoscono, dunque, le loro interpretazioni storiografiche e il ruolo che hanno ricoperto nei condizionamenti educativi da decenni, anche e soprattutto nella direzione del sempre governativo istituto per la storia del risorgimento. Scirocco ha rilanciato a Roma le sue tesi, tra laltro immaginandosi una presunta competenza sul brigantaggio, motivata dalle prefazioni baronali da lui curate ai lavori di catalogazione e ricerca archivistica sullargomento da altri condotti; e da qualche sua mai innovativa pagina storica: è successo qualcosa bisognava pur scrivere. Naturalmente, alla ripetuta nostra denuncia sugli archivi militari, Scirocco in compagnia del Talamo, ha eclissato la questione quasi scusandosi - con astuzia irrispettosa per i destinatari e in tono e modo cardinalizi -, delle affermazioni veritiere ascoltate dagli alti ufficiali presenti e offesi dallaver sentito definire criminali di guerra e contro lumanità alcuni fondatori dellesercito italiano. La ricerca storica seria, a nostro avviso, non fa sconti a nessuno e, ad essere onesti nel giudizio, la lealtà dopinione e dindagine richiama virtù e coraggio sconosciuti ad intellettuali di basso profilo: ognuno è libero di scegliere valori, linee di condotta e lumanità con cui rapportarsi. Aggiungiamo inoltre, che è prevista, e in preparazione già da due anni, la pubblicazione - in mutua collaborazione tra componente moderata dellintellighenzia risorgimentale e ufficiali dellesercito nazionale -, di un nuovo testo sul brigantaggio basato sulla riservata documentazione militare: bisognava, pertanto, essere solidali tra chi imposta ad usum delphini la storia ufficiale. Introdotto il curriculum vitae et studiorum del prof. Scirocco, qual è stato lultimo suo intervento? Da biografo del mito di Garibaldi omaggiato dai riconoscimenti istituzionali e dal retorico Ciampi, ha tentato la difesa di quel che non si può difendere perché i documenti darchivio sono chiari: la richiesta con firma donore del nizzardo falso liberatore dei contadini del Sud di un prestito in moneta corrente di un milione di € per il figlio Menotti al Banco di Napoli, mai restituito e disonorato. Il grave ammanco di Garibaldi fu ben poca cosa rispetto al furto da parte del nuovo Stato Italiano: lintera riserva aurea del Banco di Napoli e di quello di Sicilia, che rappresentavano quasi i due terzi delle riserve di tutte le banche del territorio nazionale. Un furto nei confronti del credito e delleconomia meridionale continuato fino allesproprio recente e completo del Banco di Napoli. Listituto di credito nato nel 1539, è stato fuso per incorporazione ufficialmente dal 1° gennaio 2003 nel gruppo San Paolo Imi di Torino. Non è più soggetto autonomo, come già avvenne per il Banco di Sicilia: pertanto, cè stato il crollo finale delle storiche due grandi banche meridionali che con la Banca dItalia battevano moneta fino al 1926. La stessa Banca del Salento è stata assorbita da un gruppo nazionale, Montepaschi, e trasformata in unanglofona Banca 121, e il Banco di Santo Spirito, creato nel 1605 da papa Paolo V, è confluito prima nella Banca di Roma e recentemente nel colosso Capitalia, ecc . Con la conquista del Sud, i capitalisti nazionali e internazionali colonizzarono il Mezzogiorno, programmarono lo sradicamento di milioni di emigrati per lucrare sulle loro rimesse, e ai nostri giorni utilizzano il risparmio dei meridionali per le loro speculazioni finanziarie e per lulteriore arricchimento delle regioni industrializzate settentrionali. La storia ufficiale della nascita della nazione e il mito di Garibaldi non si toccano, così professa Scirocco. Il mito di Garibaldi in verità, fu già utilizzato nella conquista della Sicilia al fine di creare consenso e seguito allimpresa dei Mille; difatti, fu spacciato dai gattopardi locali e nazionali per linviato della protettrice Santa Rosalia, e furono affissi manifesti firmati dal Salvatore impostore che promettevano unequa spartizione della terra ai contadini. Garibaldi, al servizio del conquistatore Vittorio Emanuele II e delle alleanze internazionali, se ne guardò bene dal rispettare gli impegni propagandistici, e con fucilazioni sommarie eseguite da Bixio, represse i contadini siciliani che avevano creduto nel suo mito e che occupavano le terre della Ducea Nelson, tenute dei latifondisti inglesi a Bronte. Gli stessi consoli inglesi residenti in Sicilia distribuirono già dal febbraio 1860 ai contadini due milioni di piastre turche, del valore di circa 500 chilogrammi doro, per arruolarli contro i Borboni; la stessa vittoria di Calatafimi richiese un assegno di Garibaldi di quattordicimila lire (70.000 € attuali), e naturalmente il titolo di credito era scoperto e mai onorato. Questi i fatti.Concludiamo il nostro scritto, affermando che lopera del citato Scirocco e dei suoi sodali- va scritto a chiare lettere e come risposta alle loro offese a tutto campo per il colonizzato Sud -, è nella tradizione di taluni meridionali trasformisti, veri e propri collaborazionisti dei conquistatori e dei gruppi dominanti settentrionali e internazionali: essi furono e sono traditori e denigratori delle ragioni, delle vicende e vite dei contadinibriganti, dei milioni di emigranti, dei nostri soldati forzati a combattere in trincee per guerre coloniali e imperialistiche, dei disoccupati, di operai e impiegati in industrie e servizi, di uomini e donne umiliati delle nostre regioni meridionali. La Storia, quella seria documentata - reale, non è strumento al servizio di lotte per il potere e per carriere accademiche. La Storia ignora smentisce disprezza le false ragioni e gli storici di facciata. Sebastiano
Gernone |
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