A 40 anni dalla ''Lettera a una Professoressa'', di Carmelo Sgandurra |
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13-10-2007 inserito da ciccio; categoria Accadi..menti. ![]() ![]() La ''Lettera a una Professoressa'' (LEF, Firenze 1967) scritta dai ìRagazzi di Barbianaî sotto la regia di un Don Milani oramai malato terminale (morir‡ un mese dopo la pubblicazione del libro a 44 anni) Ë uno dei libri del ë900 pi? tradotti al mondo, pi? letti e pi? citati, spesso, purtroppo, a sproposito. La nostra vuole essere una proposta di lettura cercando di ricollocare il testo nel periodo e nel contesto in cui Ë stato scritto, e lo faremo cercando di chiarire alcuni punti chiave della sua genesi. I ragazzi di Barbiana erano un gruppo di montanari che vivevano a pochi chilometri da Firenze, in condizioni di poverta' ed analfabetismo. Don Milani, esiliato dalla Diocesi nella piccola parrocchia, aveva cominciato a fare scuola a modo suo, 12 ore al giorno per 365 giorni l'anno per recuperare il tempo perduto e ridare ai poveri l'uso della parolaî: studio severo, i pi? grandi a far da maestri ai pi? piccini; lettura di gruppo dei quotidiani, della Costituzione, di Gandhi, del Critone. I suoi ragazzi andavano persino allestero a fare campi di lavoro ed imparare le lingue straniere, ma al momento di acquisire ìil pezzo di cartaî, da esterni, a Firenze, puntualmente venivano bocciati perche' 'non conoscevano le regolette'. Nasce allora tra i ragazzi l'esigenza di scrivere una lettera aperta alla Professoressa che l'ultima volta li aveva respinti e, soprattutto, umiliati. ìDoveva essere una lettera di 2 o 3 pagineî scrive Neera Fallaci (che ha curato la biografia pi? completa di Don Milani), ma nel giro di pochi giorni venne fuori un libro vero e proprio. La Lettera nasce come risposta ad un avvenimento ben preciso. » un alunno che parla, con un linguaggio asciutto e diretto: ìCara signora, - inizia ñ lei di me non ricorder‡ nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell'istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che < Preso a modello di scrittura collettiva, in realta', secondo Michele Gesualdi (allievo di Barbiana) ìse a Pierino del dottore, protagonista del libro, si sostituisce Lorenzino del dottore, quel libro si trasforma in una splendida autobiografiaî. Don Milani era nato ricco, in una famiglia di intellettuali, e sapeva bene che quelli della sua classe partono avvantaggiati. A chi si rivolge quindi? Che gli insegnanti non siano i destinatari veri della Lettera non Ë un paradosso perchÈ nella dedica Ë specificato a chiare lettere: ìquesto libro non Ë scritto per gli insegnanti, ma per i genitori. » un invito a organizzarsiî. Lo stesso Priore durante la stesura aveva affermato, ìsar‡ un canto di fede nella scuola e il manifesto del sindacato genitoriî. Purtroppo negli anni a seguire molti hanno brandito la Lettera come una spada per fare a pezzi la scuola pubblica, e, Don Milani, che non poteva pi? controbattere, Ë stato strumentalizzato ingiustamente. Padre Ernesto Balducci ha colto bene questa contraddizione: ìSullíonda della contestazione del í68 non poche suggestioni della Lettera sono penetrate allíinterno del mondo della scuola italiana gi‡ entrato, allora, nel processo di disgregazione che non accenna a finire. Ma il radicalismo dei contestatori che si Ë valso di alcune suggestioni milaniane ha favorito una deformazione mitica della scuola di Barbiana, sviluppandone soprattutto le valenze antiistituzionali. Chi in nome di don Milani alimenta lo spirito antiistituzionale in realta' fa il gioco della reazione. Ö La via storica per saldare il divario non Ë la moltiplicazione all'infinito della scuola di Barbiana, che il suo stesso maestro riteneva impossibile, ma la restituzione effettiva della Scuola al suo soggetto primo, che Ë il popolo Ö Ecco perche' la scuola di Barbiana, se vezzeggiata come un modello ideale, puo' favorire inerzie utopistiche o fughe nel privato. Essa non e' un modello, e' un messaggio, e il messaggio non si imita mai, e' sempre un appello a nuove creazioni'. Sulla scia di Barbiana molte esperienze dal basso sono nate in Italia ed all'estero. In molti, laici e preti, hanno cercato e cercano di rimediare ancora oggi, con attivita' di volontariato, ai divari che restano nella scuola pubblica, appesantita pi? che mai da nuovi e grandi problemi. » stata sviluppata persino una pedagogia di Don Milani, che pedagogista non voleva essere. Balducci preferisce paragonarlo ai teologi della liberazione piuttosto che ai pedagogisti: 'L'educazione Ë risvegliare nelle coscienze la verita' che e' dentro le coscienze, in modo che esse diventino capaci di ragionare da se', di giudicare da sÈ, di farsi libere in un mondo in cui la liberta' Ë un rischio, una conquista. Ecco perche' Milani non Ë una figura del passato ma una figura che abita ancora il nostro futuro'. CARMELO SGANDURRA
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