La storia di Claudio Macca raccontata dalla madre Salvatrice Catinello
22-11-2011 inserito da ciccio; categoria Novita' in libreria. Novita' in libreria

novitàcopertinaIN LIBRERIA DA MARTEDI' 1 novembre 2011
Questa e' la storia di Salvatrice
e di suo figlio Claudio

Salvatrice Catinello
Come potro' dire a mia madre che ho paura?
a cura di Roberta Malignaggi
2011, formato ottavo, pp.
128
Euro
14,00 acquista
Collana O
PERA PRIMA
n.
27
ISBN 978-88-96071-4
8-9


fotoHo conosciuto la signora Catinello per caso: l'editore Urso al quale Salvatrice si era rivolta, mi chiese, nel febbraio di quest'anno, se potevo essere interessata ad aiutare a scrivere la storia di un'anziana signora e del figlio tossicodipendente, scomparso da pochi mesi. Devo ammettere che la proposta mi lusingava ed entusiasmava allo stesso tempo, anche se inizialmente non avevo ben capito di cosa si trattasse, ne' quale fosse lo scopo che la donna voleva raggiungere dopo avere pubblicato una storia triste e dolorosa quale era la sua. Per scoprirlo avrei dovuto ovviamente conoscerla. Cosi', qualche giorno dopo la mia conversazione con l'editore, ho incontrato Salvatrice: una donna minuta, vestita a lutto, gli occhiali al petto che dondolano sospesi da una catenella, per niente stanca del paio di chilometri che ha percorso a piedi dalla zona popolare periferica di Avola fino alla piazza centrale della citta'. In fondo e' abituata a camminare, a macinare lunghi percorsi: tutti i giorni o a giorni alterni dalla sua casa si reca a piedi, da sola, fino al cimitero che si trova fuori la citta'. Ho subito capito di avere davanti una donna forte, determinata, abituata alla fatica e al dolore ma sempre fiera, con gli occhi velati di una dolcezza inconsueta. Quando ci siamo incontrate Salvatrice ha iniziato a parlarmi brevemente della sua vita e degli avvenimenti trascorsi nell'ultimo anno di vita del figlio Claudio e da subito mi ha rivelato quale fosse la sua volonta' nel realizzare questo progetto: scrivere la lunga storia della sua vita di madre che ha combattuto per ben 28 anni contro il problema della tossicodipendenza nella quale era precipitato uno dei suoi amati figli e di tutto cio' che ha ruotato attorno ad essa. Raccontare l'ultimo atto di una guerra che lei stessa ha combattuto duramente, che si era ripromessa di vincere, che oggi e' finita e l'ha lasciata amaramente sconfitta, e' il solo modo per lei di testimoniare e condividere il dolore, la rassegnazione, la speranza e il riscatto di chi vive una tragedia come quella che lei ha vissuto. I luoghi comuni del caso asseriscono che non c'e' dolore piu' grande per un genitore se non quello di sopravvivere ai figli o che un'esperienza non la si puo' comprendere fino in fondo se non la si vive in uguale modo. Ahime', e' proprio cosi'… Aver cominciato ad ascoltare quanto Salvatrice mi raccontava di se' e' stato il motivo principale che mi ha spinta ad aiutarla, a diventare una sorta di terza mano che ha scritto per lei. Da quel momento e' iniziato un lungo lavoro fatto di interviste a Salvatrice e lunghe letture (centinaia di lettere che Claudio scriveva durante i tanti periodi di detenzione, preghiere, poesie e appunti, documenti di Tribunali, commissariati e preture, cartelle cliniche).
Il fatto che una madre spieghi senza pudore o vergogna cio' che ha subito per causa indiretta dell'eroina, le conseguenze che hanno fatto si che suo figlio oggi non sia piu' tra noi, sono sicuramente testimonianze di un atto di coraggio e di monito per chi vive indifferentemente il ruolo di genitore, figlio, cittadino comune. Chiedere a gran voce aiuto alle forze dell'ordine, a medici e avvocati; fare la spola continua tra comunita' di recupero, istituti carcerari, tribunali e ospedali, continuando a camminare con umilta' e a testa alta, richiede una forza immane che non tutti potremmo essere in grado di trovare in noi stessi, oltre che attorno a noi. Quante altre madri hanno vissuto gli stessi giorni che Salvatrice ha vissuto? Quante quelle che portano a fatica sulle loro spalle larghe il peso del ricordo di un figlio non piu' bambino tra le loro braccia, accarezzato, calmato, cullato? O quello dello stesso figlio, gli occhi iniettati di sangue per quel maledetto bisogno malato da soddisfare a qualunque costo, che incute la paura che una madre mai puo' aspettarsi? Il ricordo, insieme ad una marea di altri, di averlo allontanato da casa per il bene suo e di tutti? Salvatrice e' una di loro e questa e' la sua storia.

Roberta Malignaggi

Salvatrice Catinello e' la madre di un tossicodipendente
''L'indifferenza piu' della droga''
''Claudio aveva un tumore,
ma in carcere e in ospedale
lo liquidavano con poche parole''

Macca«I tossicodipendenti sono anche figli in cerca di affetto, di lavoro e di cure. Come tutti altri». e' un appello quello di Salvatrice Catinello, madre di Claudio Macca, per 30 anni assuntore di stupefacenti, morto a 46 anni lo scorso 11 settembre per un tumore allo stomaco. Un invito rivolto sia a chi tratta queste persone con indifferenza o crudelta', sia a quei giovani che fanno uso di drpghe, ai quali chiede di innamorarsi e divertirsi piuttosto che drogarsi. Se questa donna, ormai settantaduenne, stremata da un'esperienza che ha avuto delle ripercussioni anche sul marito e sugli altri otto figli, racconta la storia del suo quartogenito e' perche' crede che soltanto cosi' si potranno smuovere le coscienze. «Nel lontano '86 mio figlio ha cominciato a far uso di stupefacenti - spiega -. Si trovava in Germania, conobbe qualche amico sbagliato ed entro' nel giro della droga». Da allora, per l'intera famiglia, e' iniziato un vero calvario. ''I tossicodipendenti sono invasi da un'incontenibile rabbia nei confronti di tutti coloro i quali li rifiutano - racconta la signora Salvatrice -. Ma anche soggetti a una forte aggressivita' quando sono in crisi di astinenza o si sentono contrariati''. e' stata proprio lei a denunciare, in piu' occasioni, il figlio quando diventava troppo violento. Era il modo in cui la signora Salvatrice intendeva lottare per farlo venir fuori dal giro della droga. Questi momenti negativi, tuttavia, si alternavano ad altri di lucidita' di Claudio. «Odiava gli spacciatori - ricorda la madre - perche' in loro vedeva la causa della sua dipendenza. E quando veniva rinchiuso nelle comunita' di recupero, il suo unico desiderio diventava quello di aiutare chi, come lui, era vittima della droga». Ma a volte Claudio era molto amareggiato per l'atteggiamento indifferente di chi gli stava intorno. E questo disinteresse, secondo il parere della signora Salvatrice, sarebbe stato in parte la causa della morte del figlio. «Aveva un tumore allo stomaco - spiega -. E sebbene lamentasse fastidi quando era in carcere e si recasse al pronto soccorso di frequente perche' accusava dei malori, spesso si tendeva a sminuire la cosa perche' era un tossicodipendente. Il risultato e' stato che il suo male gli e' stato diagnosticato quando non si poteva piu' far nulla. Il tumore e l'indifferenza sono stati piu' forti della droga».

Emanuela Tralongo
in LA SICILIA 11 settembre 2011

Urso-Avola



SEGNALA il nostro sito

il nostro sito



Torna su...


| Invia ad un Amico | 667 letture