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Giovanni Stella  |
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Randagi sì, ma uomini non animali
Negli anni Cinquanta del Novecento a Roma in Piazza Vittorio due prostitute vengono uccise. Viene incolpato del delitto Otello Truzzolini, noto barbone che frequenta il luogo, già affetto da un cancro alla gola.
Lo difende in Corte di Assise Nicola Madía, uno dei più grandi penalisti del Secolo, pronunciando una appassionata arringa degna, come fu, di pubblicazione.
Truzzolini, pochi giorni dopo, giace all’obitorio, il corpo sul freddo bianco marmo.
Nessuno va a trovarlo tranne il suo difensore che dopo avergli fatto dono della difesa ora gli dà l’estremo saluto procurando di coprire il corpo inanimato con un mazzo di fiori che forse ancora resistono nel ricordo di un cuore grande e generoso e del seme semprevivo dell’avvocatura.
Altri tempi, altri uomini, altro stile … che non ritornano.
Perciò se incontrando un barbone cambiate strada oppure vi chiedete “ma perché non si cerca un lavoro”, ovvero “ma chi glielo ha fatto fare?”, interrompete subito la lettura di queste note.
Se, viceversa, vi affascina il mondo della sofferenza e della emarginazione – per scelta o per necessità – allora i sei racconti di Benito Marziano raccolti in Randagi hanno qualcosa da dirci e da dirvi.
L’autore, dopo varie pubblicazioni di poesia e prosa, con gli ultimi due lavori, prima Juliette cara, ora Randagi ha toccato, facendole vibrare a meraviglia, le corde del mio (e credo non solo mio) animo.
In Juliette c’è la passione travolgente di un amore forte, cogente, assoluto, verso una donna mi più rivista ma la cui vana ricerca lo impegnerà tutta le vita, facendogli dire e ritenere che vale la pena vivere una intera esistenza d’uomo per quei pochi irripetibili e indimenticabili giorni vissuti intensamente.
In Randagi Marziano narra storie di barboni, clochard, vagabondi, emarginati, derelitti: uomini fra gli uomini.
Storie vere o inventate quelle di Juliette o ora quelle di Randagi, qualcuno si chiederà?
Il confine fra realtà e finzione è così fragile, così labile, così invisibile, che entrambe si confondono, si intrecciano, si fanno dono vicendevolmente di linfa, sicché la domanda non ha ragion d’essere.
Spesso si fa sottile distinzione fra quelle del barbone che è una scelta di vita e quindi ne diventa una sorta di cultura e l’emarginato che si ritrova a vivere quella vita senza accettarla ma prendendola in modo tale da renderlo infelice.
Ciccio Urso giorni fa mi ricordava che ricorre il primo anniversario della dipartita di Nuccio, trovato morto dopo vari giorni a casa dove viveva in compagnia del solo pappagallino, immerso in un mare di … disordine (a dir poco e bene).
Nuccio, presidente del “covo” (la libreria di Ciccio), tale rimasto post-mortem, mai sostituito, era un clochard per scelta, ma provvisto di una grandissima cultura che alimentava quotidianamente e dispensava nelle frequenti incursioni in libreria.
A Roma Marco un barbone ammalato di cancro invitò alcuni amici al ristorante lasciando ai camerieri schifati di averli serviti una lauta mancia, sussurrando sottovoce ai commensali: “Bisogna essere signori soprattutto coi cafoni”.
Non manca chi rifiuta persino la banconota offerta, pago di vivere del nulla.
A Parigi tanti clochard dormono sotto i ponti lungo la Senna e spesso solidarizzano fra loro come soci di un club.
Sono uomini, tutti loro, che forse non hanno paura che la vita posa finire, ma non so se hanno paura che non posa mai cominciare.
L’incubo della morte è iscritto nella nostra stessa vita, ma per loro è una cosa diversa, più tenue, più blanda, è come se fossero forniti di una corazza protettiva che procura un effetto terapeutico.
Benito Marziano conosce bene questi esseri umani, uomini e donne come gli altri, forse in certi aspetti (problemi esistenziali, rigetto di un modello di società da contestare), più degli altri.
Il libro si avvale di una corposa prefazione di Orazio Parisi, interessante e puntuale.
La scrittura di Marziano – ci era già noto – è asciutta, semplice, chiara, invitante alla lettura. Randagi si inizia e si legge d’un fiato.
Il primo racconto che dà il titolo al libro parla di Lucia e Ciccio e a me ha subito ricordato Bernard e Juliette che trascorrevano l’intera giornata seduti su un cartone accanto al mio albergo parigino. Li accompagnava un fiasco di vino. Mi attendevano per conversare. Ho nitido il ricordo di quei due con cui feci amicizia.
La storia di Ciccio e Lucia conclude come spesso vuole la sorte: nessuno dei due se ne accorge …
Degli altri racconti non voglio parlarvi per non privarvi del gusto della scoperta.
Sarà qualche lettore a parlarmene. E lo ascolterò (o leggerò) con vero interesse.
Due personaggi di Woody Allen discutono con vigore. Uno chiede all’altro se a suo avviso “esiste una vita dopo la morte”; costui replica: “Esiste, secondo te, una vita prima della morte?”.
Marziano animo sensibile e profondo, scrutando nel proprio animo e in quello dei suoi simili, penso che con Randagi abbia tentato di dare una qualche risposta.
Avola, 20/2/2012
Giovanni Stella
Benito Marziano
"Randagi - Sei racconti"
2011, 8°, pp. 88
Collana "Mneme" n. 35
ISBN 978-88-96071-52-6
Euro 10,00
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