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Poesie / Cammino di Santiago agosto 2009
« il: 12 Ottobre 2013, 14:52 »
Cammino di Santiago
agosto 2009
Parti.
La paura del sogno
si fa presto magia
e la mente dischiusa
accoglie delicata
i colori del silenzio.
Ricerco l’emblema
che più mi distingua
e del fascino dei simboli
esulta l’estro mio
nel vedere ondeggiar
l’allegorica conchiglia.
Nella prima battaglia
il sorriso d’un saluto
d’oro dipinge
il muro di nebbia
che lenta si dirada
nelle calde sfumature
d’un nuovo tramonto.
Incapace di schivare
del cuore l’utopia,
il sonno trattengo
e ritorno viva.
L’alba che nasce
diffonde il sapore
di nuovi sorrisi,
dilatati nella luce
dei complici passi
d’una sola parola:
amicizia.
Trasporta la notte
l’irrequieta rincorsa
del silenzio solitario
che bramo se del Cielo
la mancanza mi pervade.
Sola
nel verde delle frasche
scorgo nel mio sguardo
la più nobile preghiera.
Silenzio
necessario per udire
le parole nella svolta
dove tu già
seguivi i passi miei.
Inaspettato
il succedersi dei giorni
accanto a te.
Socievole sorprendo
la solitaria parte mia
che fiera s’alterna
nel delicato equilibrio.
Ergi, il respiro del silenzio
che del Cammino mio
all’insaputa hai scelto.
Premura o inganno?
Torni, oh mio Regista,
che latente mi conduci
verso stelle che ancora
distinguo sfocate
sulla via che scorgo
oltre l’Alto del Perdòn.
Verso lacrime di luce
sul tesoro che deponi
ai peccati miei dinnanzi
e nel dono io mi desto
realizzando che nessuno
appagare mai potrà
quest’anima che piange
al solo Tuo richiamo.
Non trovano sbocco
i timidi zampilli
ch’inondare bramano
le profondità
dei cuori delicati.
-Ma forse laggiù
un cuore delicato
sta già cercando te-
Nell’alba immersa
all’amicizia torno
fedele compagna di passi,
novella compagna di risa.
Esplode contagiosa
l’irrefrenabile allegria
che all’apice sfiora
sembianze di pazzia.
Quale tempra
per un animo ferito!
Quell’animo piangente
che consolato
ride!
Nel piacevole sapore
d’una me rinfrescata
assemblo -collante-
i due volti del Cammino
e nel centro dei poli
rivesto
l’inatteso ruolo.
Stampata nel cuore
del grano la tappa
ch’espone al sole
quell’animo mio
che -dal corpo stremato-
espelle benefiche
le contagiose risa:
d’allegria si risana
l’espanso dolore.
E quanta gioia
-io-
della gioia l’artefice!
Pochi passi
all’altra meta
e pochi -i tuoi-
per raggiungere i miei.
Galeotto quel sorriso
che trapassa gl’occhi verdi,
alla Fiesta del Pueblo
magnete m’attrae
e nella giostra della mente
la conferma mi giunge.
Aro la terra
e ti lascio
fattore
coltivarla se vorrai
mentre tu -accurato-
già deponi
delle piccole sementi.
Dell’Assunta quella notte
gentile -sagace-
mi sfiori
e nel giorno che nasce
altri semi sotterri.
Ferma.
La mia stasi ti dono
amica pellegrina
e del giorno di svolta
traccio il confine.
Si sgretola un volto
nel distacco
che bagna gl’occhi miei.
E la notte del passaggio
per prima ci vede
sognare insieme.
Indistinta sorprendo
quella parte fusa in te,
svegliata nell’alba
d’un nuovo volto
che riflette
il nuovo volto mio.
Silenziose, le rinnovate labbra
che solo si schiudono
al sublime ciel dinnanzi.
Moderni i pellegrini
dall’ebbrezza ispanica corrotti
ed io -mascherata-
tra quelli.
Nel dolore crescente
stremata
sul ciglio della strada
ai piedi miei
concedo tregua.
Danza, cuor mio
nella meta conquistata
esulta -silenzioso-
dell’agognato timbro
e vincente godi
il sofferto rifugio.
Tacita la gioia
nell’unione nostra neonata;
delicato l’abbandono del mio viso
sul pulsare del tuo cuore.
S’innalzano tre ombre
dalla terra ch’arde
al paziente rinnovo
dell’infocata Stella.
E di bellezza
acceco gl’occhi miei.
Quand’ecco mi sorprendi
chinarti sul terreno
tracciando dipinti
nell’insolito conoscersi.
Profani noi
nell’antico borgo
che di Santo Domingo
conserva le spoglie
e scatto
al calar del giorno
dei nostri tre volti
l’istantanea più bella.
Cammino a stento
su’ piedi lacerati
e trapasso il dolore
mentre trattengo
gocce di sale.
Anelo un richiamo
che nel buio mi giunga
e dal buio -nel frangente-
invochi il mio nome.
Solitaria mi dipingo
nel giorno che nasce
e nell’alba mi disperdo
per scoprire nella croce
la strada che conduce
al cammino della luce.
Sola
nel silenzio
ché del Ciel ancora
bramo compagnia
e pe’ scansarmi delicata
dall’intesa che comprendo
primeggia sopra noi.
Piccola
nell’alta vastità
immersa,
all’arida Spagna dinnanzi
commossa.
Gocce di sorrisi passati
come pianto del pianto che sarà
la futura nostalgia.
Sola
la sola meta
che sola raggiungo;
dell’acqua cristallina esulto
se rafforzata
la paura depongo.
Posate le pellegrine vesti
all’acque benefiche giungi
mentre l’intime acque
stratega raggiungi.
L’ombra della nuova Stella
silente non chiede altro cammino
e dal Cielo sorretta
l’ombra novella
l’amico affianca.
Liberi noi
nel tacito dono
poterci vivere!
Sollievo, nel costante dolore!
Del maligno magnete
il cuore gentile,
cieco dell’arma
che scaglio dinnanzi.
Al rifugio ch’accoglie
i più stremati piedi miei,
le fiamme che prime
mi scovi nel cuore
sotto il cielo ch’imbrunito
ci strappa la promessa.
E s’accende -prematura?-
del riposo la notte!
Soli
nell’ultima tappa
di magiche luci dipinta.
Prosegue l’amico
che d’empatia sorprende.
Emana gratitudine
l’intima mia voce
dentro un cielo surreale
dal Tuo legno coronato.
E “fin quando il pellegrino
dominò nel borgo
i monti di Navarra
e vide gli estesi
campi di Spagna,
mai poté godere
d’una vista bella come questa”
e di unici momenti
avvolgiamo i nostri passi.
Noi
che con noi
l’ardua tappa pare lieve.
Conquisto con Burgos
la meta prefissata
che la stregua del dolore
non rimosse dal mio mare.
E quanta luce
della luce la conquista!
All’ora del saluto
l’abbraccio dei ricordi
getta sale nello sguardo
e purifica l’anima
l’alta commozione
della sola parola:
ricchezza.
Dei doni Celesti
realizzo la magia
e le gocce di vita
bagnano il suolo
del viaggio che segna
il Cammino di Santiago.
Della nobile preghiera
si riveste commossa
la più vera parola:
grazie.
E del Cammino mio
il cuore rinnovato
-senza più timore-
nel silenzio
sogna.
Pubblicata su "TIMIDI ZAMPILLI" libro di poesia di Mara Spoldi
agosto 2009
Parti.
La paura del sogno
si fa presto magia
e la mente dischiusa
accoglie delicata
i colori del silenzio.
Ricerco l’emblema
che più mi distingua
e del fascino dei simboli
esulta l’estro mio
nel vedere ondeggiar
l’allegorica conchiglia.
Nella prima battaglia
il sorriso d’un saluto
d’oro dipinge
il muro di nebbia
che lenta si dirada
nelle calde sfumature
d’un nuovo tramonto.
Incapace di schivare
del cuore l’utopia,
il sonno trattengo
e ritorno viva.
L’alba che nasce
diffonde il sapore
di nuovi sorrisi,
dilatati nella luce
dei complici passi
d’una sola parola:
amicizia.
Trasporta la notte
l’irrequieta rincorsa
del silenzio solitario
che bramo se del Cielo
la mancanza mi pervade.
Sola
nel verde delle frasche
scorgo nel mio sguardo
la più nobile preghiera.
Silenzio
necessario per udire
le parole nella svolta
dove tu già
seguivi i passi miei.
Inaspettato
il succedersi dei giorni
accanto a te.
Socievole sorprendo
la solitaria parte mia
che fiera s’alterna
nel delicato equilibrio.
Ergi, il respiro del silenzio
che del Cammino mio
all’insaputa hai scelto.
Premura o inganno?
Torni, oh mio Regista,
che latente mi conduci
verso stelle che ancora
distinguo sfocate
sulla via che scorgo
oltre l’Alto del Perdòn.
Verso lacrime di luce
sul tesoro che deponi
ai peccati miei dinnanzi
e nel dono io mi desto
realizzando che nessuno
appagare mai potrà
quest’anima che piange
al solo Tuo richiamo.
Non trovano sbocco
i timidi zampilli
ch’inondare bramano
le profondità
dei cuori delicati.
-Ma forse laggiù
un cuore delicato
sta già cercando te-
Nell’alba immersa
all’amicizia torno
fedele compagna di passi,
novella compagna di risa.
Esplode contagiosa
l’irrefrenabile allegria
che all’apice sfiora
sembianze di pazzia.
Quale tempra
per un animo ferito!
Quell’animo piangente
che consolato
ride!
Nel piacevole sapore
d’una me rinfrescata
assemblo -collante-
i due volti del Cammino
e nel centro dei poli
rivesto
l’inatteso ruolo.
Stampata nel cuore
del grano la tappa
ch’espone al sole
quell’animo mio
che -dal corpo stremato-
espelle benefiche
le contagiose risa:
d’allegria si risana
l’espanso dolore.
E quanta gioia
-io-
della gioia l’artefice!
Pochi passi
all’altra meta
e pochi -i tuoi-
per raggiungere i miei.
Galeotto quel sorriso
che trapassa gl’occhi verdi,
alla Fiesta del Pueblo
magnete m’attrae
e nella giostra della mente
la conferma mi giunge.
Aro la terra
e ti lascio
fattore
coltivarla se vorrai
mentre tu -accurato-
già deponi
delle piccole sementi.
Dell’Assunta quella notte
gentile -sagace-
mi sfiori
e nel giorno che nasce
altri semi sotterri.
Ferma.
La mia stasi ti dono
amica pellegrina
e del giorno di svolta
traccio il confine.
Si sgretola un volto
nel distacco
che bagna gl’occhi miei.
E la notte del passaggio
per prima ci vede
sognare insieme.
Indistinta sorprendo
quella parte fusa in te,
svegliata nell’alba
d’un nuovo volto
che riflette
il nuovo volto mio.
Silenziose, le rinnovate labbra
che solo si schiudono
al sublime ciel dinnanzi.
Moderni i pellegrini
dall’ebbrezza ispanica corrotti
ed io -mascherata-
tra quelli.
Nel dolore crescente
stremata
sul ciglio della strada
ai piedi miei
concedo tregua.
Danza, cuor mio
nella meta conquistata
esulta -silenzioso-
dell’agognato timbro
e vincente godi
il sofferto rifugio.
Tacita la gioia
nell’unione nostra neonata;
delicato l’abbandono del mio viso
sul pulsare del tuo cuore.
S’innalzano tre ombre
dalla terra ch’arde
al paziente rinnovo
dell’infocata Stella.
E di bellezza
acceco gl’occhi miei.
Quand’ecco mi sorprendi
chinarti sul terreno
tracciando dipinti
nell’insolito conoscersi.
Profani noi
nell’antico borgo
che di Santo Domingo
conserva le spoglie
e scatto
al calar del giorno
dei nostri tre volti
l’istantanea più bella.
Cammino a stento
su’ piedi lacerati
e trapasso il dolore
mentre trattengo
gocce di sale.
Anelo un richiamo
che nel buio mi giunga
e dal buio -nel frangente-
invochi il mio nome.
Solitaria mi dipingo
nel giorno che nasce
e nell’alba mi disperdo
per scoprire nella croce
la strada che conduce
al cammino della luce.
Sola
nel silenzio
ché del Ciel ancora
bramo compagnia
e pe’ scansarmi delicata
dall’intesa che comprendo
primeggia sopra noi.
Piccola
nell’alta vastità
immersa,
all’arida Spagna dinnanzi
commossa.
Gocce di sorrisi passati
come pianto del pianto che sarà
la futura nostalgia.
Sola
la sola meta
che sola raggiungo;
dell’acqua cristallina esulto
se rafforzata
la paura depongo.
Posate le pellegrine vesti
all’acque benefiche giungi
mentre l’intime acque
stratega raggiungi.
L’ombra della nuova Stella
silente non chiede altro cammino
e dal Cielo sorretta
l’ombra novella
l’amico affianca.
Liberi noi
nel tacito dono
poterci vivere!
Sollievo, nel costante dolore!
Del maligno magnete
il cuore gentile,
cieco dell’arma
che scaglio dinnanzi.
Al rifugio ch’accoglie
i più stremati piedi miei,
le fiamme che prime
mi scovi nel cuore
sotto il cielo ch’imbrunito
ci strappa la promessa.
E s’accende -prematura?-
del riposo la notte!
Soli
nell’ultima tappa
di magiche luci dipinta.
Prosegue l’amico
che d’empatia sorprende.
Emana gratitudine
l’intima mia voce
dentro un cielo surreale
dal Tuo legno coronato.
E “fin quando il pellegrino
dominò nel borgo
i monti di Navarra
e vide gli estesi
campi di Spagna,
mai poté godere
d’una vista bella come questa”
e di unici momenti
avvolgiamo i nostri passi.
Noi
che con noi
l’ardua tappa pare lieve.
Conquisto con Burgos
la meta prefissata
che la stregua del dolore
non rimosse dal mio mare.
E quanta luce
della luce la conquista!
All’ora del saluto
l’abbraccio dei ricordi
getta sale nello sguardo
e purifica l’anima
l’alta commozione
della sola parola:
ricchezza.
Dei doni Celesti
realizzo la magia
e le gocce di vita
bagnano il suolo
del viaggio che segna
il Cammino di Santiago.
Della nobile preghiera
si riveste commossa
la più vera parola:
grazie.
E del Cammino mio
il cuore rinnovato
-senza più timore-
nel silenzio
sogna.
Pubblicata su "TIMIDI ZAMPILLI" libro di poesia di Mara Spoldi