L’arte e la sapienza scenica di Mimmo Cuticchio costituiscono il filo che unifica gli scritti di questo volume. Quello che in essi affiora costantemente e la necessita di collocare quest’arte e questa sapienza nella sfera del teatro strappandole, una volta per tutte, al professionismo del “teatro minore” in cui spesso sono rinchiusi, e ingiustamente soffocati, l’Opera dei pupi e il Cunto. Ritorna poi la convinzione che il contesto dal quale Mimmo Cuticchio proviene sia non una teca in cui racchiudere e conservare la sua esperienza ma la fondazione di una propria tradizione. Come scrive Ferdinando Taviani, Cuticchio «non capeggia un’istituzione. E non e neppure un baule di beni culturali che possono facilmente esporsi o diffondersi. E un bene culturale vivente. Il suo sapere e in continuo divenire […], un teatro nuovo, che dilata i propri confini e supera le dimensioni della dimora originaria. E in questa trasformazione che i valori di una tradizione culturale siciliana vivono piuttosto che sopravvivere. E diventano una parte significativa del teatro italiano, senza isolamenti regionali». E in questa trasformazione che Cuticchio diventa un maestro del teatro italiano.
Mimmo Cuticchio (1948) e il piu importante erede della tradizione dei cuntastorie e dell’arte del teatro dei Pupi siciliani. Nel 1973 apre a Palermo il Teatro dei Pupi Santa Rosalia. Nel 1977 fonda l’Associazione figli d’Arte Cuticchio, che accorpa la compagnia omonima, nel cui cammino si inseriscono il Festival annuale La Macchina dei Sogni, giunto alla ventesima edizione, la prima Scuola per pupari e cuntisti, Una tradizione in viaggio, e spettacoli di grande fascino e successo come La spada di Celano, Visita guidata all’Opera dei pupi, L’urlo del mostro, La storia di Manon Lescaut e del Cavaliere des Grieux, Macbeth per pupi e cunto e Don Giovanni all’Opera dei pupi.
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