Fare poesia non è solo scrivere versi in rima ma è soprattutto creazione, ovvero “ex-stasis” (uscita dallo stato attuale), che viene “imprigionata” nella scrittura. Ma non si crea senza essere “èn-theos”, cioè con un dio dentro!Nel gesto fulmineo di una prosa breve, quella di un verso, s’incrocia il respiro metafisico che “si traduce talora nel disincanto, altre volte nella bramosia dell’infinito”. Ciò traspare nel recente volumetto di Federico Guastella, “Geroglifico” (Libreria Editrice Urso, Avola-Sr 2012, pp. 56), silloge poetica, anzi, articolato e complesso “mosaico poetico” in cui i versi si sviluppano con delicata eleganza pittorica e le emozioni sono intese come “carezza dell’aria dinanzi al mare che odora di labbra di corallo”.Paternese di nascita, etneo di animo e ibleo di cuore, Guastella raccoglie nel suo DNA la secolare essenza del balcone di Sicilia essendo vissuto, fin dalla tenera età, a Chiaramonte Gulfi. Un buon tratto della sua vita è percorso ad insegnare Scienze umane e Storia nelle scuole del capoluogo ibleo dove trascorre il suo tempo libero a scrivere poesie, racconti e saggi.Quello di Guastella è un poetare in cui il verso è memoria nel senso più alto del termine e il “fluire vagabondo del tempo” va a “rastrellare le visioni sdraiate al mio fianco”. È da questo humus che affiorano i temi universali dell’uomo, quali:
l’amore (“spicchio di luna smaniosa / e un petalo segreto del tuo sorriso”);
gli affetti (“favole profumate di lucciole / … gioie che sapevano di pane caldo”);
il dolore (“tarlo che rosicchia”);
la nostalgia (“farfalle fra i petali del cuore”);
il delicato fascino dell’eros (“desiderio bruciante / che cerca il tuo respiro”); l’anelito verso il divino (“voglia d’infinita luce”);
il ricordo della provvida madre (“l’anima tua / come respiro di rosa giunge / a cullarmi … / quando il tramonto / si adagiava sui rami degli ulivi”).
Spicca, di verso in verso, la pluridirezionalità del profondo sentire.Appropriate scelte lessicali ed il ritmo del verso, calibrato come un giro di valzer, ben si accordano con un afflato placido e meditativo. Molecole di ricordi, come “briciole di abbracci in fondo all’animo”, “guizzano nel pentagramma del flash-back” in una lirica ossimorica in cui tutto è imperniato sul gioco del contrasto: luce e tenebra, speranza e caduta, solitudine e solidarietà. La musicalità del verso, travolgente nella poesia “Geroglifico” che dà il titolo alla silloge, zampilla di foglio in foglio mentre la “parola dal dolce suono d’eternità” trasforma il poeta in “pittore senza colori” dando all’istante poetico sia un “verso” sia un “recto”.
Giuseppe Nativo
(in http://www.ondaiblea.it) |