DA Salvatore
Martorana, ITINERARI STORICI AVOLESI,
Avola 1991
1. - PERIODO
PRE-GRECO
La
storia del Comune di Avola ha inizio nel periodo preistorico; secondo
Francesco Di Maria la città fu fondata dai Sicani nei primi anni
del XVII secolo a.C. ed è la mitica Ibla che, per l'ampiezza del
territorio, lo sviluppo civile, la floridezza economica, l'antichità
delle origini meritò l'appellativo di Maior, con cui la si volle
distinguere dalle altre tre o quattro cittadine omonime che, in tempi
successivi, furono fondate in altri luoghi della Sicilia e vengono ricordate
da autorevoli scrittori antichi a proposito di eventi storici di notevole
importanza. Sulla identificazione di Ibla di età preistorica, greca
e romana con Avola Antica hanno scritto, diffusamente e con appassionata
convinzione, lo stesso Di Maria, nella sua seconda opera scritta per dimostrare
alla luce dei fatti storici la sua convinzione, e, a distanza di moltissimi
anni, un altro avolese, Corrado Caldarella Tiberio; noi non abbiamo la
stessa loro certezza sulla identificazione di Ibla con Avola Antica perché
non abbiamo trovato chiare indicazioni nelle fonti antiche. Bisogna, d'altronde,
dire che le fonti medievali e moderne identificano in Avola Antica la
discendente della sicana Ibla, per cui il Di Maria e il Caldarella Tiberio,
come i loro seguaci, non azzardano ipotesi inverosimili.
È
fuor di dubbio che l'altopiano ibleo, comprendente la vasta area collinare
dell'attuale Avola Antica, fu intensamente abitato a partire dalla Media
Età del Bronzo (XV secolo a.C.), quando la Sicilia era ancora abitata
dai Sicani; questo viene confermato dai reperti archeologici venuti alla
luce talora occasionalmente o a séguito di scavi esplorativi condotti,
però, senza sistematica continuità, nell'arco di un secolo
o poco più. La calata dei Siculi nella nostra isola dal Continenteavvenuta
almeno in due fasi, di cui la prima nel 1270 e la seconda ed ultima nel
1050interessò anche la nostra zona montana in cui si insediarono
i nuovi invasori; tale insediamento è attestato dai circa quaranta
sepolcri, ancora visibili nella roccia del Cozzo Tirone, risalenti ai
secoli X-VIII a.C., a ridosso, cioè, della prima colonizzazione
greca che avvenne nel 750, circa, a.C. A quest'ultimo periodo risale il
materiale ricavato dalla ripulitura di tombe rinvenute nel Cozzo Tirone
e nel vallone Ronchetto-Pisciarello, di cui uno dei documenti è
l'anfora riportata nella figura 1.
Sulla
base della documentazione archeologica alcuni studiosi hanno avanzato
l'ipotesi che il centro urbano sorto nella zona collinare di Avola Antica
- che, d'ora in poi, per comodità se non per convinzione, chiameremo
Ibla fu abbastanza fiorente in epoca protostorica, grazie alla
felice disposizione topografica in cui è situato: esso, infatti,
è protetto da tre valloni che costituiscono invalicabili difese
naturali da incursioni provenienti dal mare ed è a breve distanza
dalla costa. Per questa invidiabile posizione geografica Ibla fu così
stazione appetibile a viaggiatori d'oltremare talché è lecito
immaginareed è suggestiva ipotesi che essa sia stata
un centro di primaria importanza commerciale per i manufatti degl'indigeni
dell'entroterra ibleo e per le merci provenienti dall'Oriente, portatevi,
molto probabilmente, dai Fenici, la cui presenza nella nostra zona pare
che si possa fare risalire alla seconda metà dell'XI secolo a.C.;
si aggiunge che, in epoca antecedente, il flusso commerciale miceneo aveva
potuto interessare anche Ibla, come aveva interessato la penisoletta di
Magnisi e altri punti della costa orientale siciliana.
2.
PERIODO GRECO 800-300 a.C
Non
è, dunque, peregrino congetturare che, già all'arrivo dei
Greci sulla costa orientale siciliana, Ibla avesse raggiunto un florido
stato economico e che per qualche tempo ancora lo abbia mantenuto. Alla
sicurezza economica si sarebbe accompagnata la sicurezza dei confini,
garantiti dalle difese naturali, come abbiamo sopra detto. È, forse,
a questi due aspetti che il Di Maria, sulla scorta delle sue fonti, fa
risalire i privilegi di cui avrebbe goduto Ibla al tempo di Ducezio, re
dei Siculi. Questi, si sa, aveva tentato di organizzare la rivolta delle
città sicule contro le colonie greche che erano state dedotte sulle
fasce costiere meridionale ed orientale della Sicilia; a tal fine aveva
riunito le genti sicule in una sorta di confederazione e a ciascuna delle
città confederate aveva imposto un tributo.
Iblaè sempre il Di Maria a narrarlosarebbe stata esonerata
dal pagare il tributo, cosa che non ci deve meravigliare considerando
a quali e quanti pericoli essa si sarebbe esposta a dichiararsi apertamente
nemica di una città vicina e potente come Siracusa, con cui doveva,
certo, mantenere rapporti di natura commerciale. Di questi rapporti, sono,
forse, testi i numerosi tesoretti monetali rinvenuti nel territorio avolese,
tra i quali spicca per importanza quello ritrovato nel 1914 in contrada
Mammanelli e di cui diede notizia nel 1917 Paolo Orsi. In un vaso fittile
grezzo erano contenute trecento o quattrocento monete d'oro emesse dalla
fine del V fino alla metà del IV secolo a.C.; molte monete erano
state coniate per celebrare un felice evento che l'Orsi pensò potesse
essere la vittoria riportata sugli Ateniesi da parte delle forze alleate
dei Siracusani e degli Spartani nella seconda fase della guerra del Peloponneso,
che si concluse, nel Settembre del 413 a.C., nelle nostre contrade. A
questa battaglia riporta anche il tesoretto di duemila monete, di cui
diede notizia lo stesso archeologo nel 1891, avanzando l'ipotesi che fosse
il tesoro dell'esercito ateniese in fuga, che se ne disfece per potere
procedere speditamente. Ecco, molto sinteticamente, le drammatiche fasi
della disfatta ateniese, come si leggono in Tucidide4: al comando di Nicia,
uno dei due generali ateniesi, l'esercito, superata la difesa siracusana
al guado del fiume Cassibile, invece che risalire il fiume lungo la Cava
Grande, si diresse verso l'Erineo, in territorio neutrale se non amico.
Accampatosi su una collina al di là del fiume, si rimise in marcia
a due giorni dall'arrivo, dirigendosi verso l'Asinaro, laddove termina
il fiume, in contrada Falconara. Fu proprio qui che avvenne la strage
dell'esercito ateniese perché i soldati, stanchi ed assetati, sfiancati
dalla calura del nostro Settembre, si precipitarono disordinatamente a
bere offrendosi come insperato, facile bersaglio al nemico. I morti furono
migliaia mentre i superstiti, in numero di 7000, si arresero e finirono
i loro giorni nelle latomie siracusane. In quegli stessi anni, lungo il
litorale avolese, nella località che oggi chiamiamo Falari, i Siracusani
fondavano una cittadina, di nome Talaria, con l'intento, certo, di farne
un avamposto difensivo. Già il Di Maria riferiva che esistevano
ai suoi tempi "nello Scaro volgarmente detto, Faudale, evidenti segni
di antichità" ma non fa cenno alla cittadina di Talaria, che
è menzionata da Stefano di Bisanzio e i cui abitanti sono citati
da Plinio il Vecchio.
3.
PERIODO ROMANO 300 A.C. - 476 d.C.
Relativamente
a questo periodo non si hanno notizie storiche di sicura attendibilità
intorno ad Avola o ad Ibla. Al di là del nome non sappiamo nulla
neppure di Talaria. Dal Di Maria apprendiamo che Ibla passò ai
Cartaginesi una volta che Marcello, il vincitore di Siracusa nel 210,
partì dalla Sícilia per Roma, e che il pretore Marco Cornelio
la ricondusse sotto la dominazione romana. Riportiamo queste notizie per
averle lette, ma non perché le riteniamo credibili, mancando il
riscontro nella storiografia accreditata. Tuttavia, se mancano documenti
storiografici, non si può pensare che non ci sia stata forma di
vita in luoghi già intensamente abitati e così vicini ad
una grande potenza come Siracusa. In tal senso ci viene incontro l'archeologia
con il suo ínequivocabile linguaggio. Nel 1954 furono ritrovate
in contrada Borgellusa tre statuette -Demetra, Kore ed Heracles - della
fine del III o dell'inízio del II secolo a.C.; nello stesso anno
fu individuata una costruzione romana del I secolo a.C.; procedendo lungo
il litorale avolese, è stato ritrovato in contrada Piccìo
un complesso agricolo industriale di questo stesso periodo. Si dice oggi
che lungo il litorale da Falari a Calabernardo(La Balata) siano disseminate
un numero imprecisato di ville di epoca romana; si tramanda pure che proprio
a Falari si siano trovate, in epoca remota, monete greche ed altre dei
tempi degli imperatori romani Nerva e Gordiano Pio. Arriviamo così,
seguendo i rinvenimenti dell'epoca imperiale, agli anni della diffusione
del Cristianesimo: allora sarebbe approdato sul litorale di Avola l'apostolo
Paolo che, per dissetarsi, avrebbe fatto sorgere un pozzo di acqua fresca;
qui tutte le bisce che bevono, morirebbero. Negli stessi anni, esattamente
nel 143 d. C., sarebbe arrivata ad Avola la nostra santa patrona, S. Venera,
che si sarebbe rifugiata nella grotta che da lei prende il nome ad Avola
Antica. Sono leggende che riportiamo per documentare quanto ricco sia
il patrimonio popolare. |