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"AVOLA DA CASALE A CITTÀ – I BANNI BARONALI"
PRESENTATO A NOTO IL LIBRO DI SARO CUDA
Sabato 6 aprile del 2019 nei locali dell'ex Convento dei Cappuccini, nonché dell'ex Cantina Sperimentale, si è svolta a Noto l’interessante presentazione del libro di Baldassare Cuda "Avola da casale a città - I banni baronali", edito a fine 2018 dalla Libreria Editrice Urso. L'organizzazione dell'evento voluto dall'Archeoclub di Noto è stata tutta nelle mani della sua valida presidente, l'archeologa Laura Falesi, che ha pure introdotto e moderato la serata, a cui ha partecipato un numeroso e attento pubblico che in diverse occasioni ha molto gradito con applausi.
L'autore del volume ha spiegato a braccio la complessità e l'impegno delle sue ricerche in archivi vari e, poi, con l'aiuto di immagini proiettate su una parete, ha dimostrato con documenti certi, dal Duecento in poi, la storia della città, arrivando sino agli inizi dell'Ottocento.
Era la seconda volta che si presentava il libro (dopo la precedente esperienza fatta alla Biblioteca Comunale-Archivio Comunale di Avola) e questa volta è stato ancora più piacevole e interessante di quell’altra!
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Per sapere di più
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Baldassare Cuda
Avola da Casale a città
I BANNI BARONALI
2018, 8°, pp. 208, € 18,00
Libreria Editrice Urso,
Collana Mneme n. 53
ISBN 978-88-6954-192-6
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(…) Questo volume di Saro Cuda, “Avola: da casale a città”, … si inserisce autorevolmente nella ricerca storica su Avola, che non è certo priva di momenti significativi, ma che rivela un andamento spesso ineguale e sistematico, legato alle contingenze e alle occasioni particolari. Ma questo dato è legato alla condizione generale, che vede le città siciliane sottoposte ad analisi storiografiche solo di recente.
L’opera di Cuda privilegia, invece, la dimensione dell’organicità e della sistematicità e aspira a inquadrare e a organizzare gli studi e la documentazione su Avola in epoca spagnola, per comporre un quadro unitario, quale può essere solamente ricavato sulla base di una vasta e capillare ricerca di documenti storici ufficiali. Sono, infatti, questi ultimi che possono sottrarre la città e la sua storia ai giudizi epidermici e acriticamente localistici, per consegnarle ai flussi della storia, dai quali emerge un passato complesso e articolato, frutto di decisioni e di azioni maturate ai vari livelli, dal potere centrale fino alle ramificazioni periferiche, in una catena di potere nella quale emerge sempre il ruolo egemonico dell’aristocrazia feudale.
Il volume di Cuda colma, quindi, una lacuna e spero diventi il punto di partenza per ulteriori e nuove ricerche.
Sebastiano Amato
Presidente della Società Siracusana di Storia Patria
Baldassare Cuda, meglio conosciuto come Saro, è nato a Mazzarino (CL) nel 1950, vive ad Avola dal 1977.
Sposato, con un figlio.
Impegnato nei movimenti per la pace e l'ambiente, è tra i soci dell'Associazione “Acquanuvena”, all'interno della quale ha sviluppato un'attenzione particolare alla conoscenza del territorio nei suoi aspetti storico-antropologici.
È guida naturalistica ambientale.
Questa pubblicazione è frutto di una ricerca fatta soprattutto a partire dai documenti dell'Archivio Storico Comunale di Avola.
Ha già pubblicato, con la stessa casa editrice Urso, “Quando la terra era di tutti” (2008).
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Baldassare Cuda
Quando
la terra era di tutti.
Gli Usi Civici
ad Avola
2008,
8°, pp. 224, ill., € 25,00
ISBN 978-88-96071-00-7
Collana Territorio e memoria
- Associazione Acquanuvena N. 1
Contributi
alla conoscenza della storia del territorio avolese |
Pianta delle Terre assegnate dalli Sig.ri Giurati e Sindaco d’Avola per lo jus Pascendi alla Università di Noto. 1780 (particolare).
Foto di Carlo Restuccia gentilmente concessaci dalla Pro Loco di Avola.
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[...]È convinzione diffusa che gli usi civici siano un mero reperto
storico, una reliquia del lontano Medioevo, un retaggio di tempi
andati, che possono interessare solo qualche specialista o qualche
“nostalgico”. Se poi, invece, capita di leggere la Gazzetta Ufficiale
della Regione Siciliana, si ha notizia di un Commissario regionale
per la liquidazione degli usi civici in Sicilia, oppure si apprendono
norme sugli stessi usi civici in leggi regionali ancora fra
2000 e 2004. Insomma si ha a che fare con una realtà ancora esistente,
con una forma organizzativa della proprietà e dell’uso della
terra ancora viva e dinamica.
A rafforzare l’errata convinzione della inattualità di una ricerca
sugli usi civici contribuiscono la mancata loro iscrizione nei libri
fondiari e soprattutto la scomparsa delle documentazioni dagli
archivi storici, in primo luogo quelli comunali. Ma anche in questo
caso chi si arma della pazienza necessaria a qualsiasi ricerca
archivistica può ribaltare l’opinione comune e dar vita a indagini
storiche di alto profilo. Questo è possibile nel caso di Avola, grazie
alla conservazione dell’Archivio storico comunale.
Capita raramente di ritrovare archivi comunali “ben trattati”,
nei quali siano organizzati i fondi e fra questi i documenti riguardanti
gli usi civici e il patrimonio demaniale dello stesso Comune;
capita ancora più raramente che su uno di questi archivi comunali
si posi l’occhio curioso dello studioso e vi si appoggi la fatica
attenta della ricerca. Quindi è da salutare con grande soddisfazione
l’incontro fra l’Archivio storico comunale di Avola e il ricercatore
Saro Cuda.
In effetti nella storiografia italiana attuale le ricerche sugli usi
civici non sembrano né di moda, né numerose. Si era avuta una
stagione proficua nell’età di passaggio fra Otto e Novecento, grazie
allo sviluppo di una scuola storico-giuridica che in Sicilia
aveva avuto diversi e brillanti epigoni. Poi era calato il silenzio,
anche perché il contesto politico-istituzionale si era fatto tutt’altro
che favorevole a ricerche sulle proprietà collettive o sugli usi della
terra “dal basso”, da parte degli strati popolari delle società locali.
“Legnare, pascere, seminare” in forme comunitarie era progressivamente
proibito prima dalle usurpazioni e poi dal quadro giuridico
di una protezione della proprietà privata di carattere sempre più
spiccatamente capitalistico: la storiografia non poteva non essere
molto condizionata da questo contesto, caratterizzato prima dal
sistema liberale e poi dal regime fascista. Soltanto dietro le spinte
del movimento contadino nel secondo dopoguerra era ripartita la
ricerca sugli usi civici e sulla proprietà collettiva. E di nuovo, ai
nostri giorni, alcuni storici italiani hanno ripreso ad interessarsene,
risentendo dell’attenzione dei movimenti altermondialisti alla questione
agraria e alla sua storia.
In quest’ambito storiografico s’inserisce la ricerca di Cuda, che
storico non è di professione, ma che storico si fa partendo dal suo
“andar per colli e valli” iblei e facendo scorrere il suo occhio sui
segni del territorio.
Nacque allo stesso modo, nel lontano 1931, un
capolavoro della storiografia europea: I caratteri originali della
storia rurale francese. Marc Bloch viaggiava in treno e guardava
fuori dal finestrino la campagna scorrere sotto i suoi occhi: si pose
così una serie di interrogativi sui segni di quel territorio. Non si ha
qui alcuna pretesa comparativa, ma il metodo seguito da Cuda è
simile. Non si accontenta della memoria dei più anziani, anche
perché scoprirà poi nei documenti scritti d’ancien régime che pure
allora si diceva: gli usi civici risalgono così indietro nel tempo da
travalicare i tempi “a memoria d’uomo”.
Inoltre Cuda ha una difficoltà in più rispetto a Bloch – ancora
lungi qualsiasi comparazione! – la bellezza del paesaggio ibleo,
dalla marina alla montagna, dalle “cave” alle grotte, ai corsi d’acqua.
C’è da superare il fascino del “pittoresco”, lo splendore della
luce, il rischio dell’estetismo, per chiedersi quali relazioni sociali
si potessero innestare nei tempi trascorsi in quell’ambiente così
affascinante dal punto di vista paesaggistico, ma anche così ostile
dal punto di vista del lavoro umano della sua trasformazione.
Qualcuno avrà pure coltivato quelle terre; qualcuno avrà portato
animali al pascolo; qualcuno avrà pure sudato la vita e avrà lottato
contro la sfida dell’ambiente e contro le relazioni sociali ingiuste.
E a questo qualcuno la ricerca viene dedicata.
Abbiamo qui un esempio di “storia dal basso”, di quella “history
from below” di cui aveva parlato Edward Thompson, storico inglese senza cattedra e pacifista, incontrato a Comiso da chi marciava
ed elaborava contro i missili Cruise. Quel movimento innestava
domande sulla storia di quest’area della Sicilia, sui suoi protagonisti,
sulla sua storia. Interpellava gli intellettuali, soprattutto
quelli locali, che fino a quel punto si era crogiolati in storie di campanile,
in storie “dilettanti”. La scelta non poteva più essere quella
erudita e tradizionale delle genealogie dei “potenti” dell’epoca
moderna: il contemporaneo irrompeva nel passato, ma non per
anacronismi fuori luogo e scorretti dal punto di vista metodologico.
La storia dell’area siracusana e ragusana non poteva più essere
quella dei conti di Modica, dei Landolina, degli Aragona Pignatelli, dei marchesi di Cassibile: c’era un altro protagonista
nella trama storica da mettere in luce, altrimenti questa sarebbe
rimasta monca. A quel protagonista - il movimento di lungo periodo
dei contadini - dedica oggi la sua attenzione Saro Cuda, passando
attraverso la durevole contesa della terra, attuata da una parte
rispetto alla terra stessa, al modo in cui madre natura l’aveva fatta,
e dall’altra rispetto a chi se ne era fatto padrone nel tempo, sfruttando
al massimo il regime feudale nelle sue espressioni giuridiche,
economiche e spesso attraverso l’esercizio della violenza.
Avola non è un posto qualunque: sulle strade appena fuori dal
paese il 2 dicembre del 1968 vengono uccisi dalla polizia Angelo Sigona e Giuseppe Scibilia; altri cinquanta contadini restano feriti.
Da metà novembre erano scesi in piazza per lottare contro le
cosiddette “gabbie salariali”, un provvedimento assolutamente
ingiusto e discriminatorio fra contadini del Sud e contadini del Nord. Ma Avola non era stata neanche storicamente un posto qualunque:
il titolo che Cuda ha voluto dare al suo lavoro - “Quando
la terra era di tutti” - lo dimostra a pieno...
dalla Introduzione di Giuseppe Restifo
Giuseppe Restifo, professore di storia moderna all’Università di Messina, è direttore della rivista Incontri Mediterranei; specialista di storia delle epidemie, di demografia storica e di storia dell’area mediterranea. Su questi temi ha scritto diversi saggi; tra essi: Peste al confine. L’epidemia di Messina del 1743, 1984; Le ultime piaghe. Le pesti nel Mediterraneo (1720-1820), 1994; Taormina da borgo a città turistica. Nascita e costruzione di un luogo turistico nelle relazioni fra visitatori e nativi 1750-1950, 1996. Ha curato inoltre i volumi Epidemie e società nel Mediterraneo di età moderna, 2001, e Eredità del XX secolo in Medio Oriente, 2002.
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