Salvatore Salemi per 'Juliette cara' di Benito Marziano
01-10-2009 inserito da ciccio; categoria Novita' in libreria. Novita' in libreria
LocandinaQuella che segue e' la relazione di Salvatore Salemi
alla presentazione dei libro di Benito Marziano,
che si tenne a Noto il 20 giugno 2009 nella Sala Gagliardi per gli incontri culturali
aventi ad oggetto libri e opere della Libreria Editrice Urso
che da qualche tempo vengono proposti con un logo creato per l'occasione
coniugando i libri col nome della citta' (in questo caso
NOTOLIBRI),
come dalla immagine della locandina che qui a fianco riproduciamo.
Il testo di Salemi e' accompagnato da brani tratti dall'opera di Benito Marziano
qui indicati con la parola
LETTURA
che in quella occasione lesse magnificamente l'artista Peppe Montalto.

In questo modo, fornendo materiale di varia natura
(sotto forma di video, di audio, di foto, ecc.)
attraverso le pagine del sito libreriaeditriceurso.com
pensiamo di rendere facile la partecipazione
di chi sta lontano e con simpatia ci segue.

Francesco Urso


per Juliette caraL'ultimo libro di Benito Marziano che presentiamo stasera, il romanzo Juliette cara, riveste un'importanza particolare: in quanto genere letterario prima d'ora non trattato dall'autore, costituisce un nuovo tassello della sua esperienza di scrittura, che diviene vieppiu' ricca.
copertina Don Agostino SalvÏaL'approdo al romanzo, infatti, e' stato preceduto da interessanti esperimenti di scrittura di altra tipologia: prima, la silloge di racconti dal titolo Don Agostino Salvia e altri racconti; poi, due volumetti di liriche, l'uno,
Altri anni, in lingua italiana, l'altro, Sisifu, in dialetto.
L'eventuale successo di questa nuova opera, quindi, dovrebbe sancire la positivita' del percorso artistico di Marziano finora delineatosi. Perche', come scrittore, col volume di racconti Don Agostino Salvia, l'autore e' stato molto apprezzato ed ha ricevuto riconoscimenti a livello nazionale, classificandosi al secondo posto nell'edizione 2008 del Premio nazionale di narrativa ''Citta' di Crispiano'', che ha visto partecipare scrittori di tutta Italia. E a ragione, nella prefazione del libro, Sebastiano Burgaretta notava che ''con Don Agostino Salvia siamo davanti a un opus di bella scrittura'', il cui - stile asciutto, scorrevole, misurato ... e persino elegante ... ricorda quello di alcune tra le piu' belle pagine di prosa d'arte del Novecento -.
Ne' sono mancati a Marziano riconoscimenti come poeta, tant'e' vero che varie sue liriche sono state selezionate in concorsi anche questi a carattere nazionale e risultano incluse in riviste e antologie.
Ai lettori e ai critici, dunque, l'arduo compito di giudicare questo romanzo, di stabilire se esso costituisca un positivo, un felice momento nello svolgimento dell'esperienza artistica di Marziano.
altri anniUn romanzo e' un genere letterario differente dalla poesia, eppure un filo, per di piu' non tanto sottile, collega Juliette cara alle sillogi poetiche gia' citate, che rappresentano la produzione immediatamente precedente. Tale filo, a me pare, e' il motivo comune della ''perdita''o dell'''assenza'' - perdita o assenza di un bene che un tempo ha reso felici tanti momenti della vita -, motivo a cui si riconnette quello del recupero memoriale del passato.
In Altri anni, opera costituita ''da poesie di amore e di memoria'' (Barberi Squarotti), quel bene prezioso perduto erano gli amori, sognati o vissuti, degli anni giovanili; in Sisifu, era soprattutto la fanciullezza allietata da ingenua spensieratezza, dai compagni di gioco e dall'amore materno. Cosi' nell'una e nell'altra opera e' diffusa una sottile malinconia, una vena nostalgica per la perdita irrimediabile della fanciullezza e della giovinezza: perdita che il ricordo puo' solo rendere meno dolorosa, essendo esclusa la possibilita' del ritorno.
E una perdita, la perdita di una donna, e' la ragione per cui il protagonista del romanzo, Ennio, si decide a scriverle una lettera, quella lettera in cui il romanzo sostanzialmente consiste.
Ennio e' un uomo ormai attempato; Aldina, che egli soleva chiamare Juliette per la somiglianza con la cantante-attrice Juliette Greco, e' la donna che ha amato durante la giovinezza e che ha poi perduto per sempre a causa di una di lui leggerezza di un momento, un tradimento che ha irrimediabilmente offeso la giovane, facendola allontanare per sempre. Cosi' ella e' divenuta oggetto di una lunga quanto vana ricerca.
Juliette e' la donna della vita, perche' su di lei Ennio aveva un tempo fondato tutta la sua felicita' e le ragioni della propria esistenza, e a lei, dopo la separazione, non e' riuscito a sostituire alcun'altra donna: da qui il forte bisogno di scriverle, pur sapendo che la sua lettera non sara' mai spedita, perche' egli non sa dove Juliette si trovi.
La lettera allora diviene, come avremo modo di scoprire piu' avanti, occasione e mezzo per recuperare il passato, per trovare conforto nel ricordo dei bei momenti trascorsi insieme, senza escludere peraltro la rievocazione di altre vicende della vita anteriore. e' una lettera, dunque, costruita interamente sul recupero memoriale del passato, una lettera che si sostanzia di ricordi: quelli che si riferiscono, in un primo momento, soprattutto alla storia d'amore con Juliette, ai quali si mescolano, poi, prendendo il sopravvento, i ricordi riguardanti altre stagioni della vita, la fanciullezza anzitutto. La condizione dell'animo che ispira il romanzo, quella disposizione a ricordare, non e' dissimile dallo stato d'animo che aveva ispirato i due precedenti libri di poesie, Altri anni e Sisifu. La memoria esercita, nell'uno e nell'altro caso, nelle poesie e nel romanzo, un ruolo centrale.
Da un ricordo particolarmente intenso, suscitato da un evento inaspettato, prende avvio la narrazione, che e' tutto un dipanarsi di ricordi. Infatti, la vista di un ciliegio al di la' di un muro, in terra di Sicilia, dove ora Ennio trascorre la sua incipiente vecchiaia, suscita il ricordo di un altro ciliegio, quello che un tempo, altrove, in una campagna ben piu' lontana, favori' il suo primo appagato incontro d'amore con Juliette.
Questo incipit del romanzo sembra avere un'impronta proustiana: quel ciliegio e' come la madeleine della Recherche du temps perdu, quella madeleine che, inzuppata nel te', col suo odore e il suo sapore consente di recuperare, di risuscitare il ''tempo perduto'', cio e' il passato: operazione, questa, che solo la memoria puo' realizzare. Ma, come vedremo piu' avanti, non sara' solo la storia dell'amore con Juliette a venire a galla nel vasto lago del ricordo.

LETTURA:

Fu per questo che all'improvviso, dopo una curva a gomito che mi aveva costretto a rallentare, mi ritrovai davanti, nella campagna al di la' del muro, alcuni suoi rami carichi d frutti penzolanti sulla sede stradale, un ciliegio. Le drupe porporine sprizzavano lampi riflettendo i raggi del sole. Era il nostro ciliegio! Ricordi? Nei pressi della stazione di Toritto, quando lo scoprimmo, cosi' come ora scoprivo quest'altro, dopo una curva, i suoi frutti irradianti a tratti, quando fra le nuvole che si andavano addensando riusciva a filtrare qualche raggio del sole ancora alto. - Fermati, rubiamo un po' di ciliegie - dicesti - a te piacciono tanto -. Lo sapevi? Certamente l'avevo detto io qualche volta, e te ne eri ricordata. Allora, quella tua piccola attenzione che faceva anch'essa parte di quel tuo intenso modo di amarmi, non la colsi. Capii soltanto dopo qualche tempo che era una istintiva manifestazione della delicatezza del tuo volermi bene, notare e ricordare persino le cose piu' insignificanti di cui ti parlavo.Mi fermai, scendemmo dall'auto, saltammo il muro. Indossavi una gonna corta, appena sotto il ginocchio, come si portavano gia' a quel tempo, quasi ad annunciare la moda della minigonna che da li' a qualche anno sarebbe esplosa alla grande. Era larga, di stoffa leggera, vaporosa, gialla a grossi fiori, che si sollevava al piu' tenue alito di vento o al piu' piccolo tuo movimento. Io, saltato per primo il muro, ti porgevo la mano per aiutarti a saltare giu'; tu sopra, io in basso, ti guardai sotto la gonna, intenzionalmente, sorrisi e† schioccai la lingua. - Brutto mandrillo - dicesti ridendo. † Raccolti un po' di frutti, ci mettemmo a passeggiare per la campagna, tu, con le mani piene di ciliegie appoggiate al petto, sorridente, mi sembrasti quasi irreale, come una figura uscita dall'Allegoria della Primavera, il bellissimo quadro del Botticelli. Ti guardavo estasiato. Quando ci sorprese, improvviso e scrosciante, il temporale, eravamo un po' distanti dalla macchina, e poi c'era da scavalcare il muro, percio' corremmo a ripararci sotto il ciliegio. Ci giungemmo zuppi, l'acqua ti scivolava sul volto, io stesi una mano, presi dall'albero ancora una ciliegia, finsi di lavarla passandola lentamente sulle tue labbra bagnate, la portai in bocca, la mangiai.†- E' buona come le tue labbra - ti dissi.† - Perche' non mangi direttamente le mie labbra, allora? - mi provocasti.† Ti abbracciai, poggiai le mie labbra sulle tue, te le mordevo con dolcezza, tu mordevi le mie, bevevamo l'acqua che ci scorreva sui volti.† - Tu sei diventato molto per me, tu non l'hai ancora capito quanto bisogno ho di te -.C'era nel tono della tua voce come una richiesta d'aiuto. Mi sorprese, anche se non ne colsi, ne' avrei potuto, il perche', e non detti alcuna importanza a quella sensazione. Volli darti, pero', la misura del bene che anche io gia' volevo a te. - E io sono qui con te, per sempre, se tu vorrai -.† Non smetteva di piovere, gli indumenti bagnati ti si erano incollati addosso, pensammo di ripararci meglio in macchina, vi ci dirigemmo correndo, vi entrammo, ci sedemmo. Attraverso la camicia bagnata spuntavano turgidi, appuntiti i tuoi capezzoli, la gonna lasciava trasparire le mutandine che, bagnate anch'esse, non coprivano molto. †- Sembri nuda - ti dissi e c'era nella mia voce tremante tutta l'intensita' del desiderio.† - Sento freddo, cosi' bagnata-. Tremavi un po'.† - Spogliati - ti dissi. Mi guardasti senza parlare. Capii cosa stavi pensando.† - Ma no - aggiunsi - non per quello... anche... ma, intendo, spogliati per toglierti di dosso i vestiti zuppi e ti copri, finche' si asciugano un po', con il mio impermeabile, vedi, sta ancora la' dietro -.Stava la', infatti, sul sedile posteriore, da quando pochi† giorni prima aveva ancora piovuto e, dopo, li' era rimasto. Mi girai, lo presi, te lo porsi. Mi guardavi con un'espressione fra lo stupore e l'incertezza, fino ad allora non c'era stato molto fra noi, ti sorprendeva la mia richiesta, forse era troppo spinta, o ti infastidiva mostrarti nuda: ci conoscevamo da pochi mesi. Magari temevi quello che sarebbe potuto accadere, e che poi effettivamente accadde. Poi, guardando avanti come se non parlassi con me, mi chiedesti: - Ma tu, cos'hai in testa, esattamente? - Avvertii un grande disagio: temevo di averti fatta adirare, ma eri serena, anzi sorridevi, e mentre io ancora cercavo di trovare qualcosa da dirti per convincerti che forse mi avevi frainteso, tu, lentamente, cominciasti a spogliarti.† Mi appariva piano piano il tuo corpo, i tuoi seni con i capezzoli lunghi, inturgiditi dal freddo. Dopo ho sempre ricordato cosi' i tuoi capezzoli, incredibilmente lunghi e turgidi. Poi togliesti la gonna, le cosce roride, la pelle d'oca. Ti carezzai, volevo soltanto scaldarti frizionandoti un po', e invece toccarti e sentirti la pelle d'oca, pelle d'oca galeotta! mi dette una grande emozione e un'eccitazione incontrollabile. Da allora, ricordandomene, mi piacque cercare, a volte, di farti accapponare la pelle, cosa che mi riusciva facilmente mordicchiandoti il collo. Mentre cominciavi a coprirti con l'impermeabile, io ti toglievo cio' che ancora ti rimaneva addosso. Quando fosti nuda ti stringesti attorno l'impermeabile.†- Sono zuppo anch'io - dissi, togliendomi la giacca. Ma tu gia' mi sbottonavi la camicia, mi aiutasti a togliermela, poi apristi l'impermeabile e† anch'io vi entrai dentro.

La narrazione che segue e' la rievocazione delle piu' significative vicende di cui e' costellata quella storia d'amore, ma anche dei rimorsi di Ennio, dopo la sua grave colpa, e della sua successiva vana ricerca di Juliette: tanto vana quanto insistente, soprattutto durante gli anni immediatamente successivi alla separazione.
Leggiamo, allora, un passo del romanzo in cui il motivo della ricerca emerge strettamente intrecciato a quello della speranza e a quello della delusione per l'assenza della donna.

LETTURA:
Com' e' stata dopo la tua vita? com' e' ora? So cos' e' stata e cos' e' la mia. Giorni dopo giorni, una catena senza senso; la migliore distrazione, il lavoro, finche' e' durato, e qualche viaggio. Ora, da quando non lavoro piu', esco pochissimo, e quasi solo per necessita'. Trascorro le mie giornate leggendo, un po' di televisione. Non viaggio quasi piu', non ne ho piu' voglia. Nonostante un tempo mi piacesse tanto viaggiare, ricordi? appena avevamo qualche giorno, valigia in macchina e via. Dopo, piu' che il piacere del viaggiare, di visitare luoghi e paesi, mi hanno spinto le mie fantasiose speranze. ''Chissa' che non accada che in un posto impensato, il caso ci faccia incontrare e sia questo occasione per la rinascita del nostro amore''. E cercavo, sapendo che ci piacevano gli stessi luoghi, di indovinare dove avresti potuto desiderare andare in vacanza, e li' andavo. E sono tornato spesso nei luoghi dove eravamo stati assieme, nel caso prendesse anche te la nostalgia, almeno, di ritornare dove assieme eravamo stati felici. E a volte mi e' capitato che, da lontano, mi e' sembrato di intravedere una somiglianza. Il cuore cominciava allora a saltarmi come una molla impazzita, acceleravo l'andatura per avvicinarmi a colei che avevo creduto potessi essere tu. Che delusione e che amarezza ogni volta! Poi rientrando a casa cercavo di lasciarmi la possibilita' di ritentare ancora in futuro, bluffavo con me stesso, e mi dicevo che magari c'eri stata qualche giorno prima nei posti dove io ero stato, o forse qualche giorno dopo. E ricominciavo a fare supposizioni che mi potessero portare sulla tua strada nel prossimo viaggio.

Il motivo della ricerca s'intreccia, in tutta la prima parte del romanzo, con la rievocazione della stagione d'amore con Juliette. I diversi momenti di quella storia emergono senza un preciso ordine, ma secondo le sollecitazioni del momento che riceve la memoria, tuttavia non senza la possibilita' per il lettore di ricostruire la cronologia della bella favola: l'insorgere dell'amore, i momenti e le occasioni particolarmente gratificanti, il contesto degli amici, qualche piccola gelosia, fino all'occasione non cercata, inattesa, del tradimento da parte di lui.
Non solo i diversi momenti intimi di quel rapporto d'amore sono recuperati dalla memoria, ma anche i volti di persone care, le loro conversazioni, persino quelle di carattere politico. e' risaputa la passione politica di Marziano, e' nota la sua simpatia per l'ideologia marxista, cosi' egli non ha mancato di trasferire l'una e l'altra nel romanzo, incarnandola in Paco, un giovane spagnolo che fa parte della cerchia degli amici di Juliette e che pare assurgere a simbolo di coerenza con i propri principi e con la propria fede politica.

Ascoltiamolo, allora, nel corso di un contrasto con Sabino, un giovane che ha tradito le sue tanto vantate idee di sinistra dopo che e' riuscito ad ottenere un posto nella direzione di un'azienda.

LETTURA:
O si poteva star bene con Sabino? che culturalmente non si avventurava al di la' del raccontare barzellette? Le cui tanto vantate idee di sinistra si volatilizzarono nello spazio di una giornata, come gli disse Paco, che gli leggeva dentro, quando gli offrirono la direzione del personale nella minuscola azienda nella quale lavorava: cosa che in realta' voleva dire spiare e spremere i dipendenti e rendere la vita difficile, allora accadeva, soprattutto a comunisti e sindacalisti.- Ma si puo' sacrificare alla carriera tutto quello in cui credi? o in cui dici di credere? - Ricordi, gli disse Paco la sera che ci dette notizia di quel suo imminente nuovo incarico, dopo avercelo nascosto per qualche tempo. - Si puo' pensare, da un giorno all'altro, tutto il contrario di cio' che ci imporrebbero quelle idee che ci sono costate studio travaglio riflessione scelta ideale. Puo' valere una carriera tanto, da gettare via tutto questo?>Non seppe rispondergli niente, perche' capiva che Paco aveva ragione, pur nel modo rude con cui glielo aveva detto, e che non gli era per niente abituale, affettuoso e gentile com'era sempre e con tutti. E non soltanto se ne scuso' subito con lui, infatti, ma se ne giustifico' con me il giorno dopo. - Pensavo al mio paese da decenni sotto una dittatura spietata, forse anche perche' ci sono troppi uomini che rinunciano facilmente ai propri ideali per interessi materiali, e in quel momento, credimi, Sabino mi fece un po'ribrezzo -.†††† †- gl'interessi dell'azienda. Cosi' io la vedo, e, se me lo offrissero, farei pure il dirigente -.

E piu' avanti, ecco ancora le parole significative di Paco sulla necessita' di costruire un mondo migliore.

LETTURA:
- Ma tu non hai sempre detto, anche tu, che certamente, cosi' com' e', questa societa' non va? - fece Paco - E come la vuoi cambiare la societa'? eh, Sabino? Voi italiani vi siete conquistata la liberta' lottando contro il fascismo. Ma pensi che fosse questa la liberta' che la gente sognava? O credeva che da li' sarebbe cominciato il cambiamento di questo mondo iniquo, ingiusto, dominato da millenni ormai dagli egoismi piu' sfrenati? Ma come si puo' cambiare questo mondo, se ciascuno di noi piano piano si piega, si arrende alla logica che lo domina? Le giustificazioni per lasciarsi trascinare dalla fiumana del conformismo e dell'indifferenza si trovano sempre, siamo bravi tutti a trovarle. No! Se veramente qualcosa deve cambiare non dobbiamo darci alibi, nessuno -. Tacque per un po', rimanendo a guardare fissamente la sigaretta che continuava a rigirarsi fra le dita, sembrava che da quella sigaretta gli dovessero arrivare le parole che avrebbe voluto dire, poi finalmente l'accese, aspiro' una prima boccata e ricomincio' a parlare lentamente. † - Neanche io credo fino in fondo che si possa migliorare veramente questa nostra societa', che non mi piace, ma potrebbe anche essere peggiore, e questo nessuno, forse, puo' saperlo meglio di me che ho dovuto lasciare il mio paese e chissa' se ci potro' mai tornare. Ma non mi piace neanche questa vostra democrazia, questa nostra democrazia, voglio dire, perche' qui vivo, e sento che questo per ora e' anche il mio paese, perche' credo che le frontiere fra i popoli le hanno poste gli uomini e cosi' come le hanno poste deve essere pure possibile abbatterle. Non e' possibile che questo accada un giorno? - - Tu ci credi? - gli chiese Mimma.
- Io non credo a niente, ma so che se volessero, gli uomini potrebbero costruire certamente un mondo migliore, e che ogni generazione deve tentare di costruirlo, o almeno sognarlo -.


Volendo approfondire il tema politico presente nel libro, vorrei ricordare che a un certo punto della lettera Ennio racconta a Juliette di essersi iscritto, dopo la loro separazione, al partito comunista. Non fu, questa, un'esperienza positiva ed Ennio rivela la grande delusione provata a scoprire tanti compagni della sezione arrivisti, ambiziosi, persino egoisti. e' molto probabile che Marziano abbia voluto riversare in quella vicenda raccontata da Ennio la propria personale esperienza; sta di fatto che della vita di sezione viene fuori un quadro deludente, dalle tinte un po' fosche, che contrasta con gli ideali del partito.

LETTURA:

Non comprendevo le confabulazioni, appartate e misteriose fra compagni, ogni volta che si dovessero prendere decisioni che avrebbero determinato l'assetto degli organismi dirigenti di una qualsiasi sezione† o peggio ancora degli organismi provinciali. Ogni dirigente, a qualsiasi livello, aveva sempre rapporti piu' stretti, privilegiati, direi, con alcuni (e fra questi non mancavano quelli che cadevano persino in una dipendenza, a volte anche servile, avendo in animo di trarne qualche favore o utilita'); meno cordiali con altri; di totale e persino ostentata indifferenza con altri ancora.

†† Se poi accadeva che per un qualche motivo o manifestazione pubblica o congresso di partito venisse qualche dirigente al disopra di quelli provinciali, costui assumeva in genere un atteggiamento distaccato, tranne che con i dirigenti provinciali suoi sostenitori, perche' se non erano di quelli che lo sostenevano nelle sue misere scalate, li snobbava ugualmente. Per non dire dei compagni piu' umili: braccianti, contadini, operai che si sentivano onorati di aver rivolta la parola, e che soltanto perche' gliela mettevano davanti quelli si degnavano di stringere loro la mano. Tranne quando si avvicinavano campagne elettorali e quindi decisioni per le candidature e successiva necessita' del voto. Allora tutto cambiava, tutti i dirigenti, poiche' tutti aspiravano alle candidature e i designati all'elezione, diventavano concorrenti; sembravano allora conoscersi appena tra loro, ma tutti diventavano calorosissimi con i compagni, cosiddetti di base, e non lesinavano loro persino abbracci e baci.

Non era certo il partito che io mi ero figurato quando voi parlavate durante le nostre conversazioni; e non credo che avreste mai pensato che questo fosse. Cominciai a parlare di queste mie impressioni negative col mio dipendente Nello che, a volte, non sapeva cosa rispondermi; a volte mi diceva, con una maturita' che mi sembrava maggiore di quella che ci si sarebbe potuta attendere in un giovane di quell'eta', che si', avevo ragione. - Accade cosi' in tutti i partiti, e quindi anche nel nostro. Perche' gli uomini siamo cosi': ambiziosi, egoisti. Sembriamo magari tanto miti e altruisti, ma se possiamo avere di piu', di piu' cerchiamo di prendere. Pero', vedi, alla fine, i nostri compagni, pur con i loro difetti e le loro ambizioni, si ritrovano sempre dalla parte dei deboli e dei lavoratori. Perche', sai come scrisse una volta Brancati? lo sai...† Brancati? nostro concittadino possiamo dire, di Pachino, e non era certo comunista. Eppure scrisse che ''l'uomo di sinistra, anche nelle occasioni in cui agisce male, non riesce a far sparire del tutto l'impronta di nobilta' da cui e' segnato''-.

Mi sorprese che conoscesse Brancati, anche se da queste parti Brancati, ora ingiustificatamente quasi dimenticato, a cavallo degli anni Cinquanta era molto letto.

†††††††† Diversioni come queste, per cui il protagonista si scosta da quello che avrebbe dovuto essere l'unico oggetto del ricordo, cio e' la storia d'amore con Juliette, costituiscono un segnale molto importante, poiche' lasciano gia' intravvedere che le vere ragioni del suo bisogno di raccontare si collocano ben al di la' della sola e semplice esigenza di rivivere un'esperienza d'amore. E infatti nella seconda parte del libro e' un passato ancor piu' remoto rispetto al tempo di quell'esperienza, vale a dire sono gli anni della fanciullezza nonche' la condizione attuale del personaggio a divenire prepotentemente oggetto della narrazione.
Evidentemente Ennio, ora che sente la vita sfuggirgli, avverte un bisogno irresistibile di recuperare, di riafferrare con il ricordo gli anni perduti e di ricapitolare a se stesso i momenti di felicita'. La lettera che scrive, del resto, non arrivera' mai a destinazione, perche' non sa dove Juliette si trovi, ma e' ben consapevole che scrivere risponde a un bisogno vitale:† - scrivere - egli dice - e' ricordare, e ricordare e' vivere-.
e' significativo, nella seconda parte del romanzo, che sia ancora una volta, proustianamente, una situazione presente a sollecitare il recupero memoriale del passato: e' quella casa di campagna in cui ora Ennio si e' ridotto a vivere in solitudine, quella casa in cui da ragazzo era solito andare ad abitare d'estate con i genitori, a suscitare tanti ricordi della perduta infanzia, ricordi questi che prendono decisamente il sopravvento su quelli della bella stagione d'amore con Juliette.
L'abbandono nostalgico ai ricordi dell'infanzia, ad un certo punto, diviene vistoso; si ha l'impressione, a tratti, che Juliette sia stata dimenticata, mentre la lettera di Ennio, o meglio quella che doveva essere una lettera, assume decisamente le caratteristiche di un testo narrativo autentico.
Di quel passato che ora ritorna alla luce fanno parte anche gli anni della guerra vissuti da Ennio, ancora ragazzo, in campagna con i propri genitori. Il lettore puo' cogliere il piacere con cui egli, ora, si abbandona ai ricordi di quegli anni; e il racconto di qualche gustoso aneddoto, dei bombardamenti e dell'invasione da parte delle truppe alleate, della fuga della gente in campagna e dell'eco della caduta del fascismo† rendono piu' mossa e piu' viva la narrazione. Ma e' significativo come quella esperienza, di per se' drammatica, non sembri intaccare la spensieratezza dell'infanzia, che resta una fase luminosa, nonostante la guerra, nella vita di Ennio: - Ignaro dei pericoli e dei disagi della guerra, - questi† dice - fu per me uno dei periodi piu' belli della mia prima infanzia, avevo tanti compagni, io sempre solo, con i quali giocare, soprattutto di giorno -. (p. 88)
Quello della guerra fu uno dei periodi piu' belli per Ennio, perche' periodo della beata infanzia, e non solo per Ennio, ma anche per Marziano. In questo caso, infatti, l'autore rivede la sua infanzia attraverso il protagonista, nel quale certamente proietta se stesso; ed e' dato di ritrovarne prova in una poesia, di analogo contenuto, intitolata ''In fuga dalla guerra'', appartenente alla raccolta Altri anni, che cosi' dimostra l'esistenza di un rapporto tra il romanzo e la precedente opera poetica di Marziano:

LETTURA: ''In fuga dalla guerra'' - da Altri anni

†In fuga dalla guerra

Quando il sole dei colli
pur le vette lasciava
intuivamo i taciti rintocchi
che' solo vedevamo il dondolio
della lontana piccola campana.
Si indovinava appena la citta'
dalla finestra aperta sulla valle
e a volte l'ovattato brontolio
giungeva dei bombardamenti.
† Per noi inconsapevoli bambini
era solo arrivata l'ora della cena
di quei giorni imprevisti di vacanza
ignari d'essere in fuga dalla guerra.

Nella seconda parte del libro dal racconto del passato si passa frequentemente, attraverso un riuscita alternanza temporale, al racconto della vita presente di Ennio; cosi' dal rapporto, o meglio dal contrasto, tra passato e presente emerge il tema del tempo che, scorrendo, trascina via la nostra vita; cosi' noi mutiamo, non le cose, e mutando, rimpiangiamo gli anni dell'infanzia e della giovinezza.

LETTURA:

Sto godendo la pace di questo splendido pomeriggio siciliano, qui questo non cambia. Non e' vero che in Sicilia non cambia niente, cambia, cambia ogni cosa, anche in Sicilia. Ma tu sarai mai venuta in Sicilia? O mi hai tanto odiato da non voler venire mai a conoscere questa terra? Questa terra che ha perduto tanta della sua autenticita', della sua identita'. Ma non intendo dire, con questo, che sia peggiore, o migliore. No! Dico soltanto che la Sicilia, ma cosi' ogni luogo, cosi' il mondo, cambiano perche' cambia la nostra vita, la vita di ciascuno di noi, perche' passa il tempo. E cambia la mia vita, e io sono diverso da cio' che ero, perche' sono vecchio e rimpiango quei luoghi, quei tempi, ma in realta' rimpiango la mia infanzia, la mia giovinezza svanite per sempre. Non e' il ciliegio che rimpiango, non e' Lipari che rimpiango, ma la mia vita di allora con te. Siamo anche noi cambiati, e forse questo non ci piace tanto. E anche questa terra e' cambiata. Ma la sua bellezza non e' cambiata, la bellezza della sua natura, la bellezza di un tramonto estivo siciliano non cambiera' mai.

Piu' in la' il sentimento dello scorrere del tempo si identifica con la consapevolezza dell'umana fragilita', percepita persino attraverso le cose che sopravvivono alla vita stessa dell'uomo.

LETTURA:
Eppure, in fondo, il cielo e' sempre quello, sempre la stessa la porzione che ne vedo; sempre le stesse le stelle che vedo la sera; lo stesso il mare che vedevo da bambino, e poi da ragazzo, e poi da giovane; lo stesso che vedo ancora, che vedo ora... ora, veramente, piu' che vederlo lo indovino, che' gli occhi non sono piu' gli stessi. Le cose, invece, sono le stesse, le cose che mi stanno attorno: il cielo, il mare, la campagna; magari ora abbandonata mentre un tempo non lo era, ma essenzialmente la stessa; la stessa questa casa che ha visto scorrere per intero la mia vita e si prepara a vederne anche la conclusione.
Come siamo piccoli e fragili, gli uomini, di fronte alle cose immutabili eterne che ci stanno attorno e sopravvivono a noi!

C' e', nella parte finale del romanzo, un luogo che e' posto al centro della narrazione e che sembra assurgere a simbolo proprio del contrasto tra un passato luminoso, quello della fanciullezza di Ennio, e il presente che, scialbo, si dipana verso la fine della vita: e' la villa dei Roccelli che sorge non lontano dalla casa di campagna in cui Ennio si e' ridotto a vivere.
Quella villa un tempo, d'estate soprattutto, fu luogo di feste frequenti, ed Ennio, ancora ragazzo, aveva avuto la fortuna di esservi ammesso; li' egli aveva conosciuto Oria e con lei i primi turbamenti d'amore. Contrasta con quel tempo l'attuale stato di abbandono della villa e l'assenza dei Roccelli, da tanti anni ormai andati via. Ed Ennio, quando scopre per caso il ritorno fugace di uno di loro, uno dei figli dei signori Roccelli, deve prendere coscienza dell'abisso temporale che lo separa dagli anni dell'infanzia. Tullio Roccelli, che non vedeva da tanti anni e di cui serbava nei ricordi l'immagine di un ragazzo, e' ormai un uomo attempato come lui: - Ora anche io abbracciavo lui. - racconta Ennio - Erano due vecchi che si abbracciavano, e in quell'abbraccio, ritrovando i loro ricordi, ritornarono per qualche attimo a ritrovare i ragazzi di allora. E piu' triste rese la vecchiezza l'uscire da quel breve tuffo in quel tempo lontano -. E quella che un tempo era stata era stata la giovane e bella signora Roccelli, e' ora una vecchia novantenne svanita; constata, infatti, malinconicamente Ennio: - E l'immagine che avevo fra i miei ricordi di quella bellissima e affascinante signora al cui fascino non erano sfuggiti neanche i sogni di alcuni ragazzi, ... ora mi vedevo costretto ad aggiornarla con quest'altra immagine di una vecchia stanca e svanita-. La stessa Oria, la ragazza di un tempo che aveva avviato Ennio alle prime esperienze d'amore, non c' e' piu', e per sempre, perche' e' morta. La narrazione, in queste pagine finali del romanzo, tende a tratti a risolversi in poesia, la cui nota piu' significativa e' un turbamento, sia pure contenuto, di fronte al destino di dissoluzione cui la vita e' condannata: - dov'era il mio mondo? - si chiede Ennio - Dove le persone che hanno popolato la mia vita, pur se in parte tanto solitaria? Alcune non c'erano piu'; di altre non sapevo piu' niente; di altre ancora niente importava; con altre continuavo a dialogare, ma a una sola voce. E anche di queste non sapevo piu' niente o, magari, e ne avevo scoperto un caso, non erano piu' neanche in vita. Tutto mi si stava spegnendo attorno. E io gia' cominciavo a non essere altro che un contenitore di ricordi -. E' prosa poetica questo brano ovvero poesia in prosa, che prova come la parte finale del libro sia caratterizzata da una disposizione fondamentalmente lirica che rafforza quel legame, di cui si e' gia' detto, del romanzo con le precedenti opere in versi di Marziano. Basta leggere quella poesia della raccolta Sisifu intitolata ''Strana sta vita'', che si contraddistingue proprio per il motivo del tempo che, fuggitivo, porta via gli anni, e con essi si dissolvono l'infanzia, gli affetti e le vite di coloro i quali ci stavano accanto.
LETTURA da Sisifu: ''Strana sta vita''

SisifuṢṭṛana sta vita

Vacabunnannu, nunzapiennu unni iri,
mi ṭṛuvai stamatina nta ḍḍu Áianu,
unni stava quann'era picciriḍḍu
e taliannu, mi passi comu a quannu
cancia ntÍ filmi scena a .
Mi visti sciri rÙ me puttunie ḍḍu
cu na palla ntÍ, ppi gghiucari
cchȇ cumpagni ca ianu arrivannu.
Quantu ni scieru tiempu nenti, quantu!
Cc'eranu tutti, tutti chiḍḍi 'i tannu.
Cc'era Currau ca sempri ia babbiannu,
Gghiuvanni, Áini i manu ri cattuzzi.
Cc'era Pinu ca muriu a ḍḍurici anni,
Luigghinu, ca cciui nun sacciu unn' e'
e, scuru 'i facci, c'era appuoi Turiḍḍu
n'auṭṛu poviru muottu picciriḍḍu.
Ma stavota nun pottimu iucari!
E rripigghiannu arrieri a me passiata,
pinzava a quantu ṣṭṛana eni sta vita:
tantu stupita pari ri campari
quantu priziusa se bbeni a mancari.

Il tema del tempo che scorre inesorabilmente, che tutti e tutto travolge e muta, cosi' diffuso nelle poesie di Sisifu, e' il dramma silenzioso di Ennio: egli ha ora acquisito la coscienza della brevita' della vita, onde il rimpianto dell'eta' piu' bella, l'infanzia, e dei perduti momenti di felicita', come quelli che Juliette gli ha donato, o la delusione per i tanti sogni coltivati e mai realizzati. Compare, ad un certo punto della narrazione, un muro: un muro che Ennio, ancora ragazzo, vide dal treno durante un viaggio con i genitori, nessuno dei quali aveva saputo dirgli cosa nascondesse dietro. Il mistero di cio' che c'era dietro quel muro ha accompagnato per tanto tempo Ennio, finche' questi, divenuto esperiente della vita, non e' riuscito ad attribuirgli un significato simbolico: †- Dietro quel muro, al di la' del quale tutti desideriamo e temiamo guardare, ci sono le nostre illusioni cadute, i nostri desideri spenti, i nostri sogni svaniti, i nostri ideali, persino, che il tempo ha piano piano sviliti nello scontro con la dura verita' della vita fino a vanificarli, e li ha resi sempre piu' duttili fino a mutarli del tutto, a farli uscire dai nostri orizzonti. Anche quelli piu' autenticamente sentiti. E ci sono anche i nostri amori falliti, quelli che ci erano apparsi piu' solidi e sui quali avevamo posto le maggiori aspettative. Anch'essi li troviamo miseramente caduti dietro il nostro personale muro - (p. 103). Cosi' la vicenda di Ennio trascorre da una dimensione inizialmente personale verso una dimensione universale; non solo egli ha travalicato i confini della sua storia d'amore con Juliette, ma ha voluto abbracciare, attraverso il recupero memoriale del passato, un'intera vita, la sua; e la sua vita ora sembra assurgere a simbolo dell'umana condizione, del dramma, comune a tutti gli uomini, della lenta dissoluzione dell'esistenza attraverso l'avvicendarsi di momenti lieti e tristi.
Il poeta Umberto Saba, in un suo scritto (''Quello che resta da fare ai poeti''), dice che la poesia risponde a un insopprimibile - bisogno di riconoscersi -, per poter poi riconoscere il mondo intero, gli uomini tutti. E un altro poeta italiano del Novecento, Giorgio Caproni, richiamandosi a Proust, osserva (in ''La scatola nera'') che - quando uno legge un poeta, in fondo non fa che leggere se stesso. Quel poeta ha raggiunto nel profondo di se stesso una verita' che vale per tutti -. Ecco, il pregio del romanzo di Marziano, con particolare riferimento alla seconda parte dell'opera, risiede proprio nel fatto di consentire di riconoscere nella personale vicenda del protagonista il mondo intero, gli uomini tutti, per dirla con Saba, ovvero di esprimere, citando Caproni, - una verita' che vale per tutti -: e non solo attraverso il personaggio di Ennio, ma anche attraverso Juliette. Quando stiamo per finire di leggere il libro, abbiamo infatti l'impressione che la figura di Juliette si sia come dissolta, risolvendosi in una sorta di metafora dei nostri sogni di felicita' svaniti: felicita' alla quale ci siamo magari accostati senza raggiungerla o che siamo riusciti a possedere, ma solo per qualche attimo, perche' ci e' presto sfuggita di mano. E la stessa condizione finale di Ennio non puo' forse essere assunta a metafora della condizione di ogni uomo che, giunto alla sera della sua vita, e' costretto a volgersi indietro per ricordare e rimpiangere la perduta giovinezza e i momenti di felicita'? Si', perche' come ci ricorda Marziano in una lirica di Altri anni, siamo tutti dei ''poveri Ulissi peregrini'' costretti - a ricercare la gioventu' perduta / e gli amori di un tempo / e i vecchi sogni / di questo breve giorno / che e' la vita-.
E non siamo pure costretti a fare, come Ennio, un bilancio del nostro passato, cosi' da provare qualche rimorso e pentirci di qualcosa che e' stata fatta ma che non doveva farsi o di qualche altra cosa da farsi ma non fatta? Dice Marziano in ''A sira ra vita'', una lirica dell'altra raccolta, Sisifu: - Tali'i nnarrieri e pienzi cchi e' c'ha' ratu / e ti ddumanni: ''Tu cchi cosa ha' avutu? / Chi e' ca vuliutu fari e 'unn'ha' pututu? / Chi e' ca ti puoi rrivuddari senza affruntu? / Chi e' ca miegghiu, fuossi, t'ha' scuddari!''-. Come, dunque, - mi viene da esclamare - tanti stati d'animo di Ennio coincidono con i motivi ispiratori di tante liriche di Altri anni e di Sisifu! Ecco, allora, come Marziano ha proiettato nella interiorita' del suo personaggio tanta parte del proprio intimo sentire! Ma e' da sottolineare la pacata rassegnazione con cui la propria sorte e' accettata da Ennio, che, svanita ogni speranza e ogni illusione, non ha piu' voglia di guardare al futuro, ma ha gli occhi puntati soprattutto sul suo passato, trovando conforto nei ricordi e in qualche rara ma sincera amicizia che, tutto sommato, ancora tiene e che a tratti ravviva il suo scialbo presente; ed in cio' risiede alla fine la sua saggezza. Questa condizione finale di Ennio sembra riassumere, a mio parere, la visione esistenziale di Marziano. Questi, uoQuesti, uomo di non facili entusiasmi, non sorretto dalle certezze che puo' dare un credo religioso, sente la vita scorrere verso il nulla, come ci ha voluto dire attraverso le poesie di Sisifu; ma non per questo si abbatte o si dispera: come non si abbatte ne' si dispera Ennio. Credo, tuttavia, che in Juliette cara il pessimismo di Marziano sia piu' amaro rispetto ai versi di Sisifu. In Sisifu, nella coscienza della fugacita' e della vanita' della vita, Marziano appariva costantemente, e direi attivamente, proteso a ricercare certe ragioni che possono dare un senso all'esistenza o almeno rendere tollerabile e dignitoso il soggiorno terreno; tali ragioni egli ritrovava nella solidita' degli affetti familiari e nella possibilita' per gli uomini di instaurare un dialogo reciproco e rapporti di solidarieta', al punto da ergersi a messaggero di pace e del sogno di un mondo rinnovato dall'amore. Nel romanzo, invece, colpisce la finale condizione di solitudine in cui Ennio si e' relegato, nonche' l'assenza di attivismo nel qualche rara nota lieta che la vita puo' ancora riservargli. Questa solitudine del protagonista e' forse espressione della sostanziale solitudine in cui ciascuno di noi e' costretto a stare ''sul cuor della terra'', a compiere il proprio cammino terreno, a volte trafitto, si', da un raggio di sole, come raggi di sole sono stati per Ennio l'infanzia e Juliette, per accorgersi poi che troppo presto scende la sera della vita, che ci trovera' ancor piu' soli, come Ennio, nell'imminenza del momento supremo, quello della morte.
Salvatore Salemi
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