Benito Marziano per ''Memoria aggiunta'' di Giovanni Stella |
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10-12-2009 inserito da ciccio; categoria Novita' in libreria.
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Il volume presenta scritti di vario argomento raggruppati per tema. Cosi', abbiamo all'inizio dei brevi ritratti di noti professionisti suoi amici; seguono poi alcune note di un suo recente viaggio a New York; delle recensioni di opere letterarie; alcune note su sue vicende personali attinenti alla salute; altri brevi ritratti di grandi figure; alcune considerazioni attinenti a problemi della sua professione; e a chiusura due liriche, di cui una rappresenta una sorta di doloroso diario dedicato alla madre. La penna felice di Stella raggiunge, come sempre, livelli cosi' alti di espressivita' e di buona lingua da fare un piccolo capolavoro di ogni scritto, e particolarmente di quella sezione consistente in ritratti di amici, alcuni magari gia' perduti, che nel suo ricordo appaiono circonfusi da un alone di grandezza e dignita', anche, forse, grazie alla sua impareggiabile affettuosita'. La prosa, qui, si contamina spesso di poesia. Voglio per tutti ricordare, Per Paolo Montoneri, dove, ripercorrendo nelle memoria i loro incontri e i loro dialoghi, scrive: ...resteranno in me, nel mio cuore, nei miei ricordi - finche' memoria concedera' - come i momenti piu' alti, piu' belli, piu' lirici ed appaganti del veloce transito... A questa sezione segue quella degli Appunti di un viaggio a New York (2009), vero, pur se breve, diario odeporico ricco di osservazioni e riflessioni sulla citta', sulla societa', sulla vita e sulla strana democrazia statunitense. Ma, in proposito, preferisco far parlare lo stesso Stella con la sua ineguagliabile efficacia e la sua prosa affabulatrice: Il 'Village' e' un tuffo nell'umana civilta' dove l'uomo ancora misura se stesso resistendo e sopravvivendo a cio' che poco piu' in la' e' diventato: un minuscolo elemento di un ingranaggio gigantesco che lo fagocita e ne annienta la dimensione. (1. Quelle urla al Villane). Seguendo il nostro amico nella sua passeggiata, ci veniamo a trovare ad Harlem. (2 Il bambino di Harem). Dopo un breve ricordo del lungo travagliato cammino dei neri degli Stati Uniti per raggiungere la loro emancipazione e dell'immenso contributo portato a tal fine da Martin Luther King, ci racconta di una passeggiata nelle strade di Harlem, durante la quale non perde l'occasione di qualche chiacchierata con alcuni abitanti del luogo, spinto dall'interesse a conoscere direttamente opinioni, usanze e abitudini della gente. Si imbatte, infine, in qualcosa che non poteva non turbare profondamente la fine sensibilita', la grande umanita' che si evince da ogni scritto di Giovanni Stella. Gli accade di vedere che un bambino viene investito da un'automobile, in pochi minuti arrivano un'auto della polizia e un'autoambulanza, ma poi tutto si blocca per almeno venti minuti, perche' polizia e personale sanitario si mettono a esaminare e riempire moduli e stampati, prima che l'autoambulanza muova verso l'ospedale, con molte probabilita' che tale ritardo comprometta la salute del piccolo. E mentre l'autoambulanza, finalmente, si muove verso l'ospedale, Stella si lascia andare all'amara considerazione: All'occhio attento e alla nobilta' d'animo di Stella non poteva sfuggire questa discrasia della democrazia statunitense, ne' potevano sfuggirgli quelle altre, anche piu' gravi, di cui ci parla in (6. Manhattan), dove, dopo aver esaltato la grandiosita' Usa, la faccia piu' appariscente e scintillante della medaglia, guarda attentamente l'altra faccia, quella di cui meno si parla, di una societa' dominata dall'individualismo esasperato, dall'egoismo gretto, dall'indifferenza disumana, da una poverta' impensabile. Ho voluto riportare per intero questa poco piu' di mezza pagina perche' a me sembra che non vi sia da togliere neanche una parola in questa analisi impietosa della societa' statunitense, cosi' interessante e fondamentale per comprendere questa societa' cosiddetta opulenta, nella quale, ci fa vedere Stella, l'opulenza e' in realta' privilegio di pochi, non di tutti ne' di molti, come con grande superficialita' si e' portati a credere a proposito degli Usa. Tornando all'opera di Stella, a questi Appunti di viaggio a New York, seguono ancora altri scritti di vario argomento: il racconto, in Leo e la corsa, e in Quel giorno a Capotaormina, di vicende personali, quali quelle relative a un suo recente periodo angustiato da seri problemi di salute, che e' assieme un omaggio riconoscente e affettuoso all'illustre chirurgo che lo ha avuto in cura; un interessante arguto ritratto, in Giulio Andreotti, del noto personaggio, del quale ricorda le indiscusse capacita', non soltanto politiche, ma anche le altrettanto certe ma meno commendevoli perfidie politiche, che gli hanno meritato, la definizione di ''Richelieu della politica italiana''. Un uomo, aggiunge ancora, provvisto di un ottimo senso dell'umorismo,... 'enfantprodige' della politica italiana, e che definisce frequentatore del Vaticano dove la sua cultura e il suo stile curialesco affondano le radici. In Sciarada, dopo avere brevemente commentato alcune riflessioni di Gesualdo Bufalino e riflettuto, a sua volta, sulla vita e sulla morte, conclude con un'espressione che riafferma il suo convinto razionalismo: In quello stesso stato di assenza e buio ritengo si ritorni con la morte, evento che conclude e chiude la parabola della vita. Interessanti le note su Sovente all'anima di Sebastiano Burgaretta, opera della quale i presentatori e la critica hanno concordemente stimato l'alto valore della poesia, e della quale Stella qui scrive, fra l'altro: Con quest'ultima opera Burgaretta segna un salto di qualita', un'evoluzione positiva e propositiva nella sua poetica, sia in relazione ai testi precedenti, sia con riferimento alla lingua. Il volume dopo qualche altro ritratto di grandi personaggi e alcun scritti attinenti a questioni della sua professione di dottore commercialista, si chiude con due liriche, una delle quali, A mia madre, e' un affranto diario di amore e dolore per la cara madre inferma. Il poeta condivide nei versi le sofferenze di lei, che le legge sul volto, negli occhi: ...piccini, rossi, / lucidi, smarriti come la tua memoria, / in quel corpo che immobile giace / da troppo tempo sul letto del dolore. Ricorda, poi, le cure che a lui aveva sempre dedicato quand'era bambino, e poi ragazzo, e quando, lei avanti negli anni, ancora lo accoglieva, in qualche momento di sua difficolta' esistenziale, fra le sue braccia. E mi indicasti di nuovo/, scrive, /la via smarrita / per poi ritirarti / nel silenzio. C'e' in quel rara una delicatezza, un pudore, direi, quasi il poeta non volesse aggettivare la memoria dell'amata madre con un termine troppo rude, irrispettoso, perche' e', quella memoria, qualcosa di prezioso per lui e, come tale, col venire diminuendo non puo' che diventare piu' rara. Quest'opera, ultima arrivata di Giovanni Stella, pur nella non unitarieta' dei temi e delle forme letterarie si presenta, direi, come un'opera unitaria nei contenuti che ne emergono, poggianti su una carica di forti ideali umani ed etici, nella capacita' di procurare al lettore intense emozioni che, in un crescendo quasi da grande sinfonia, raggiungono l'acme in, A mia madre, che e' uno dei piu' belli e commoventi dialoghi senza parole tra una madre e un figlio, che mi sia capitato di leggere.
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