Del
vento, e di dolci parole leggere, di Paola Liotta
intervento di Benito Marziano alla presentazione del libro di Paola Liotta (Libr'Avola 24 ottobre 2009)
Credo che tutti
conosciamo quella sorta di gioco nel quale viene chiesto ai vari interlocutori di
elencare i dieci libri che, in caso di catastrofe, si vorrebbero salvare, o avere
con se' nel caso si dovesse finire su un'isola deserta; scelta veramente ardua a
mio parere, che, personalmente, difficilmente riuscirei a operare, ritenendo
degni di essere salvati molti, ma molti piu' di dieci libri. Mi e' tornato alla
mente, questo gioco, quando ho terminato la lettura delle poesie di questa
silloge, opera prima di Paola Liotta, pensando che, se mi si fosse chiesto di operare una scelta simile e salvare le
dieci migliori di queste poesie, mi sarei ritrovato in analoga difficolta', e avrei
finito col tentare di salvarle tutte, perche' tutte le ritengo meritevoli di non
andare perdute.
Le ho lette piu'
volte, e ogni volta mi e' capitato di scoprire ora un verso, ora un'espressione, ora una sonorita', ora un
concetto, un qualcosa, insomma, che, precedentemente, magari, mi erano sfuggiti
o non avevo sufficientemente apprezzato o non ne avevo avvertito, a volte, il
senso piu' recondito; e ne traevo, ogni volta, nuove sensazioni, immagini, emozioni
che ingeneravano ulteriori pensieri, nuove riflessioni.
E, a un tempo, veniva
rinsaldata una mia antica convinzione, quella che i poeti, da quegli egocentrici
che sono, parlano sempre e soltanto di se stessi e della loro vita. Ma (ed e'
questo che fa arte, che fa poesia), parlando di se stessi e della loro vita,
parlano della vita di tutti.
E, forse, e' per
questo che piace la poesia, perche' credendo di leggere della vita dei poeti, di
venire a conoscenza della loro vita, conosciamo un po' della nostra vita, e, in
definitiva, di noi stessi.
La poesia nasce,
ritengo, sempre come manifestazione intimistica, e ce lo ricorda anche Paola Liotta,
quando scrive nel risvolto di copertina di questa sua opera, che considera ''la
poesia come un angolo 'tutto personale' cioe' strettamente privato, e
privilegiato, da cui meditare sul proprio vissuto''.
E cio' e'
certamente vero, ma quando i sentimenti, i tormenti, le gioie e le angustie, le
ansie e le delusioni, gli affetti e gli amori, in una parola: il ''vissuto'', come
lo definisce Paola, viene esternato ed espresso in forme tali da elevarsi ai livelli
dell'arte, smette di essere il vissuto del poeta e diviene il vissuto di ogni
essere umano, il vissuto di tutti.
Questa
universalizzazione del vissuto e' cio' che opera il poeta, e avviene in poesia, forse,
piu' che in qualsiasi altra arte. E accade, per il tramite di versi pregevoli,
nel caso della poesia di Paola Liotta.
Volendo, ora,
entrare nello specifico della silloge, pur senza voler affrontare una particolareggiata
analisi delle singole liriche, ritengo necessario anticipare che non mi e' stato
facile scriverne, di queste poesie, e la prima difficolta' mi derivava dal dover racchiudere in quello
che ritenevo dover essere un breve intervento (e sara' breve), il tanto che si
potrebbe e ci sarebbe da dire. Perche' in esse viene indagato dalla poetessa ora
uno, ora un altro aspetto, o sfaccettatura, se si vuole, dell'animo umano, con una
profonda analisi introspettiva, puntando l'obiettivo sulla propria interiorita',
scandagliandola sin nei piu' profondi recessi, mettendo in luce sia i lati, gli
aspetti dell'animo umano piu' ostensibili, diciamo, giusto per intenderci, sia quelli
che solitamente tendiamo a celare, a volte, persino a noi stessi.
Senza, quindi,
per niente dilungarmi, cerchero' di fare un po' una veloce carrellata, senza
soffermarmi in un esame approfondito e accurato di tutti i temi e i contenuti
delle liriche, ma, sempre per brevi tratti, cerchero' di dare un'idea di quello
che a me pare di trovare nella poesia della Nostra, secondo una mia personale lettura,
che non so se interpretera' poco o molto quanto lei ha inteso comunicarci con i
suoi versi. Cio', anche, tenendo conto di una difficolta' di lettura, intrinseca
ai versi, almeno relativamente a quelli nei quali appare una, forse, ricercata
intenzione di 'criptarne' il senso, come persistesse in lei un indugio a voler svelare
del tutto il suo personale ''vissuto''. Versi che, fra l'altro, ritengo si
possano ascrivere alla migliore poesia dell'Ermetismo.
Credo, anche,
che chi conosce questa nostra amica non puo' non giudicarla persona di squisita gentilezza,
di notevole cortesia, di carattere affabile pur se riservato, attributi che
smentiscono quel comune modo di dire che vorrebbe che il carattere fosse lo
specchio dell'anima. Perche' queste sue personali caratteristiche non ne rispecchiano
per niente l'animo, che alberga, si', a volte, sentimenti sereni e magari gioiosi,
ma piu' spesso e' abitato da malessere esistenziale, da tormenti, da incertezze,
da dubbi, da amare considerazioni sulla natura umana, da profonde delusioni originate
dall'aver accordato fiducia e stima a chi non le avrebbe meritate.
A voler seguire,
invece, le suggestioni che ispira il titolo dell'intera silloge, che e' poi il
verso di una lirica in essa compresa, come ci viene ricordato nel risvolto di
copertina, si rimane un po' sviati, che' di qualcosa di incorporeo come il vento
e di levita' di dolci parole, in realta', c'e' ben poco, in queste poesie, gia' sin
da quella dalla quale il verso e' tratto, e dove leggiamo: La mia pace tutt'ora s'intriga / di niente, del vento, e di dolci parole / leggere -
comprendi?-, ed e' la pace / di chi si
esalta al refrigerio beato / di quattro conoscenze sentite, poche / e tirate
come litanie d'autunno- / le dispieghi per le lunghe, se desideri / patire...
(Dolcemente).
Questi versi ci
danno gia' un saggio della complessa concezione della vita che emerge dalla poesia della Nostra,
di quanto sia pensoso e agitato quel suo ''vissuto'', del quale, pur con indugi e
incertezze, cosi' ci lascia intuire, ha voluto, tuttavia, metterci a parte.
Superando una riservatezza che, personalmente, spero superi ancora e presto per
darci la possibilita' di leggere quella produzione che certamente continua
ancora a nasconderci, almeno cosi' pare a leggere il risvolto di copertina, ove
ancora scrive di ''una pausa poetica di quindici anni''. Deve tenere, quindi, in serbo
una produzione precedente questi quindici anni.
Questa Dolcemente, che suona come un ossimoro
voluto, tra titolo e contenuto, ci riporta subito sui giusti binari, se, cadendo
in quella suggestione del ''vento e delle dolci parole leggere'', ci fossimo attese
poesie che ci dicessero di vita amena, felice, idillica; di contenuti, insomma,
che avessero l'immaterialita' del vento e la leggerezza di parole dolci, magari affettate
e leziose; poesia di manieristica superficialita', per intenderci; cio' che non e'
affatto vero, neanche quando i versi sono ispirati dai sentimenti piu' teneri e
dolci e dagli affetti piu' cari, come nel caso delle liriche dedicate al padre e
alla madre; lo e' ancor meno, quando indaga i problemi, i tormenti che agitano
il suo animo, che poi sono i problemi e i tormenti che agitano tutti, uomini e
donne, tranne, forse, alcuni animi ingenui, chiamiamoli cosi'.
Ma, gia' sostenevo,
il lettore non legge nelle poesie di Paola le vicende della sua personale vita (vale cio' per
qualsiasi poeta leggiamo), perche' quelle sue vicende sono il paradigma della
vita di ciascuno di noi, che' nella vita di tutti ci sono giorni, eventi fausti
e ce ne sono tanti di infausti; la vita e' fatta di gioie ma anche di dispiaceri;
di serenita' e di ansie; di speranze, piu' o meno grandi, e di altrettanto piu' o
meno grandi spiacevoli realta'; di illusioni (e utopie, anche) e di delusioni.
E nella poesia
di Paola ci sono tutti questi ingredienti, lasciatemi passare la parola. La
silloge, anche se le liriche sono tutte scritte ''in alcuni mesi dello scorso
anno'', ci precisa lei stessa, racchiude un po' l'intero percorso, ancora
tutt'altro che lungo, della sua vita, con un procedimento cronologico, scandito
da alcuni titoli che vanno segnando le tappe della crescita fisica, ma
soprattutto della parallela evoluzione psicologica e della maturazione
intellettuale.
Questi i titoli
e le liriche che hanno riferimenti temporali: Prima, che apre la raccolta: qui la poetessa si abbandona alla
dolcezza dei ricordi d'infanzia e del padre, ...resiste / ancora in me un'eco / di ricordi singolari / d'infanzia
legati ad arte / nello scrigno del
tempo /... depredati di Te..., scrive;
ricordi che in Ora e prima, tornano ancora
a un tempo lontano, ma l'eta' e'
quella che segue l'infanzia, quando ci accompagnano i sogni: Fitte diaspore / di insetti, /sulla costa,
su, / per l'erta di Avola / Antica: guizzanti / nell'anima in fiore,/ e un po' oltre: ... le schiere / dei miei sogni / miti e di quelli / estivi piu'
agguerriti, / e accanto ai sogni la gioia di vivere: dei sospiri / emessi, di
quanto / risi. In Presente, la troviamo in piena eta'
giovanile, quando l'amore si affaccia nella sua vita, come in quella di tutti,
con le apparenze di una meravigliosa favola che ci entusiasma, ci esalta, ci disarma,
ci appaga, ci avvince, ci possiede quasi interamente: l'amore di chi amo / la gioia di abbracciarti / e di amare in quel che
sono, scrive. E l'essenza della vita e', appunto, il 'presente', e poco
importa il futuro, e poco il passato, aggiunge con versi che comunicano, intanto, una straordinaria ebbrezza di
vivere, e che desidero ricordare: Il
meglio e' unicamente /questo, l'ora in cui viviamo, / non la conquista di un
domani / che sara', e allora? / ne' un passato che oramai / non ci appartiene,... / ... mais oui... /, e chiude il verso e la lirica con i puntini di
sospensione, quasi a volerci ricordare che la vita continua, comunque, come le
va di continuare. Quale eco di epicureo vivere o del ''chi vuol esser lieto, sia'' di lorenziana memoria sembra giungerci da questo
''mais oui''! Ma si'! sembra suggerire anche a noi la poetessa, prendiamo dalla vita cio' che nell'attimo
e' possibile strapparle e non pensiamo ad altro.
Ma non sempre e'
bello, purtroppo, il presente, l'attimo, e quand'anche lo fosse, il passato,
che lo si voglia o non lo si voglia, e' anch'esso la nostra vita, e ci
appartiene, e ci appartengono coloro che sono stati nel nostro passato; e ci
appartiene pure il futuro, anche quando non ci saremo piu', perche' ci saranno, in
ogni caso, molti di coloro che ora ci sono accanto o accanto ci saranno stati,
e del futuro di costoro non sappiamo e non possiamo disinteressarci. Non siamo
monadi!
E la nostra
amica lo sa, e ne da' atto, in alcune liriche, di quanto il passato e il futuro
facciano parte del suo presente: il ritorno sovente, ad esempio, al ricordo del
padre, o ai ricordi dell'infanzia. Sono il suo passato! E allora? Non vivere
del passato! Come si fa?
E in Futuro prossimo, quando scrive: E il mio giorno di festa, / lo attendo,... non e' l'attendere, sempre, un'attesa di futuro? Per bene o male che ci tratti
la vita, non ci attendiamo un po' tutti il nostro ''giorno di festa''? O i nostri
giorni di festa?
Certamente, fra
i due momenti: del vivere giorno per giorno, senza attendere nient'altro dalla
vita e questo puntare sul domani, qualcosa e' dovuto intervenire a mutare il suo
stato d'animo: si e' accesa o riaccesa qualche speranza, l'attesa di qualche
evento, ora, la allieta.
E sappiamo
tutti che nei momenti in cui la vita ci gratifica di un po' di generosita', si
ha la sensazione che di nient'altro ci importi, e si desidererebbe vivere quei
momenti in eterno.
In questa
scansione temporale, ricordata dai titoli, segue Finale. L'amore, dopo un incontro inebriante ci dice: impietrita come l'ultima volta che ti vidi,
/ ebbra di vita, tra le pieghe del sole estivo; / si ridurra' alla debole
speranza di un altro assai incerto incontro, e, poi, smaltita l'ebbrezza, nel
rendiconto del dare e avere, chi piu' aveva dato, ora, piu' soffre: dopo
aver tanto dato, da oscurare / il paesaggio e i volti di chi
mi e' accanto: / tale lascito raro
ebbi da te in dono, / ne' ricambio di sentimenti schietti.
Segue Infine, che chiude la silloge. Siamo all'oggi,
ormai, e alla maturita', perche' le liriche sono state composte nel 2008. Della
vita e dalla vita ha appreso molto: ormai
saviamente / disillusa, leggiamo, e l'enjambement, procedimento metrico che
non e' il solo, ma e' molto usato da Paola, e che a me sembra, generalmente, di
particolare efficacia, qui viene a sottolineare, pare, come una pausa di
riflessione, quasi avesse voluto concedersela, affinche' la sua disillusione non
derivasse da affrettate conclusioni, ma fosse veramente, come lei dice, ''saviamente''
ponderata. E chiude la lirica e quindi l'intera silloge, con versi che sono un
inno stupendo a quella vita, che l'ha delusa e che, tuttavia, non ha inaridito
i suoi sentimenti: e, come vedi, non ho /
mai avuto bisogno / che d'amare''.
Tra Prima e Infine e' racchiuso l'intero arco della vita di Paola Liotta,
dall'infanzia al 2008, quel ''meditare sul proprio vissuto'', per dirla con
parole sue, affrontando i temi perenni della vita: l'amore tout court, e ne
abbiamo parlato, ma anche l'amore per il padre, con il quale si sentiva un tutt'uno: Fusione immaginaria / di cieli e terra, /
... eravamo, scrive in A mio padre, al
quale con versi toccanti rivolge sentimenti profondi di forte affetto e di
immensa gratitudine per averle dato un amore che la accompagnera' per sempre e costituira'
un po' l'analgesico al dolore della sua assenza. Questi i versi che mi piace ricordare: Non e' l'ora, questa, / di dolersi ne'
nutro / illusioni sempiterne / o un bel niente:/ ci sono, e il mio / 'per
sempre' sara' / il tuo amore per me. Non cerca metafisici rifugi. Qui viviamo e scontiamo tutto quanto e'
possibile vivere e scontare, e qui vanno vissuti i sentimenti e gli affetti.
Ma l'affetto
per il padre e' tema anche di Prima, lirica
gia' ricordata, dove nei ricordi d'infanzia, la figura del padre appare gia' un
po' incerta, quasi, ...a predire d''altre' /
lontananze, due versi, due emistichi, piu' propriamente, ancora un
enjambement, che a me sembrano una meravigliosa e delicata metafora della
morte.
Eguale
intensita' d'affetto nutre per la madre, al cui amore ha affidato se stessa;
madre e figlia vivono, nei suoi versi, in amorevole simbiosi, l'una per l'altra: che sia io, in te, / Tu, in me. Lei
alla madre ha affidato la sua vita, aggiunge in versi dolci e tristi: eppure il dolore / corrode la tua mite / pazienza d'una volta /e il mio tempo / scivola ora /
fra le tue mani / vigili d'amore / lievemente,/. E sono un'unica persona nell'affrontare il: ... greve passo / per l''ignoto' / che e' la
Vita...? scrive in Madre.
Non desidero
aggiungere altro, per non abusare ancora della vostra pazienza, pur ritenendo
che parlare delle poesie di Paola Liotta non credo possa spazientire l'ascoltatore,
tranne che ad annoiare non fosse chi ne parla, e non vorrei essere io questo
caso. Soltanto poche parole ancora, riguardo a un altro aspetto della visione
della vita che emerge dalla poesia di Paola: e' una vita che in gran parte si
sostanzia di affetti, di elevati sentimenti, di apertura dell'animo all'altro,
di fiducia nell'uomo e si scontra, invece, con la vanita', la futilita', la
finzione, la delusione.
E stupisce, gia'
dicevo, un'interiorita' tanto dibattuta e tormentata piu' consona, a mio giudizio,
a un'eta' piu' avanzata e a una piu' vissuta vita.
Ma la maturita'
non sempre procede di pari passo con l'eta' cronologica.
Un'ultima cosa
desidero dire, leggo ancora dal risvolto di copertina, di penna della Nostra: ''tali
versi sono sgorgati con semplicita', nella temporanea auscultazione di quanto,
delle sue (di se', intende), energie spirituali e affettive, si era
sedimentato,...''. Ebbene, leggendo queste parole mi tornava il ricordo di quanto
Sartre, nella ''Nausea'', mette in bocca ad Antoine Roquentin, protagonista di
quel romanzo: ''Bisogna scrivere tutto come viene alla penna, senza cercare le
parole''. Io credo che questo valga molto per la vera poesia, e apprezzo moltissimo
la poesia di Paola, anche perche' i suoi versi a me danno l'impressione che
scaturiscano da una grande spontaneita', come se le 'parole' fluissero dal
pensiero alla penna; e, tuttavia, appaiono, come gemme in un castone, tutte
perfettamente al loro posto, quindi come fossero 'cercate', e i versi lungamente
meditati. Specificita', ritengo, anche queste della buona autentica poesia.
Benito
Marziano
Ascolta l'intervento di Benito Marziano alla presentazione del libro di Paola Liotta (Libr'Avola 24 ottobre 2009)
Paola Liotta
Del vento, e di dolci parole leggere...
2009, cm 16 x 22
Collana OPERA PRIMA n. 16
ISBN 978-88-96071-13-7 
|