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recensione
Recensione di Isabella Di Bartolo
Caporedattrice dei servizi culturali
di La Sicilia, redazione di Siracusa
stella

Giovanni Stella, Miele estremo, 2010, 16°, pp. 270, 13,00 - ISBN 978-88-96071-33-5 acquista

RecensioneEmozioni e ballate della nostalgia di Patrizia Tomba

Amo la poesia per ciò che essa riesce a  risvegliare in un semplice lettore, e in questa veste commento il libro  Emozioni e ballate della nostalgia di Patrizia Tomba.
Leggo nella  copertina che Patrizia Tomba, insegnante laureata in Filosofia ed in  Scienze politiche, ora felicemente in pensione, vive a Bologna ove si  dedica a tempo pieno alla poesia, alla narrativa e agli scacchi. In  effetti, gli studi e quest’ultima passione indicano un modo di intendere  l’esistenza in cui il ragionamento più che il sentimento condiziona le  manifestazioni dello spirito. Si nota in molte delle sue poesie che vi è  un limite, un riserbo a lasciarsi andare liberamente come se un freno  psicologico intervenisse a impedire un libero dispiegarsi dell’emotività..  Quando però questo avviene ci sentiamo coinvolti in una comunanza  d’emozioni che solo pochi autori riescono a suscitare. È per questo che le  poesie che maggiormente mi hanno coinvolto, sono quelle in cui vi è da  parte di Patrizia Tomba un abbandono dalla realtà. Sono quelle  malinconiche come Tossignano nel 55 e le seguenti, molto  musicali e spigliate come la banda mattutina fino a quante cose  ci siam detti.
 

Tomba PatriziacopertinaIl volume consta di settantasette pagine e di altrettante poesie.  Alcune sono personali e chi legge può solo immaginare con la propria  fantasia le cose alle quali l’autrice intende riferirsi. È il caso della  torre buia nel Notturno d’organo, oppure più avanti in  Sorda-pace guerra sussurrata, ma anche in altre. In Notturno  metropolitano vi è il rigetto della città periferica con le sue  brutture, mentre in Pietre pietose si nota l’amore per la propria  città in cui spicca la bruna lucentezza della Via Emilia. Amore che  continua anche nella poesia Dalla parte sbagliata. Poi, con  Viaggio si cambia, e la poesia prende un’altra piega. Si avverte  qui l’entusiasmo del ventenne, vissuto però a posteriori, tanto da trovare  oggi, in quel passato, detriti di morte. Ma con più ironia l’autrice  canticchia in Viaggi organizzati.
 

Si cambia registro e la vena poetica si manifesta in Notte  d’estate e, appunto, in Fine estate. In Papaveri, alla  dolcezza del quadro si sovrappone un senso d’impotenza, come pure in  Natura morta, mentre Settembre è un ritratto amabile e  pittoresco come anche lo sono Autunno e Nebbia. Lei sembra  poi pentirsi di concedere tanto bello perché arriva a stemperarlo con la  Vendetta della pioggia.
 

Arriviamo così al cuore del volume, in cui la nostalgia si delinea con  Ricordo d’amore in cui gli affanni del cuore, come uccelli  migranti, gridano verso orizzonti ondeggianti. La nostalgia diventa più  palpabile in La nostra storia, e descrittiva (La tua casa),  forse personale (delizioso sfacelo) e carica di tristezza in  Allucinazione. Poi la sua poesia diventa canto, musica,  divertimento, con Parlo con voi, Fantasia,  Disperazione, Vita, ragione, Dolore,  Silente per diventare pensiero con Canzone socratica e  Bassura, Prometeo, Verità Kantiana. È ancora ricordo,  sebbene immalinconito dall’appartenenza ad un’idea, come in Eravamo in  quattro e Amico sincero e leggero, ma anche in  Fonderia.
 

Si diverte giocando con Entropia fra scienze sociali e  filosofia, per poi scolpire figure tristi come lo Spacciatore e  la povera drogata in Voce dispotica del sapere, che trovano cornice  in Camera con vista. La malinconia ritorna impietosa con Parole  fra noi troppe e malintese e Penombra fresca e antica,  Vecchio dal capo chino e, forse quelle che danno maggiore  commozione come Tossignano nel 55, Forse un mattino del  57, e, anche se più personale Le signore anziane.
 

Trovo infine tanta musicalità in poesie come Sguardo di  gelsomino, la banda mattutina, voi siete i miei amanti (  agli anni 50) e anche nell’ironica Canto del pentito e  Quante cose ci siam detti (ballata degli anni cinquanta) e anche in  Lo stage di poesia (zirudella giocosa).


Il libro è finito. L’abbiamo letto e riletto ancora per capire  certe immagini che non sono evidenti o che sfuggono ad una prima lettura e  ci ha accompagnato nel cammino il gioco, a volte ironico, a volte  ridanciano che la Tomba imprime ai suoi versi descrivendo realtà dall’alto  della sua visione erudita. La sua chiusa finale, intitolata Al  poeta, merita qui d’essere ricordata intera: togliti, poeta, la tua  veste bianca e donala all’ultima stella che l’alba spegne.

Paolo Maccioni
su Literary n. 1/2008  

Patrizia Tomba, Emozioni e ballate della nostalgia (a cura di Giuseppina Rossitto), Collana Araba Fenice n. 26, pp. 72, Euro 9,00 acquista

Conoscere il poeta significa conoscere le parole del poeta
così si è espresso Libero D'Agata, parlando di Antonio Caldarella



libravolaPRESENTATO IL 22 DICEMBRE 2007 PER LIBR’AVOLA
L’ULTIMO VOLUME DI POESIA DI ANTONIO CALDARELLA

“Detto fra noi” la recente raccolta di poesie di Antonio Caldarella, dedicata “di cuore, o meglio di polmone, al professore Umberto Veronesi” e agli altri della sua équipe per averlo “riportato sull’isola… che c’è” ha convinto e commosso  il pubblico intervenuto numeroso alla presentazione avvenuta sabato scorso presso la sala consiliare del Palazzo di Città. “La condivisione dello scrivere - ha commentato l’editore Francesco Urso che ne ha curato la pubblicazione - fa sentire meno difficile il cammino di quanti decidono di consegnare alla poesia le emozioni dell’anima. Questa esperienza ci fa sentire meno soli in una città dove spesso si ha successo senza cultura”. “Conoscere il poeta, significa conoscere le parole del poeta - ha esordito l’ingegnere Libero D’Agata nella insolita veste di relatore-non relatore dell’incontro. Il mare, l’acqua in movimento, la spiaggia, le dune, il vento sono gli elementi della poesia di Antonio che danno il senso della realtà in movimento, così come il buio, la notte, l’ombra, vissuti non in modo pauroso, danno l’idea che il buio non è mai totale, ma interrotto dalla luce. Ed ancora la presenza tattile, le dita, gli odori che si sprigionano potenti testimoniano una realtà, quella di Antonio, in continuo movimento, spesso improvvisamente diversa dalla premessa”. Tema dominante nelle domande e negli interventi del pubblico: chi è il poeta? cos’è la poesia? a cui Antonio Caldarella ha risposto con estrema sincerità e semplicità: “Presumo che il poeta sia una parte della persona, è un tramite, è quella parte di me che si esprime e che cerca di ribaltare il tempo”. Fra il pubblico anche il sindaco Antonino Barbagallo che ha voluto salutare l’amico di gioventù e compagno di studi: “Sono con voi col cuore al di fuori della politica, perché questa è una serata che parla della nostra città”.
Antonio Caldarella, poeta, drammaturgo, attore e regista, ha conseguito la laurea in Scienze Politiche all’Istituto Orientale di Napoli. Lavora in teatro, cinema e televisione dal 1977.
Con la Libreria editrice Urso ha pubblicato nel 1991 “La luna sfogliata dal vento” (1991) accreditata dalla prefazione di Jean-Paul Manganaro, noto traduttore e critico letterario, professore all’Università di Lille, già professore alla Sorbona di Parigi città dove vive.
Gabriella Tiralongo
In LA SICILIA del 28-12-2007

Antonio CaldarellaLibr'AvolaRIFLETTORI SUL VALORE DELLA POESIA
MANIFESTAZIONE “PRIM’AVOLA” 
AL MUNICIPIO DI AVOLA IL PRIMO DI UNA SERIE DI INCONTRI CON AUTORI LOCALI

Si inaugura oggi, presso la sala consiliare del Palazzo di Città, alle 17,30, il primo di una lunga serie di incontri dedicati alle opere e agli autori locali che hanno condiviso le attività culturali che ruotano attorno alla libreria Editrice Urso. A dare il via a questa nuova esperienza, un po' diversa dai soliti schemi e libera da condizionamenti, che ha come obiettivo fare emergere la memoria storica di una città e le intelligenze locali, sarà Antonio Caldarella, poeta, attore, regista di cui verranno presentate due raccolte di poesie, la più recente "Detto fra noi", la cui veste grafica è arricchita dei bozzetti sempre dello stesso autore, e "La luna sfogliata dal vento", pubblicata nel 1991. Dopo un lungo silenzio Antonio Caldarella riprende a scrivere, partendo proprio dal suo vissuto, spesso doloroso. E in questo percorso, quasi catartico, Antonio ritrova se stesso e il piacere di rapportarsi con gli altri. Il lettore diventa colui che ascolta il suo intimo sentire, le sue angosce, ma anche il riscoperto piacere della vita e dell'amore, nonostante "In tanti se ne sono andati, alcuni in silenzio, altri gridando...". E' stata la nipote ad averlo stimolato a riprendere a scrivere, il gusto e il piacere provato dalla bambina nell'odorare divertita il profumo della carta fresca di stampa lo ha indotto a riflettere sul valore del libro. "Ho deciso - (è questo vero cambiamento fra la prima raccolta e l'ultima) - di non rapportarmi più sull'esercizio poetico stilistico, ma solamente sulla vita quotidiana, ho voluto affrontare i grandi temi attraverso il vissuto, sperimentando
formule letterarie adatte all'emozione condivisa". "In un momento in cui il libro sembra essere sempre più estromesso dalla vita di ciascuno, è interessante scoprire cos'è che rende privilegiato questo rapporto tra la lettura e la scrittura e viceversa, si deve leggere e scrivere, e solo scrivendo si può leggere meglio", commenta l'editore Francesco tirso. "Riprendere a scrivere un libro, nel senso di oggetto, in una empatia con il libraio indipendente, è stato stimolante, aggiunge Antonio Caldarella -. Cacciare fuori il dolore è stata un po' come l'altra parte della cura, quella dell'anima. E' stato importante ricominciare a condividere con gli altri i propri sentimenti, cosa che la malattia, soprattutto nella prima fase, aveva negato".
Gabriella Tiralongo

in "LA SICILIA" 22 dicembre 2007

copertinaPUBBLICAZIONE POSTUMA DI ANNINA RIZZA SCIFO
“E’ sera” è il titolo della raccolta di poesie di Annina Rizza Scifo, insegnante elementare scomparsa circa un anno fa, disponibile per i lettori da qualche giorno. Edito dalla Libreria Urso che valorizza e promuove gli autori locali, inserito nella collana “Araba fenice”, è la seconda pubblicazione dell’autrice fortemente voluta dai familiari, la prima, “Terra mia”, risale al 1997. “E’ sera”, lascia già trapelare lo spessore della raccolta. E’ il crepuscolo della vita, di questo l’autrice ne è consapevole e traccia il resoconto di quello che è stato il suo percorso. Lo fa con uno sguardo attento alla natura che spesso diventa pretesto per soffermarsi sulle stagioni della vita e accoccolarsi su se stessa. Ecco affiorare i sogni, talvolta frustrati come i suoi aquiloni che non si reggono più al vento della giovinezza; i ricordi, quello del padre che vede in fondo alla via e le indica la strada lunga e dritta, ma che scompare per una “precoce ed improvvisa grandine”, o delle ansiose manine e della “voce argentina di dolci perché” del figlio ancora piccolo che la portano a rivivere la fede e l’ansia della sua giovinezza. In questo ultimo scorcio del suo cammino si sente sola e stanca, i sogni si spengono ed allora si rivolge al compagno della sua vita e lo invita a fermarsi: “Fermati. Già e vicino il nostro tramonto/e non avremo più esami da fare./ Fermati. Parliamoci e ascoltiamoci/prima di iniziare il nostro viaggio”. Eppure, nonostante le fiabe appartengano ad un passato radioso, ecco un guizzo, non si arrende all’idea della vecchiaia come fine dei sogni, ma si sofferma sull’ultimo “soffio dell’estate già conclusa” o gode della tiepida carezza del sole di un “Trasparente mattino d’autunno” continuando nella sua ricerca: “Io sto cercando il cuore del mondo”. E’ la ricchezza dei contenuti e dei significati, al di là della cifra stilistica, la musicalità della lingua, la sonorità delle parole, la perfetta sintonia dei suoni con la materia trattata, è questo quello che arriva con immediatezza alla mente e al cuore del lettore e lo induce a riflettere sul significato della vita paragonata allo sfrecciare del treno:“Una corsa ebbra nel tempo e nel mondo./Dietro una scia di sogni/Chiari, più chiari,/ma sempre lontani”. Con lei la poesia diventa strumento duttile e docile alla interiore necessità dell’uomo di avere risposte ed è per questo che riesce ad indurre il lettore ad ascoltare la vita.

tiralongoGabriella Tiralongo
in LA SICILIA 31 marzo 2007

copertina Rossitti“Vita nei campi incolti e inariditi”, ...disponibile per il pubblico, edito dalla libreria editrice Urso, è la raccolta di poesie che segna l’esordio di Giuseppina Rossitto. Avolese, da tempo residente a Bologna, dove si è trasferita dopo la laurea in Scienze Politiche, Giuseppina Rossitto si dedica alla poesia quasi per gioco, senza averne consapevolezza, in un periodo in cui avverte forte l’esigenza del cambiamento. Il suo è un fermento interiore che muove verso risposte che possano dare una svolta alla sua vita, risposte che trova proprio nella poesia utilizzata per rimaneggiare le immagini estemporanee che la quotidianità le offre. Gli squarci si elevano grazie al lirismo e diventano pian piano un processo di consapevolezza che le schiude la via e le permette di guardare avanti. Il suo è un viaggio interiore che a volte è fuga da una realtà dura e triste, a volte ritorno, a volte recupero, più spesso ricerca di rinnovamento, “Voglia di sgomberare cantine e solai/ e riscoprirsi artista che la materia muta in anima”. Il legame con la sua terra è fortissimo, della Sicilia sente i contrasti e le contraddizioni che supera a Bologna, città che riesce a darle un profondo senso di equilibrio, ma “Nel cammino imparai a legare le due terre/e non ne persi né rimpiansi alcuna./ Capii nel tempo che esse erano madre e padre,/ nascita e vita, entrambe da amare.”. Della Sicilia apprezza la sfida, che talvolta si traduce in illegalità, spesso indice di energia vitale quella stessa che riscopre nel paesaggio che osserva attentamente dal finestrino del treno. La strutturazione della raccolta in tre sezioni corrisponde un po’ al percorso interiore dell’autrice che ha cercato in questo modo di organizzare una consapevolezza che si tramuta in un documento poetico che raggiunge toni molto elevati nell’ultima parte, “Squarci di immagini introspettive”. “Primavera nei campi incolti e inariditi” meglio di ogni altra, è la lirica che traduce questo desiderio di venire fuori dalla propria lacerazione anche se ancora l’energia vitale non si è tradotta in azione concreta. In “Muri a secco” una delle ultime poesie, si percepisce il cambiamento, la vita che continua, anche se il desiderio si traduce nel guardare non i campi verdi e rigogliosi, “ma all’immenso mare e alla mia piccola casa”. Il mare come una metafora, entità che mette in contatto, come elemento di comunicazione. I tempi dell’isolamento sono finiti e anche se l’autrice si ripara dietro ai muri a secco, ultimo baluardo di difesa dalle intemperie della vita, già “respiro a occhi chiusi/ e sento i profumi che/ riconosco, uno ad uno./ Ascolto il vento e sento un nuovo tempo”.
Gabriella Tiralongo
in LA SICILIA, venerdì 26 maggio 2006
SiciliaGIOVEDI' 8 DICEMBRE ALLE 11.00 NELLA LIBRERIA URSO PRESENTAZIONE DI SICILIA TEMPLARE DI SALVATORE SPOTO“Sicilia Templare” è il titolo dell’ultima pubblicazione di Salvatore Spoto, edita dalla Newton & Compton, che verrà presentata presso la libreria dell’editore Francesco Urso l’otto dicembre prossimo. E’ la storia dei Templari, nelle vicende che portano allo scontro tra Angioini e Aragonesi per il controllo dell’isola per culminare nei Vespri Siciliani. E’ localizzata, a differenza dei suoi precedenti “Sicilia Antica” e “Sicilia Normanna” a Lentini, considerata dai Templari un Eden, diventata tale grazie allo sbarramento del fiume secondo un’antica tecnica idraulica. Di origini siciliane, il suo cuore è per questa terra che vuole rivalutare e lo fa risalendo ai Templari, epoca in cui era uno dei punti di forza del commercio fra Oriente e Occidente. E’ un libro che nasce, come afferma lo stesso autore, dalla voglia di creare un ponte con l’Oriente, nell’intimo desiderio di una promozione culturale della Sicilia. In questo Spoto è confortato dalle ricerche avanzate svolte durante la docenza presso l’università di Bologna, nel corso delle quali si è occupato dei riflessi dei culti orientali sul bacino del Mediterraneo. Salvatore Spoto, giornalista professionista da trentacinque anni, viene fuori dalla preparazione universitaria non solo come studente, ma soprattutto come docente. Si è dedicato da sempre al giornalismo, sin da quando ha scritto per Il resto del Carlino”, per poi collaborare con l’Espresso, Panorama, La Repubblica, per approdare al Messaggero dove attualmente scrive. Saggista, scrittore, autore di testi teatrali, ha al suo attivo numerose pubblicazioni, fra le più recenti, Storia e magia delle carte da gioco, Ostia antica, Miti e misteri, Roma porta d’Oriente, I Baccanali, Roma esoterica, Miti, riti, magia e misteri della Sicilia, Sicilia antica, Sicilia Normanna.
Gabriella Tiralongo

GrazianaCopertinaQuando la poesia è questione di... «Momenti»
dal quotidiano "LA SICILIA" del 9 ottobre 2005

«Momenti di poesia» è il titolo di una breve raccolta di poesie, che segna l'esordio di una giovanissima, Graziana Scaffidi, di appena dieci anni, alunna della scuola elementare Largo Sicilia. Il libro, compreso nella nuova collana intitolata «Opera prima-Poesie Ragazzi» della editrice Urso, rappresenta una novità in assoluto perché mai un editore ha fatto scelta migliore che far pubblicare una raccolta di poesie scritte da una bambina.
Il progetto ha caratteristiche inusuali da ogni punto di vista, la presentazione, infatti, è stata affidata a Martino Miucci, anche lui scolaro di quinta classe elementare così come la copertina sulla quale è riportato un disegno a pastelli della stessa Graziana.
La piccola autrice sa esprimere con la sensibilità e l'innocenza di una bambina, non senza quella severità e logica ferrea tipica dell'età, temi importanti, spesso ingombranti come la guerra e la pace. I sentimenti d'amore che la ispirano riesce ad esternarli «con semplicità e convinzione» come afferma Martino Miucci il quale ha colto nel libro di Graziana un filone particolare che lo caratterizza rispetto agli altri, «un pensiero particolare dedicato alla donna, alla mamma e al papà». Graziana ha partecipato a numerosi concorsi letterari per ragazzi ottenendo diversi riconoscimenti. Il progetto promosso dall'editore Urso, che ormai si distingue nell'ambito della piccola editoria in considerazione non solo del numero delle pubblicazioni annue, ma anche della qualità delle opere da lui curate e date alla stampa, rappresenta una scelta coraggiosa.
La sua è una svolta importante dettata da quella sensibilità verso i ragazzi che sempre ha contraddistinto il suo lavoro. E' stato lui ad ideare una pagina, all'interno del suo sito web, interamente dedicata ai giovani scrittori.


Gabriella Tiralongo


Graziana Scaffidi, Momenti di poesia, 2005, pp. 48, Euro 7,00, (Libreria Editrice Urso - Collana ''Opera prima - poesia ragazzi'' n. 8)acquista
IN LIBRERIA dal 31 ottobre 2005

vento Il «Vento» che spira dal liceo
porta alla scoperta della verità

Una raccolta di poesie per il debutto di Antonio Rametta

«Vento» è il titolo di una breve raccolta di poesie, che segna l'esordio letterario del giovanissimo avolese Antonio Rametta.
Il libro inserito nella collana «Opera prima» dedicata ai novelli poeti, è edito dalla libreria editrice Urso.
Antonio Rametta, studente liceale del "Corbino" di Siracusa, poeta di appena sedici anni, è al suo "debutto", ma nonostante l'età, dalle sue riflessioni emerge una sensibilità che avvolge e conduce per mano lungo il percorso di vita per lui appena iniziato.
La raccolta permette di comprendere le tensioni emotive di un ragazzo di fronte ai dubbi e i dilemmi dell'uomo e dell'umanità intera. Ed è al vento che si rivolge affinché canti le sue dolci lodi e diffonda la sua disperazione per una guerra ingiusta.
Si sente solo nell'affrontare la vita che paragona ad una partita a scacchi «dagli infiniti pedoni, chiamati uomini, chiamati figli …» da giocarsi con la morte, ombra oscura che offusca i suoi pensieri, angoscia ricorrente, com'è giusto che sia alla sua età, che riesce ad esorcizzare con l'ausilio dell'amore. Si lascia accarezzare dai ricordi dell'infanzia, con i quali si trastulla per allontanare la paura di affrontare la vita. La solitudine è un tema ricorrente, che lo accomuna al vento che soffia incessante e che gli rammenta «l'agonizzante verità».
Per alcuni istanti ricorre al sogno consolatore rifugiandosi in un mondo diverso, perché solo così riesce ad affrontare l'ansia dell'ignoto. Rametta raggiunge in alcune poesie un lirismo che, sebbene ancora acerbo, riesce a toccare toni alti, trasmettendo al lettore la sua sofferenza interiore, la non accettazione per «un universo artificiale».
Il suo non è uno strazio reale, di un uomo fatto, ma un dolore ideale, non ancora vissuto.
Questo fresco quaderno di appunti, che si contraddistingue per uno stile originale, quasi anarchico, che rifugge da ogni capestro stilistico, qualche volta anche azzardato, merita di essere letto attentamente perché offre l'opportunità di interrogarsi e di fare un personale bilancio di vita.
Gabriella Tiralongo
da La SICILIA 3/3/2005


Antonio Rametta, Vento , dicembre 2004, Collana Opera prima n. 4 Euro 7,00 acquista

Dal quotidiano LA SICILIA dell'11-09-2003
Solidarietà attraverso i libri Singolare iniziativa per ricordare la tragedia dell'11 settembrenota bene, in ricordo...
Due anni fa gli occhi sbigottiti del mondo erano incollati davanti al televisore a guardare le immagini dell'attentato alle Torri Gemelle di New York.
Alcuni spiriti liberi e sensibili, memori di quel triste giorno per le pagine della storia dell'uomo, hanno fatto "viaggiare" via internet una proposta: trasformare questo anniversario funebre in un atto creativo e generoso. I promotori dell'iniziativa, vogliono organizzare una mobilitazione generale per commettere un attentato poetico: "Liberate un libro! Perché un libro è simbolo di libertà, di condivisione e di tolleranza, la mattina dell'11 settembre 2003 uscite con un libro per voi importante, un libro che abbia cambiato il vostro punto di vista sul mondo, scriveteci una dedica con una parola, un indirizzo o un disegno e liberatelo! Per strada o su una panchina, alla fermata dell'autobus o in un bar a disposizione del lettore sconosciuto.
Un po' d'appertutto nel mondo molti anonimi, ma anche artisti, scrittori, poeti, editori di ogni convinzione e confessione, libereranno dei libri per loro importanti lungo la strada, oggi 11 settembre 2003 a partire dalle ore 14,46 e li lasceranno un po' ovunque nella città".
L'idea è stata intercettata dal sito www.libreriaeditriceurso.com, di Avola che ha cercato di coinvolgere più gente possibile ed ha provveduto a fare circolare l'informazione.
E un modo per ricordare, senza solennità alcuna, quelle morti inutili, di persone come noi, alle quali se ne sono aggiunte, strada facendo, altre, andando così ad infittire "certe" pagine di storia.
Aderire a questa iniziativa, significa dare voce ai volti di quei corpi che non sono stati più ritrovati e per i quali, ancora oggi, si celebra il funerale; vuol dire liberare nell'aria un momento così importante di condivisione.

Gabriella Tiralongo
LA SICILIADon Lorenzo Milani
Domenica, 30 dicembre 2001
AL TEATRO <<SAN CORRADO>> PRESENTATO LIBRO SU DON MILANI
Alla presenza di un pubblico attento si è svolta al teatro <<San Corrado>> di Pachino la presentazione del libro dello studioso pachinese Nello Lupo dal titolo "Don Lorenzo Milani, prete e maestro". Presente, oltre all'autore, la docente Michela Buscema che ha presentato i relatori: padre Pietro Catelan, l'editore Francesco Urso e il professor Giuseppe Munafò. Quest'ultimo ha tracciato un profilo del priore di Barbiana. "Il suo insegnamento mi ha fatto crescere come persona - ha detto Munafò nella sua relazione - e sarei molto lieto se il messaggio di don Milani arrivasse con maggiore frequenza nelle nostre scuole, essendo ancora oltremodo attuale". L'editore Urso ha sottolineato il buon momento culturale che sta attraversando Pachino, confermato dal soddisfacente andamento di vendita del libro di Lupo. <<Per la città di Vitaliano Brancati - ha aggiunto Francesco Urso - questo dato non può stupirci anche se gli intellettuali locali vanno incentivati e sostenuti". Padre Catelan si è soffermato a sua volta sul ruolo degli educatori e sulla crescita dell'oratorio della parrocchia di <<San Corrado". <<L'importanza del recupero di tutti gli individui, soprattutto dei cosiddetti ultimi e di quelli che la società etichetta come cattivi - ha detto padre Pietro - è l'essenza principale della missione di ogni educatore. E in questo don Milani è stato veramente un maestro". Ha fatto seguito un dibattito sui temi toccati dal libro di Nello Lupo, con riferimento anche alla situazione attuale nel campo dell'istruzione.
Sergio Taccone
GIORNALE DI SICILIA
Domenica, 30 dicembre 2001
UN NUOVO LIBRO
L'ultima opera di Nello Lupo su don Milani

Si è tenuta presso il teatro della parrocchia di San Corrado, nell'ambito della giornata dell'Educazione promossa dal centro giovanile della parrocchia e dall'Azione Cattolica, la presentazione del libro Don Lorenzo Milani prete e maestro scritto dal professore Nello Lupo. Sul palco del piccolo teatro parrocchiale, che ha visto una buona presenza di pubblico, si sono alternati diversi oratori tra i quali padre Paolo Solimano, che ha curato la prefazione del libro, Michela Buscema, Sebastiano Burgaretta e Giuseppe Munafò. Anche il sindaco della città Sebastiano Barone e la sua giunta hanno partecipato alla presentazione dell'opera. Barone a nome dell'amministrazione e della città ha consegnato a Nello Lupo una targa ricordo. L'autore nella sua opera ha voluto tracciare attraverso la comparazione degli scritti di Don Milani un profilo del priore di Barbiana.
<< C'è nel pensiero di don Milani - afferma Nello Lupo - una parte costruttiva che può essere desunta da una lettura comparata dei suoi scritti più famosi; "Lettera a una professoressa" e "L'obbedienza non è più una virtù", con la sua opera prima "Esperienze pastorali", la sola che può fornire le coordinate umane, culturali, ma soprattutto religiose, senza le quali ogni pretesa di comprendere il Milani prete-mastro risulterebbe del tutto fuorviante. Alle indiscutibili istanze sociali e libertarie riteniamo vada aggiunta una dimensione teoretica e spiritualistica o più precisamente personalistica, che Don Milani espresse certamente sul piano della prassi educativa concreta, che fa del priore di Barbiana, a pieno titolo, un autorevolissimo rappresentante del personalismo cattolico contemporaneo>>.

Friuli-Sicilia
Da IL SOLE -24 ORE domenica 22 Aprile 2001

Quei versi fanno un popolo
di Franco Loi

La poesia è come il fiato di un popolo. Il siciliano Antonio presti ha voluto restituire, almeno al proprio popolo, il respiro e la voce di alcuni poeti, e ha organizzato un mese di incontri tra poeti venuti da ogni parte d'Italia e la gente di Sicilia. Ha chiamato questi incontri << Devozione alla bellezza >>, a suo tempo dedicata all'arte, per la serie << Fiumara d'arte >>, e ora alla poesia. Gli eventi si sono susseguiti per molti giorni sui treni, nelle librerie, tra gli studenti e nelle case ospitali dei siciliani. L'iniziativa di Antonio Presti ha voluto dunque restituire voce e parola ai suoi legittimi ascoltatori e ha colto il segno di una realtà nascosta che testimonia di un'altra Italia e di un modo antico di respirare nel mondo. Anch'io ne voglio dare testimonianza segnalando alcuni libri di piccoli editori e la voce di straordinari poeti dal Friuli alla Sicilia.
Comincerò con Ida Vallerugo che, dopo La porta dipinta, e Interrogatorio, Collettivo R., Firenze 1968 e 1972, ha pubblicato in friulano Maa onda - Madre onda - Il Menochio 1997, e ora dà alle stampe Figurae, dedicato ai genitori, e ha in serbo un grande libro, Mistral, che spero qualche editore vorrà accogliere quanto prima. Ne do uno stralcio a far comprendere l'altezza e l'ampiezza di questa sua poesia: << Desiderio di voi lontani, lasciaci, pietà! / Ma se non incontrerò nessuno, con me, di voi parlerò, come ora, a voce alta, / di stanza in stanza, di identità in identità / indovinando il giro largo delle belle stagioni / da ciò che le stagioni più non portano >>.
E con questa friulana, un altro friulano, Umberto Valentinis, autore della raccolta Salustri, Udine 1968, e di Scoltant a scûr, Campanotto 1996, che ci presenta questa piccola "plaquette" Suazes - Cornici - di cui Rienzo Pellegrini sottolinea << l'efficacia nel disegnare la propria polissemia, con quel vuoto che si spalanca (per eccesso di contenuto, per la pressione emotiva) all'interno del perimetro evocato >>.
Ho conosciuto i siciliani Sebastiano Burgaretta e Salvo Basso e li ho sentiti recitare le loro poesie. Irruente e ritmato su toni violenti e incisivi Basso, intimo, ragionativo, colto Burgaretta, il quale ha al suo attivo una bibliografia di poesie in italiano e in siciliano, di narrativa e di saggistica, molto ampia, che va da Api e miele in Sicilia, 1982, a Sapienza del fare, 1996, e Retablo siciliano, 1997, e I fatti di Avola, 1998. Tra i libri di poesia, vanno segnalati Diario del Golfo, 1992, L'ala del tempo, 1995, Epigraffi, 1998, e ora, per la libreria editrice Urso, i versi in siciliano Mpizzu ri fuddia, titolo intraducibile, da cui posso ritagliare l'inizio: << Cchi-bboi ca ti cantu / o ti cuntu, i sta manera / amicu miu? >>, il cui tono discorsivo ci dà il senso della versificazione ragionativa attorno alla pace e alla guerra, e alle miserie del nostro tempo.
Di Salvo Basso non devono trarre in inganno le forme esterne, vicine alla sperimentazione. La sua è una poesia che nasce dall'interno, dal rapporto intimo con le cose e con le vicende. Occorre sentirlo declamare, come accade a ogni poeta orale, per entrare nell'essenza del suo poetare. Una sua breve poesia rende conto dell'autenticità della sua vocazione: << …Le parole giuste non / so mai quali sono - / come gli orari. / Le cose nascono / sul viso, / in uno / sguardo furtivo / ma è lungo il tempo che passa / e non so / che cosa è successo. Io vidi / non capii. / E' ciò / che mi aspetto / che non so: / Una voce/ dove… >>. Versi che valgono più di ogni intento di poetica, versi che, appunto, nascono dall'amore e dalla necessità.
Forse questo intende Antonio Presti quando porta in giro per la sua Sicilia la << devozione alla bellezza >>: un ritorno della poesia dalla carne di un individuo alla carne di una comunità, dalla voce di un uomo alla voce di un mondo.
Ida Vallerugo, Figurae, Circolo Culturale "Il Menochio" (telefono 042786259), Meduno (Pn) 2001, pagg. 60, s.i.p.;
Umberto Valentinis, Suares, Circolo Culurale "Il Menochio" (telefono 0427799204), Meduno (Pn) 2000, pagg. 126, s.i.p.;

Sebastiano Burgaretta, Mpizzu ri fuddia, Libreria Editrice Urso
Salvo Basso, Dui, prefazione di Manlio Sgalambro, Prova D'Autore

Angolo Libreria UrsoCORRIERE DELLA SERA CULTURA
Venerdì 16 FEBBRAIO 2001
Passato e futuro
Alla scoperta delle piccole realtà italiane dove,
tra specializzazione e idealismo, si cerca di contrastare l'inarrestabile ascesa dei megastore di modello internazionale

LIBRERIE L'ultima avventura di Don Chisciotte
di Stefano Bucci
Il libraio è un Don Chisciotte. Come spiegare altrimenti, se non con una letteraria follia alla maniera dell'hidalgo della Mancia, la scelta di quel Francesco Urso, che ad Avola (nella libreria probabilmente più a Sud d'ltalia) propone pubblicazioni, come Le siciliane di Giacomo Pilati o come Le Sirene e l'Isola di Giovanni Stella, all'apparenza lontane da ogni possibile tentazione di best-seller persino in un megastore d'ultima generazione. E ancora come giustificare in altro modo (nel tempo dei bookshop aperti fino a mezzanotte con presentazioni, miniconcerti rock e spuntini vegetariani) I'impegno di quella Maria Calabrò che regola aperture e chiusure del suo piccolo studio bibliografico di Trevignano Romano con quelli dell'influenza, dei grandi temporali o delle commissioni in città? La loro è una scelta che (secondo l'ottica dei maghi del merchandising) risulta spiegabile soltanto con una parola: follia. Alla maniera di Don Chisciotte.

Sono tempi duri per le milletrecento vere librerie italiane, di cui trecento (le più grandi e le più aggiornate) in grado di coprire da sole la metà del fatturato totale dell'intero canale nazionale. Tempi duri che penalizzano, in particolare, gli spazi di tipo generalista (quelli insomma <<modello boutique" con i grandi successi editoriali in bella vista) e quelli senza vizi né virtù o, meglio, senza carattere. E che privilegiano, al contrario, i grandi scaffali multinazionali e iperefficienti: veri é propri ibridi tra il supermercato, lo spaccio, il tendone di piazza e la bancarella. Dove il libraio non può essere più quell'affascinante incrocio (alla maniera dell'Anthony Hopkins pre-Hannibal-the-Cannibal di "84 Charing Cross Road") tra l'amanuense, il copista, il bancarellaio pontremolese, il sensale, l'editore, il legatore, il tipografo, ií cartolaio e lo stampatore. Un affascinante incrocio che (secondo tradizione) non vendeva soltanto romanzi e saggi ma anche almanacchi, spartiti e chincaglierie di divario genere.

Per fortuna il futuro del libro non è però soltanto quello giocato sul filo delle migliaia di metri quadrati da riempire con centosessanta nuove uscite giornaliere (oltre cinquantottomila in un anno), ma può essere anche nelle mani di questi "idealisti della pagina", nonostante si tratti di un universo fragile, che si apre e si chiude con regolarità atavica. Continuando, da sempre, a ignorare i mutamenti di tempi e modi dell'editoria: dal print-on-demand (la stampa su misura) alla recentissima pretiratura (in pratica duecentocinquanta copie di assaggio da inviare ai librai prima della pubblicazione vera e propria, per evitare rischi e rese). E scegliendo di proporre ai lettori cataloghi oltre ogni possibile tentazione di guadagno. Come nel caso della "Società per edizioni scelte" di Firenze che (sul Lungarno Guicciardini a pochi passi dall'appena inaugurata "Biblioteca Harold Acton") offre, tra arredi di gusto neoclassico e sedie appartenute a Enrico Caruso, riproduzioni su carta del mediceo Trattato di bicchierografia di Giovanni Maggi, cataloghi sulle Botteghe di mobilieri in Toscana dal 1780 al 1900 o spartiti dell'Estro poetico armonico di Benedetto Marcello.

Si tratta di realtà fuori degli attuali standard di mercato e spesso fuori anche dall'ordinario, che talvolta hanno involontariamente lo stesso sapore della neogotica "Lello & Irmao Bookshop" a Porto o della trendissima "Magma" a Londra e che continuano a rivestire un proprio ruolo sociale specifico.

In crisi sono soprattutto gli spazi "modello boutique" senza carattere e con proposte legate soltanto ai best-seller

Ad esempio nelle piccole città di provincia dove la libreria continua a rappresentare un reale punto di riferimento e di aggregazione alla pari del municipio, della farmacia o del tabaccaio. Persino oggi, quando il mestiere del libraio non è più lo stesso e quando la libreria non corre più il rischio di diventare (a seconda delle necessità) luogo di incontro di scrittori e intellettuali, fucina di scambio di informazioni e di cultura, rifugio di perseguitati politici, tana di cospiratori, punto di appuntamento per spie.

Lontani sono i tempi in cui Metternich "progettava un'organizzazione di tutta l'editoria dell'Impero capace di ridimensionare lo straripante potere dei librai". Eppure qualcosa di quell'idea di libreria come luogo di cultura continua a esistere (sia pur assai fragilmente tanto che qualcuna di loro potrebbe essersi addirittura chiusa nell'arco di questo stesso articolo) in una "Libreria del mare" di Milano o di Palermo, nel "Becco Giallo" di Oderzo (provincia di Pordenone) che assembla tutto quanto fa "lettura per bambino", nella "Pergamena" di Courmayeur dove si ritrovano storie di montagne e scalate. Oppure nella libreria dell'Isola della Maddalena (specializzata in oceani e arcipelaghi), nell'"Argo" di Lecce interamente votata agli scrittori dell'altra Europa, nella "Popolare" di Grosseto con i suoi libri su Etruschi e Maremma o nella "Casa Azzurra", lungo la statale dei Giovi (tra Milano e Portofino), che mette in vendita riedizioni d'autore del De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio.

Chi scommetterebbe oggi su un futuro sicuro e tranquillo per il "Viaggiatore immaginario" di Arezzo (che non sconfina mai da guide e taccuini di grandi viaggi magari in versi), per l'"Alberti" di Verbania che parla soltanto (o quasi) di Lago Maggiore, sulla "Pecorini" di Foro Bonaparte a Milano (dotata di rari erbari settecenteschi e di bibliografie) o sulla "Aristodemo Ferri" dell'Aquila che ha in catalogo la riproduzione della Perdonanza di Collemaggio curata dall'Abate Tarcisio Manetti. Eppure sono proprio piccoli spazi come questi che (alla pari di grandi e storiche librerie capaci di mantenere intatto il sapore delle proprie origini come la "Hoepli" di Milano, la "Herder" di Roma, la "Colonnese" o la "Guida" di Napoli) ad avere ancora qualche speranza. Una speranza che contraddice addirittura la logica che vuole ormai il libraio trasformato "in un esperto di marketing, psicologia della vendita, di informatica, di programmazione e di controllo, di gestione dello stock o di rotazione dei titoli" mentre sembra preistoria il tempo in cui Giorgio Amendola, proprio in qualità di commesso di libreria, assolveva (vendendo le Fiabe di La Fontaine o Gli indifferenti di Moravia) "I'unico lavoro che abbia mai fatto come dipendente da un padrone": a Napoli, agli ordini del "buon signor Johannowsky", dalla primavera del 1929 al marzo del 1931.

Nessuno vuole fermare il tempo ma si può comunque cercare di renderlo più a misura d'uomo. È giusto che ci siano i grandi spazi tanto amati da giovani ma è anche giusto che agli stessi giovani sia offerta (oltre alla possibilità di utilizzare biblioteche scolastiche finalmente aperte e aggiornate) I'opportunità di conoscere l'altra faccia della libreria. Quella destinata a essere schiacciata senza possibilità di scampo dalle attuali strategie di marketing, quella simboleggiata dalla mitica (e purtroppo scomparsa) "signora Adriana" della "Carù" di Gallarate. Quella dei Don Chisciotte.

da Il GIORNALE DI SICILIA
di domenica 14 gennaio 2001
Nei pensieri, in sporadici sogni
Poesie di Corrado Di Filippa

(mdg) << Nei pensieri, in sporadici sogni >>. È il titolo di un libro di poesie, scritto dal giovane ragusano Corrado Di Filippa (nella foto), edito dalla Libreria Urso di Avola. << Chiudersi in una stanza, aprire una veranda interiore - afferma l'autore - buttare pensieri e sogni su un foglio di carta. Questo è fare poesia. Far leggere i tuoi scritti, vuol dire violentare ciò che di più privato possa esistere. Qualcuno forse capirà il mio "mal di vivere", dettato dai vari problemi sociali, dall'amore che ho verso la mia terra che subisce le svariate ingiustizie, dalla triste rassegnazione dei miei coetanei e soprattutto dalla mancanza di mio padre, che mi ha insegnato a volgere questa tragedia in commedia >>. << Il viaggio nel sentire dell'autore - scrive , nella prefazione - diviene un viaggio in treno. Da un finestrino appannato dal fiato, delle parole non dette si attraversano le vigne, salendo verso i monti lblei, guardando la nostra terra con l'amore e il rimpianto di chi sente di dover partire per giungere alla foce della propria vita >>.

Marcello Di Grandi

da LA SICILIA di venerdì, 5 gennaio 2001

Siracusa Cultura

NEI PENSIERI, IN SPORADICI SOGNI
Dl CORRADO Dl FILIPPA

Un giovane avolese mette in versi il suo male di vivere. Èil ventiduenne Corrado Di Filippa che ha recentemente pubblicato "Nei pensieri, In sporadici sogni" della "Editrice Urso". Il giovane avolese dedica questa sua raccolta al padre, scomparso recentemente. Il ricordo del padre, il malessere dei giovani in Sicilia, l'amore per la sua terra sono i temi delle poesie, parte in italiano parte in dialetto siciliano, del giovane Di Filippa. "Chiudersi in una stanza aprire una veranda interiore buttare pensieri e sogni su un foglio di carta, questo è fare poesia", dice Di Filippa e aggiunge che grazie a questa pubblicazione «qualcuno forse capirà il mio "mal di vivere" dettato dai vari problemi sociali, dall'amore che ho verso la mia terra (...), dalla triste rassegnazione dei miei compagni e soprattutto dalla mancanza di mio padre che mi ha insegnato a volgere questa tragedia in commedia». La raccolta fa parte della collana curata dalla casa editrice avolese dal titolo. "Araba Fenice", una delle iniziative della casa editrice avolese della libreria Urso. Come ricorda Stefano Bucci ne "Il sole 24 ore" del ventinove ottobre scorso quella di Urso è "una libreria quasi di confine, ma che può vantare una storia Iunga cinque lustri". Proprio in questi giorni la libreria e casa editrice di Francesco Urso festeggia infatti il suo venticinquesimo anniversario.

Simona Rossitto

da IL GIORNALE DI SICILIA
di giovedì 28 dicembre 2000

Tutti gli «Amici cari» Copertina libro Giovanni Stella
di Giovanni Stella: Il primo fu il padre

Un dono sotto l'albero di Natale ha sorpreso gli "Amici cari" di Giovanni stella, poeta, scrittore e noto commercialista di Avola. Fresca di stampa è infatti la sua ultima pubblicazione, per la Libreria Editrice Urso, che tratta dell'amicizia. "L'amicizia supera l'Amore di cui tuttavia si nutre, - scrive Piero Fillioley nella presentazione del libro - ma lo supera perché ne espelle la tirannia e vi immette felicità". "Amici cari" è l'avvincente racconto della vita dell'autore, dei suoi innumerevoli incontri trasformatisi poi nell'amicizia pura, certamente per la qualità del suo carattere, la sua generosità, per il suo modo di porsi e saper ascoltare. "Ogni incontro, ogni dialogo è un'occasione di una crescita dell'animo, - scrive Stella - un arricchimento della propria conoscenza, perciò è destinato a rimanere indelebilmente impresso nella memoria." Tantissimi sono stati questi incontri e lo scrittore li riporta fedelmente, descrivendo i luoghi con dovizia di particolari, le occasioni, le persone: i suoi "Amici cari". Dal primissimo amico, suo padre, al maestro, ai compagni di scuola e di giochi, al vecchio medico di famiglia. Ciascuno gli fa riportare piacevolmente alla memoria ricordi della sua infanzia vissuta ad Avola e dei suoi studi universitari a Catania. Descritti anche i viaggi assieme alle persone più care e, ancora, innumerevoli altri incontri con Giorgio Almirante, Gesualdo Bufalino, Lucio Mariani, Franzo Grande Stevens, George Moustaki, Corrado Sofia, solo per citarne alcuni. "Si dice che quando l'uomo comincia a ricordare è segno di senilità, - dice ancora Giovanni Stella - ma parimenti, il ricordare, conferisce a chi ha acquisito una certa maturità ed esperienza di vita, strumenti di controllo, di convalida del percorso già fatto, punti di riferimento certi per la vita ancora da percorrere".
I disegni in bianco e nero che illustrano "Amici cari" sono stati realizzati dall'amico netino Mario Zuppardo, anche lui dottore commercialista con attività di pittore, disegnatore e grafico.

Eleonora Vinci

LA SICILIA VENERDÌ 20 ottobre 2000
Siracusa cultura PROSSIMA USCITA DEL LIBRO Dl GIOVANNI STELLA

Novità in arrivo nel panorama dell'editoria avolese con la prossima uscita del libro "Amici cari" di Giovanni Stella. Il dottore commercialista avolese con la passione per la letteratura nel suo ultimo lavoro offre una carrellata di ritratti degli amici più cari che lo hanno accompagnato nella sua vita. Esperienze di amicizia che lo hanno arricchito e hanno puntellato i suoi percorsi di crescita umana e professionale. Sono persone a lui particolarmente vicine, sia nel campo professionale, sia, e soprattutto, amici che condividono con lui la passione per la letteratura. "Amici cari" è edito dalla "Libreria Urso editrice" di Avola. Della stessa casa editrice sono anche altre opere di Giovanni Stella, Miraggi , Gusci di mandorle e Datteri verdi (raccolte di poesie), Le Sirene e l'Isola, che racconta in una prosa poetica di un viaggio ideale attraverso i posti della Sicilia, sulla scia di L'olivo e olivastro di Vincenzo Consolo. Altra opera di Stella è "Block - notes di un artista-Novecento d'amore", una raccolta di versi tratti dalla produzione dei maggiori poeti del Novecento.
I1 block-notes, nella forma di un taccuino, è stato pubblicato dalla casa editrice avolese"Gepas" di Orazio Parisi.

SIMONA ROSSITTO

UNA STORIA SICILIANA

Il Sole 24 ORE Domenica 29 Ottobre 2000

Forse è la libreria più a Sud d'ltalia a pochi chilometri da Capo Passero. Una libreria quasi di confine che può però già vantare una storia lunga più di un lustro. E che ha appena festeggiato «in contemporanea>> i suoi primi venticinque anni di attività e i primi cinquanta anni di vita del suo proprietario, Francesco Urso.

Avola «è un tipico grosso centro agricolo del Profondo Sud famoso per le sue mandorle», interamente ricostruito dopo il terremoto del 1693 sul modello di una bellissima pianta esagonale (molto simile quella delle nordica Palmanova e della limitrofa Grammichele). Una piccola città di trentamila abitanti che «si sta lentamente trasformando» ma dove (ad esempio) sembra non esserci neppure l'ombra di un museo. «Così — spiega Francesco Urso — la mia libreria è dovuta diventare quasi per necessità una sorta di ultimo baluardo di civiltà e di cultura». Cercando (proprio in virtù della passione di Francesco e di sua moglie Liliana) «di sposare l'impegno ad offrire un servizio adeguato al cliente con una ricerca editoriale estremamente raffinata».

Il risultato è una miscela che abbina libri scolastici, ultime novità, conferenze. dibattiti, rassegne dedicate alla piccola editoria siciliana, concorsi per «Un racconto per un segnalibro» e persino teatro. Senza dimenticare i trentacinque titoli pubblicati dalla «Editrice Urso» e organizzati nelle collane «Poesia Araba Fenice» «Mneme», «Iconografica», «I Ouaderni dell'Orso». Collane che comprendono i versi di Franco Caruso e Rosaria Cammisuli, I fatti di Avola raccontati da Sebastiano Burgaretta, una rassegna sulle edicole votive della Sicilia Sud-orientale e Un manuale sulla coltivazione del mandorlo.

Nella vetrina in questa piccola libreria «di pochissimi metri quadrati» (venticinque o giù di lì) ci sono oggi, le storie del Medioriente, viste sia dalla parte di Israele sia da quella dei Palestinesi. Magari affiancate alle edizioni del Macis ed ai prodotti firmati «Bruno Mondadori». Ma non mancano neppure sezioni «a tema» su tutto il Baricco o tutto il Coelho possibili. In questa realtà «fisicamente lontana», qualcosa sta comunque cambiando. Anche in materia di distribuzione di libri. E se «riferimento più vicino resta ancora Napoli» i tempi di consegna si stanno orma progressivamente riducendo. Grazie alla velocità dei corrieri ma grazie soprattutto a quel sogno (che Francesco Urso insegue da venticinque anni) di realizzare una vera «piccola libreria» in questo angolo estremo dell'ltalia.

Stefano Bucci

fotoIndovina chi viene in Libreria

[…] In Sicilia Fausto Flaccovio (Via Ruggiero Settimo a Palermo) gestisce la più antica e famosa libreria del capoluogo: ci veniva tutte le mattine Giuseppe Tomasi di Lampedusa a prendere appunti su un quadernetto nero. Da Flaccovio è nato il gruppo ’63 e oggi passa spesso Leonardo Sciascia. Domitilla Alessi, titolare in Via Siracusa, sempre a Palermo, della raffinatissima libreria Novecento, ha creato un ambiente particolare in cui si mescolano libri sull’ art decò e oggetti in stile liberty. La sorpresa, però viene da Avola, dove in Corso Garibaldi 41 si trova la libreria editrice di Francesco Urso, giovane talmente innamorato della sua terra da essere riuscito a creare, in un centro così isolato, una delle librerie più fornite su tutto quanto riguarda la Sicilia. E quello che non c’è ci pensa lui a pubblicarlo, presentarlo e distribuirlo.

Vittorio Parazzoli
Capital 11/ 1984 pag. 362

Lapilli

GIOVANNI STELLA, Libreria Editrice Urso (E 6,20) Avola 1999

Questa raccolta di memorie, descrizioni e pensieri sommessi si pone su un territorio neutrale fra gli spazi tematici dell'esistere e del male di esistere. Unica ragione e fonte consolatoria, unica speranza di speranza è l'infanzia, è Cetty L'Autore, assediato dall'assenza presente dell'amata, ci racconta delle fughe comuni e delle proprie fughe (che altro sono i passaggi su luoghi che solo rappresentano motivi della diversità e non tappe del nostos?). Ed è un racconto porto con compostezza dai toni dimessi di una scrittura che non dà spazio alla lacerazione, che non ammette né esplosioni né implosioni. Il canovaccio segue le ragioni di una evocazione lenitiva, protesta la propria innocenza - non ammette né estraneità né responsabilità - attraverso la frequente proposta di interrogativi destinati a comporre, a colmare l'assenza, a richiamare in causa e coinvolgere la presenza assente. Le istanze della lirica sono deliberatamente neglette perché la dolenzia, il malessere implicito si impongono rudemente e permanentemente senza consentire quella metabolizzazione dell'esperienza vitale che è postulato necessario alla creazione estetica. L'Autore non può (non vuole?) darsi cura di estetiche: è impegnato a ricordare - a ricordare all'altra più che a se stesso - le comuni occasioni, il convissuto, la trama passata, come se questo tragitto memoriale avesse la reale possibilità di favorire una restaurazione sentimentale, fosse un'esca appetibile. Lapilli è certamente il resoconto di un excrucior, ma finisce per rappresentare la descrizione di un'attesa definitiva, il cammino fratturato di una lunga lettera d'amore, di devozione. Quando Stella si sarà allontanato dal ricatto della vicenda umana che qui lo avviluppa, quando cesserà o si ridurrà l'intrisione nel soggettivo, allora torneranno a prendere campo quella ricerca, quelle visioni, quelle magie essiccate che emersero e si fecero ammirare nelle prove poetiche di Miraggi e di Datteri Verdi. Fastoso il respiro della prefazione di Gaetano Gangi ed essenziali gli eleganti tipi dell'Editrice Urso.

Lucio Mariani
In TELOS,
quadrimestrale dell’Ordine dei dottori commercialisti di Roma —N. 4 , Roma Aprile 2000

Viaggio nell’editoria siciliana.
Siracusa dalle molte sorprese.

Il piacere dell’artigianato

[…] Se la libreria di Taggeo era fornitissima per i tempi, quella che Francesco Urso ha aperto ad Avola, non è da meno. Anzi, è talmente ricca di testi su tutto quanto riguarda la Sicilia da essere citata — unica nell’isola assieme a Flaccovio e a Novecento di Palermo — in un servizio della rivista «Capital>> sulle migliori librerie d’Italia. Francesco Urso è un giovane appassionato che dal Sessantotto ha saputo trarre insegnamento per quanto riguarda la documentazione storico-antropologica. E se qualcosa gli sembra interessante sotto questo profilo, lui la pubbl»ica in proprio.
<< Ma attenzione- avverte Urso — io faccio il libraio per scelta, quando pubblico non ho una logica commerciale. Per me l’editoria è un’attività collaterale, una maniera di fare qualcosa di concreto per la mia terra, un hobby di prestigio, anche». Ad Avola la sua libreria è diventata un punto di ritrovo per gente di cultura. «Da quando c’è Urso — dice grato il giovane studioso Sebastiano Burgaretta — ad Avola si sono venduti più libri che dai tempi della fondazione del paese. Prima c’era il deserto>>. Come editore Urso ha all’attivo pochi volumi che la dicono lunga sulle sue scelte: sono il saggio su I fatti di Avola del 1968 di Sebastiano Burgaretta, la documentazione fotografica su Palazzolo Acreide, la ristampa anastatica dell’opera del 1872 del botanico Giuseppe Bianca sulla coltivazione del mandorlo in Sicilia, i libri su san Sebastiano a Melilli e su Santa Venera e pochi altri.

Maria Pia Farinella
IL GIORNALE DI SICILIA martedì 27 Ottobre 1987

Uno dei luoghi fatati cari ai bibliofili

[…]Per caso o per destino mi è accaduto di conoscere Burgaretta l'anno scorso ad Avola nella odorosa Libreria di Francesco Urso, in uno dei luoghi fatati cari ai bibliofili in questo angolo della Sicilia Orientale che pure ha conosciuto le passate glorie della mia Noto. Queste pagine registrano per l'imprevedibile Libreria una locuzione siciliana colorita e polivalente. È nata, vi dichiarano, per gioco o per scommessa. Già si consideri che il libro, scarso oggetto di desiderio ai nostri giorni e ancora meno di lettura, vi sta di casa o vi si può trovare in breve tempo. Nello stesso mattino vi ho annusato l'acutissimo Burgaretta e il fondatore, Urso, libraio editore.

Nella mia stima, e come pendant nella mia memoria, Urso è libraio editore qual era nella via Di San Giuliano, in una Catania scampanellante di tranvai e sussultante di trombette d'auto, Niccolò Giannotta dalle cui bellissime mani ricevetti in dono il primo vocabolario della lingua italiana per i miei studi ginnasiali. Urso è stato un idealista sessantottino. Brillante, ne sono certo, come l'umanissimo e geniale Sebastiano Sperandeo il cui Longines da tasca, uno di quelli che Arzièr-Le-Muids diede ai suoi figli soldati, porto a segnare il tempo nelle conversazioni in pubblico più che nelle mie giornate. Urso coglie a volo. Costruisce. Otto mesi fa ho detto a Mario Zuppardo che se Urso con iniziative originali e vaste volesse rendere di moda la lettura non esiterei a incoraggiarlo. La forza che infallibilmente costringe a leggere non è nel modesto prezzo del libro ma nella vivente cultura dei cittadini. In quest'area del Mediterraneo cervello del mondo, stupor mundi, vedrei una Sicilia che legge, che pensa, e che ragiona.

Gaetano Gangi

Ciccio, libraio editore

Quel luogo nel cuore di Avola, posto a mezzogiorno, fra uno snodo non interrotto di strade, dove Mazzini e Garibaldi padri del Risorgimento italiano si abbracciano nelle vie che li ricordano...
Se Alessandro Manzoni fosse vissuto in quest'epoca, dopo un'escursione ad Avola, probabilmente avrebbe così iniziato il suo capolavoro letterario, mutando i nomi dei protagonisti da Renzo e Lucia in Ciccio e Liliana, rappresentandoli in una storia di vita ordinaria nel Novecento in versione di fine millennio.
Diversi dal romanzo di manzoniana memoria personaggi, episodi, trame, ma uguale il tema: l'amore per la vita, bene supremo da conquistare, qui per il tramite della letteratura, perciò del libro.
Nasce così, più per gioco (ch'è la cosa più seria della vita) e per scommessa, che per intenzione di lunga durata, l'idea della Libreria, ponendo radici in un luogo fisso ad una attività che Ciccio Urso già svolgeva in forma itinerante. Con alle spalle una esperienza politica di sessantottino convinto - squattrinato ma onesto, reduce da numerosi lunghi viaggi nel mondo (vizi entrambi rimasti tali) - e la duplice passione, ch'è amore, per Liliana e per il libro: la prima conquistata impalmandola, l'altro legato a sé in via definitiva con l'apertura di quel buco, posto a Capo Sud d'Europa, perciò la libreria ultima (uscendo) o prima (entrando) nell'antico continente. Non più di venti metri quadri, dove i libri trovano allocazione da terra al tetto, negli scaffali, nella vetrina e anche accalcati fra loro e in piccoli mucchi negli angoli e financo agganciati con chiodo e fil di ferro nella parte interna della vecchia porta a due ante (qui detta alla "palermitana") che un lucchetto in precarie condizioni di funzionamento tenta di preservare da intrusioni notturne. Poi c'è lo scagno, ossia un tavolinetto che non si vede più essendo stracolmo di libri, riviste, giornali, penne, gomme, computer, stampante, annunci vari, messaggi d'amici, aforismi captati parlando, raccolti da Ciccio che li trascrive, scritti recenti d'autori locali pubblicati, anche sulla Rivista dal colore grigio verde, "Gli Oratori del Giorno", fondata nel 1927 da Titta Madìa sr che lui agita, mostrandola ai presenti ed alla cui forma grafica si è ispirato per creare la collana editoriale di monografie "I quaderni dell'Orso". Dietro quella pila di libri che giace sopra (ma anche sotto) la scrivania s'affaccia sorridente e sornione lui, Ciccio, il libraio, che nel frattempo ha esteso il vizio, diventando anche editore, piccolo ma non minore.
Ruota la testa enorme ornata dalla folta chioma e incorniciata da un paio di grandi occhiali che si muovono in saliscendi via via che arriccia il naso per una delle sue consuete risate e, con voce squillante e dal tono fra serio e faceto, apre le due lunghe braccia, per dirigere come un maestro di musica quella orchestra che gli sta davanti.
Tre persone - è il massimo che lo spazio concede - si dimenano fra un libro, una rivista, una "quisquilia", ammirando con occhio carezzevole e fugace quella bella fanciulla che telefona al moroso, mentre gli altri aspettano pazientemente sul marciapiede davanti alla porta il loro turno per entrare nel palcoscenico e svolgere il ruolo di solisti, o primi attori, contentandosi intanto di esercitare il ruolo di comparse. Spesso nelle sere d'estate come una sorta di circolo ricreativo all'aperto), per evitare che chi resta cominci a sparlare di chi è appena andato via. Càpita nel frattempo di veder apparire Liliana, nascosta fra i libri a cagione della sua esilità, intervenire nel discorso, o di assistere ad una incursione di Marco, futura speranza editoriale, il quale reclama un gelato a Ciccio che lo rabbonisce "Ti fa male". Tra un discorso, una battuta e l'altra, un "personaggio" e l'altro che si alternano nella recita ("È la casa che li porta".... direbbe un amico d'antica memoria ora scomparso), si svolge il teatro della vita di paese, nel Sud della Sicilia, giardino del mondo. E si scrive la storia, quella con la esse minuscola fatta di piccoli episodi ed eventi del quotidiano, che probabilmente è più importante di quell'altra con la consonante maiuscola che narra dei grandi eventi e che forse più interessa pochi uomini.
In fondo il presente non esiste. Mentre si scrive, si parla, si legge, il presente è già passato. Ricordare dunque per riessere, perciò rivivere, ecco il problema. Per dirla con Eduardo De Filippo "ha dda passà 'a nuttata".
Il tempo scorre piacevolmente nella Libreria Urso, dove si esercita in permanenza la sagra del libro, unico vero protagonista di questo teatro che è anche il centro e il cuore del mondo e dell'uomo e lo aiuta appunto a vivere.
Quel buco o "covo" come affettuosamente lo chiama l'altro Urso, Alessandro, avolese da trent'anni emigrato in Canada ma col cuore qui, si appresta a festeggiare le nozze d'argento col libro e l'editoria e rammenta i quattro lustri già passati con una dedica su papiro a firma degli amici che Ciccio tiene alle spalle sopra la testa come una corona. Accanto alla quale è fissata anche una maschera teatrale in miniatura, per ricordare a ciascuno il suo ruolo nella recita del teatro della vita, e un palloncino pronto, all'occorrenza, ad essere gonfiato e immediatamente subito sgonfiato all'orecchio di qualcuno che tenta di sollevarsi da terra...
Ma in quel luogo si va anche per acquistare libri, e se ne trovano di ogni genere e specie: antichi e moderni, di tutti gli editori, italiani ed esteri, oltre quelli da lui editi, ovviamente, e, se si cerca un libro che non c'è, Ciccio assicura che si può avere in meno di una settimana, sempreché gli si lasci un acconto, altrimenti finisce come lo Zufolo di Giufà.
Quando vado fuori, una delle prime cose di cui vado in cerca è la libreria; ma posso dire che solo la famosa libreria parigina "Shakespeare and Company" - fondata nel 1901 da Silvia Beach, frequentata da gente famosa e no, di tutto il mondo, e ora gestita da George Whitmam, che con Urso, pur nella differenza di età, ha molti tratti in comune in quanto a disponibilità umana, simpatia, occhio esperto e vigile, bontà d'animo -, mi procura lo stesso fascino di questo buco.
E sarà quest'angolo di vita e di cultura, dove gli incontri sono ancora l'unica possibilità che resta in provincia per cogliere le tensioni del mondo, a rappresentare nel terzo millennio che avanza, ancora più e meglio di oggi, la storia e la civiltà di un piccolo paese dal nome sdrucciolo, posto ai piedi degli Iblei, in terra di Sicilia, luogo di questo pianeta.

Giovanni Stella

in Le Sirene e l'Isola,
Libreria Editrice Urso, pagg. 99-100-101-102
Avola 1998

CHE FINE HANNO FATTO I BRACCIANTI?
Ormai a lavorare la terra sono rimasti in pochi e anziani

Domenica mattina. Fa freddo e piove. La piazza è deserta. Qui non piove mica spesso. Eppure piove oggi come pioveva il giorno dei funerali, trent'anni fa, e tutti ricordano il mare di ombrelli. Tra pochi giorni è il 2 dicembre: il sindaco diessino, dopo qualche tentennamento, celebrerà l'anniversario. Il professor Burgaretta e il suo amico editore Ciccio Urso - vero eroe che ha una libreria dove si fornisce tutta la provincia e che è l'ultima libreria d'Italia, perché sta più a sud di Tunisi - stanno aspettando dalla tipografia le bozze della nuova edizione del libro, e sembra che resistano in trincea come quel giapponese sull'isola tanti anni dopo la guerra. Vogliono tenere vivo il ricordo del 2 dicembre a tutti i costi, ma per i nobili di allora e di ora fu solo una cosa che mise in cattiva luce Avola. I ragazzini che sfrecciano sui motorini non ne sanno niente, né gliene frega. Si vedono tutti sul viale che porta al Lido, la sera sono così tanti che gli abitanti non riescono a entrare in casa. Protestano e sono stati anche minacciati. I ragazzi non stanno nella piazza, in nessuno dei quattro angoli, e chissà se quando saranno grandi riusciranno almeno a cacciare via questa tradizione. Di braccianti ce ne saranno sempre meno. Poco male: perché quei tanti che stavano sulla statale il 2 dicembre 1968 stavano lì perché non volevano più il caporalato e lottavano contro quella specie di gabbie salariali che facevano differenze tra la provincia di Siracusa del nord (dove si veniva pagati di più perché arrivavano le grandi industrie, e allora la campagna poteva svuotarsi) e quella del sud, dove ogni ora veniva pagata oltre trecento lire in meno. Ora a lavorare la terra sono rimasti in pochi, per lo più anziani: il caporalato è risorto (e non molto tempo dopo l'approvazione dello Statuto dei Lavoratori) ed è vivo, e dal decreto Berlusconi in poi anche legittimato; di gabbie salariali si torna a parlare e non sembrano affatto lontane; e finanche lo sciopero pare che debba essere autoregolamentato, perché così non va più bene. E che ce la ricordiamo a fare la tragedia di Avola?

Toto Roccuzzo

In Diario della settimana, Anno III numero 48 2 Dicembre 1998- I fatti di Avola 1968-1998 pag.24

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A circa vent'anni dalla prima edizione e a trenta dagli avvenimenti, nello scorso dicembre, è uscita la seconda edizione de "I fatti di Avola" (Libreria Editrice Urso, Avola 1998, L. 24.000), riveduta e integrata da un saggio di Giuseppe Astuto, docente di Storia Contemporanea presso l'Università di Catania e da un'intervista all'avv. Faust D'Agata, vicesindaco di Avola del tempo. I fatti sono quelli accaduti ad Avola il 2 dicembre '68, quando ai braccianti, in lotta per la parificazione dei salari e dell'orario di lavoro nelle due zone della provincia di Siracusa, fu risposto col fuoco della polizia. Tragico bilancio della violenta repressione, due braccianti morti e cinque feriti. L'autore, allora giovane studente, avolese e perciò testimone quasi diretto degli avvenimenti, li ricostruisce con grande rigore storico, che non cade, però, nell'indifferenza. Riporta interviste rese direttamente a lui, all'indomani dei fatti, da alcuni lavoratori e cittadini che si trovano sui luoghi dell'eccidio. Documenta le reazioni nel Paese e sulla stampa, le posizioni dei partiti politici e dei sindacati, la risposta del Governo.
I tragici fatti di Avola sono un momento importante nella storia dell'emancipazione degli operai e dei contadini del Meridione, perché segnano l'inizio del movimento che approderà all'abolizione di quell'assurdo e ingiusto meccanismo delle "gabbie salariali".
Il libro nonostante il tempo trascorso rimane di grande attualità, perché, scrive l'autore "ancora oggi i giovani rischiano di perdere la memoria storica di quell'evento"

Benito Marziano

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