08-05-2008 inserito da ciccio; categoria Libr'Avola. 
SABATO 17 MAGGIO 2008 ALLE 18,00 nel Salone comunale di Corso Garibaldi ad Avola appuntamento mensile di LIBR'AVOLA
la manifestazione voluta dal libraio editore Francesco Urso per promuovere le opere e gli autori della Libreria Editrice Urso.
Con i canti e con la chitarra
di Liliana Calabrese Urso
Lo scrittore Giorgio Guarnaccia
parler‡ della vita e delle opere di Angelo Rullini
Angelo RULLINI nasce ad Avola ma vive e opera a Cassibile. Allievo di maestri scultori come Pippo Caruso e Giovanni Migliara, frequenta l'Istituto d'Arte di Siracusa. L'amore per la propria terra gli ispira componimenti in dialetto aventi come tema la cultura popolare, e tra questi una "Storia di Santi". Si dedica anche alla poesia in lingua e ne fa una raccolta in "Sensazioni di vita e di mito". La sua arte vuole essere riflesso di pensiero che Ë presente, passato e futuro attraverso l'idea dei mito che nasce e si libera nella universalit‡ delle cose e dell'esistenza. Nella sua poesia, prima che contenuti, necessitano suoni di parole, cadenze e ritmi, come nella pittura prevalgono gli accostamenti di colore e senso estetico che riportano alla storicit‡ di ogni manifestazione. Nel passato ha collaborato a qualche giornale locale, interessandosi di storia, costumi e tradizioni della provincia di Siracusa, ma anche della Sicilia in genere. Da diversi anni riscuote consensi partecipando a diverse rassegne pittoriche e a concorsi di poesia. Di recente si Ë classificato al Terzo posto al Premio Letterario "Il Convivio 2002" tenutosi a Giardini Naxos, con la silloge "Ai figli di Marte".
Il giornalista Roberto Rubino del quotidiano LA SICILIA
parler‡ di Carmela Monteleone, ad un anno dalla sua scomparsa.
"Schegge Ödi un copione ingabbiato"
Quando un libro nasce non ti chiedi mai il perchÈ, sai solo che le sensazioni diventano come delle gocce imbevute d'inchiostro che vanno a finire sui fogli bianchi creando poesie, racconti o fiabe.
"Schegge Ödi un copione ingabbiato" Ë nato veramente come figlio di schegge che saltavano fuori man mano, nei vari ricoveri ospedalieri. Schegge che feriscono l'anima, che ti portano a urlare al mondo intero il tuo dolore.
All'inizio era solo uno sfogo personale che esternavo durante le ore notturne. Gli infermieri, col permesso dei medici, mi concedevano di utilizzare la scrivania della loro infermeria durante le ore silenziose della notte.
CosÏ, sul mio comodino ospedaliero, in mezzo ai fumetti di Diabolik e Topolino, nascondevo quei fogli imbevuti della mia anima. E mentre il mio Nefrologo, il Dr. Randone, si chiedesse come facevo a leggere Topolino e Diabolik contemporaneamente cioË sacro e profano, lÏ, in quelle pagine nascondevo il mio io pi? profondo. Ma tutto finÏ con quei fogli messi da parte, accantonati, dimenticati fra quei fumetti.
Il 3 dicembre 2004 entro in dialisi peritoneale. Rimango in ospedale per circa 16 giorni. Quando esco e torno al mio posto di lavoro, trovo un ambiente freddo nei miei confronti. Per loro non sono pi? la ragazza di prima. Ora che sono in dialisi molte cose per motivi di salute e díigiene mi sono vietate. CosÏ alcuni miei colleghi mi pongono in una condizione in cui io, detto da loro stessi, divento: "un peso, un unit‡ in meno di cui disfarsi, una persona inutile". Sentirmi dire quelle parole in faccia mi uccide. Arrivai al punto di vergognarmi di me stessa, di nascondere tutto ciÚ anche ai medici. Eppure non avevo nulla di cui vergognarmi. Mi confidavo soltanto con il mio amico Roberto. Un giorno, stanca di piangere e subire, dissi a Roberto di utilizzare il suo mestiere di giornalista per compiere una denuncia sociale.
La bomba scoppiÚ ed io, coraggiosa e con una parte díincoscienza, il giorno che uscÏ líarticolo come affermÚ il mio amico Emanuele, ebbi "il coraggio di andare nella tana del lupo". Iniziarono le loro reazioni. Sullíistante furono di rabbia ma dopo alcuni giorni trovai alcuni di loro che avevano meditato su "tutto líevento" Ödalla mia malattia alle loro parole.
Fu allora che decisi di raccogliere i miei fogli di diario ospedaliero, riunirli e crearne un libro. Loro mi avevano fatto capire che il comportamento che avevano assunto nei miei confronti, non era figlio di un ignoranza medica, ma di una reazione di cui tutti loro erano "esterni".
Loro non comprendevano il mio mondo, nÈ si sforzavano di farlo perchÈ non era il loro mondo. Il problema era mio non di loro. Questo fu lo sbaglio che li portÚ a comportarsi in modo razzistico verso di me.
CosÏ sistemai quei fogli, li ordinai, li feci diventare un libro perchÈ avevo capito che io, dovevo essere la prima a fare capire cosa si prova e come vive da dializzati. Dovevo essere io, per prima a fermare il tempo di chi non Ë malato e a farli riflettere sulla fortuna che si ritrovano ad avere una vita sana.
PerchÈ era solo fermando il loro tempo, fatto di corse frenetiche in cui la societ‡ ti costringe a vivere, che sarei riuscita ad aprire i loro occhi evitando di porli di fronte allo stesso sbaglio che avevano fatto con me per volgerlo verso altri malati cronaci.
CosÏ, ìScheggeÖdi un copione ingabbiatoî Ë un libro per meditare, capire, riflettere, conoscere, confrontarsi con un mondo triste e silenzioso in cui la frenesia del mondo tecnologico, pone il problema nellíombra.
Nella mia vita giornaliera ho svolto, silenziosamente un censimento.
In una scala da 1 a 20 la conoscenza della dialisi e delle problematiche circostanti Ë cosÏ suddivisa:
5 conoscono il mondo della dialisi e le problematiche corcernenti tale universo, ma sono medici, infermieri, poche persone con un alto grado díumanit‡.
3 non ne hanno mai sentito parlare e disconoscono persino la parola dialisi.
2 ne hanno sentito parlare ma non hanno mai approfondito la problematica perchÈ non fa parte del loro mondo.
7 non vogliono neanche sapere cosa sia come se loro fossero immuni ad ogni malattia. Loro si sentono immortali e la cosa non li turba minimamente.
3 fanno finta di essere interessati al tuo problema ma se hai bisogno ti voltano le spalle e diventano sordi.
Nel contempo ci sono giovani in dialisi che combattono per la vita e magari alla fine muoiono in silenzio. Qualcuno stupidamente dir‡: ìTanto era in dialisi, tanto era malataî. Io le chiamo "morti silenzioseî perchÈ avvengono senza frastuoni, eppure coinvolgono essere umani che hanno sofferto maledettamente. Ma tutto passa inosservato eccetto per i medici, gli infermieri, i parenti e gli amici.
Ora vi chiedo: "non cíË da riflettere approfonditamente su tutto ciÚ?". A voi il pensiero. A voi la riflessione.
Avola, 27 Settembre 2005
Carmela Monteleone
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