PERCHÉ LA POESIA?
Sempre caro mi fu quest’ermo colle.
Così esordì il Poeta; e ancora il senso di straniamento ci assale. Davanti
all’eterno, la nostra unica salvezza è la memoria. Ma,
cos’è il ricordo, se non parole?
Franco Caruso scomparve il 19 febbraio 1996. Ancora
oggi non sappiamo che fine abbia fatto. La sua assenza è doppiamente tragica,
perché comunque non c’è più e perché non ci sono parole che possano esprimere
il senso della sua mancanza.
Antonio Caldarella ci ha lasciato il 3 febbraio del
2009. Antonio e Franco sapevano benissimo quanto sono importanti le parole
nella vita dell’uomo e le hanno coltivate con i loro versi.
Libero D’Agata se n’è andato il 20 dicembre 2009, a
pochi mesi dal suo amico carissimo Antonio, interrompendo per sempre il dialogo
che negli ultimi tempi aveva aperto con me sul principio antropico. Con
l’avanzare degli anni, aveva cambiato idea. E ora discordavamo sul senso della
vita. Eppure, ci accomunava il fatto che per entrambi
le parole dovevano avere un senso. È la stessa importanza che con Ciccio, e con
tutti i partecipanti al presente concorso, stiamo continuando a dare alle
parole, nonostante i tanti ostacoli posti da una società come la nostra, povera
di sensibilità, in cui, come ha sottolineato Gianrico
Carofiglio, sono soprattutto le parole a essere manomesse.
Questo concorso di poesia è arrivato alla sua quinta
edizione. Significa che sopravvive da ben cinque anni. E non si tratta di una
cosa da poco, considerati i tempi attuali. In cui di poesia sembra che non ce
ne sia molta e la poca che c’è pare che interessi, da quanto risulta dalla vendita dei libri, solo a quei poveri illusi che, forse inconsapevoli del
mondo in cui vivono, ancora la scrivono. Benedetto Croce diceva che dopo i
diciotto anni chi scrive poesie o è un poeta o è un cretino. Oggi, non avrebbe
alcun dubbio. Difatti, in un mondo in pericolo di estinzione, dove non solo le
parole ma persino nemmeno i fatti contano più, che senso ha scrivere poesie?
Eppure, se ci domandassimo,
almeno per un attimo, qual è la principale causa del maggiore pericolo che
l’umanità corre, che è la perdita del la coscienza e
dei sentimenti, non apparirebbero principale causa del maggiore pericolo che
l’umanità corre, che è la perdita del la coscienza e dei sentimenti, non
apparirebbero ancora per nulla strane le parole di Hölderlin, dove
c’è pericolo cresce anche ciò che salva.
Vita e pensiero non sono ambiti separati,
costituiscono al contrario il corredo genetico che un’evoluzione causata, non
tanto dal puro caso o dalla necessità, ma dalla contingenza di forze naturali
indifferenti, come direbbe Telmo Pievani, ha fatto emergere, in maniera tanto
inaspettata quanto straordinariamente complessa, in un animale che sei milioni
di anni fa, divergendo nell’albero genealogico dei primati dallo scimpanzé,
produsse il genere Homo, in cui, insieme a tante specie di ominini oramai tutti estinti, ci siamo
noi, cosiddetti Sapiens, soli sopravvissuti. Siamo
dunque poeti per caso, ma la poesia è una necessità biologica. Essa è la voce
dei sentimenti e delle emozioni. Ecco perché, nonostante tutto, la poesia non
può morire. Sopravviverà ai libri di poesie. Perché la poesia è essenzialmente
parola. Una parola oltretutto più importante delle parole della vita quotidiana. Scrive, infatti, Yves Bonnefoy commentando la poesia “A
Silvia”: «Leopardi è grande poeta perché ha compreso,
con un’intensità speciale, che la poesia è affidarsi all’intelligenza delle
parole». Ha compreso in effetti il poeta, e in anticipo,
ciò che hanno recentemente messo in luce le neuroscienze sul funzionamento del
nostro cervello. Il neuroscienziato Arnaldo Benini sostiene che è proprio
l’intensità della parola poetica a costruire i
circuiti neuronali più solidi e più profondi. L’arte – è ancora un altro
scienziato, Semir Zeki, a parlare – fa parte, appunto, del nostro corredo genetico, che questi definisce
come “concetti ereditari”, quindi immutabili, come i colori, il gusto ecc. (le
qualità secondarie di galileiana memoria).
In definitiva, il nostro concorso non vuole incoronare
poeti per una stagione o, peggio, poeti che nessuno legge. Vuole invece contribuire e mantenere vivo il senso della poesia in
questo mondo, in cui molti non sanno che la poesia è vita.
Orazio Parisi
presidente della Giuria del
Concorso