Concorso Letterario Internazionale
in lingua italiana
LIBRI DI-VERSI
IN DIVERSI LIBRI
in memoria di Carmela Monteleone
PER SAPERNE DI PIU'
RIFLESSIONI INTORNO AL SENSO DEL CONCORSO "LIBRI DI-VERSI..."
Chi avesse letto attentamente il Regolamento di questo concorso, non potrebbe non aver sentito l'esigenza di rifletterci un attimino su.
Prima riflessione: I premi sono libri. E questa non sarebbe una novità, se non fosse per il fatto che i libri sono anche quelli degli stessi poeti partecipanti.
Seconda riflessione: la giuria non si riunisce, ma ogni membro valuta le poesie senza conoscere il nome di coloro che le hanno scritte.
Terza riflessione: la partecipazione è gratuita. Ai selezionati poi viene chiesto un contributo di 30 € come compartecipazione alle spese organizzative (pubblicità, logistica della manifestazione di premiazione, spedizione pacchi, allestimento locale, ecc. ecc.), visto che questo concorso, caso più unico che raro, non si avvale di contributi pubblici.
Quarta riflessione: nulla rimane all'organizzazione, perché tutto quel che entra nelle sue tasche viene devoluto in beneficenza all'ANED, associazione tanto vicina alla nostra Carmela Monteleone, in memoria della quale è intitolato il concorso.
Questi quattro punti di riflessione mostrano chiaramente il senso vero di un concorso del genere. Il messaggio che vuole dare l'editore che ha organizzato questo concorso è il seguente: pensare di far soldi con la scrittura, con le poesie, è semplicemente stupefacente. Sin dal 1800, gli editori facevano pagare i libri ai poeti. Era una necessità di mercato. Un editore è un imprenditore come tanti altri, deve pur sopravvivere alla dura legge del mercato e sa che i libri di poesia sono la cenerentola del mercato librario. Ducasse si pagò i suoi Canti di Maldoror. Dino Campana pure, tant'è che andava in giro a vendersi i suoi Canti Orfici. Bastano questi due esempi. Sono la dimostrazione lampante che il mercato librario non c'entra nulla con la grandezza dei poeti. L'editore deve in qualche modo recuperare i soldi che mette in gioco col suo lavoro e con la sua professionalità. Poi, nulla vieta ai poeti di diventare editori di se stessi (se ce la fanno, ma i dati sino a oggi ci dicono che gli scrittori sono bravi scrittori ma pessimi imprenditori). La grande editoria sa pure che le poesie non si vendono, tant'è che recupera le spese investite in altro modo: concorsi, sponsorizzazioni, pubblicità televisiva e giornalistica, promozioni, ecc. (in questo caso i poeti sono per lo più personaggi precedentemente "selezionati" da editor professionisti, con curricula di tutto rispetto, non certo alla loro prima pubblicazione).
Infine, ci sono i successi editoriali (anche alla prima pubblicazione, come ad esempio il caso della "ragazzina" Lara Cardella, che tra l'altro è una scrittrice di romanzi, non di poesie. E poeti che abbiano avuto simili successi il mercato italiano non ne conosce). Sono rarissimi. E qualunque impresa non può sopravvivere aspettando le rarità. Quindi, in un concorso come questo, quel che conta è l'elevazione culturale e morale.
Questo si dovrebbe, sempre, guardare sia nell'attività di un editore sia nella partecipazione di un poeta.
Orazio Parisi
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