peripatetici di Eloro Lascia una tua riflessione | Amministrazione
Mercoledì, 30 Aprile 2025 20:59
Grazie per aver visitato questo spazio dedicato ai PERIPATETICI DI ELORO. Qui puoi lasciare la tua riflessione.
Record totali: 14   Record per Pagina: 5 Pag. Precedente   Pag. successiva
Nome Riflessioni con eventuali Commenti
9) Nino Muccio  Maschio
Località:
Avola
IP loggato Mozilla/5.0 (Macintosh; U; Intel Mac OS X; it; rv:1.8.1.1) Gecko/20061204 Firefox/2.0.0.1
Sabato, 24 Febbraio 2007 17:37 IP: 151.76.151.179 Scrivi un commento

IL CAVALIERE ERRANTE

Un primitivo non riesce a supporre una realt‡ diversa da quella naturale; egli vede le cose della realt‡ naturale cosÏ come esse sono, cogliendone líessenza, cioË il senso del loro essere. Eí attraverso líente, termine impiegato per indicare ogni determinazione della realt‡, che ciÚ che determina líente come ente, si concede al primitivo, vale a dire che Ë líessere che si d‡.
Se non trova un primitivo a cui darsi, líessere non si d‡: líassenza del primitivo Ë causa dellíassenza dellíessere. Il primitivo comprende il proprio essere in base allíente a cui si rapporta, il quale dovr‡ mostrarsi da se stesso e in se stesso.
Quando il primitivo Ë assente, líessere avverte la necessit‡ di non darsi, ovvero si nega.
Nellíatto di darsi al primitivo attraverso le cose, líessere coglie la pienezza del suo senso, cioË il senso del suo esser cosÏ: Ë perchÈ in quanto essere si offre al primitivo.
Ma in quanti modi líessere si d‡?
Se líessere si d‡ in molti modi, vuol dire che questa essenza Ë mutevole. Dove sta il carattere di immutabilit‡ dellíessere se líessenza Ë mutevole?
Se líessere si d‡ in un solo modo, potrebbe, per una volta sola, il primitivo, non interessarsi a esso, non curarsene. In questo caso crolla líimmutabilit‡ dellíessere, cioË dellíessere che sempre Ë in quanto si d‡.
Ma líessere non puÚ non essere immutabile.
Líessere che muta, a limite, potrebbe diventare líessere che non Ë: ciÚ andrebbe a confutare il tutto.
Confermando la sua immutabilit‡, attraverso le cose della realt‡ líessere si d‡ sempre al primitivo.
Il senso dellíessere, tuttavia, puÚ risultare mutevole essendo connaturato ad una presenza che se rimane inaccettata dal primitivo si rivela infondata: il primitivo riconosce líessere ma puÚ non rispettare la necessit‡ che esso ha di darsi (uníofferta si puÚ anche rifiutare). Egli decide se accettare o meno la presenza di un essere bisognoso di darsi: consiste in ciÚ la mutevolezza del senso dellíessere che appartiene alle cose, nella finitezza delle cose mutevoli
Appartiene allíinfinito ciÚ che Ë immutabile: líessere che si d‡ Ë immutabile. La consapevolezza della sua immutabilit‡ lo rende tranquillo e assolutamente fiducioso in se stesso: sa quel che fa. Non occorre che altri gli spianino la strada. Nessuno meglio di lui sa dove mettere i piedi: Ë pratico del cammino. Lo osserveremo attentamente quando avremo la fortuna di imbatterci in esso. Ma sar‡ possibile avvicinarlo? O tutto questo Ë precluso agli umani? Non esistono ragioni tanto buone da giustificare un dialogo possibile con líessere, cioË con líeterno. Tanto vale far finta di niente, anzi Ë pi? conveniente sopprimerlo, non prima di averlo catturato. Per ridurlo a cosa del mondo.
Sembra uníidea folle e assurda, eppure il pensiero lo ha pensato: il pensiero pensa di ridurre líessere come uno schiavo in catene per poter dominare il mondo.
Il dominio sul mondo, solo líessere lo puÚ esercitare.
Líessere, che Ë nel mondo per una sua volont‡ (necessit‡) di dominio, non puÚ essere dominato.
Il pensiero non puÚ dominare líessere: ciÚ che appartiene agli umani nulla puÚ contro líeterno.
Líessere che Ë nel mondo, cioË líessere che esiste, nega il pensiero.
Ci fu un tempo in cui il pensiero dominÚ líessere.
Era il tempo in cui il pensiero non pensava.
Nel primitivo il pensiero pensa solo ciÚ che puÚ essere pensato. Líaltro dal solo ciÚ che puÚ essere pensato Ë il non pensato del pensiero del primitivo. Al di fuori dellíessere, il primitivo non pensa perchÈ il suo pensiero non sente la necessit‡ di pensare.
Il primitivo che sta nel mondo non pensa, perchÈ il mondo gli Ë ìfamiliareî. Per entrare in possesso delle cose del mondo, il primitivo non ha bisogno di pensare.
Ogni proiezione ontologica che ricade sul primitivo pone in essere una familiarit‡ che egli sa apprezzare. Al punto di poter dire che líessere Ë ciÚ che rende il mondo ìfamiliareî, ovvero che la familiarit‡ Ë la mutevolezza del senso dellíessere.
Il pensiero, in quanto altro dallíessere, Ë ciÚ che rende ostile il mondo agli umani.
Un mondo segnato da una costitutiva assenza dellíessere, non puÚ che essere ostile: gli umani hanno deciso di stare in un mondo ìostileî, dove líessere si fa vedere solo a distanza. Per essi, ciÚ che conta Ë un pensiero che pensa il mondo. Un mondo debole, da essere facilmente dominato.
Ma ci puÚ essere familiare un mondo che a tutti i costi si vuole dominare?
Se il mondo ci Ë familiare, ci appartiene. Eí nostro, perchÈ noi siamo stati gettati in esso.
Nel mondo familiare agli uomini non ha senso líedificazione del dominio.
La volont‡ di dominio appartiene al mondo ostile che gli uomini hanno pensato.
Líimpossibilit‡ del dominio apre al pensiero una prospettiva che Ë capace di far vedere le cose prive di sostanza, negandone la loro pienezza ontologica.
La prospettiva del pensiero Ë un niente su cui non val la pena di esercitare alcuna funzione di dominio. Tuttavia, su quel niente pensato come altro dallíessere puÚ essere conveniente progettare il dominio. Il mutevole senso dellíessere puÚ scongiurare il pericolo di un mondo dominato dal pensiero, cioË di un mondo ostile agli uomini.
Líostilit‡ del mondo Ë uníostilit‡ gnoseologica. Dice Eraclito: île molte cognizioni non insegnano a pensareî. Infatti, il senso dellíostilit‡ del mondo Ë il senso del disorientamento di chi lo abita: líincapacit‡ di codesti abitatori a conoscerlo fino in fondo.
La ìfamiliarit‡î, cioË la mutevolezza del senso dellíessere, puÚ salvare il mondo dalla ìostilit‡î, cioË da una realt‡ in cui si nega la pienezza ontologica delle cose del mondo.
Ma qui sta il punto. Nel considerare la familiarit‡ come un processo in cui la fusione fra essere e mondo si compie in senso ontologico. Questo Ë líevento decisivo: da tale evento dipende la sorte degli uomini.
Nellíevento, fatto che accade, si compie il divenire: líandare e tornare dallíessere al nulla.
Se il fatto accade, viene compreso: il divenire del fatto rende possibile la sua comprensione.
Líistanza che pone il divenire, cioË líaccadere del fatto, Ë chiara: il divenire in quanto accadere va compreso ma alla maniera dellíessere che si nega, cioË alle condizioni che questo essere si lascia imporre. Al di fuori di queste condizioni, solo il nulla Ë disposto a comprendere líaccadere del fatto. CíË una via díuscita rappresentata dallíente metafisico pronto a correre in aiuto del fatto desideroso di essere compreso. Ma puÚ la comprensione metafisica consentire líinterpretazione dellíevento in quanto fatto che diviene? Siamo al limite, la metafisica finisce qua e assieme ad essa le avventure di un cavaliere errante, oltrechË pazzo.

Immagini di un cavaliere errante

Nel piccolo borgo, ad eccezione della morte, tutto quel che accade Ë gi‡ accaduto. Il morire non Ë un evento del presente, Ë un evento che non Ë mai presente.
La morte Ë un evento che non cíË, nÈ ci puÚ essere. Non ha nulla da togliere a nessuno: sono gi‡ tutti morti da un pezzo. Compreso il vecchio che dorme, o fa finta di dormire, seduto davanti al piccolo bar della borgata, come fa da sempre, da una vita si potrebbe dire.
Se anche li aprisse gli occhi, una sola cosa gli andrebbe di fare: guardare il mare.
ì O guardo te, o guardo il mareî, dice al fotografo che gli ha fatto scoppiare un palloncino di carta allíaltezza di un orecchio.
Non cíË altro da fare, ora. E lui quello fa: o dorme o guarda il mare. Smettendo di fissare il cielo: de-siderando, appunto. Con lo sguardo proiettato nella dimensione orizzontale del mondo, su ciÚ che sta in basso.
A meno che non ci sia qualcuno con cui parlare. Con la gente che vive nella borgata non cíË molto da dire; per tutti costoro la vita scorre sempre alla stessa maniera.
Oggi fra gli avventori del bar Ë capitato il fotografo. Eí uno giovane che se ne va sempre in giro con la macchinetta fotografica appesa al collo. Ma non si Ë trovato lÏ per caso. CíË venuto apposta ad interrogare il vecchio che trascorre le sue giornate a sorvegliare líorizzonte.
ìNe sono sbarcati molti ieri notte?î
Il vecchio non Ë di molte parole e affetta líaria con un largo gesto della mano. Sembra che non abbia nientíaltro da fare, ma Ë gi‡ qualcosa se cíË il mare da guardare. Attenzione: il mare, senza andare oltre; oltre il mare Ë il cielo e lui non alza mai gli occhi verso líalto, perchÈ Ë in basso che bisogna guardare se non si vuol far morire líunica prospettiva del desiderio: la speranza. Non si spera in ciÚ che non si desidera.
Ma in cosa ha sperato il vecchio per tutto questo tempo? Che il giovane fotografo si presentasse a lui a chiedergli quali novit‡ era in grado di dargli. In attesa di poter raccontare una o millanta storie, il vecchio passa il tempo a dormire: desidera un mondo che non cíË e non riesce a pensarsi diverso dallíessere che esso stesso Ë. Nel tempo in cui nulla Ë accaduto, solo i desideri accadranno. E i desideri sono storie da raccontare.
Il mondo che il vecchio desidera Ë un mondo letterario che non dipende dal mondo reale. Eí il mondo di Don Chisciotte, eroe del desiderio costretto a tribolare per una imperfetta percezione del reale. Il cavaliere errante finisce tristemente le sue avventure quando altri pensano di regolare e nel contempo educare i desideri da cui si sente incessantemente scosso, anche se lo fanno con saggezza e moderazione. Ma il giovane fotografo possiede un dispositivo perfettamente capace di scoprire ciÚ che sfugge e si nasconde dietro líincarnato del viso. La macchina fotografica, come la spada dellíhidalgo, difende la verit‡ di un volto, nellíimpossibilit‡ di comprenderlo attraverso la maschera quale finzione che sfocia nellíenigma. Ma difende anche il soggetto che non cíË qui esposto, ma star‡, forse, altrove, certo non nel mondo.
Il vecchio licenzia il giovane fotografo invitandolo ad andare, come se avesse una missione da compiere, delle urgenze da sbrigare. CíË da scattare foto, ma i volti che incontra per strada non gli interessano. Eí grazie a Raffaele che puÚ scampare alle ire di un fidanzato geloso. Ma quanto ha dovuto correre per evitare che quello gli rompesse la macchina in testa. Per sua fortuna ogni Don Chisciotte ha il suo Sancho Panza. E quello di Sebastiano, il giovane fotografo, si chiama Raffaele. Un tipo mezzo scemo che se ne va sempre in giro portando in spalla una enorme radio a transistor che tiene sempre accesa. Non Ë la prima volta che Raffaele evita guai al suo amico fotografo, facendosi trovare sempre al posto giusto nel momento giusto. Ed Ë sempre lui a suggerire a Sebastiano le coordinate del viaggio.
Una linea che separa acqua e terra Ë líitinerario; la strada da percorrere non Ë agevole: nella consistenza silicea della sabbia si va avanti a fatica.
Ma Ë lÏ che Sebastiano trover‡ le sue avventure.
Nino Muccio

23 febbraio 2007
8) Enzo Amato  Maschio
Località:
Avola
IP loggato Mozilla/5.0 (Macintosh; U; Intel Mac OS X; it; rv:1.8.1.1) Gecko/20061204 Firefox/2.0.0.1
Giovedì, 22 Febbraio 2007 17:47 IP: 151.76.143.1 Scrivi un commento

Viandante insieme ad altri alla ricerca della verit‡
Da lettore per passatempo, a lettore per passione (e per vizio), a scrittore di poesie (poche) ad (anti)Peripatetico di Eloro, aÖ
In queste poche righe si potrebbe sintetizzare il mio rapporto con la lettura e i libri. Un rapporto iniziato allíincirca una dozzina di anni fa, con il solo scopo di trascorrere qualche ora pomeridiana allíinsegna del non futile, ma non immaginando che da tale incontro potessero scaturire occasioni di bellezza oltre che di godimento e di scoperte. Scoperta della bellezza del linguaggio e delle poesie contenute nei testi letterari, in opposizione al linguaggio banale e deprimente del parlato quotidiano e televisivo. A proposito della TV, si dice che il suo avvento abbia unito gli italiani in uníunica lingua nazionale, ma non si dice che questa ìunioneî sia avvenuta sotto il segno della mortificazione e dellíimpoverimento della stupenda lingua italiana; per non parlare poi dei dialetti ridotti a idiomi anacronistici ed obsoleti del cui utilizzo bisognerebbe vergognarsi. A me invece piace parlare e scrivere qualche poesia in dialetto; ritengo oltretutto che non bisogna abbandonare la propria lingua madre, perchÈ un popolo che perde la propria lingua perde la propria identit‡. Grazie ai libri e alla mia passione per loro sono diventato, forse inconsapevolmente, un (anti)peripatetico di Eloro, viandante insieme ad altri alla ricerca della verit‡, sapendo che solo la ricerca Ë líunica verit‡ a portata dellíumano, una ricerca continua e mai definitiva, fonte di stupore e di meditazioni sullíessere, sul nulla e le sue infinite potenzialit‡ di libert‡. Voglio concludere con una citazione tratta dallo ìZibaldoneî di Giacomo Leopardi: ìI fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il nulla nel tuttoî. Forse noi (anti)Peripatetici di Eloro non abbiamo trovato il tutto, ma essendo rimasti in parte fanciulli, nutriamo ancora la segreta speranza di arrivarci.

Enzo Amato

22-02-2007
7) Nina Coletta  Femmina
Località:
Avola
IP loggato Mozilla/5.0 (Macintosh; U; Intel Mac OS X; it; rv:1.8.1.1) Gecko/20061204 Firefox/2.0.0.1
Giovedì, 22 Febbraio 2007 17:44 IP: 151.76.143.1 Scrivi un commento

Cosa sento in fondo al cuore
Sono quella che segue portando il suo bambino per amore di ascoltare discussioni belle e dotte. Lo porto anche affinchÈ la sua mente si abitui alle discussioni belle e dotte. Lei ha ragione quando dice che la filosofia Ë ricerca della verit‡; a me insegna a vivere ogni giorno e ad avere rispetto per me stessa e per gli altri. Mi auguro di trasmettere líamore per il sapere a mio figlio e a non smettere di chiedersi il perchÈ delle cose (mi ricordo che da piccola mi facevo sempre domande e me le faccio ancora adesso). Amore Ë sentire in fondo al cuore la letteratura, la poesia, la musica, la filosofia, eccÖ
In questo momento, mentre io scrivo, lui Ë sul divano che sfoglia i libri delle sue favole.

Nina Coletta

22-02-2007
6) Leonardo Miucci  Maschio
leon67@tin.it
Località:
Avola
IP loggato Mozilla/5.0 (Macintosh; U; Intel Mac OS X; it; rv:1.8.1.1) Gecko/20061204 Firefox/2.0.0.1
Sabato, 3 Febbraio 2007 16:44 IP: 151.76.145.29 Scrivi un commento Invia una E-mail

SOLO DUE PAROLE

Ho come líimpressione di avere in tasca un piccolo tesoro, o forse un segreto, da custodire. Ma Ë solo un foglio di carta dattiloscritto.
Líascensore mi porta al quarto piano, a casa mia. Durante líascesa sbircio lo scritto, ma ne ricavo ben poco: líascensore arriva subito al quarto piano. Entro in casa, scambio velocemente una parola con mia moglie; il divano mi accoglie, e riprendo la lettura. Líavidit‡ mi assale, consumo quel foglio in un batti baleno; indugio; mi rispecchio; mi rivedo e mi vedo cresciuto e tuttavia ìbambinoî; e soprattutto mi ricordoÖ
Iniziavo cosÏ il mio vero, autentico cammino una sera díautunno: era il mese di ottobre del 2001. Entravo in libreria, in quel luogo che forse da molto, troppo tempo come una sirena mi tentava; ed accettai, cedendo alle lusinghe e alle sirene. Vi trovai un uomo dal sorriso sincero al quale chiedevo un certo libro sul Buddismo e forse proprio la particolarit‡ di quel libro, oppure il fiuto infallibile di quellíuomo, diede il l‡ a ciÚ che sarebbe diventato da quel momento in poi líinizio del mio, del nostro, cammino. Quel libro, oggi, porta la data e una dedica di mio pugno che richiamano quei momenti, come una lapide a futura memoria.
E fu Dante, con il suo "Inferno", Leopardi, con il suo "Infinito", Sciascia, Bufalino, e sentivo che non mi bastava, che avevo bisogno di altro ancora; quasi volutamente mi creavo ciÚ che poi ho definito ìintrecci curiosatiî: leggevo un autore e contestualmente ne leggevo un altro. Avevo come líimpressione di non avere molto tempo ancora a disposizione per leggere, per conoscere; líidea della morte imminente mi ha sempre tormentato e non tanto per líevento in sÈ, quanto piuttosto per la sottrazione di tempo che essa mi avrebbe procurato alla lettura, alla conoscenza. Sarei riuscito a leggere tutti i libri che nel tempo mi sono detto di leggere? Forse mi servirebbe uníaltra vita, o forse due vite. Con due vite al massimo dovrei farcela. Si, credo proprio di potercela fare.
E venne poi il momento del dubbio, della curiosit‡, dello stupore; e fu la volta dellíArchÈ e quindi di Eraclito, col suo divenire, di Parmenide, col suo ìessereî, del Maestro che della maieutica e dellíironia ne ha fatto vessillo del suo pensare, e ancora Cartesio, col suo ìcogitoî, Nietzsche, il filosofo che spoglia, Severino e Galimberti, con il loro uomo tecnologico. E Calvino, lo ìscoiattolo della pennaî, con la sua fantastica realt‡ e la sua leggerezza, ed Epicuro, che sembra aver risolto il dilemma della felicit‡ dellíuomo (si badi: della felicit‡, e non dellíinfelicit‡), e Lucrezio, che con ìsempliciî, naturali riflessioni sembra aver risolto líenigma dellíesistenza.
E ora sono qua, con il sapore della scoperta e líeccitazione di quanto ancora resta da scoprire.
Avola, 2 febbraio 2007 Leonardo Miucci
5) michele 
Località:
avola
IP loggato Mozilla/4.0 (compatible; MSIE 6.0; Windows NT 5.1; SV1)
Venerdì, 2 Febbraio 2007 18:28 Host: host254-97-dynamic.6-87-r.retail.telecomitalia.it Scrivi un commento

Fondare significa tessere reti,

costruire fondali per chiudere,

di volta in volta,

la scena che si apre sull’abisso


S. Natoli



La dimensione ìfantasticaî della realt‡ degli (anti)peripatetici di Eloro

Ritengono i libri una occasione di bellezza e di godimento.
La poesia, il linguaggio per loro non sono solo un mezzo di comunicazione, ma possono essere pure una passione e una gioia.
Sanno che la filosofia Ë stupore, stupore che ammira.
Si accostano alla filosofia per ricerca della verit‡, ma capiscono che il mito Ë racconto che rimanda la spiegazione del significato.
Apprezzano la metafora, il modello della vita che Ë sogno, la sensazione secondo cui la vita sarebbe un sogno: ìnoi siamo di natura uguale ai sogniî.
Camminano insieme, sanno che Ë il cammino lo scopo e la meta.
Molti di loro si fanno carico del proprio cammino nella loro solitudine e indifferenza al divino. Senza nullíaltro attendere che quel che la strada, resa pi? dignitosa e percorribile, possa offrire e insegnare in questíunica vita. Senza alcun baratto che il farne intensamente esperienza.
Scrutano la linea dellíorizzonte, con la consapevolezza di vivere nella fluidit‡ della postmodernit‡.
Amano Cervantes e il suo cavaliere errante, le sue inquietudini il sogno il dubbio la visione letteraria della realt‡ la rottura delle consuetudini la fuga, líamore per la giustizia líobbedienza ai ìprecetti religiosiî la lotta contro i ìgigantiî il Seicento come secolo di rottura con la sua riconquistata fluidit‡ della modernit‡.
Godono degli insegnamenti di Epicuro e della sua concezione della felicit‡.
Leggendo Lucrezio capiscono quanto líUmanit‡ abbia perduto dalla sua rimozione collettiva.
Il caso, líindeterminazione della luce di Democrito fino a Heisenberg, sono oggetto di approfondite discussioni che arrivano fino al dissolvimento della realt‡ in una o pi? dimensioni fantastiche, eppur concrete.
Amano Magris e i suoi saggi sulla letteratura e la fuga e il ritorno.
Sanno, alla luce di Calvino, che la leggerezza Ë dimensione letteraria, poetica e scientifica. E dissoluzione, frantumazione atomizzazione della solida realt‡, e visione profonda oltre la superficie.
Si addentrano nei labirinti mentali eppur reali delle costruzioni di Kafka.

Riconoscono nel Nulla líinfondato fondamento dellíEssere e líespressione massima della libert‡ nelle sue infinite potenzialit‡ senza alcuna predeterminazione.
Indagano sulla Scienza e sulla Tecnica, espressione massima del dominio occidentale sul pianeta e sulle conseguenze di questo dominio sulla condizione dellíuomo.
Con Severino ricercano le strade parmenidee del sentiero del giorno dimenticate dallíOccidente.
Amano Leopardi nella sua concezione dellíArcano mirabile e spaventoso.
Discutono continuamente sul senso del tragico come dalla tradizione greca e nella sua attualit‡.
Ricercano con Gadamer la concezione extra metodica della verit‡ nella dimensione artistica-estetica.
Amano il godimento delle visioni mediterranee dei loro cammini.
Qualcuna canta le struggenti canzoni della vita della nostalgia dellíamore.
Qualcuno gioca con le stramberie della vita reale sapendo che di questo Ë fatta e le rappresenta in una dimensione ludico fantastica. Organizza tutto per gioco e per godere e fare godere îfanciullo invittoî.
Qualcuno meraviglia per líoriginalit‡ delle sue ricerche sentite e per il suo percorso culturale.
Qualcuno ha trovato la sua profonda inclinazione nella strada del gruppo e costruisce la sua dimensione culturale e umana in una continua ascesi.
Qualcuno manifesta lo stupore iniziale dellíuomo che scopre la bellezza del pensare nelle occasioni della realt‡.
Qualcuno realizza nel gruppo le sue aspirazioni alla fuga.
Qualcuno approfitta per recuperare il tempo perduto leggendo tutto quello che nella sua vita non ha letto, facendo suo il detto di Borges: î líuomo Ë ciÚ che leggeî.
Qualcuna legge stupendamente poesie, sviscerando la sua anima.
Qualcuna segue portando il bambino per amore di ascoltare discussioni belle e dotte.
Qualcuno, veramente scrittore e poeta, partecipa in pectore non riuscendo a vincere la sua ìpigrizia camminandiî.
Qualcuno viene per il gusto dellíamicizia.
Stanno entrando nella dimensione di Borges e della sua visione della vita come labirinto di libri e come dimensione spazio temporale fantastica.
Sicuramente tutti vedranno líAleph!
02/02/2007
Michele

P.S. (anti) perchÈ si oppongono alla concezione degli ìelementiî di Aristotele propugnata dai Peripatetici e propendono per quella atomistica corretta di Democrito Lucrezio, Epicuro, Boyle, Descartes, Lemery, LefËbre, Newton, Lomonosov, Dalton e della scienza moderna.
tag HTML abilitati Pag. Precedente   Pag. successiva
Powered by Lazarus Guestbook from carbonize.co.uk