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96) Carlo Ruta  Maschio
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Strategie di conquista e grandi affari lungo le vie dellíacqua. Il caso delle Eolie

di Carlo Ruta

Una vicenda rappresentativa nelle mappe dellíappropriazione delle risorse idriche. Come viene trattato il disagio di Lipari e Salina, dove líacqua, carente da sempre, rimane la pi? cara díItalia. Gli accordi che vi fanno da sfondo, da Palermo a Roma. La stretta della Sogesid sulle isole.


Come era prevedibile, nella Sicilia della privatizzazione idrica, le anomalie, anzichÈ esaurirsi con le gare díappalto, in alcuni ATO con esiti da scandalo, presentano risvolti sempre pi? preoccupanti, mentre scorrono le vicissitudini di intere popolazioni che mancano dellíerogazione necessaria e pagano líacqua pi? cara che in altre aree del paese. Gli ambienti interessati stanno provvedendo in effetti a porsi in regola, pagando líobolo alla tradizione, facendo cioË i conti fino in fondo con i grovigli di poteri, legali e non solo, che serrano i territori. Gli equivoci del presente si fondono in sostanza con quelli del passato, con corrispondenze pi? o meno perfette. Le cose non potevano andare del resto diversamente. Lungo i decenni che hanno preceduto la legge Galli, la gestione dellíacqua nellíisola, curata dallíEAS e dalle municipalizzate, non Ë stata mai propriamente pubblica, chiamando bensÏ in causa interessi forti e consorterie di ogni tipo. I clamori giudiziari che hanno interessato líente regionale medesimo, dallo scandalo Gunnella alle tangenti dellíAncipa, ne danno conto. La nuova situazione, gi‡ riprovevole per il declassamento del bene comune acqua a merce, nellíisola sta finendo comunque con il peggiorare le cose oltre ogni misura. E per saggiarne le atmosfere, lungo gli ambiti territoriali, Ë il caso di prendere le mosse dalle isole Eolie, dove, sulla scena convulsa dellíemergenza idrica convergono realt‡ influenti, a partire da una potente societ‡ di diritto pubblico: la Sogesid spa.
Per ragioni soprattutto geologiche, líarcipelago Ë oppresso da una endemica carenza di acqua, cui si Ë cercato di ovviare, prima ancora che con rifornimenti da navi cisterne e autobotte, con un dissalatore, costruito a Lipari circa trentíanni fa dalla Regione Siciliana, amministrato lungamente dallíEAS e, come tutti gli altri in Sicilia, finito di recente in gestione a un privato, líimprenditore nisseno Pietro Di Vincenzo, che ha messo in campo, allo scopo, una societ‡ ad hoc, la Gedis, adesso in amministrazione giudiziaria. Si tratta di un impianto obsoleto e poco funzionante. Con i suoi tre moduli, a pieno regime, dovrebbe produrre infatti 6000 metri cubi di acqua potabile al giorno. Invece ne produce poco pi? 2000 metri cubi, ben al di sotto cioË del fabbisogno. Líemergenza, che si somma nelle Eolie a quella dei trasporti, rimane quindi allo zenit, mentre il costo dellíacqua per gli abitanti di Lipari e delle altre isole, gi‡ elevato, Ë divenuto particolarmente esoso. Líacqua desalinizzata viene erogata a 4,80 euro al metro cubo, a circa 7 euro quella approvvigionata tramite autobotte, addirittura fino a 13 euro, iva inclusa, quella rilevata dalla nave cisterna. Ma a fronte di tutto questo, quali condotte si registrano nelle istituzioni che recano líonere di risolvere le cose?
Líallarme sul deficit díacqua Ë stato lanciato, negli ultimi anni, a vari livelli: dal prefetto di Messina Francesco Alecci; dai sindaci di Lipari, Leni, Malfa, Santa Marina Salina, Milazzo; dai parlamentari messinesi German‡ e DíAlia. Della questione sono stati investiti quindi il governo regionale e i responsabili del ramo. Se ne sono fatti carico in particolare, con Raffaele Lombardo, alcuni noti esponenti dellíentourage presidenziale: Rossana Interlandi, gi‡ assessore regionale allíAmbiente e oggi dirigente del medesimo assessorato; líavvocato Felice Crosta, presidente dellíAgenzia regionale per i rifiuti e le acque, istituita da Cuffaro, poi formalmente abolita, ma ancora in attivit‡; Ignazio Puccio, dirigente dellíARRA e plenipotenziario di Crosta in numerose vertenze lungo gli ATO siciliani. Si tratta, come Ë evidente, dello stato maggiore che sta regolando i processi di privatizzazione, cui si associa una presenza che nella vicenda delle Eolie assume un rilievo determinante: quella dellíavvocato Luigi Pelaggi, consigliere di amministrazione della Sogesid spa. » il caso di definire allora cosa rappresenta tale societ‡ e con quale ruolo entra in questa storia.
Nata nel 1994 quale concessionario della gestione di alcuni impianti di depurazione nella Regione Campania, la Sogesit spa si Ë assunta líonere di supportare la Legge Galli, attraverso la redazione dei piani díambito e líattuazione di interventi industriali, in ambito acquedottistico, depurativo e fognario, lungo tutto il territorio nazionale. Per decisione del Ministero dellíAmbiente e del Ministero delle Infrastrutture Ë divenuta dal 2007 uno strumento in house, ma, in ossequio appunto alla legge Galli, ha insistito a muoversi in modo privatistico, tanto da ritrovarsi al centro di un vasto circuito díinteressi, pur mutuando nondimeno tratti e movenze dei tanti enti inutili che hanno fatto un poí la storia della repubblica. Per tali ragioni, pi? volte Ë stata fatta oggetto di interrogazioni parlamentari. Il deputato Ugo Lisi ne ha chiesto la messa in liquidazione. Il senatore Roberto Della Seta ne ha denunciato, oltre che la mancanza di una qualche utilit‡ pubblica, tanto pi? dopo líistituzione recente dellíIspra, recante funzioni analoghe, le oscurit‡ operative, la mancanza di trasparenza nelle assunzioni del personale, gli altissimi stipendi degli ambiti dirigenziali. E con tale feedback, che combina le opacit‡ del pubblico e del privato, la societ‡ in house ha puntato sullíaffare Eolie, con líirruenza di un potere forte, perchÈ importante era divenuta intanto la posta in gioco.
Líallarme lanciato dal sindaco di Lipari Mariano Bruno, dai colleghi delle isole minori e dal prefetto Alecci, cui Ë stato conferito intanto líincarico di commissario delegato per l'emergenza idrica, non poteva rimanere in realt‡ inascoltato, tanto pi? dopo líimplosione economica e giudiziaria del Di Vincenzo, che ha influito sensibilmente sulle inefficienze del dissalatore. Non potevano essere altresÏ sottovalutati i rischi per il decoro dellíarcipelago, dichiarato dallíUnesco patrimonio dellíumanit‡. Ne Ë sortito quindi, nel 2007, un superfinanziamento a opera del Ministero dellíAmbiente, retto allora da Alfonso Pecoraro Scanio, per circa 38 milioni di euro. Si Ë trattato tuttavia solo di un buon inizio, perchÈ per il prossimo decennio altri contributi si annunciano da parte dellíUnione Europea e di altre sedi: quanto basta in definitiva perchÈ interessi forti si volgano in direzione delle Eolie. CíË peraltro da attingere a sufficienza dallíamministrazione regionale, che da oltre un decennio riserva alle emergenze della Sicilia un cospicuo capitolo di spese, gestito in prima persona dai commissari straordinari, senza che, significativamente, siano venute meno, per calcolo o no poco importa, le problematiche dellíacqua.
Líostacolo Di Vincenzo Ë stato rimosso agevolmente, perchÈ il contratto che vincola il gestore del dissalatore alla Regione Ë prossimo a scadere, e líimprenditore nisseno, messo alle corde dai giudici e dalle denunce del sindaco Rosario Crocetta, non Ë pi? in grado di sostenere la partita. Con perentoriet‡, a dispetto delle proteste di diversi consiglieri, che hanno scritto al prefetto Alecci, il comune di Lipari ha provveduto altresÏ a rimuovere un ulteriore problema, revocando un appalto di cui era stato aggiudicataria nel 2000 la Lotto spa. » stato infine superato líostacolo dell'Authority per la vigilanza sui contratti pubblici, che ha decisamente contestato la convenzione siglata fra societ‡ e il sindaco liparitano. Il centro-partita, da parte della Sogesid Ë stato quindi rapidamente conquistato, con la presentazione, approvata, di un progetto per il ciclo integrato dellíacqua, il primo, per 29 milioni di euro, da trarre dai 38 per il momento disponibili. Díaltra parte, il direttore generale del Ministero dellíAmbiente Gianfranco Mascazzini, interpellato sullíaccordo delle Eolie, non ha esitato a dire che si Ë trattato di decisioni prese ad altissimi livelli, in sede ministeriale, per interessi forti, quindi irrevocabili.
La connessione della Sogesid con líarcipelago, e contestualmente con i vertici della Regione e con líARRA di Crosta e Puccio, viene comunque perfezionata il 17 febbraio 2009, quando uno dei tre consiglieri díamministrazione della societ‡, líavvocato Luigi Pelaggi, componente della segreteria tecnica del Ministero dellíAmbiente, viene nominato, con ordinanza del presidente del Consiglio dei Ministri Berlusconi, commissario delegato per l'emergenza idrica nelle Eolie. Si tratta, come Ë evidente, di una nomina forzata, sovrapponendosi di fatto, senza alcuna ragione díinteresse pubblico, a quella del prefetto Alecci, che, da rappresentante del governo prima ancora che da commissario, Ë stato riconosciuto fra i pi? imparziali nellíaffrontare líemergenza. Un tale passaggio Ë apparso nondimeno necessario, per ricondurre tutto negli alvei stabiliti, senza intralci.
Esistono in definitiva i presupposti perchÈ la Sogesid, nota appunto per gli stipendi díoro di cui godono i suoi dirigenti, possa trarre dallíarcipelago profitti smisurati e duraturi, attingendo a risorse pubbliche a tutti i livelli: ma in cambio di quali benefici per gli abitanti di Lipari e delle altre isole? A conti fatti, nessuno. Come emerge dal progetto, il prezzo dellíacqua desalinizzata verr‡ mantenuto a 4,80 euro al metro cubo, cioË il pi? caro díItalia, addirittura con possibilit‡ di aumenti negli anni a venire. » gi‡ messo altresÏ nel conto che líintervento della societ‡ non risolver‡ in via definitiva il deficit idrico delle Eolie. La prova? Una parte dellíapprovvigionamento dellíacqua continuer‡ ad avvenire per mare, tramite nave cisterna. Come avviene gi‡ da quindici anni, dietro richiesta della Regione Siciliana, il 3 dicembre 2008 il Ministero della Difesa ha stipulato infatti con la societ‡ Marnavi di Napoli, con procedura negoziata ai sensi dell'art. 57 del decreto legge 163/06, un contratto di fornitura idrica allíisola di Lipari per un importo di 26.000.000 euro, iva inclusa, per soli 2 milioni di metri cubi. In sostanza, gli abitanti dellíarcipelago, sotto líegida della societ‡ in house, dovranno continuare pagare líacqua al prezzo, del tutto incongruo, di 13 euro al metro cubo.
In realt‡, la Sogesid, se reca buone ragioni per mantenere, di fatto, lo stato di cose esistente, tante pi? ne ha per scendere a patti con la Marnavi, che costituisce in campo armatoriale un potere consolidato, con forti referenti nelle istituzioni. Finisce in effetti con il servirsene, con mutuo guadagno, a titolo giustificativo e non solo, proprio perchÈ restino spendibili e ben remunerativi i deficit di fondo. In tale logica, Ë significativo comunque il modo in cui la societ‡ navale napoletana si pone nel paese e, in particolare, nella vicenda delle Eolie.
Presieduta da Domenico Iervoli, la Marnavi, Ë specializzata nel trasporto di sostanze chimiche. » proprietaria di ventisette navi operanti sul mercato internazionale, otto delle quali adibite al trasporto di acqua e prodotti alimentari per le comunit‡ delle isole italiane. Come altre societ‡ armatoriali, non appare particolarmente devota allíinteresse nazionale. Ha fatto costruire infatti diverse navi nella Turchia asiatica, presso di Tuzla, nota perchÈ ospita la maggiore concentrazione navalmeccanica della terra, con quarantacinque cantieri schierati fianco a fianco. Gode nondimeno di alta considerazione presso le sedi governative. E non puÚ trattarsi di normale convenienza. Come riportato, da circa quindici anni la societ‡ rifornisce díacqua le isole Eolie, con convenzioni annuali che, palesemente, prescindono da ogni calcolo di economicit‡, mentre Regione e Ministero della Difesa avrebbero potuto ricercare soluzioni pi? idonee, attraverso accordi meglio mirati oppure líespletamento di regolari gare díappalto. In merito poi allíopportunit‡, appaiono tuttíaltro che irrisori gli inconvenienti che hanno presentato fino a oggi le operazioni di scarico nelle aree portuali di Lipari, prossime alle abitazioni civili: dalle perdite in mare di acqua potabile agli eccessi di rumore, in tutte le ore del giorno e della notte.
Evidentemente, malgrado i conti non possano tornare, i giochi sono fatti, nel pieno rispetto della tradizione. CíË stato tuttavia un inconveniente, che consente di chiarire meglio le cose e di rendere, soprattutto, misurabile líaffare dellíarcipelago. Si tratta dellíentrata in scena di una impresa tedesca, la Aqua Blue di Bubesheim, operante in vari ambiti: la depurazione, gli impianti idrici, líenergia solare. Klaus Dieter Simon, che conosce bene líItalia per averla lungamente frequentata, ne Ë líamministratore delegato. E in tale veste, nel 2007 ha presentato alle autorit‡ territoriali e regionali una proposta di convenzione, ancora ai sensi dell'art. 57 del decreto legge 163/06, per la definitiva soluzione dellíemergenza idrica delle Eolie. Líimpresa, in particolare, si Ë impegnata a installare, a Lipari e nelle isole minori, alcuni moduli di dissalazione di nuova generazione, quindi non ingombranti come gli attuali nÈ inquinanti, atti a risolvere per intero il fabbisogno idrico, a costo zero per lo stato, la regione e i comuni, richiedendo di contro alla parte pubblica, solo a servizio erogato, il pagamento dellíacqua a un costo oscillate fra 1,05 e 1,21 euro, iva esclusa.
Tra la tariffa che ha proposto líamministratore dellíimpresa tedesca e i quasi 5 euro richiesti dalla Sogesid, che diventano addirittura 13 con líintervento della Marnavi, corre evidentemente un abisso, che Ë in fondo quello che separa due precisi modi díessere e di rapportarsi al bene pubblico. Da un lato cíË Klaus Dieter Simon, che ha deciso di non pagare alcun obolo alla tradizione, di fare impresa quindi nel modo pi? civile. Dallíaltro stanno i potentati regionali, il braccio operativo dellíARRA, i grandi feudatari delle risorse idriche, che, a ragion veduta, hanno stabilito di mantenere alti i canoni, nel caso appunto delle Eolie fino allíinverosimile, a dispetto dei bisogni delle comunit‡. Tutto questo, a riprova che nel tempo della privatizzazione, tanto pi? in Sicilia, la selezione dei convitati al grande affare dellíacqua, che include la partita dellíarcipelago, sta avvenendo al peggio.
Ecco comunque il seguito della storia. Dinanzi alle evidenti opportunit‡ della proposta dellíimpresa tedesca, il prefetto Alecci, quale commissario delegato per l'emergenza idrica nelle Eolie, si Ë dimostrato, una volta ancora, conseguente. Nellíincontro per líesame tecnico della medesima, che si Ë tenuta il 28 ottobre 2008, presso il Ministero dellíAmbiente, ha relazionato infatti favorevolmente. Ha dovuto tuttavia fare i conti con líopposizione, irriducibile e scontata, dellíingegnere Puccio dellíARRA, che, con ben poche argomentazioni, in quella sede ha decretato impossibile la desalinizzazione dellíacqua marina ai costi garantiti da Klaus Dieter Simon. I giochi erano fatti, appunto, e la nomina di Pelaggi, gi‡ nelle cose, era destinata a chiudere líargomento.


Fonte: ìL'isola possibileî, rivista mensile siciliana allegata a "Il Manifesto"
95) Giusy Aprile 
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SIRACUSA
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Lunedì, 16 Marzo 2009 22:05 Host: 89-97-35-72.ip15.fastwebnet.it Scrivi un commento

Libera: 21 marzo 2009 Avola e Napoli

Cari amici,
siamo in cammino verso il nostro prossimo appuntamento a
Casal di Principe il 19 e a Napoli il 21 per la XIV Giornata della
Memoria e dellíImpegno e, come voi sapete, stiamo lavorando tutti per
poter organizzare al meglio queste giornate.
Nella nostra provincia,
questíanno il 21 marzo verr‡ celebrato ad Avola, soprattutto in
considerazione delle difficolt‡ che vive quel territorio, interessato
da recente arresti, condanne e vicende criminose che destano la nostra
attenzione, anche per sostenere chi fa pi? fatica a confrontarsi in
loco con le problematiche brevemente su indicate.
Dopo la carovana
antimafie dello scorso 9 dicembre 2008, raggiungiamo di nuovo Avola per
supportare il nucleo operativo di LIBERA, recentemente costituitosi,
che sta ben operando e che, ognuna delle realt‡ presenti nel proprio
specifico díintervento, vanta anni di esperienza e professionalit‡ sul
campo.
Il Coordinamento Provinciale di LIBERA Siracusa ha scelto di
sostenere le realt‡ avolesi che si impegnano, cosÏ decentrando le
attivit‡, spesso troppe volte concentrate nel capoluogo, allo scopo di
fare crescere líassociazione, anche in relazione alle emergenze, alle
richieste e alle priorit‡ che il territorio presenta e pone.
La strada
da percorrere Ë lunga, le scadenze impegnative e le richieste numerose.
Allo scopo, a livello nazionale, Ë stato creato un ufficio raccolta
fondi, che si occupa della creazione e gestione dei diversi strumenti
che verranno utilizzati per la sostenibilit‡ della associazione e dei
progetti che da anni realizziamo nei territori.
Ecco una breve
descrizione delle attivit‡ di raccolta pi? importanti su cui si sta
lavorando dal 2009:
1. Tra pochi giorni partir‡ il semestrale
Lavialibera, che arriver‡ a tutti i nostri contatti, i nostri soci e
donatori, familiari e amici di Libera. Crediamo in questo nuovo
strumento per essere sempre di pi? in rete e per poter essere vicini a
tutti quei soci e sostenitori che non possiamo seguire personalmente.
Per questo Ë importante aumentare il nostro patrimonio di conoscenze e
archiviare in modo corretto tutte le anagrafiche delle persone che sono
interessate e/o coinvolte nelle nostre attivit‡.
2. Un traguardo
importante Ë l'assegnazione a Libera di un numero di sms solidale 48544
attivo dal 9 al 30 marzo che permette di donare 2 euro da tutti gli
operatori di rete mobile. E' uno strumento semplice che ci consentir‡
di avere dei fondi per le nostre attivit‡ del 2009.
3. Stiamo
coinvolgendo Coop Italia nella promozione delle donazioni presso i loro
punti vendita e presso i loro soci.
4. Entro breve il nostro sito
consentir‡ la donazione online, un metodo comodo e immediato per poter
sostenere l'associazione.
5. Stiamo organizzando anche la promozione
per il 5 x1000 attraverso la distribuzione di segnalibri che verranno
inviati in allegato con la rivista La Vialibera e un mailing postale
ad hoc che verr‡ inviato ad Aprile. Ma contiamo soprattutto sul vostro
prezioso impegno per la diffusione delle informazioni sui territori.
6.
Inoltre per fine anno, oltre alla campagna di Natale, stiamo
studiando
il modo per offrire la possibilit‡ di tesserarsi e di donare in modo
regolare attraverso la domiciliazione bancaria. Un modo per poter
garantire i rinnovi delle tessere automaticamente e le donazioni
continuative. Le donazioni continuative rappresentano un modo che
garantisce nel tempo le entrate alle associazioni e quindi consentono
una programmazione anno dopo anno sempre pi? precisa e efficace.
Vi
invito tutti a partecipare numerosi e a dare il vostro contributo alla
giornata del 21 marzo ad Avola e grazie sempre per il vostro sostegno e
la collaborazione.
Un abbraccio forte a tutti.
Giusy Aprile
94) Salvatore Granata Legambiente 
s.granata@legambientesicilia.com
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Giovedì, 5 Marzo 2009 22:07 Host: 89-97-35-72.ip15.fastwebnet.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Dossier discariche

Come forse saprete, la Siciliana Calcestruzzi, azienda simbolo del controllo mafioso sulle opere edili
nel comprensorio di Trapani, Ë stata confiscata ed assegnata in gestione ad una cooperativa aderente
all'associazione Libera. Questa vicenda ha assunto un grande valore per le evidenti implicazioni relative
alla affermazione di una cultura della legalit‡, e per questo richiama attenzioni ed interessi diversi.
Lo stabilimento,con le intuibili difficolt‡ del caso, Ë oggi impegnato nella produzione di conglomerati
attraverso il riciclaggio dei materiali provenienti dalle demolizioni, con ciÚ incentivando la costruzione di
una filiera virtuosa in un settore improtante del ciclo dei rifiuti.
CiÚ premesso, vorremmo sostenere questa esperienza in modo visibile per le ragione accennate e, al tempo
stesso, avviare una campagna di sensibilizzazione contro le micro discariche di materiali edili che infestano
il territorio siciliano.
L'idea Ë quella di realizzare, in collaborazione con la cooperativa che gestisce lo stabilimento, un dossier fotografico
per segnalare i casi di discariche diffuse, per denunciarne gli effetti sull'ambiente e per indicare la soluzione
del riciclaggio.
Vi invitiamo, perciÚ, ad inviare al Regionale documentazione fotografica delle discariche a vostra conoscenza,
con l'indicazione del sito e delle caratteristiche, magari individuando responsabilit‡ e raccontando l'impegno del
Circolo.
Siamo certi che ciÚ contribuir‡ pure alla soluzione dei casi denunciati ed a dare la giust‡ diffusione alle
attivit‡ dei nostri Circoli.
Contiamo di avere presto un riscontro.
A presto.
Salvatore Granata
93) Carlo Ruta  Maschio
accadeinsicilia@tiscali.it
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Sicilia
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Lunedì, 23 Febbraio 2009 00:06 Host: 89-97-35-72.ip15.fastwebnet.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Il business del secolo in Sicilia

Acqua, un affare che scotta

Come gruppi economici e consorterie territoriali stanno appropriandosi delle risorse idriche di una regione che possiede tanta acqua mentre, per paradosso, ne patisce endemicamente la mancanza. La presenza discreta della multinazionale spagnola Aqualia. Le strategie della societ‡ catanese Acoset. Líanomalia del sudest.


In Sicilia i processi di privatizzazione dellíacqua che vanno dipanandosi negli ultimi anni si raccordano con una tradizione composita. Se si d‡ uno sguardo alla storia post-unitaria, si constata infatti che líaccaparramento delle fonti, delle favare per usare il termine di derivazione araba, ha scandito con regolarit‡ líevoluzione legale e illegale dei ceti che hanno esercitato dominio sullíisola. Il controllo delle acque ha consentito di lucrare rendite economiche e posizionali importanti, di capitalizzare, di chiamare a patti le autorit‡ pubbliche, di condizionare quindi gli atti dei municipi, degli enti di bonifica, di altre istituzioni. E il canovaccio di tale affare, di rilievo appunto strategico, ancora oggi rimane tale, benchÈ si faccia uso di strumenti e progettazioni non pi? a misura di un mondo agrario pi? o meno statico, ma di una realt‡ in profonda evoluzione, sullo sfondo delle economie globali. Si tratta di comprendere allora i modi in cui si coniugano oggi i due elementi, innovazione e tradizione, a partire comunque dal dato che anche in Sicilia si vive al riguardo un passaggio epocale, dopo il lungo tragitto delle aziende municipalizzate, che sempre e comunque hanno dovuto fare i conti con i signori delle fonti.
Nel quadro dei processi generali che hanno reso líacqua una risorsa economica, una merce, che chiama in causa multinazionali potenti come Suez, Vivendi, Impresilo, RWE, la legge Galli del 5 gennaio1994 sugli ambiti territoriali ottimali, ATO, ha segnato una svolta rispetto al passato, puntando a eliminare la frammentazione che fino a quel momento aveva caratterizzato la gestione idrica nel territorio nazionale. Pur sottolineando sin dallíincipit il rilievo dellíacqua quale bene pubblico, ha posto nondimeno le basi per líirruzione dellíinteresse privato nella gestione dei servizi idrici degli ATO, con il ricalcolo di tale risorsa sotto il profilo economico. E tutto questo, se, come si diceva, non poteva non sommuovere, in senso lato, líinteresse della grande finanza, come testimonia negli ultimi anni il coinvolgimento di banche come líAntonveneta, la Fideruram e altre ancora, ha finito con il sollecitare una pluralit‡ di interessi, con líesaltare anomalie esistenti e generarne di nuove, specie nel sud della penisola e in Sicilia, dove líeconomia pi? di altrove Ë inficiata da mali strutturali, dove vigono appunto tradizioni tipiche, che rendono ineludibile líipoteca delle consorterie.
La posta in gioco in Italia Ë ovviamente altissima, potendo comprendere, fra líaltro, gli ingenti finanziamenti a fondo perduto che líUnione Europea ha destinato a tali ambiti, perchÈ vengano eliminati i gap che interessano il paese. Tanto pi? lo Ë comunque in regioni in cui le strutture e gli impianti esistenti scontano deficit strutturali, consolidatisi lungo i decenni. » il caso della Sicilia, dove líEAS e le municipalizzate hanno gestito regolarmente impianti obsoleti, dove quasi tutti gli invasi recano vistosi segni díincuria, le infrastrutture restano esigue, le condutture fatiscenti e in una certa misura da rifare. Il progetto di privatizzazione nellíisola ha potuto quindi fregiarsi di un obiettivo seducente, quello della modernizzazione dei servizi idrici che, dopo anni di attesa interlocutoria, Ë stato agitato come una sorta di rivoluzione dal governo regionale di Salvatore Cuffaro. E dal decisionismo, sufficientemente mirato, del ceto politico di cui líex presidente conserva in una certa misura la rappresentativit‡, corroborato comunque dai trasversalismi che insistono a connotare la vicenda pubblica nella regione, ha preso le mosse, negli ultimi anni, una sorta di caccia allíoro.
Líaffare dellíacqua reca in Sicilia dimensioni inedite. Sono in gioco infatti 5,8 miliardi di euro, da amministrare in trenta anni, con interventi a fondo perduto dellíUnione Europea per pi? di un miliardo di euro. Dopo un primo indugio, dettato presumibilmente da ragioni di cautela, che ha visto comunque diverse gare andare a vuoto, la scena si Ë quindi movimentata, con líirruzione di importanti realt‡ economiche, interne allíisola ed esterne. Una fetta cospicua dellíaffare Ë stata avocata dalla multinazionale francese Vivendi, socia di maggioranza della Sicilacque spa, che, dopo la liquidazione dellíEnte Acquedotti Siciliani, ha ereditato la gestione di 11 acquedotti, 3 invasi artificiali, 175 impianti di pompaggio, 210 serbatoi idrici, circa 1.160 km di condotte e circa 40 km di gallerie. In diverse ATO si Ë gi‡ provveduto, altresÏ, alle assegnazioni. Nellíarea di Caltanissetta si Ë imposta Caltaqua, guidata dalla spagnola Aqualia. A Palermo e provincia ha vinto il cartello Acque potabili siciliane, di cui Ë capofila Acque potabili spa, controllata dal gruppo Smat di Torino. Nellíarea etnea la guida del Consorzio Ato Acque Ë stata assunta dalla catanese Acoset. Ad Enna ha vinto Acqua Enna spa, comprendente EnÏa, GGR, Sicilia Ambiente e Smeco. A Siracusa vige la gestione mista della Sogeas, che vede presenti, con líente municipale, la Crea-Sigesa di Milano e la Saceccav di Desio. Ad Agrigento Ë risultata aggiudicataria la compagine Agrigento Acque che fa capo ancora ad Acoset. Negli altri ATO le gare rimangono sospese.
» la prima fase ovviamente, quella dei grandi appalti, che Ë preoccupante non solo per la virulenza con cui i poteri economici incalzano e mettono in discussione le istanze della democrazia, degradando un bene comune qual Ë líacqua a merce, ma, di gi‡, per i modi in cui evolvono le cose, in ossequio appunto a una data tradizione. In relazione pi? o meno diretta con grandi societ‡ estere e italiane interessate allíaffare Sicilia, vanno muovendosi infatti ambienti economici discussi, a partire dai Pisante, le cui imprese risultano inquisite dalle procure di Milano, Monza, Savona e Catania per una variet‡ di reati: dal pagamento di tangenti allíassociazione mafiosa.
Gi‡ coinvolta nellíisola in vicende legate agli inceneritori, tale famiglia si Ë mossa con intenti strategici. Si Ë inserita, tramite la controllata Galva spa, nel raggruppamento guidato da Aqualia, per la gestione idrica nel Nisseno. Partecipa con un buon 8,4 per cento alla societ‡ aggiudicataria nel Palermitano, Acque potabili siciliane spa. Tramite le societ‡ Acqua, Emit, e Siba detiene una discreta quota azionaria di Sicilacque che, come detto, ha rilevato dallíEAS il controllo delle grandi risorse idriche regionali. Ancora per mezzo della Galva partecipa altresÏ alla compagine vincente nellíAgrigentino, Girgenti Acque, di cui Ë capofila Acoset, che con Aqualia ha concorso in varie province. Ha invece perso nel Catanese, perchÈ, líAMGA spa, capofila della compagine entro cui correva, in competizione con Acoset, per líaggiudicazione dellíATO 2, Ë stata esclusa dalla gara.
Nelle mappe dellíacqua assumono altresÏ rilievo due noti imprenditori siciliani: líingegnere Pietro Di Vincenzo di Caltanissetta e líennese Franco Gulino, che vanno facendo non di rado gioco comune, pure di concerto con i Pisante. Il primo, cui sono stati confiscati beni per circa 300 milioni di euro, ha assunto la gestione dei dissalatori di Trapani, Gela, Porto Empedocle, Lipari e Ustica, indubbiamente strategica. » stato líunico offerente nella gara per la gestione idrica di Trapani, poi sospesa. In competizione con le imprese di Caltaque, ha corso altresÏ per líappalto ATO di Caltanissetta, dentro la compagine NissAmbiente, che comprendeva pure líAltecoen di Franco Gulino. Questíultimo poi. Proprietario di un gruppo di quaranta societ‡ operanti in diverse regioni italiane, con interessi pure in Sud America, Ë stato rinviato a giudizio a Messina per concorso esterno in associazione mafiosa, per líaffare dei rifiuti di MessinAmbiente, che tramite líEmit ha coinvolto pure i Pisante. Con líAltecoen, che la stessa Corte dei Conti siciliana ha definito nellíaprile 2007 uníazienda ìinfiltrata dalla criminalit‡ mafiosaî, si Ë introdotto nellíaffare dei termovalorizzatori, per uscirne con ingenti guadagni. Ancora tramite líAltecoen, Ë stato presente nella Sicil Power di Adrano, insieme con la DB Group, presente nei raggruppamenti guidati dalla catanese Acoset.
Tutto questo definisce evidentemente un ambiente, che fa da sfondo peraltro a fatti e atteggiamenti ancor pi? preoccupanti. Si tratta del lato pi? oscuro del processo di privatizzazione, di cui emergono un poí le coordinate nelle dichiarazioni di un reo confesso, Francesco Campanella, ex presidente del consiglio municipale di Villabate, sulla costituzione del consorzio Metropoli Est, finalizzato al controllo delle acque in alcuni centri del Palermitano. Fatti sintomatici si rilevano comunque in quasi tutte le aree dellíisola: dallíAgrigentino, dove i sindaci di Bivona e Caltavuturo hanno denunciato le logiche dubbie invalse negli appalti di manutenzione, a Ragusa, dove sin dagli inizi della vicenda ATO Ë stato un crescendo di atti intimidatori. E si Ë ancora agli esordi.
In linea con le consuetudini, vanno delineandosi in sostanza due livelli: quello della gestione idrica in senso stretto, conteso da multinazionali e grandi societ‡ del settore, non prive appunto di oscurit‡, e quello dellíimpiantistica, lasciato in palio alle consorterie territoriali, che recano ragioni aggiuntive, oggi, per porsi allíombra di poteri estesi e ineffabili. Un quadro definito degli interessi potr‡ aversi comunque con líentrata nel vivo degli ammodernamenti, nella danza di bisogni e pretese che sempre pi? verr‡ a stabilirsi fra appalti e subappalti. Solo allora líobolo alla tradizione verr‡ richiesto con ampiezza: quando in profondo si tratter‡ di fare i conti con il privato che cova gi‡ nei territori, quando si tratter‡ altresÏ di saldare i conti con la parte pubblica, in sede municipale, provinciale, regionale.
In questa fase, in cui alcuni raggruppamenti recano caratteri di veri e propri cartelli, la logica prevalente rimane quella delle concertazioni a tutto campo, che traspare, fra líaltro, in certi movimenti mirati, prima e dopo le aggiudicazioni: tali da pregiudicare talora la linearit‡ delle gare. Un caso esemplare, che ha avuto pure risvolti parlamentari, con una interpellanza del deputato Filippo Misuraca, Ë quello di Caltanissetta, dove la IBI di Pozzuoli, capofila della compagine esclusa dalla gara ATO, ha presentato ricorso contro Caltaqua, per ritirarlo appena avuta líopportunit‡ di inserirsi, con líAcoset di Catania che líaffiancava, nel gruppo assegnatario, attraverso líacquisizione di una quota cospicua dalla Galva del gruppo Pisante. Tutto questo, a dispetto delle leggi e delle direttive comunitarie, che vietano qualsiasi modificazione allíinterno delle compagini vincenti.
Il processo di privatizzazione in Sicilia non sta recando comunque un decorso facile. Ha suscitato tensioni politiche, tali da rendere difficoltose le aggiudicazioni, mentre ha agitato la protesta delle popolazioni, allarmate dai rincari dellíacqua che ovunque ne sono derivati. Per tali ragioni a Trapani e Messina le gare rimangono sospese, con rischi di commissariamento dei rispettivi ATO, mentre a Ragusa si Ë arrivati addirittura a un ripensamento, per certi versi un dietro-front, che ha coinvolto gran parte dei sindaci dellíarea. E proprio la vicenda di questíultima provincia segna nel processo una vistosa anomalia.
Sotto il profilo economico, il sudest, da Catania alla provincia iblea, reca tratti distinti. » la sede principale delle colture in serra, lungo i percorsi della fascia trasformata. » area díinsediamento di grandi centri commerciali, con poli importanti a Misterbianco, Siracusa, Modica e Ragusa. » territorio di una banca influente, la BAPR, che riesce a collocarsi oggi, per capitalizzazione, fra le prime venticinque banche in Italia. In virt? dellíintegrazione cui puÚ godere, sempre pi? va facendosi altresÏ uníarea di forte interlocuzione economica, a tutti i livelli, con risvolti operativi non da poco. Se ne hanno riscontri nella politica concertata dei poli commerciali, quelli indicati appunto, e tanto pi? negli accordi strategici che vanno maturando nel mercato immobiliare, nella grande distribuzione alimentare, nel mercato ittico, nella costruzione di opere pubbliche, infine, dopo la svolta della legge Galli e le sollecitazioni dal governo regionale, nello sfruttamento privato delle acque. In questíultimo ambito infatti la catanese Acoset, ponendosi a capo di un raggruppamento coeso, ha deciso di guadagnare terreno oltre il territorio etneo, mentre la Sogeas di Siracusa, pur avendo introdotto soci privati, cerca di mantenere, al momento, un contegno pi? prudente.
Negli ultimi anni la societ‡ catanese Ë stata al centro di numerose contestazioni, da parte di enti e comitati di cittadini che ne hanno denunciato, oltre che i canoni esosi, le carenze di controllo. Il caso pi? clamoroso Ë emerso nel 2006 quando nellíacqua da essa erogata in diversi centri sono state rilevate concentrazioni di vanadio nocive alla salute. La Confesercenti di Catania Ë intervenuta con esposti ad autorit‡ competenti e al Ministero della Salute. Il comune di Mascalucia ha aperto in quei frangenti un contenzioso, negando la potabilit‡ dellíacqua. Per la mancata erogazione in alcuni centri, líazienda Ë stata inoltre censurata dal Codacons e, in un caso almeno, Ë stata indagata dalla magistratura etnea. A dispetto comunque di simili ìincidentiî, che definiscono il piglio dellíazienda mentre incrinano, in senso lato, le sicurezze sulle qualit‡ del servizio privato, líAcoset, potendo contare su alleati idonei, ha assunto i toni e le pretese di un potere forte.
Nata nel 1999 come azienda speciale, che ai fini della gestione idrica consorziava venti comuni pedemontani, líimpresa presieduta dal geometra Giuseppe Giuffrida si Ë trasformata nel 2003 in societ‡ per azioni, con capitale pubblico e privato. Nello slanciarsi lungo la Sicilia, ha stabilito rapporti con ambienti economici mossi. Nella compagine di Girgenti Acque, di cui Ë capofila, ha associato la Galva del gruppo Pisante e una societ‡ che fa capo alla famiglia Campione, discussa per vicende che ne hanno riguardato un componente. Nel medesimo tempo, con le movenze tenui che accomunano tante imprese dellíest siciliano, líAcoset Ë riuscita ad aver voce negli ambiti decisionali che pi? contano nellíisola. Un test viene ancora dallíAgrigentino, dove, malgrado líopposizione di ventuno sindaci, che avevano chiesto líannullamento dellíaggiudicazione, la societ‡ catanese Ë riuscita a mettere le mani comunque sullíaffare idrico, con la condivisione forte del presidente provinciale degli industriali, Giuseppe Catanzaro, del direttore generale in Sicilia dellíAgenzia regionale per i rifiuti e le acque, Felice Crosta, del presidente della regione Cuffaro.
Pure i numeri sono quindi divenuti quelli di un potere in evoluzione. Quale socio privato dellíATO 2 di Catania, líimpresa eroga líacqua a 20 comuni etnei, per circa 400 mila abitanti. Da capofila della societ‡ Girgenti Acque ha sbaragliato potenti societ‡ italiane ed estere, come Aqualia appunto, aggiudicandosi un affare che le far‡ affluire in trenta anni 600 milioni di euro, di cui circa 100 milioni dallíUnione Europea. Con una quota minima, ceduta dalla Galva dei Pisante, risulta presente nel gruppo Caltaqua, aggiudicatario della gestione idrica del Nisseno. Sin da quando si Ë profilato il business della privatizzazione, con un raggruppamento díimprese che comprende pure la BAPR, ha deciso di puntare altresÏ a sud, gareggiando ancora con la multinazionale iberica, per assicurarsi la gestione dei servizi idrici di Ragusa, che recano una posta di oltre mezzo miliardo di euro, di cui circa 100 mila della UE. Se avesse centrato tale obiettivo oggi avrebbe in pugno un quinto circa dellíintero affare siciliano.
I giochi apparivano fatti. Delle tre societ‡ concorrenti, Saceccav, Aqualia e Acoset, la prima, che concorreva gi‡ per insediarsi allíATO di Siracusa, Ë stata esclusa dalla gara per motivi che sono apparsi sospetti, tali da indurre uno dei commissari, il prof. Francesco Patania, a dimettersi e presentare un esposto alla procura di Ragusa. La seconda, che di lÏ a poco avrebbe avocato a sÈ la gestione idrica del Nisseno, per certi versi si Ë ritirata perchÈ non ha risposto allíinvito della commissione di dichiarare se persisteva il suo interesse alla gara. La compagine di Acoset, che al medesimo invito ha risposto affermativamente, aveva quindi ragione di sentirsi vincitrice. Le cose sono andate tuttavia in modo imprevisto. La maggioranza dei sindaci, che nel giugno 2006 si erano espressi a favore della gestione mista, pubblico-privata, nella seduta del 26 febbraio 2007 hanno deciso di avviare infatti la procedura di annullamento della gara perchÈ difforme alle direttive dellíUnione Europea. E il 2 ottobre del medesimo anno la gara Ë stata annullata. Ma perchÈ Ë avvenuto tale ripensamento e, soprattutto, quali giochi reggevano, e reggono tuttíora, líaffare acqua del sud-est?
Lo schieramento di Acoset per líATO di Ragusa reca conferme di rilievo e qualche accesso. Rimane forte la presenza catanese, con Acque di Carcaci, Acque di Casalotto e la COESI Costruzioni Generali. Con opportuni scambi posizionali vengono altresÏ confermate, perchÈ strategiche, due presenze: la IBI di Pozzuoli, con cui nel Nisseno la societ‡ catanese ha condotto líoperazione di trasbordo in Caltaqua, che ha suscitato allarme nella Sicilia tutta e prese di posizione parlamentari; la DB Group che, tramite la Sicil Power, costituisce un punto di contatto fra líAcoset e il gruppo di imprese che fa capo alla famiglia Pisante. Inedita Ë invece, ma pure sintomatica, la partecipazione della BAPR, che meglio di ogni altra realt‡ compendia il potere finanziario del sudest. La banca iblea ha fatto una scelta anomala, per certi versi controcorrente, dal momento che nessun altro istituto di credito dellíisola ha deciso di porsi in campo. Ma líha fatta a ragion veduta.
Nel quadro degli scambi che vigono nellíest siciliano, la BAPR costituisce una presenza di peso, in grado di interloquire con tutte le economie, a partire comunque da quelle legate allíedilizia e allíinnovazione agricola. Reca una dirigenza solida, attenta alla tradizione, non priva tuttavia di impeti modernistici, che tanto pi? si avvertono nellíattivismo di Santo Cutrone, consigliere di amministrazione, costruttore, componente della giunta CCIIA di Ragusa, vice presidente siciliano dellíANCE. Forte dei ruoli rivestiti, Cutrone ha potuto stabilire relazioni da vicino con líimprendtoria catanese, inclusa quella legata allíacqua. Con la CG Costruzioni, di cui Ë proprietario, ha fatto affari comuni con líingegnere Di Vincenzo, con la costituzione di una ATI, associazione temporanea d'impresa, che ha concorso in numerose gare, dal comune Misterbianco al porto di Pozzallo. Quale presidente provinciale dellíAssociazione Nazionale Costruttori si Ë esposto in favore della privatizzazione dellíacqua a Ragusa, mentre, a chiusura del circolo, ha sostenuto nellíintimo della BAPR le ragioni, infine vincenti, della scesa in campo con Acoset.
In considerazione di tutto questo, i conti dellíacqua, nella declinazione del sudest, tornano con pienezza. La societ‡ guidata da Giuseppe Giuffrida, che ha accettato la sfida dei giganti europei, ha avuto buone ragioni per imbarcare la banca siciliana, ravvisando nel prestigio e nellíinfluenza della medesima una carta spendibile ai fini dellíaggiudicazione del mezzo miliardo di euro in palio. Dal canto suo la BAPR, sospinta dal protagonismo di Cutrone, si Ë risolta a rivendicare una propria ipoteca, la prima, sullíaffare del secolo, sulla scia peraltro di taluni gruppi finanziari, per consolidare sotto la propria egida líasse economico Ragusa-Siracusa-Catania. Come si evince dalle movenze, tutti i protagonisti della compagine, da Acoset a IBI, da DB Group allíistituto ibleo, hanno comunque ben chiaro che la conquista del centro-partita nella cuspide iblea puÚ costituire un incipit per ulteriori affari, tanto pi? dopo lo scoccare del 2010, quando, con líapertura dellíarea di libero scambio, il territorio del sudest, in virt? dellíesposizione che reca sul Mediterraneo, diverr‡ strategico.
In definitiva, nella Sicilia pi? a sud si Ë giocato per vincere, a tutti i costi. Il coinvolgimento della BAPR ne Ë una prova. E Acoset, con le sue alleate, avrebbe vinto se, dopo la decisione assunta dai sindaci dellíATO in favore della privatizzazione, nel giugno 2006, non fossero accaduti degli incidenti, privi di riscontro in Sicilia, per certi versi quindi imprevedibili. Un pugno di ragazzi, fondatori di un giornale in fotocopia, ìIl clandestinoî, hanno deciso di mettersi di traverso, suscitando una resistenza corale, che ha incrociato lungo il suo cammino Alex Zanotelli, líAntimafia di Francesco Forgione, il Contratto Mondiale dellíacqua di Emilio Molinari, la CGIL di Carlo Podda. Dalle cronache, in Sicilia e nel paese tutto, la storia Ë stata registrata come una esperienza esemplare, cui si sono coinvolti dirigenti sindacali come Tommaso Fonte, Franco Notarnicola, Nicola Colombo e Aurelio Mezzasalma, esponenti politici come Marco Di Martino, esponenti dellíassociazionismo come Barbara Grimaudo. La battaglia dellíacqua, nel sudest siciliano, rimane comunque aperta, con i poteri forti che insistono a lanciare i loro moniti, mentre vanno preparandosi allíultimo decisivo assalto.

Carlo Ruta


Fonte: ìNarcomafieî, gennaio 2009
92) Emiliano Fittipaldi  Maschio
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L'Italia dei veleni
di Emiliano Fittipaldi
Amianto. Piombo. Diossine. Idrocarburi. Il rischio sostanze tossiche colpisce un quarto della popolazione.
Spese negli anni cifre da capogiro. Ma spesso le bonifiche non sono neanche partite.

Dici Orbetello e pensi alle spiagge bianche, alla Maremma incontaminata e agli allevamenti di spigole. A nessuno verrebbe in mente che il cuore dell'Argentario Ë inserito dal 2002 nella lista dei siti pi? inquinati d'Italia. La laguna Ë cosÏ compromessa che Altero Matteoli, sindaco del paesino durante i week-end e ministro delle Infrastrutture il resto della settimana, Ë riuscito ad inserirla per intero nell'area da bonificare per legge, che inizialmente prevedeva la pulizia solo della fabbrica di fertilizzanti della Sitoco.

"La Sitoco? E chi la dimentica... Noi da ragazzi si andava a giocare nel bosco dietro le ciminiere",
ricorda un ristoratore, "quando s'alzava il maestrale era uno spettacolo, la mia R4 bianca si ricopriva di una polverina arancione che non veniva pi? via. Con la fabbrica mangiavano duecento famiglie, ma devo ammettere che quella polverina dava noia alla gola. Pizzicava pure gli occhi". La polverina era in realt‡ anidride solforosa, che il vento ha portato a spasso da inizio Novecento fino al 1991, quando lo stabilimento ha chiuso definitivamente. Se eventuali danni alla salute non sono mai stati registrati, di sicuro terreni e acque portano ancora le ferite inferte dalle ciminiere: metalli, Pcb, diossine e idrocarburi pesanti sono sparsi per i 54 ettari del sito industriale. La fabbrica cade a pezzi, ma lo scheletro fatiscente accoglie ancora i villeggianti che scendono alla stazione. Il guardiano non fa entrare nessuno, "non per cattiveria ma per sicurezza: nei capannoni sono conservati le ceneri di pirite, amianto e altre schifezze. Io pure giro con la mascherina. Ma presto qui sar‡ tutto rinnovato, vogliono costruire un grande centro congressi".

Sar‡. A oggi sono stati messi sul tavolo oltre 8 milioni di euro, qualcosa Ë stata messa in sicurezza, ma dopo 18 anni di attesa la riqualificazione resta un miraggio. CosÏ come la bonifica della parte di levante della laguna e del bacino di Ansedonia, dove nelle reti dei pescatori finiscono da mesi impigliate spigole piene di mercurio. In questa zona il problema non sono i residui chimici, ma le ex miniere della Ferromin del Monte Argentario. "Il metallo Ë rilasciato dai sedimenti del fondale, poi viene inghiottito dai pesci" spiega il Commissario al risanamento ambientale della laguna Rolando di Vincenzo, gi‡ assessore all'urbanistica per An. Nonostante i dati Arpat siano negativi, non c'Ë un esplicito divieto di pesca: il consorzio 'Orbetello pesca lagunare', che vanta l'esclusiva del Comune, semplicemente 'evita' di gettare le reti nelle zone compromesse. Ripulire la zona non sar‡ uno scherzetto: l'idea Ë quella di strappare i primi 70 centimetri del fondale, e spostare altrove terra e mercurio. Ma servono soldi a palate, e un sito ad hoc dove stoccare migliaia di tonnellate di rifiuti speciali.

La valle dei tumori
I veleni 'per sempre' di Orbetello sono in buona compagnia. Anche Trento aspetta la bonifica di una vasta area alla periferia nord. A fine anni '70 l'incendio a un deposito di sodio obbligÚ il sindaco a chiudere la Sloi, che produceva dai tempi del fascismo piombo tetraetile. A pochi chilometri dal centro cittadino nell'anno di grazia 2009 circa 150 mila metri cubi di terreno conservano gelosamente un cocktail di mercurio, piombo, fenoli, policiclici aromatici e solventi. Del recupero si discute da tre decenni. Costo stimato 50 milioni, qualcuno favoleggiava di un parco con le altalene, ma in citt‡ nessuno ci crede pi?. La storia dell'impianto e della bonifica mancata sar‡ protagonista persino di un film-documentario finito di girare un mesetto fa, 'La fabbrica degli invisibili'. Come invisibile Ë stato per settimane un dossier di settembre dell'Asl due di Roma e dell'Istituto superiore della sanit‡, che racconta la devastazione della Valle del Sacco. Dopo tre mesi di silenzi da parte di sindaci e istituzioni, centinaia di persone che vivono a Colleferro, Segni e Gavignano, paesoni vicino la capitale, hanno scoperto dai giornali locali di essere contaminati "in maniera irreversibile" dal beta-esaclorocicloesano, una sostanza cancerogena rilasciata da una fabbrica di pesticidi chiusa anni fa. Gi‡ nel 2005 la zona fu messa sotto osservazione dopo che decine di mucche morirono per aver bevuto l'acqua di un torrente. I veleni del distretto industriale sono rimasti in circolo: secondo gli esperti i pazzeschi livelli di contaminazione sono legati "all'uso dell'acqua dei pozzi locali e al consumo di alimenti prodotti in loco".

Business gigantesco
Materiali pericolosi di ogni genere sono sparsi in tutte le regioni d'Italia, senza eccezione alcuna, e contaminano suolo, falde acquifere e polmoni anche dopo decenni dalla chiusura delle ciminiere. Nonostante le cifre da capogiro spese (stimabili intorno ai 5-10 miliardi di euro) o solo annunciate, l'Italia resta uno dei paesi pi? inquinati del mondo occidentale. Gli inquinanti, quando va bene, vengono nascosti sotto il tappeto nemmeno fossero polvere, o separati dalle zone circostanti con muri speciali, come si progettava per Portoscuso, in Sardegna. A parte le 15 aree ad 'alto rischio di crisi ambientale' censite nel lontano 1986, il Cnr elenca a tutt'oggi 54 siti di interesse nazionale, i cosiddetti Sin, e ben 6 mila siti regionali da tenere sotto controllo. I ricercatori mettono le bandierine su altri 58 luoghi con elevata contaminazione da amianto e 1.120 stabilimenti industriali e chimici a rischio di incidente rilevante. In tutto, i siti inquinati sarebbero 10 mila, compresi i depositi di materiale radioattivo eredit‡ della stagione nucleare. "Per avere una dimensione del problema", spiegano gli esperti del Consiglio nazionale delle ricerche, "segnaliamo che gli abitanti nei 311 comuni inclusi nei Sin sono tra i 6,4 e gli 8,6 milioni, escludendo o includendo i comuni di Milano e Torino". Se si considerano le altri fonti di inquinamento, il numero supera i 15 milioni, un quarto dell'intera popolazione.

Gli allarmi degli scienziati e le leggi ad hoc non si contano, ma a parte le perimetrazioni e le analisi delle sostanze, gran parte delle bonifiche non sono neanche iniziate. "Non solo abbiamo cominciato a pulire dieci anni dopo la Germania e la Francia, ma il sistematico scarico di responsabilit‡ tra aziende private e amministrazioni pubbliche blocca tutto, visti i tempi biblici della giustizia italiana", ragiona il vicepresidente del Wwf Stefano Leoni: "Il business Ë gigantesco. Non solo per le opere di messa in sicurezza, ma anche per l'affare della riconversione industriale". Impossibile, secondo l'esperto, calcolare un dato preciso delle spese sostenute finora: "Do solo due indicatori che definiscono la misura degli interventi: la bonifica del sito di Cengio, in Liguria, Ë costata 450 milioni di euro, e parliamo di un sito piccolo rispetto a quello di Gela o Porto Marghera. Il governo Berlusconi, poi, riprendendo un decreto voluto dall'ex ministro Bersani stanzier‡ la bellezza di tre miliardi di euro per il recupero dei Sin, che si aggiungono alla montagna di denaro spesa dagli anni '70 in poi". Nonostante gli sforzi economici, tranne poche eccezioni i risultati non si vedono. Secondo uno studio della Corte dei conti la lotta ai veleni combattuta con il programma nazionale di bonifica ha prodotto "risultati del tutto modesti". La stroncatura Ë del 2003, ma a tutt'oggi non esistono altre analisi dei progressi compiuti.

Eppure il tema resta devastante. Per l'impatto ambientale e per le ripercussioni sulla salute. Nel 2002 l'Oms ha dimostrato che ad Augusta-Priolo, a Crotone, in Puglia, nel napoletano, nella parte della Pianura Padana pi? inquinata, in Val Bormida e nella zona del Lambro in Lombardia, in un quinquennio si sono registrati (rispetto alle medie regionali) oltre 4 mila morti in eccesso, di cui 660 per tumori. Una ricerca della Regione Sicilia ha stimato recentemente eccessi di mortalit‡ e di tumori al polmone e colon retto anche a Biancavilla e Milazzo, mentre in Sardegna rapporti allarmanti sono stati stilati sulla zona di Portoscuso e Porto Torres. Per non parlare del cosiddetto 'triangolo della morte' del napoletano, dove secondo la Protezione civile in alcuni comuni si registrano aumenti significativi del rischio di malformazioni del sistema nervoso centrale e dell'apparato urinario e un incremento del 2 per cento della mortalit‡.

Scandalo Toscana
Se in qualche caso le analisi sono datate, in pochi credono che di recente la situazione sia migliorata. Anche perchÈ il ripristino delle aree resta inchiodato, in pratica, all'anno zero. Il caso Toscana Ë emblematico: a parte Orbetello, nella black-list dei Sin la regione Ë ben rappresentata anche da Livorno, Massa Carrara, la discarica delle Strillaie e Piombino. Per mettere in sicurezza le aree servirebbero 500 milioni, in vent'anni ne sono stati spesi una trentina. Un fiume di soldi finito quasi tutto in analisi preliminari e nella perimetrazione. "A Piombino c'Ë inquinamento atmosferico da polveri, benzene, accumulo di residui di lavorazioni in attuali situazioni di rischio, la falda artificiale Ë contaminata, ci sono discariche di rifiuti pericolosi", recitava un decreto del 2001 voluto dall'allora ministro dell'Ambiente Matteoli. Finora Ë stata ripulita solo la banchina 'dei Marinai'. Anche a Massa Carrara, nella zona del vecchio polo chimico dove insistevano l'Enichem, l'Italiana Coke, la Dalmine, l'inceneritore Cermec e la Farmoplant, l'elenco degli inquinanti a terra Ë impressionante. Metalli, pesticidi, solventi e fenoli, idrocarburi, polveri derivanti dalla lavorazione del marmo. Il materiale da riporto ha creato una crosta di due metri. "» uno degli scandali italiani", dice Erasmo D'Angelis, presidente della commissione ambiente del Consiglio regionale: "Si resta alle parole e alle promesse. Gli impegni presi dai governi sembrano firmati con l'inchiostro simpatico. Si bruciano miliardi per difendere l'italianit‡ dell'Alitalia ma non c'Ë un euro per garantire i territori della Toscana, brand di successo per l'industria culturale e turistica nazionale".

Aspettando la bonifica
I tempi lunghi per le operazioni di bonifica riguardano anche esempi virtuosi. In Piemonte Casal Monferrato e una cinquantina di piccoli comuni limitrofi sono stati riconosciuti 'area critica' per l'amianto ben 12 anni fa. Le amministrazioni sono riuscite a sostituire oltre un milione di metri quadri di coperture pericolose, ma prima di altri quattro anni Ë difficile che i lavori vengano terminati. Persino a Fidenza, in Emilia Romagna, i cantieri per ripulire le aree dell'ex Cip (un'azienda fallita nel 1971, produceva piombo) e dell'ex Carbochimica sono ancora aperti: spesi finora una ventina di milioni, ad aprile ne sono arrivati altri 12. I pi? speranzosi puntano a chiudere nel 2011.

Al Sud, dove dovrebbe finire l'83 per cento del denaro stanziato, la situazione Ë di stallo totale. In Campania i siti nazionali interessano una cinquantina di comuni, ma secondo il censimento dell'Arpac le aree compromesse sono in totale 3.972, tre volte il dato, gi‡ alto, della Lombardia. Nel napoletano e nel casertano il rischio viene in primis dalle discariche abusive. Il commissariato alle bonifiche, che fino allo scorso 31 gennaio era guidato dal governatore Antonio Bassolino, ha bruciato circa 400 milioni di euro. In sette anni tra i cantieri portati a termine ci sono quelli di Pirucchi, Paenzano e Schiavi, a Giugliano. Per il resto, ci si Ë limitati alle analisi e alla perimetrazione. Secondo la Procura di Napoli la societ‡ Jacorossi, vincitrice dell'appalto per eliminare i rifiuti tossici, avrebbe addirittura smaltito parte delle sostanze in varie cave spacciandoli per scarti edilizi: dei 60 milioni versati all'azienda, 46 sarebbero frutto, secondo i carabinieri del Noe, di una "gestione illecita". Sperperi monstre anche per risanare il Sarno, il fiume pi? inquinato d'Europa: tra il 1973 e il 2003 il commissariato preposto ha speso circa un miliardo, senza risultati di rilievo. Negli ultimi cinque anni sotto la guida del generale Roberto Jucci la situazione Ë migliorata, sono stati costruiti depuratori e fogne, ma secondo i dati Arpac le acque restano sporche. Anche a Bagnoli i lavori per risanare l'area Italsider (chiusa 18 anni fa) vanno a rilento. E i turisti al posto del lungomare con porticciolo ammirano ancora la colata a mare dell'ex acciaieria Ilva, in attesa che venga smontata e spedita a Piombino.

Chi inquina non paga
In Puglia Ë stato fatto ancora meno. Nella zona della vecchia Enichem, a Manfredonia, sono state messe in sicurezza alcune aree, ma secondo Legambiente attorno alla fabbrica restano accumulati 250 mila metri cubi di acidi, ammoniaca, arsenico, fanghi e altro. A Brindisi e Taranto di come fare piazza pulita si dibatte dalla notte dei tempi. L'ultimo accordo di programma Ë di un anno fa: 170 milioni, da aggiungere ai 150 gi‡ messi sul piatto per la bonifica. A oggi non Ë arrivato nemmeno un euro, tanto che il governatore Nichi Vendola ha protestato col governo. Il problema non Ë solo ambientale: il blocco dei finanziamenti impedisce anche l'apertura di nuove aziende (solo a Brindisi potrebbero svanire investimenti per 165 milioni) nelle aree "ad alto rischio".

Anche a Gela, Priolo e Augusta, in Sicilia,
i poli industriali che minacciano da decenni la salute di centinaia di migliaia di persone definiscono, immutabile, il panorama della costa. Finora, nonostante gli studi sull'aumento di tumori e malformazioni, nessuno ha mosso una foglia. A Gela sono stati spesi 15 milioni di soldi pubblici, messi a disposizione nei primi anni '90. Con il gruzzolo Ë stata portata a norma qualche discarica ed Ë stata restaurata la caserma dei pompieri. "Peccato che per bonificare la mia citt‡ serva un miliardo", spiega il sindaco Rosario Crocetta: "Il petrolchimico ha invece investito 150 milioni di tasca propria per riciclare l'acqua di falda, grazie a un accordo con noi. » inutile aspettare lo Stato, bisogna applicare il principio che chi inquina, paga". Il caso della vicina Priolo fa da monito: in vent'anni, nonostante gli accordi quadro del 1990 che stanziavano ben 100 miliardi di lire, sono stati effettuati interventi tampone per 5 milioni di euro, circa il 10 per cento del totale. Restano i veleni degli impianti dismessi, mentre le fabbriche funzionanti continuano ad inquinare. "Quelle zone sono state usate anche come pattumiera illegale di rifiuti tossici" chiosa l'assessore regionale all'Industria Pippo Gianni: "C'Ë il sospetto che la criminalit‡ abbia interrato centinaia di fusti di materiale radioattivo scarto della sanit‡ lombarda. Tra Lentini, Carlentini e Francofonte Ë lievitato il tasso di leucemie infantili". Se finora non Ë stato rimosso un solo bidone, Gianni punta sull'ennesimo accordo di programma firmato a novembre. I finanziamenti come sempre sono faraonici: 776 milioni di euro, di cui 200 a carico dei privati. Molti gli scettici, ma qualche inguaribile ottimista giura che questa Ë la volta buona. Come recita il proverbio, chi vivr‡, vedr‡.
91) Francesco Di Martino  Maschio
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Martedì, 17 Febbraio 2009 17:02 Host: 89-97-35-72.ip15.fastwebnet.it Scrivi un commento

G8 ambiente a Siracusa

Dal 17 al 19 Aprile, si terr‡ a Siracusa il G8 Ambiente.
I ministri dell'ambiente degli otto paesi pi? industrializzati del mondo si riuniranno per discutere(o meglio dire decidere), a proposito di fonti alternative di energia e risparmio energetico.
Ovviamente metteranno in discussione il loro punto di vista, e saranno sempre loro a decidere cosa Ë meglio per la nostra terra.
Come Ë accaduto in passato, il summit sar‡ occasione per tutti questi paesi di coprire interessi personali e non, e chi si ritrover‡ a parlare attorno quel tavolo sar‡ la solita gente che si circonda di esperti e premi nobel, ma che vive l'ambiente sulla carta.
Mentre taglia fuori chi l'ambiente lo protegge e lotta affinchÈ non si verificano scempi.
Ancora una volta, quello che conter‡ di pi? sar‡ il pensiero di chi si occupa dell'ambiente solo per un incarico (scaduto il mandato svanir‡ anche l'interesse) piuttosto di chi dell'ambiente ha una certa dipendenza, e fa in modo anche con pochi mezzi di migliorarne le condizioni. .
Siracusa da pi? di 30 anni ha ai piedi il Triangolo della morte Augusta-Priolo-Melilli.
La ministra, che rappresenter‡ L'Italia al Tavolo degli 8 stati, (la signora Stefania Prestigiacomo), ha molti interessi da queste parti, e da qui si puÚ capire perchÈ abbiano scelto la Sicilia.
Pochi sanno che la ministra, continua mantenere il 21,5 per cento del capitale sociale della Fincoe srl, azienda di Casalecchio sul Reno (Bologna), con interessi nel ramo della plastica. Soci della Fincoe sono anche la sorella e il padre, insieme detengono la maggioranza della holding i cui interessi sono concentrati soprattutto in Sicilia. La societ‡ ha in portafoglio il 99 per cento della Coemi spa, societ‡ che opera a Priolo Gargallo, appunto nel petrolchimico. A sua volta la Coemi controlla, attraverso una quota pari al 59,1 per cento la Vetroresina engineering development (Ved) sempre a Priolo. Il 22,5 per cento della Ved risultava poi di propriet‡ del gruppo Sarplast spa il cui 6,29 per cento Ë riconducibile a Giuseppe Prestigiacomo.
La Sarplast Ë fallita nel 1997: nellíazienda si verificarono alcuni incidenti e casi di malattia denunciati dai dipendenti. Alcuni operai ebbero figli con malformazioni congenite, altri lavoratori dopo anni si ritrovarono polveri nei polmoni. La procura di Siracusa aprÏ uníinchiesta per lesioni colpose mentre la polizia rilevÚ nelle aziende dei Prestigiacomo una serie di violazioni tra cui pendenze con il fisco per circa tre milioni di euro nel giro di tre anni (fonte il manifesto del 17 ottobre 2008).
Ci pensate? Un ministro all'ambiente!!
A questo punto avanzo una proposta al nostro Ministro. Il summit, invece di farlo al Castello Maniace, perchÈ non lo fa un po' pi? a nord di Siracusa, nel centro del triangolo della morte?
O potrebbe essere troppo assurdo fare vedere come Ë pulito il mare di Priolo o Melilli???
Trovo assurdo che siano 8 Grandi Inquinatori Mondiali a sedersi per discutere di eco-sostenibilit‡, e che gente che ha interessi col petrolio si occupi di ambiente. Noi con la nostra rappresentante siamo gi‡ un cattivo esempio.

Invito pi? gente possibile a iscriversi a questo gruppo per esprimere il proprio dissenso a questa evento.
L'ambiente siamo noi, noi siamo la gente che lo vive veramente. Noi dovremmo decidere come vivere il futuro.

Francesco Di Martino
ex componente Movimento di Base No Triv Noto lol
90) Oriano  Maschio
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Belluno
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Sabato, 7 Febbraio 2009 19:27 Host: net-93-149-248-129.t2.dsl.vodafone.it Scrivi un commento

Sono vicino ad Eluana e a suo padre. Nessuno ha il diritto di porsi di mezzo a loro due. Stanno "vivendo" un dramma che dura da 17 anni. Abbiamo almeno il decoro di tacere e di lasciare a loro la volont‡ di decidere del loro dolore. Per chi ha fede, una preghiera in silenzio Ë l'unico segno di conforto che possiamo dare... e poi si spengano i riflettori, le telecamere, i telegiornali e tacciano le voci dei "sepolcri imbiancati" dei politici che con il loro fetore stanno saturando anche l'ultima dimora della amata Eluana. Ciao Eluana ti abbiamo voluto bene. Oriano
89) Tosca  Femmina
toscapanzera@hotmail.it
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Venerdì, 19 Dicembre 2008 03:38 Host: gw.ptr-80-238-175-250.customer.ch.netstream.com Scrivi un commento Invia una E-mail

Tutto sta veramente andando male,perchÈ si sono persi di vista i veri valori della vita,quei valori che i nostri genitori e nonni ci hanno tramandato e che ora sembrano spariti.Facciamo in modo di fermarci un attimo e guardarci attorno,o meglio,guardiamoci dentro e scopriamo la nostra vera natura e aiutiamo quella che ci sta attorno a tornare come un tempo
88) Andrea Bertaglio  Maschio
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Martedì, 16 Dicembre 2008 16:27 Host: 89-97-35-72.ip15.fastwebnet.it Scrivi un commento

LA CRESCITA DELLA DECRESCITA



Segavano i rami sui quali erano seduti.
E si scambiavano a gran voce le loro esperienze,
di come segare pi? in fretta.
E precipitarono con uno schianto.
E quelli che li videro,
scossero la testa e continuarono a segare.

Bertolt Brecht



Ormai sta iniziando a diventare chiaro: sempre pi? persone hanno capito, o anche solo percepito, che non stiamo seguendo la giusta direzione, e che la Decrescita Ë il paradigma culturale che ci permette di cambiarla. PerchÈ Decrescita non vuol dire ìtornare indietroî, ma semplicemente ìcambiare rottaî, in totale contrasto con líimposizione della crescita (economica) senza limiti, tanto deleteria quanto improbabile. Decrescita Felice non Ë ripudio per la tecnologia o per líinnovazione. Ci vuole infatti pi? tecnologia per costruire, ad esempio, una casa ìpassivaî che non abbia alcun impianto di riscaldamento o che, se non passiva, consumi al massimo 7 litri di gasolio al metro quadro allíanno, come in Germania, di una che ne consuma pi? di venti, come in Italia.†La Decrescita Felice Ë il desiderio ed ha líobiettivo di riportare sia líeconomia che, appunto, la tecnologia al servizio dellíuomo, e non il contrario. Decrescita (che finalmente il mio computer non segnala pi? come ìerroreî), significa mettere in pratica una serie di cambiamenti che in certi casi possono dare líimpressione di fare un passo indietro, ma non ritiene necessariamente che il passato sia stato tutto rose e fiori. » un tentativo di dare un aspetto pi? umano e meno atomizzato alla situazione attuale, cercando di unire alcuni vecchi usi o abitudini allíattuale apertura mentale e livello culturale (in teoria superiori rispetto a prima), nonchÈ agli attuali progressi scientifici e tecnologici. » il proposito di riportare líessere umano a lavorare per vivere, non vivere per lavorare; a produrre per usare, non consumare per produrre. » il tentativo di ridare il giusto significato a termini quali ìprogressoî, ìsviluppoî, ìbenessereî (ormai confuso con ìbenavereî) e ovviamente ìcrescitaî, non di voler tornare al carro e alla candela, o altri luoghi comuni preconfezionati che le vengono attribuiti. E se in certi casi la Decrescita Felice puÚ in effetti portare a fare un passo indietro, non vuol dire che sia un male, o che sia una scelta cosÏ sbagliata. Se vi trovate sullíorlo di un precipizio, ad esempio, preferireste fare un passo avanti o uno indietro?
Decrescita Felice Ë anche questo. » la consapevolezza del fatto che Ë arrivato il momento di rallentare, magari anche di fermarsi un attimo a riflettere sul da farsi, guardare il precipizio che ci si prospetta davanti (che sia economico, sociale, ambientale, esistenziale), fare un passo indietro se Ë necessario, e continuare sulla nostra ìnuovaî strada, avendo scelto un sentiero diverso per poter andare avanti. », paradossalmente, uno dei fenomeni pi? innovativi che ci siano in questo momento, soprattutto se si pensa che mercato, politica ed economia si basano per lo pi? su concetti, convinzioni e ideologie ormai vecchi di due secoli.
Sempre pi? persone stanno determinando la ìcrescita della decrescitaî. Un indice molto forte di ciÚ Ë il costante aumento di gruppi o individui che, per esempio, si recano ad ascoltare che cosa Maurizio Pallante ha da dire, o che diventano soci o simpatizzanti di MDF, o ancora che decidono di far parte del gruppo dedicato al Movimento per la Decrescita Felice attivo su Facebook (http://www.facebook.com/home.php?#/group.php?gid=49780005273), questo dirompente e controverso fenomeno dalle potenzialit‡ comunicative enormi, nel quale Ë possibile restare aggiornati sugli sviluppi e gli eventi di MDF (cosa possibile, se non si vuole stare su Facebook, anche iscrivendosi alla newsletter del sito [www.decrescitafelice.it] semplicemente spedendo il proprio indirizzo di posta elettronica allíindirizzo segreteria@decrescitafelice.it). In questo gruppo Ë e sar‡ possibile scambiarsi opinioni, consigli, esperienze, in modo da poter passare al pi? presto dalle parole ai fatti. CíË chi ha proposto di farne un progetto ìopen sourceî, chi vuole delle risposte allíesigenza di apportare dei cambiamenti alla propria quotidianit‡, chi Ë per il momento semplicemente curioso, e chi vorrebbe creare una rete sempre pi? fitta di persone che vogliano tornare a vivere in un mondo che abbia un senso per líuomo, visto che in molti, troppi casi, evidentemente non lo ha pi?.
Un indice, dicevo, del fatto che siamo solo allíinizio di quello che, mi auguro, sar‡ un lungo percorso da fare tutti insieme dato che, in un modo o nellíaltro, siamo tutti sulla stessa barca.
Líimportante Ë non abbandonarsi allíidea che sia in ogni caso una battaglia persa, e che líunica possibilit‡ che abbiamo Ë quella di adeguarsi alle regole dettate da un mercato impazzito che, promuovendo (tramite la societ‡ di consumi che ha creato) lo spreco e la superficialit‡, continua a (provare a) distrarci dalle nostre vere esigenze, propinandoci una serie di vuote e false promesse che non stanno creando che problemi e frustrazioni.
Siamo in tanti. Siamo sempre di pi?. E possiamo fare tanto.
87) Donatella Cianchino  Femmina
dcianchino@yahoo.it
Località:
Avola
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Venerdì, 5 Dicembre 2008 16:52 Host: adsl-239-27.38-151.net24.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Sono stanca di spendere soldi per formazione: Ë una guerra tra deboli: i miei formatori psicologi e psicoterapeuti non hanno clientela e si rifanno sulle scuole di specializzazione. ma il lavoro dov'Ë?
Quando finir‡ questo periodo di indifferenza nei confronti di noi giovani laureati? frown
86) salvatrice  Femmina
salvatrice.pirreco@virgilio.it
Località:
siracusa
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Mercoledì, 12 Novembre 2008 16:13 Host: host24-103-dynamic.10-87-r.retail.telecomitalia.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Dobbiamo con fermezza dire basta allo scempio ambientale della nostra provincia!!!Sono veramente arrabbiata!! #@*%! #@*%!
85) norigassificatore 
norigassificatore@gmail.com
Località:
-
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Lunedì, 10 Novembre 2008 14:00 Host: 89-97-35-72.ip15.fastwebnet.it Scrivi un commento Invia una E-mail

RIGASSIFICATORE:
Le notizie apparse su "La Sicilia" nell'ultima
settimana fanno temere il tradimento del Governo Regionale ed impongono
una manifestazione forte e chiara che sostenga la volont‡ popolare.


Il Comitato Melillese NO RIGASSIFICATORE un anno fa ha inoltrato al
Comune la richiesta di Referendum, ha ricevuto il parere positivo dalla
Commissione Tecnica del Comune di Melilli il 05/12/2007, si attende che
il Sindaco Sorbello con Sua ordinanza (come da Regolamento sul
Referendum) indichi il Referendum sul Rigassificatore entro il 31
Gennaio 2008, stabilendone la data (abbiamo anche inviato una diffida
legale al Sindaco e al Presidente del Consiglio).

Ma al Comune si d‡
tempo al tempo....per strumentalizzare il tempo!!

Come stabilisce la
Convenzione di Aarhus e tutta la normativa Europea e italiana di
recepimento, un impianto di rigassificazione "NON PUO' ESSERE
REALIZZATO SENZA IL PARERE POSITIVO DELLE POPOLAZIONI VICINIORI"
(Melilli, Priolo, Augusta, Siracusa, Belvedere, Citt‡ Giardino,
Villasmundo).
Quindi si sta organizzando
per SABATO 15 NOVEMBRE ALLE
ORE 17.00 UNA GRANDE MANIFESTAZIONE PER LE VIE DI MELILLI PER DIRE NO
AL RIGASSIFICATORE ALL'INTERNO DELLA NOSTRA ZONA INDUSTRIALE GIA' AD
ELEVATO RISCHIO.

C'Ë assoluto bisogno di VOI CON LA MASSIMA PRESENZA
NUMERICA POSSIBLE.
Dateci conferma prima possibile alla email:
norigassificatore@gmail.com o al n. 328.3281502
Antonella Andolina
ed Eugenio Bonomo a nome del Comitato Melillese Vi ringraziano
anticipatamente.
Fate girare la mail ad associazioni ambientaliste,
gente, scout e chiunque puÚ aiutarci a FARCI SENTIRE NUMEROSI.

IL
COMITATO MELILLESE NO RIGASSIFICATORE


SCHEDA:
Il 23 febbraio 2005
Shell Energy Europe ed ERG Power hanno firmato un accordo per lo
sviluppo di un terminale per la rigassificazione di Gas Naturale
Liquefatto (GNL) allíinterno del polo industriale di
Priolo/Augusta/Melilli. La capacit‡ prevista del terminale Ë di 8
miliardi di metri cubi annui (successivamente incrementabile a 12) di
gas, per il quale occorrono circa 110 navi metaniere líanno, da 130.000
/140.000 m3 ciascuna ed il rischio di incidente rilevante aumenterebbe,
considerando il traffico marittimo del Porto di Augusta di vario tipo
ed i convogli marittimi.

Fare il rigassificatore Ë una scelta
irrazionale perchË non tiene conto delle valutazioni scientifiche
degli autorevoli rappresentanti dei comitati che si sono costituiti a
Melilli, Augusta e Priolo per la salvaguardia della salute e della
sicurezza delle comunit‡.
Detto questo, basandosi su dati di
fatto, fare un rigassificatore nella zona Priolo-Melilli Ë una
follÏa, poichÈ si tratta di zona
- non pi? a rischio ambientale,
ma dichiarata IN CRISI AMBIENTALE;
- ad altissima concentrazione
industriale e satura; in caso di scoppio ( si tratta di 12
miliardi/anno di m3 di metano) vi sarebbe, inoltre, l' effetto domino
con gli altri serbatoi;
- ad altissimo rischio sismico;
- vicino a
basi militari ( Augusta e la base nucleare di Sigonella) e quindi a
rischio anche di atti terroristici;
ed inoltre perchË :
-
impianto a rischio rilevante ( i tre serbatoi previsti di GNL da
450.000 m3 equivalgono a oltre 12 milioni di bombole di GPL da 15 kg)

- non vi Ë reale utilit‡ poichÈ la Sicilia gi‡ produce energia
sufficiente, (in Sicilia insistono 5 raffinerie, arrivano due
metanodotti dallíAlgeria e dalla Libia, ed operano diverse centrali
elettriche) e si Ë IN ASSENZA DI UN PIANO ENERGETICO REGIONALE e
NAZIONALE;
- non Ë ECONOMICAMENTE conveniente rispetto alle energie
rinnovabili. (I costi di costruzione sono valutati da 300 a 500 milioni
di euro e lo Stato interviene a garantire la copertura azzerando di
fatto il " rischio d' impresa". All' art. 13, comma 2 della delibera
178/2005 emanata dall' Autorit‡ per l' Energia Ë inserito un " fattore
di garanzia" che assicura, anche in mancanza di utilizzo dell'
impianto, la copertura dell' 80%);
- non Ë socialmente tollerabile,
poichÈ non accettato delle popolazioni residenti ( referendum a Priolo
al 98,71% di No al rigassificatore ).
- non Ë ECOLOGICAMENTE
conveniente: i rigassificatori utilizzano enormi quantit‡ di acqua per
il processo di riscaldamento del gas. L' acqua rilasciata darebbe
effetti negativi sull' ecosistema marino. Líacqua di mare prelevata per
il processo di rigassificazione sarebbe di oltre 22.000 m3/h,
annualmente si avrebbero circa 200.000.000 m3 di acqua di mare
prelevata e reimmessa a mare, con un salto termico di circa -4,5 /-5,0
C?; la reimmissione di acque pi? fredde comporterebbe notevoli
variazioni sul fito e sullo zooplancton, con modifiche sostanziali
sullo stato di pescosit‡ delle acque;
ED ANCORA:
Un impianto di
rigassificazione comporta tutta una serie di problematiche che
aumentano il cosÏ detto ìcarico ambientaleî in ambiente idrico:
-
necessariamente nelle acque di raffreddamento dovranno essere immesse
quantit‡ di cloro attivo, utilizzato come antivegetativo, in grado di
abbattere la formazione di alghe, ecc. che verr‡ a modificare lo stato
ambientale attuale portando alla produzione di cloro-derivati dannosi;
- la realizzazione del terminale marino, nella fase di costruzione dellí
opera, comporterebbe fattori perturbativi per líambiente marino, sia
per la sospensione che per la risospensione dei sedimenti inorganici ed
organici; infatti, la riduzione della trasparenza, la mobilitazione di
sostanze leggere (organiche, nutrienti, metalli, inquinanti in genere),
insieme ad azioni fisiche su strutture biologiche filtranti (branchie)
produrrebbero disturbi pi? o meno intensi su tutte le componenti
ecologiche del sistema marino interessato.

In Italia sono stati
programmati 11 rigassificatori (ripetiamo, contro i 50 esistenti in
tutto il mondo) per una produzione aggiuntiva di 90 miliardi di metri
cubi di gas entro il 2015, cui andrebbero aggiunte le quantit‡ di gas
provenienti dalla Libia e dalla Turchia (progetto blue stream). In
pratica, al 2015 avremmo un surplus di gas, rispetto al fabbisogno
previsto per la stessa data, di circa 70 miliardi di m3.
La Sicilia ha
bisogno di energia? Ebbene, dal momento che, come universalmente noto,
la Sicilia produce una quantit‡ di energia enormemente superiore a
quella che consuma (produciamo il 45% del fabbisogno energetico
Nazionale), la risposta Ë evidente: NON ABBIAMO BISOGNO DI ALTRA
ENERGIA. Qui la martirizzazione di territorÓ e popolazioni ha prodotto
lo sfacelo completo delle nostre ricchezze naturali, una morbilit‡ e
mortalit‡ per tumori, malformazioni neonatali che hanno raggiunto il
5,6% contro un 2% considetato dall'Organizzazione Mondiale della
Sanit‡ come limite massimo accettabile.
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