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ISBN 978-88-6954
per
Fra Ugo Van Doorne
Fra Ugo Van Doorne, Presentiamo la vita documentata di Antonio di Noto, detto l’Etiope per il colore della sua pelle e per l’origine africana. Strappato ancora ragazzo dei pirati alla natìa Barca o Barce, in Cirenaica (Libia), egli visse da schiavo domestico per quarant’anni ad Avola e Noto (Siracusa). Tutti lo ebbero amico: lo chiamavano familiarmente Cio Antoni (zio Antonio). Reso libero, visse eroicamente l’esperienza eremitica nel deserto dei Pizzoni. La santità della sua vita si misura dalle capacità da lui dimostrata nel decifrare gli avvenimenti e i problemi del suo tempo con il contributo umile di lavoro, di fraternità e di mitezza. |
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"(...) Con la presente raccolta di pensieri per ogni giorno dell'anno, P. Ugo Van Doorne ci offre una perla di spiritualità che certamente ci permetterà di "arricchirci davanti a Dio" (Lc 12,21). Dalla "Presentazione" di S. Ecc. Mons. G. Malandrino (Vescovo emerito di Noto)
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ISBN 978-88-96071-05-2 € 8,00 |
dalla PRESENTAZIONE di Angelo Fortuna (...) Nella solitudine del suo attuale eremo al centro di una stupenda vallata nel territorio della Diocesi di Noto, popolato dalla presenza mistica della Chiesa netina, di cui, per grazia divina, padre Ugo Van Doorne anima orante e cuore pulsante, il buon eremita continua a vivere il Vangelo sine glossa.
Grazie alla preghiera, divenuto egli stesso pura preghiera, quotidianamente offre la più lampante testimonianza che, dacché Cristo ha riaperto i sentieri del Cielo, non ci sono più due mondi quello fisico e quello spirituale - ma uno solo: il Regno di Dio sulla Terra come in Cielo (Madre Teresa di Calcutta). In occasione del cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, che ricorre il 27 luglio 2008, padre Ugo, spinto dall'amore per i fratelli, ha avuto l'amabile sensibilità di rilasciare una lunga intervista a Salvatore Adamo, in cui, in forma implacabilmente convincente e serena, risponde a tutti i perché sulla sua singolare scelta di vita. |
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"Libreria Editrice Urso" |
Autore:"Fra Ugo Van Doorne" - 2017 - |
Nato a Verune (Belgio) il 13 maggio 1931,
terzogenito di sei figli, fra Ugo Van Doorne trascorre i primi anni, fino al
liceo classico incluso, nel paese nativo. Studia filosofia presso i Padri
Bianchi ad Anversa, e teologia (Heverlee, Lovanio). Attratto dalla vita
contemplativa, si fa monaco benedettino nel monastero di St. André, a Brugge. Successivamente viene mandato, per gli studi teologici, a
Roma presso l'Ateneo Pontificio S. Anselmo. Viene ordinato sacerdote nel monastero belga di St. André nel 1958. In cerca di una
vita contemplativa più pura, fa un tentativo dai Certosini prima a Calci (Pisa)
poi a Seignac in Francia. Gli si rivela la vocazione del deserto. Quindi parte per l'isola della Martinica e si mette alla
scuola di un "anziano" abate benedettino dimissionario, per iniziare
l'esperienza eremitica. Dal 1963 alla guerra dei sei giorni tra Israele e gli Arabi, nel 1967, vive in Terra Santa. Costretto dalle circostanze belliche, parte, per approdare in Italia. Nel 1968 viene accolto dal vescovo di Noto Mons. Angelo Calabretta, nel territorio della cui diocesi si stabilisce, vivendo in eremitaggio. Ha pubblicato alcune riflessioni nei volumi Assetati di te (1986), In Te le mie sorgenti (1991), nell'intervista L'occhio dell'eremita (1994), in Se non diventerete come bambini (2001), Frammenti di pane (2002/2018), Il Cantico dei Cantici oltre le parole (2012), Francesco uomo veramente cristianissimo (2013), L'eremita si racconta (2008/2017). |
immaginette dispobnibili sino ad esaurimento nella Libreria Editrice Urso in Via G. Huss n. 16 ad Avola
RELAZIONE DI SALVATORE ADAMO alla PRESENTAZIONE
DEL LIBRO
Comincio questo
mio discorso col ringraziare l'amico Sebastiano Burgaretta per avermi esortato a partecipare a questo evento, l'editore e libraio Francesco
Urso per averlo voluto al fine di valorizzare il prodotto editoriale dei libri
di Fra Ugo eremita infine il professore Angelo Fortuna
che ha curato la presentazione del libro. Naturalmente è implicito il mio
ringraziamento a tutti i presenti che con la loro partecipazione danno dimostrazione
di sincero interesse per l'argomento trattato.
Mi fa riflettere
il fatto, che questo evento coincida con la vigilia della memoria di Sant'Antonio,
abate, Patriarca del monachesimo anacoretico, di cui sant'Atanasio, suo
grande discepolo, ebbe a scrivere: ...con
lui il deserto fiori' e divenne la sua città, e di cui la Chiesa fa memoria
il giorno 17 gennaio. Ragion per cui questa favorevole coincidenza lascia ben
sperare sulla buona riuscita della serata.
Sento altresi' l'obbligo
di dire ciò che non sarà il mio
intervento. Non sarà un excursus storico-teologico sulla figura dell'eremita nella
chiesa e nella società, consapevole del fatto che occorrerebbero ben altre
competenze e ben altro tempo per la vastità e la profondità dell'argomento. Vuole
essere piuttosto un tentativo di manifestare profonda gratitudine al buon Dio per la
possibilità donataci di vivere in questo tempo in cui si è manifestata la
singolare vocazione anacoretica di Fra Ugo Vandoorne.
Fatta questa
doverosa e indispensabile premessa, per un sereno argomentare sul tema del
libro L'EREMITA SI RACCONTA, continuo
cercando di dare una risposta a una domanda di fondo: Quale valore assume la testimonianza
dell'eremita (figura da sempre considerata anacronistica e portatrice di
disimpegno terreno, la famosa ''fuga mundi'') per la coscienza dell'uomo di oggi? Una possibile risposta alla questione appena
posta io la individuerei nella vita stessa dell'eremita, che paradossalmente
riproduce ciò che alla vita dell'uomo mondano è negata: la felicità piena. Felicità piena che passa
attraverso la dinamica della rinuncia al proprio io. Più in generale, l'uomo non sapendo rinunciare alla volontà di potenza insita nell'io, tende a volere possedere tutto. L'eremita, viceversa, in quanto uomo vocato da Dio,
rinunciando a se stesso, non
antepone nulla a Dio, consapevole del fatto che, come diceva Meister Eckhart, siccome
siamo stati creati dal nulla, bisogna tornare al nulla per essere ri-creati.
E qui mi
collegherei a quella parte della premessa del libro in cui, con un termine prettamente
ecclesiastico, ho definito la vita dell'eremita come una diaconia di solitudine. Con tale
definizione ho cercato di mettere in rilievo, che
l'unico servizio che egli svolge nella Chiesa è quello di esseretestimone dell'eternità dell'Assoluto (dove per Assoluto si deve intendere Dio), che prescinde dal valore
assegnatogli nell'organizzazione ecclesiastica.
Per tornare al
libro e a come si è sviluppata l'idea della sua pubblicazione è necessario spiegare che mi lega a Fra Ugo un consolidato rapporto umano e
spirituale ultraventennale. Con la sua mitezza evangelica e con la sua apertura
mentale mi ha instradato nei sentieri di Dio che naturalmente non sono sempre
facili da percorrere, ma che anzi, spesso, si presentano irti di difficoltà.
Conoscendo la sua ritrosia nel concedere
spazio a iniziative di tipo pubblicistico sulla sua persona e il suo modo
d'essere, ho provato non poco
disagio nell' esporgli il mio intento di realizzare, in occasione dell'evento
speciale del 50mo della sua ordinazione sacerdotale (27/07/2008) un'intervista
da proporreper la pubblicazione
sul giornale diocesano.Iniziativa,
che sotto forma di domande, avrebbe toccato, parecchi punti centrali della sua
vita eremitica-sacerdotale.
Ben presto però ci
siamo accorti che, la trattazione degli argomenti proposti dalle domande,
richiedeva uno spazio molto più ampio di quello che poteva offrire il giornale
diocesano.
Ha preso corpo cosi' l'idea di realizzare
un volumetto, strutturato per argomenti tematici, che
per l'intenso blank, attuale, ricco e interessante, non poteva non essere
offerta alla platea dei lettori.
Il titolo del
libro L'eremita si racconta è stato scelto significativamente per
sintetizzare l'introspettivo racconto di Fra Ugo, che può considerarsi anche il racconto di ognuno di noi, nel momento in cui si rapporta
alla fede. Se è vero
il fatto che, come evidenzia l'anacoreta, la
Chiesa è l'uomo diventato consapevole del suo destino di dover divenire figlio
di Dio, in un certo qual modo ciascuno di noi, secondo la propria
maniera e modalità di vita, è sacerdote e anche un po'
eremita.
Nasce altresi' da
questi suggerimenti teologici spirituali il convincimento che tutto il racconto fatto da Fra Ugo,
avrebbe potuto superare i confini della schiera dei credenti per
raggiungere, senza subalternità, quella dei cosiddetti non credenti, in virtù del fatto che, al di
là delle divisioni esistenti tra questi ultimi e i primi, c'è un
fattore, direi di ordine antropologico, che sovrintende alla nostra esistenza e
che accomuna tutti, ovverossia l'essere tutti uomini alla ricerca costante
della pienezza della vita.
La disposizione
tematica scelta per la pubblicazione della conversazione ha visto prediligere
quella argomentativa, per agevolare il lettore nel percorso della lettura. Il
primo tema proposto è quello dedicato al Ricordo,
nel quale Fra Ugo fa rivivere quella lontana Domenica del 27 luglio 1958, data
della sua ordinazione sacerdotale, ricostruendone nei dettagli l'ambiente e il contesto.
è da sottolineare il
fatto che in questo ricordo retrospettivo, viene per la prima volta proposta al
pubblico - ed è questa l'originalità della rivisitazione fatta il lungo, difficile e travagliato cammino della sua particolare vocazione, che ha visto sgorgare nella sua persona
la figura, diciamo singolare, del sacerdote-eremita.
Gesù - insiste
fra Ugo - non ha fatto il
sacerdote, è stato ed è sacerdote in eterno. Il suo sacerdozio non era part-time,al pari
di un impiego ad orario che lascia ampio margine e spazio alla vita privata. Lo
è stato in tutta la sua esistenza terrena, lo continua ad essere tutt'oggi.
E ancora più in
là, Gesù non aveva bisogno di
celebrare più volte la S. Messa, la sua è stata un'unica Messa, celebrata sulla
croce. O- per meglio dire - quella
sulla croce era il compimento, il culmine di quella Messa che è stata tutta la
sua esistenza terrena. Una vita quindi - inclusa la morte - che è
tutta quanta sacerdotale. Vita di assoluta kenosi, di
spogliamento totale, di povertà e svuotamento senza riserve, di solitudine, di
silenzio, di abbandono da parte degli uomini e del suo stesso Padre.
Verme non uomo, dice il salmo.
A questo punto mi piace concludere l'intervento con le parole del padre del deserto, Abba Poimen, già citate nella premessa al libro e che mi sembrano essere una invocazione e una speranza per tutti: C'è una voce che grida all'uomo fino al suo ultimo respiro: oggi, convertiti (Detti editi e inediti dei Padri del Deserto - ed. Qiqajon). Salvatore Adamo |
(…)Quell’eremita giovanile, gli occhi chiari, il lindo saio bianco stretto alla vita dalla cintura, il rosario pendente, l'elegante figura, il sorriso aperto, non sembrava tormentato da visioni, fantasie. Nato in Belgio, aveva studiato ad Anversa, a Lovanio, a Roma, era stato in Palestina, nella Martinica e quindi in Sicilia nei conventi di Avola, Noto, Palazzolo, fino a quando non si stacca dalla comunità benedettina, e vive in solitudine, in eremitaggio. Come ha fatto quell'uomo, nella sua disumana ritrazione, nella crudele frattura, in mezzo a quelle rocce, quei calanchi, rintanato nella ripida parete d'un abisso, fra siccità desertiche e diluvi rovinosi, querce e lecci gementi, terebinti e spini, in mezzo a quella natura aspra, inospitale, a rimanere integro, sereno, a non scivolare nel degrado, piombare nel precipizio delle allucinazioni, nella voragine della paranoia? Vincenzo Consolo, in “L’olivo e l’olivastro”, capitolo XIII |
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