Piove già da quattro giorni. Piove fino fino, ma di continuo. Io odio quando piove, c’è freddo ed è tutto sempre umido. E poi per quattro giorni e quattro notti di fila!
Io sto qui al riparo, sotto i contenitori verdi. Per fortuna una volta sono riuscito a trascinare in fondo al contenitore dell’angolo una cassetta di frutta; l’ho messa proprio nell’angolo, in fondo in fondo, da fuori non si vede e così nessuno la sposta. Anche quando vengono quei grossi camion che scaricano i contenitori la mia cassetta non si vede, perché mentre il camion solleva il contenitore, il camionista ha la visuale occupata. E così quando piove sto nel mio angolino sopra la cassetta di legno della frutta. La cassetta sotto, il contenitore sopra, due pareti ad angolo che mi riparano e sono a posto. Certo non è come avere una casa calda e un padrone affettuoso, ma io sono nato in strada, mia madre è morta che ero cucciolo, mio padre non l’ho mai conosciuto e poi sono sempre stato così brutto che nemmeno da cucciolo nessuno mi ha mai preso con sé.
Comunque qui sto bene, questi cassonetti sono messi davanti ad un quartiere popolare e sono sempre pieni, quindi ho cibo in abbondanza. Odio solo quando piove e quando si avvicinano gli uomini grandi.
Loro hanno paura di me perché sono brutto e tutto nero e mi urlano e mi lanciano sassi e a volte anche un calcio. Ma io non ho mai morso nessuno, però ho paura di loro e quindi ringhio e abbaio, così nessuno si avvicina e nessuno può farmi del male. Gli uomini piccoli invece non mi fanno paura. Una volta uno mi ha anche accarezzato, poi è arrivato uno più grande che si è messo ad urlare e lo ha trascinato via e gli ha dato anche uno schiaffo in testa, chissà perché.
È già buio, io sono qui sotto il mio contenitore verde ed ho fame. Quando piove gli uomini escono meno da casa; so che domani porteranno più sacchi del solito con tante cosine buone da mangiare, ma io ho fame ora.
Mi affaccio e mi accorgo che ha smesso di piovere, solo che è tutto bagnato.
Vedo venire da questa parte un signore tutto avvolto in un cappotto e con una sciarpa che gli copre anche il naso, non ha nessun sacchetto in mano e quando mi vede rallenta il passo ed attraversa la strada per non passarmi vicino. Certo che col pelo tutto arruffato, nero e bagnato devo fare proprio paura. Devo avere pazienza, ora che ha smesso di piovere qualcuno verrà a lasciare qualcosa, sicuramente dopo cena. Sì, devo aspettare un altro po’, però la pancia continua a brontolare ed io ho tanta fame. Ecco, ecco, si avvicina una signora, ha un passo svelto e, un passo dopo l’altro, arriva in poco tempo, ha un sacchetto in mano, si avvicina lo lancia dentro il contenitore di destra che è sempre aperto perché ha il coperchio rotto, senza fermarsi, solo rallentando un po’ l’andatura. Appena lei si allontana, con un salto, che ormai ho imparato a fare alla perfezione, sono subito dentro il cassonetto, ma nel sacchetto ci sono solo carte, tante carte, alcune appallottolate, altre strappate, carte, carte, carte, tante carte bianche con sopra dei segni neri e niente di più. Qui dentro c’è un bel calduccio, ma esco fuori subito perché ho paura di finire nel camion come è successo una volta.
Sono passate alcune ore, deve essere notte fonda e ormai non passa più nessuno.
Io per la fame non riesco a prendere sonno e poi sta ricominciando a piovere. È la solita pioggia fina fina, non fa rumore, ma bagna lo stesso.
Mi rintano nel mio angolino, ma non dormo. Da qui riesco a vedere le gambe di chi si avvicina, ma ormai non spero più che qualcuno esca di casa, ormai devo aspettare fino a domani.
E invece no. Ad un tratto vedo delle gambe venire proprio verso il mio cassonetto. Sono gambe di ragazza, si vedono infatti il bordo di una gonna nera e delle scarpe con un fiocchetto rosa sopra. Sì, sì, è proprio una donna e viene proprio verso di me. Sento i suoi passi nella pioggia. Lei non mi può vedere ed io non mi faccio vedere perché ho paura che sennò scappa via.
La ragazza cammina piano piano, si ferma e… ma che fa? Torna indietro? Purtroppo da qui non vedo se ha in mano un sacchetto, ma vedo che sta andando via, poi ci ripensa e torna verso il contenitore, si ferma e sta ferma per qualche secondo, forse un minuto. Sento un lamento, sembra che stia piangendo, mette giù qualcosa, sembra una coperta di lana, poi si gira e va via correndo, sento lo scalpiccio svelto dei suoi passi sull’asfalto bagnato, poi più nulla. La notte piomba di nuovo nel silenzio.
In lontananza si ode l’urlo di una sirena.
È un urlo in movimento, ma resta lontano.
Decido di avvicinarmi alla coperta che improvvisamente si muove. È un movimento leggero che però mi fa un po’ paura. Mi avvicino quatto quatto, annuso l’aria, ma non c’è odore di cibo, solo un profumo delicato, lo stesso che ho sentito quella volta che un uomo piccolo mi ha accarezzato. Mi avvicino piano perché ho paura. Lentamente, stando in guardia, cerco di capire cos’è che fa muovere la coperta. Sono molto vicino, ma non vedo niente, perché in realtà questa cosa che si muove è dentro la coperta.
Annuso meglio, ma non sento nessun profumo di cibo, prendo con la bocca un lembo di quella coperta e piano piano la tiro giù e mi appare… ma che cos’è? Al buio non si vede bene, annuso più da vicino e poi capisco… Questa cosina che ho davanti è un cucciolo di uomo!
È piccolo e tondo, ha gli occhi aperti e mi sorride, tiene le manine chiuse a pugno, ma capisco subito che non mi vuole picchiare, sta sdraiato sulla schiena e tiene le gambine sollevate e con i piedini dà dei calci che però non fanno male. Capisco che non sa camminare e che non sa parlare e penso che forse tutti i cuccioli di uomo sono così, forse sono come i nostri cuccioli che quando nascono sono piccoli e non sanno fare niente e non si sanno difendere se qualche animale si avvicina e fa loro del male.
Ma come mai hanno messo qui questo cucciolo di uomo? Lui mi guarda e continua a sorridere e dice delle parole strane che non ho mai sentito dire agli uomini, ripete sempre le stesse cose: “Ghe ghe ghe, ba ba ba”.
La pioggia si fa sempre più fitta, se questo resta qui si bagnerà tutto, lo spingo con il muso sperando che si alzi e se ne vada, ma quello continua a ripetere i suoi ghe ghe ghe e non capisce che si sta bagnando tutto.
Mi viene un’idea: devo riuscire a portarlo sotto il cassonetto insieme a me, anche perché sta iniziando a soffiare un vento freddo, che se non ci spostiamo domani saremo tutti e due belli e raffreddati.
Prendo un lembo della coperta e lo tiro un po’ per vedere cosa succede, il piccolo uomo è un po’ pesante, ma riesco a spostarlo, lo tiro un altro po’ e riesco a portarlo quasi sotto il cassonetto. Poi il piccolo si incastra e, se non abbassa le gambette, non riuscirà ad infilarsi sotto. Col muso gli abbasso una gamba sperando che lui capisca che deve abbassare anche l’altra, ma niente. Questo cucciolo non capisce proprio niente. La pioggia si fa più forte, il cucciolo è tutto bagnato, ora sono dall’altra parte e lo spingo, ci metto tutta la mia forza e tra spingere e tirare riesco ad infilarlo sotto.
La pioggia ora cade battente, il vento soffia ululando, ma noi siamo al riparo. Il cucciolo ora piange, forse sente freddo. Io mi metto addosso a lui e gli respiro in faccia, perché ricordo che quando ero piccolo e sentivo freddo mia madre faceva così ed infatti il cucciolo in poco tempo si calma e poi chiude gli occhi, forse si è addormentato.
Io ho una fame da cani, però stando vicino a questo cucciolo non sento più freddo e forse nemmeno lui. Sono contento di avere questo nuovo compagno, anche se penso che lui dovrebbe stare con i suoi simili.
Sono tanto, ma tanto stanco, chiudo gli occhi e mi addormento anch’io.
È l’alba, mi ha svegliato il rumore del camion che scarica i cassonetti giù in fondo alla strada. Fra poco sarà qui.
Il cucciolo è già sveglio, ma non piange; ha gli occhi aperti, ma non sorride come faceva stanotte. Fuori non piove più. Devo riuscire a far uscire questo piccolo da qui sotto, perché altrimenti il camion quando mette giù il cassonetto potrebbe schiacciarlo. Lo spingo col muso, ma quello non si muove, gli abbaio e lui si mette a piangere, ma non si sposta.
Il camion si avvicina, solleva il cassonetto che è vicino al mio. Fra poco solleverà anche questo. Devo fare qualcosa, ma cosa? Esco da sotto il mio cassonetto ed incomincio ad abbaiare, ringhio, salto, ma questa è una cosa che faccio tutti i giorni e quindi l’autista non ci fa più caso. Cosa posso fare?
Il camion ha rimesso a posto il cassonetto, ora tocca al mio.
Abbaio, abbaio, ma quello non mi sente. Ringhio, ma il cassonetto è già in aria e il conducente non può vedere che a terra c’è un cucciolo. Non so che fare, tra poco il cassonetto verrà rimesso al suo posto e potrebbe schiacciare il cucciolo che intanto sta urlando anche lui.
Io non voglio che quel cucciolo muoia!
Mi viene in mente quella volta che sono finito dentro il camion, poi il conducente mi ha visto e ha fermato il camion bloccando per aria il cassonetto. Ecco, devo fare in modo che blocchi tutto. Giro attorno al camion, il conducente è seduto dentro ed aziona tante leve gialle e per fortuna in questi camion non c’è lo sportello. Con un salto sono dentro la cabina dell’autista, mi metto in mezzo ai suoi piedi e gli do un morso, un morsetto che non gli fa del male, ma che lo blocca subito. Il camionista blocca tutto e scende di corsa dal camion urlando e zoppicando. Che esagerato! Non posso avergli fatto tanto male. Io intanto sono sceso giù e continuo ad abbaiare, si fermano dei passanti, ma sono troppo occupati a soccorrere il camionista e non si accorgono del cucciolo. Io continuo ad abbaiare, ma un signore mi tira una pietra che mi arriva in testa e mi fa un male tremendo. Io però insisto, non posso permettere che il cucciolo si faccia del male. Mi sposto un po’ abbaiando e un signore viene incontro a me con la gamba tutta tesa per darmi un calcio, ma io mi sposto e mi metto nella stessa direzione del cucciolo e finalmente uno degli uomini che si sono fermati a soccorrere il camionista lo vede. Finalmente un altro signore lo prende in braccio, finalmente lui smette di piangere.
Adesso che fanno? Ma… ma… ma se lo portano via? Ma non è giusto! L’ho trovato prima io!
Abbaio, abbaio, ma il signore che lo ha preso in braccio sale su una macchina e lo porta con sé. Lo sapevo io che non era capace di difendersi! Addio piccolo cucciolo di uomo, so già che non ti rivedrò più, ma grazie per avermi riscaldato in questa notte fredda e buia. Spero che nessuno ti faccia mai del male.
Che bella dormita che ho fatto stanotte! È già giorno avanzato. Ieri c’è stato un via vai di macchine e persone, alcuni avevano uno strano oggetto che mettevano davanti agli occhi e che faceva dei lampi, ma senza tuono.
Si avvicina una signora con un giornale in mano. Che strano! Non ha paura di me, anzi, sembra che mi stia chiamando. Io ho paura e non mi avvicino a lei neanche se mi tortura. La signora posa il giornale a terra, poi mi fa un gesto con la mano che non capisco, mi sorride e se ne va. Che strani questi uomini! Non li capirò mai.
Sento profumino di carne arrostita venire da quel giornale, mi avvicino ed è proprio carne arrostita e quanta!
Mentre mangio il mio buon pranzetto mi accorgo che sul giornale è disegnato il cucciolo di ieri. Sì, è proprio lui e sorride. Chissà chi lo ha disegnato. Però vedo che sorride e sono contento: vuol dire che è felice!