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SALVATRICE CATINELLO
per Claudio Macca (a cura di Roberta Malignaggi)
IN LIBRERIA DA MARTEDI' 1 novembre 2011
Salvatrice Catinello Come potrò dire a mia madre che ho paura? a cura di Roberta Malignaggi
2011, 8°, pp. 128 €14,00
CollanaOPERA PRIMAn. 27
ISBN 978-88-96071-48-9
Per le implicazione di natura emotiva risulta essere un testo estremamente coinvolgente...
Per la storia che vi si racconta...
Per quel coraggio di madre che fa da collante a tutta la narrazione...
Per quella competenza autentica della curatrice nel saper raccontare documenti e rielabolarli in un trattato ben delineato
nella forma e nei contenuti...
Decisamente un testo da leggere!
Lucia Bonanni
COME POTRO' DIRE A MIA MADRE CHE HO PAURA?
Sabato 28 gennaio 2012 ad Avola nella Chiesa di Santa Maria del Gesù la Libreria Editrice Urso ha presentato il libro di Salvatrice Catinello (a cura di Roberta Malignaggi), dal titolo mutuato da un verso del "Cantico dei drogati" di De Andrè.
Sono intervenuti, oltre al numeroso pubblico (in cui non abbiamo visto “potenti”, quindi non potevano esserci il sindaco, assessori, giudici, né presidenti di enti o altri cosiddetti "potenti" di questa strana e distratta società... Come al solito, o come accade quasi sempre nelle nostre manifestazioni, mancavano i giornalisti locali):
Salvatrice Catinello, l'anziana madre di Claudio, tossicodipendente protagonista dell’articolata storia che questa mamma coraggio e sostenitrice della legalità ha raccontato alla giovane scrittrice di Palazzolo Acreide Roberta Malignaggi, anche lei intervenuta nel dibattito.
Anche don Antonino Caldarella, parroco della Chiesa è intervenuto con un saluto.
Don Vincenzo Sorce, che si occupa di varie comunità di recupero nell'area di Caltanissetta ha dato il suo contributo, e assieme a lui anche Maurizio, ragazzo di una di quelle comunità.
E' intervenuto anche il prof. Elia Li Gioi, ex amministratore del Comune di Avola, a testimoniare il suo impegno, con l'istituzione del servizio locale a fianco dei tossicodipendenti con "Linea verde".
Gradito e desiderato da Salvatrice Catinello è stato l’intervento dell'ispettore di P.S. Giuseppe Di Benedetto e del m.llo dei Carabinieri Salvatore Lonero; loro due sono intervenuti a testimoniare il complesso rapporto con le forze dell'ordine da parte di Claudio Macca, protagonista del libro. Leonardo Miucci, inoltre, è intervenuto nella duplice veste di carabiniere e di intellettuale.
Il coro di Avola "Abola Chorus" diretto dal M° Maria Piccione si è esibito nel corso della manifestazione con tre canti molto toccanti.
Anche Liliana è stata insuperabile col canto che sentite in sottofondo.
Dopo un incontro molto emozionante è viva la speranza che nessun ragazzo possa subire quel che nella vita ha incontrato Claudio, e che nessuna mamma a questo mondo possa sperimentare quel che coraggiosamente, e con dignità ed amore, ha dovuto affrontare Salvatrice Catinello.
Francesco Urso
Questa è la storia di Salvatrice
e di suo figlio Claudio
Ho conosciuto la signora Catinello per caso: l’editore Urso al quale Salvatrice si era rivolta, mi chiese, nel febbraio di quest’anno, se potevo essere interessata ad aiutare a scrivere la storia di un’anziana signora e del figlio tossicodipendente, scomparso da pochi mesi. Devo ammettere che la proposta mi lusingava ed entusiasmava allo stesso tempo, anche se inizialmente non avevo ben capito di cosa si trattasse, né quale fosse lo scopo che la donna voleva raggiungere dopo avere pubblicato una storia triste e dolorosa quale era la sua. Per scoprirlo avrei dovuto ovviamente conoscerla. Così, qualche giorno dopo la mia conversazione con l’editore, ho incontrato Salvatrice: una donna minuta, vestita a lutto, gli occhiali al petto che dondolano sospesi da una catenella, per niente stanca del paio di chilometri che ha percorso a piedi dalla zona popolare periferica di Avola fino alla piazza centrale della città. In fondo è abituata a camminare, a macinare lunghi percorsi: tutti i giorni o a giorni alterni dalla sua casa si reca a piedi, da sola, fino al cimitero che si trova fuori la città. Ho subito capito di avere davanti una donna forte, determinata, abituata alla fatica e al dolore ma sempre fiera, con gli occhi velati di una dolcezza inconsueta. Quando ci siamo incontrate Salvatrice ha iniziato a parlarmi brevemente della sua vita e degli avvenimenti trascorsi nell’ultimo anno di vita del figlio Claudio e da subito mi ha rivelato quale fosse la sua volontà nel realizzare questo progetto: scrivere la lunga storia della sua vita di madre che ha combattuto per ben 28 anni contro il problema della tossicodipendenza nella quale era precipitato uno dei suoi amati figli e di tutto ciò che ha ruotato attorno ad essa. Raccontare l’ultimo atto di una guerra che lei stessa ha combattuto duramente, che si era ripromessa di vincere, che oggi è finita e l’ha lasciata amaramente sconfitta, è il solo modo per lei di testimoniare e condividere il dolore, la rassegnazione, la speranza e il riscatto di chi vive una tragedia come quella che lei ha vissuto. I luoghi comuni del caso asseriscono che non c’è dolore più grande per un genitore se non quello di sopravvivere ai figli o che un’esperienza non la si può comprendere fino in fondo se non la si vive in uguale modo. Ahimé, è proprio così… Aver cominciato ad ascoltare quanto Salvatrice mi raccontava di sé è stato il motivo principale che mi ha spinta ad aiutarla, a diventare una sorta di terza mano che ha scritto per lei. Da quel momento è iniziato un lungo lavoro fatto di interviste a Salvatrice e lunghe letture (centinaia di lettere che Claudio scriveva durante i tanti periodi di detenzione, preghiere, poesie e appunti, documenti di Tribunali, commissariati e preture, cartelle cliniche).
Il fatto che una madre spieghi senza pudore o vergogna ciò che ha subito per causa indiretta dell’eroina, le conseguenze che hanno fatto si che suo figlio oggi non sia più tra noi, sono sicuramente testimonianze di un atto di coraggio e di monito per chi vive indifferentemente il ruolo di genitore, figlio, cittadino comune. Chiedere a gran voce aiuto alle forze dell’ordine, a medici e avvocati; fare la spola continua tra comunità di recupero, istituti carcerari, tribunali e ospedali, continuando a camminare con umiltà e a testa alta, richiede una forza immane che non tutti potremmo essere in grado di trovare in noi stessi, oltre che attorno a noi. Quante altre madri hanno vissuto gli stessi giorni che Salvatrice ha vissuto? Quante quelle che portano a fatica sulle loro spalle larghe il peso del ricordo di un figlio non più bambino tra le loro braccia, accarezzato, calmato, cullato? O quello dello stesso figlio, gli occhi iniettati di sangue per quel maledetto bisogno malato da soddisfare a qualunque costo, che incute la paura che una madre mai può aspettarsi? Il ricordo, insieme ad una marea di altri, di averlo allontanato da casa per il bene suo e di tutti? Salvatrice è una di loro e questa è la sua storia.
Roberta Malignaggi
Salvatrice Catinello è la madre di un tossicodipendente «L'indifferenza più della droga»
«Claudio aveva un tumore, ma in carcere e in ospedale lo liquidavano con poche parole»
«I tossicodipendenti sono anche figli in cerca di affetto, di lavoro e di cure. Come tutti altri». È un appello quello di Salvatrice Catinello, madre di Claudio Macca, per 30 anni assuntore di stupefacenti, morto a 46 anni lo scorso 11 settembre per un tumore allo stomaco. Un invito rivolto sia a chi tratta queste persone con indifferenza o crudeltà, sia a quei giovani che fanno uso di drpghe, ai quali chiede di innamorarsi e divertirsi piuttosto che drogarsi. Se questa donna, ormai settantaduenne, stremata da un'esperienza che ha avuto delle ripercussioni anche sul marito e sugli altri otto figli, racconta la storia del suo quartogenito è perché crede che soltanto così si potranno smuovere le coscienze. «Nel lontano '86 mio figlio ha cominciato a far uso di stupefacenti - spiega -. Si trovava in Germania, conobbe qualche amico sbagliato ed entrò nel giro della droga». Da allora, per l'intera famiglia, è iniziato un vero calvario. «I tossicodipendenti sono invasi da un'incontenibile rabbia nei confronti di tutti coloro i quali li rifiutano - racconta la signora Salvatrice -. Ma anche soggetti a una forte aggressività quando sono in crisi di astinenza o si sentono contrariati». È stata proprio lei a denunciare, in più occasioni, il figlio quando diventava troppo violento. Era il modo in cui la signora Salvatrice intendeva lottare per farlo venir fuori dal giro della droga. Questi momenti negativi, tuttavia, si alternavano ad altri di lucidità di Claudio. «Odiava gli spacciatori - ricorda la madre - perché in loro vedeva la causa della sua dipendenza. E quando veniva rinchiuso nelle comunità di recupero, il suo unico desiderio diventava quello di aiutare chi, come lui, era vittima della droga». Ma a volte Claudio era molto amareggiato per l'atteggiamento indifferente di chi gli stava intorno. E questo disinteresse, secondo il parere della signora Salvatrice, sarebbe stato in parte la causa della morte del figlio. «Aveva un tumore allo stomaco - spiega -. E sebbene lamentasse fastidi quando era in carcere e si recasse al pronto soccorso di frequente perché accusava dei malori, spesso si tendeva a sminuire la cosa perché era un tossicodipendente. Il risultato è stato che il suo male gli è stato diagnosticato quando non si poteva più far nulla. Il tumore e l'indifferenza sono stati più forti della droga».
Emanuela Tralongo
in LA SICILIA 11 settembre 2011
Collana OPERA PRIMA C’è sempre un primo passo da
fare per realizzare un proprio sogno e questa collana si addice a chiunque abbia
un sogno nel cassetto, un desiderio da realizzare. Dare visibilità ad autori
inediti è spesso uno dei più entusiasmanti compiti di un editore.