18-12-2010 inserito da ciccio; categoria Novita' in libreria. 
 Angelo Rullini
L'autra facci
2010, cm 16 x 22, pp. 56, Euro 10,00
Collana ARABA FENICE n. 37
EAN 978-88-96071-29-8
Dal 16 novembre 2010 in libreria
TISTAMENTU
Cc'agghiu campatu a ffari ni 'stu munnu
se dopu 'i mia nun vi lassu nenti
tra sintimenti bboni e llungu sonnu
chi llassu a la me' morti? Quasi nenti!
Agghiu campatu abbia ri stenti
e agghiu tuccatu spissu 'u funnu
cchi l'agghiu fattu a ffari porcu munnu
se chiddu cc'agghiu fattu e' uguali a nnenti...
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Nel dialetto e' la storia del popolo che lo parla;
e dal dialetto siciliano,
cosi' come dai parlari di esso,
e' dato apprendere chi furono i padri nostri,
che cosa fecero, come e dove vissero,
con quali genti ebbero rapporti, vicinanza, comunione.
DALLA PREFAZIONE DI GRAZIA MARIA SCHIRINA'
Sintomatica la scelta del dialetto siciliano, e piu' propriamente avolese, per questo secondo volume di poesie di Angelo Rullini, ''L'autra facci'', composto di 41 liriche di varia estensione a versi liberi, a ben quattro anni di distanza dal primo ''Ai figli di Marte''. Il sistema di comunicazione non e' abito soggetto alla moda, al fine, all'ambiente, e' un sentire intimo che in questo caso si esprime, in modo personalissimo, con forme, immagini e spirito profondamente siciliani e non gia' con scialbe traduzioni, quali, a volte, possono divenire i pensieri che, nati nella madrelingua, in questo caso il siciliano, vengono poi tradotti in quella che e', di fatto, la lingua nazionale, ma che, in alcuni casi, non e' atta a rendere le emozioni cosi' come la prima. Chi parla un dialetto si auto-identifica col territorio, rafforzando cosi' il legame culturale con la tradizione e creando maggiore complicita' con gli interlocutori. Il dialetto aiuta a mantenere vive le tradizioni, che a loro volta costituiscono una guida per l'individuo durante l'intero corso della propria vita. Perdere le tradizioni equivale a rinunciare a radici e valori consolidati dal tempo. Di certo non si deve restare ancorati al passato, ma il passato deve essere analizzato, studiato, conosciuto, capito e anche criticato, ma non dimenticato. Il dialetto, in particolare il dialetto siciliano, cresciuto con l'apporto dei popoli diversi che hanno conquistato e abitato l'isola, lasciando la loro impronta culturale, e' una lingua ricca e varia nella quale sono compresi grecismi, arabismi, normannismi, catalanismi, francesismi, spagnolismi, etc..., ed e', nello stesso tempo, liberta' di espressione e di sentimento, partecipazione emotiva, capacita' di dare voce ai moti dell'animo. Cosi' hanno fatto anche i cantastorie che hanno reso grande e ricca la terra di Sicilia. In ''Cantastori ‘mpruvvisatu'' troviamo quasi un elenco degli autori che ''cantunu l'amuri ppi nu dialettu ca si perdi e mori'' e cioe' troviamo citati Turiddu Bella e Raziu Stranu, 'Gnaziu Buttitta e Rosa Balistreri, Cicciu Busacca e altri ancora a cui l'autore chiede il permesso di continuare il loro stesso modo di cantare e di accoglierlo, nell'aldila', quale ''menzu cantastori ‘mpruvvisatu''; qui e' anche considerato il valore del dialetto e il motivo per cui non deve morire. La terminologia adoperata e l'uso frequente di proverbi e modi di dire rendono queste liriche valide per tutti i tempi, ricche della saggezza popolare che solo il dialetto sa esprimere.
La pittura aggiunta alla scrittura fanno di Rullini, come egli stesso si definisce, un artista completo, capace di parlare al cuore anche attraverso la rappresentazione figurata che egli stesso descrive. Infatti, solo un pittore con i suoi colori e la capacita' di riprodurli puo' assemblare cosi' bene parole e natura, una natura dipinta coi colori del sole e del mare, della campagna e dei monti.
Nei suoi componimenti il poeta sembra rifugiarsi nella bellezza della propria terra e dei propri ricordi, da cui attinge linfa vitale come da acqua sorgiva o, meglio ancora, da acqua versata da una ''quattaredda'' per soddisfare la propria sete. La vita, infatti, e' tutta in salita per l'uomo, ma puo' diventare sostenibile se l'acqua disseta e se accanto c'e' la persona amata con cui condividere la propria arsura e a cui dedicare il proprio canto...
Grazia Maria Schirina'

A PALERMO IL 16 NOVEMBRE 2007 
la giuria della 29a edizione del Premio Internazionale di poesia "Sicilia 2007", sezione edita in volume. ha assegnato il secondo premio previsto al libro "I figli di Marte".
INCONTRO AL TEMPO
di Giusi Blanco
Angelo Rullini offre con i ''Figli di Marte'' alle generazioni future la possibilita' di un viaggio affascinante incontro al tempo della storia e, soprattutto, del mito nel regno delle emozioni e della fantasia.
Cullati dalle onde del tempo si salpa dalla riva di una terra incantata e ci si immerge in un mare di ricordi, inseguendo tracce del passato alla scoperta della propria identita', alla scoperta del proprio essere, vivo e capace di emozionarsi.
Rullini ricerca continuamente il mare, il sole, i sapori, i profumi, i colori della sua Sicilia dove mare e cielo, cristallizzati dal mito, sono inconfondibilmente unici ed eterni. Questi elementi naturali, semplici, nudi ma universali portano lontano in un paesaggio mitico e trasmettono la verita', una verita' fatta da eventi e segni del passato che danno senso all'esistenza.
Egli, dunque, ricerca il mito nella vita, il mito riflesso dalla natura perché chiave di lettura e di interpretazione della vita che si realizza nel tempo ma si vive nella dimensione mitica. Il mito rende capaci di sognare e comprendere ogni goccia del mare, ogni granello di sabbia che riportano alla mente pensieri e giorni andati.
Grande protagonista un tempo mitico, cristallizzato dove passato, presente e futuro coesistono, coincidono; scorporando i tre tempi non e' possibile coniugare l'essere, realizzare e vivere un'esistenza significativa.
Nel suo viaggio a ritroso verso le origini osserva il lungo andare delle nubi all'infinito; vede ogni lontano passato rivivere grazie al sole; ascolta l'antico raccontato da pietre.
Il vento con il suo manto assapora, scorre e vivifica ogni cosa e sussurra al tempo, fra vicoli solitari, segreti comprensibili solo dai bambini perché capaci di sognare. Anche la luna, viaggiando sul mare, attraverso le notti del tempo, canta favole e miti e, nella magia della sera, conduce all'orizzonte dove perdersi per poi ritrovarsi come esseri con il cuore.
Egli si estranea in luoghi immensi e solitari, trasferisce la sua mente e il suo animo nel mare e nel deserto, regni del silenzio eterno, testimoni della storia e del mito: l'acqua protegge e racconta il passato, le tempeste di sabbia coprono e conservano il tempo.
E cosi' fra nudi scogli e sassi, fra nude foglie e maglie di pescatori, tra vuoti di tristi tonnare scordate dal tempo Rullini ritrova se stesso e paragona la sua esistenza ad ''una tela sgangherata, tarlata dal rammarico e dal rimpianto''.
Il linguaggio semplice e' giocato sui suoni, i ritmi e le cadenze e ben si adatta ad una poesia delle origini, del mito, della quotidianita' di un tempo intriso di odori e sapori, di colori e ricordi della sua infanzia e della sua terra.
Angelo
Rulli, Ai
figli di Marte (Collana
di poesia Araba
Fenice n. 22), 2006, 8°, pp. 36, Euro 8,00 
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Carmela
Monteleone introduce alla lettura
del libro di poesie
Ai figli di Marte di
Angelo Rullini
Leggendo lo scrivere di Angelo
Rullini, ci si accorge che l'autore e' come se
avesse fermato il tempo. Impresa ardua ma che per Angelo e'
stata possibile. Nello scorrere del tempo, protagonista principale
di questa silloge di poesie, il tempo non e' piu'
tempo ma la gioia del vivere con genuinita' e semplicita'.
e' come se il poeta avesse creato una clessidra in cui
passato, presente e futuro si fondono in quei granelli di
sabbia che scorrono marcando ''i tempi''.
La memoria lo riporta indietro con flashback limpidi di una
infanzia vissuta nella Sicilia di cui non si e' scordato
di decantare nulla.
''... case rupestri/ovili/erbacce trascurate/il
mare che bagna/il sole che brucia/le luci di borgata/i raggi
del sole/le strade polverose''.
Il ricordo dell'infanzia vissuta con ''vecchi
sapori che vivono'', continua ad ondeggiare nella mente,
ma soprattutto nell'animo di Angelo, in un presente
dove il passato fanciullesco diventa la chiave del sorriso
attuale. La nostalgia dell'infanzia lo induce a sognare
ad occhi aperti. Il poeta ci dimostra cosi' una certezza:
''chi di noi non pagherebbe per rivivere l'infanzia
lontana nel tempo''.
Immergendomi nella sua anima, mi accorgo che nei suoi
versi esistono varie componenti che sorgono spontanee. Il
decantare la natura con un amore che ricorda San Francesco,
l'esaltazione della lotta fra l'uomo e il mare
che mi riporta in mente Charles Baudelaire, il fanciullino
che vive in noi che mi indica la poetica del Pascoli.
La
sensibilita' di Angelo salta fuori ancor di piu',
quando tramite la metafora, ci porge problematiche scottanti
e sempre vive, purtroppo, giornalmente. Come non immortalare
la poesia ''Passeri impazziti'' dove l'alba
di bambini che vivono fra le guerriglie e' fatta di
''piccoli sguardi che si domandano perché di tutto
questo?''. Rullini non dimentica cosi', di far
sentire la voce di queste piccole creature che l'uomo
dovrebbe difendere e invece nella sua follia rende vittime
di assurde guerre.
Il mare di Belgrado diventa l'emblema di cio' che
non dovrebbe esistere. In ''Fughe'', Angelo ci mostra
''volti atterriti fuggono dal pianeta della morte''.
Quel pianeta e' la Terra. La distruzione del luogo dove
viviamo, lo riporta in altri tempi ''rivoglio il mio sole
che sa di mare''.
Cosi', Angelo Rullini, soprannominando
la generazione futura, ''Figli di Marte'', ci pone
di fronte ad un amaro quesito facendoci riflettere profondamente
e con amarezza, visto il mondo in cui viviamo: Cosa sara'
dei nostri figli? Il poeta evidenzia come l'uomo,
nonostante gli sbagli passati, non abbia imparato la lezione
del ''giusto vivere''.
A cosa sono servite le ceneri del campo di concentramento
di Auschwitz? ''Cosa diranno i figli di Marte delle follie
che sorvolano i cieli tenebrosi dove le primavere colorate
restano sogni''. Il caos e' sul pianeta Terra.
La verita' e' come dice Angelo. L'unica
cosa che rimane da fare e' ''raccontare loro dei
Beatles'' e del ''rosso tramonto di Ortigia''.
Carmela Monteleone
Angelo Rullini
Ai figli di Marte
2006, 8°, pp. 56
Euro 8,00 Acquista
Angelo
RULLINI nasce ad Avola ma vive e opera a Cassibile. Allievo
di maestri scultori come Pippo Caruso e Giovanni Migliara,
frequenta l'istituto d'arte di Siracusa. L'amore per la propria
terra gli ispira componimenti in dialetto aventi come tema
la cultura popolare, e tra questi una "Storia di Santi".
Si dedica anche
alla poesia in lingua e ne fa una raccolta in "Sensazioni
di vita e di mito". La sua arte vuole essere riflesso
di pensiero che e' presente, passato e futuro attraverso
l'idea dei mito che nasce e si libera nella universalita'
delle cose e dell'esistenza. Nella sua poesia, prima che contenuti,
necessitano suoni di parole, cadenze e ritmi, come nella pittura
prevalgono gli accostamenti di colore e senso estetico che
riportano alla storicita' di ogni manifestazione.
Nel passato ha collaborato a qualche giornale locale, interessandosi
di storia, costumi e tradizioni della provincia di Siracusa,
ma anche della Sicilia in genere. Da diversi anni riscuote
consensi partecipando a diverse rassegne pittoriche e a concorsi
di poesia. Di recente si e' classificato al 3° posto
al Premio Letterario "Il Convivio 2002" tenutosi
a Giardini Naxos, con la silloge "Ai figli di Marte".
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