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Riflessioni con eventuali Commenti |
168) |
Alessandro  |
alex0210@tin.it |
Località: Avola |
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Nei programmi dei candidati spesso si legge che si batteranno per ripristinare la legalità, ma nessuno,a parte un accenno da parte dell'unico candidato donna che sicuramente ho apprezzato, ma che non è servito a spiegare dettagliatamente il mio punto di vista, nonostante fossero informati delle mie istanze estive, nel corso del dibattito voluto da Canale 8, si è pronunciato sul tacito consenso che l’Amministrazione attuale ha dato e continua a dare a delle azioni illegali, rendendosi sorda ed arrogante nei confronti dei cittadini onesti che pagano dei disservizi allo stesso modo di coloro che godono oltremisura di un servizio.
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167) |
Fulvio Maiello  |
fulviomaiello@teletu.it |
Località: Trento |
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Il sistema capitalista
E’ preferibile una società nella quale chi può produce solo ciò che gli serve per vivere oppure dove chi produce lo fa solo per aumentare i profitti e la ricchezza? Se riflettiamo un momento sul quesito possiamo subito identificare le due ipotesi nei due sistemi socio-economici che, da sempre, hanno accompagnato la storia dell’umanità. Il sistema liberista e quello democratico. Possiamo iniziare dall’epoca dei faraoni in Egitto, circa 5 millenni a.c., quando vigeva il sistema liberista che portava nelle casse del Faraone la maggior parte della ricchezza prodotta dai cittadini-sudditi. Non era possibile a quel tempo per gli egiziani pensare di avere proprietà, ma la ricchezza di proprietà del faraone era, di fatto, distribuita alla popolazione che era rifornita di grano, carne, verdura e vestiario. Gli egiziani erano nella stragrande maggioranza poveri ma nessuno stava in sofferenza e la storia ci ha tramandato un’epoca di benessere sociale e di grande civiltà. Quindi non è il possesso di grandi estensioni terriere, di industrie o di grandi quantità di denaro che solo ci può garantire il benessere. Dopo gli egiziani i greci scoprirono, tra le altre cose, che ogni essere umano era libero nel pensiero e nelle opere e nacque così la democrazia che in lingua greca vuole dire “governo del popolo”. Per la prima volta appare sulla scena mondiale la forma politica, ancora oggi in uso, che è la repubblica. Platone non pensava certamente che nella sua repubblica ideale potessero esistere grandi concentrazioni di mezzi materiali nelle mani di una o poche persone. Arriviamo ai romani che conquistarono il mondo allora conosciuto ma nessuno potette elevarsi economicamente al livello dei nostri moderni magnati del petrolio, della televisione e della finanza. I pretori e i consoli, a fine mandato, subivano un processo pubblico per verificare che non avessero usato la carica pubblica per arricchirsi. La circostanza, pensando ai nostri giorni, fa tenerezza. Nel successivo medio-evo si ebbero grandi disordini e molte guerre che concentrarono nelle mani dei vincitori le terre coltivabili e i mezzi di produzione, che al tempo erano rappresentati dalle braccia degli uomini che si ritrovarono sottoposti alla servitù della gleba. All’alba dell’epoca moderna l’umanità si ritrovò soggetta all’arbitrio di pochi padroni, in uno stato di indigenza morale e materiale. Era una situazione insostenibile e, infatti, verso la fine del XVIII° secolo dalla Francia arrivò una nuova grande idea che doveva sostituire gli assetti sociali del tempo. Libertè, Egalitè, Fraternitè.Con la rivoluzione francese caddero molte teste e nel mondo di allora ci fu un sussultò di dignità umana. Sembrava che le nazioni e gli uomini avessero raggiunto un punto di equilibrio nella vita sociale e c’era grande sviluppo nella produzione di beni, accompagnato dalla nascita delle prime organizzazioni operaie e dai primi sistemi di protezione sociale per i più deboli. A mio parere, è la punta più alta di civiltà mai raggiunta in Europa. Anche nel generale benessere, però, si agitavano le insofferenze di quanti non sopportavano i vincoli della convivenza civile e iniziò la ricerca, in altri lidi, di uomini da schiavizzare e risorse da rubare per il profitto personale. Il fenomeno della emigrazione verso il nuovo mondo fu l’occasione per affermare i mai sopiti desideri di parte degli uomini di avere grande libertà di azione e nessuna regola. La grande conquista del west americano con lo sterminio dei pellerossa nativi e la tradizione in catene dall’Africa di migliaia di neri per la coltivazione del cotone lasciò una schiera di grandi capitalisti , i quali ancora oggi, non hanno nessuna vergogna di bloccare al parlamento americano una legge presidenziale che voleva estendere l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini. Per concludere, penso si possa affermare che troppo presto si è abbandonato il concetto che la proprietà privata è un furto. A cosa può mai servire il possesso di dieci ville o molti appartamenti. Solo ad accumulare denaro e arrecare sofferenza a chi non ha un tetto sulla testa. Che dire? Viene spontaneo desiderare la posa di reticolati vigilati ai confini e vietare l’ingresso agli estranei, ma non è possibile. Chi possiede qualche idea la faccia conoscere in fretta perché il tempo che ci rimane per discutere dei massimi sistemi e giocare con la vita degli uomini è finito.
Fulvio Maiello-19 aprilòe 2012
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166) |
Fulvio Maiello  |
fulviomaiello@teletu.it |
Località: Trento |
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I mercanti nel tempio
La Bibbia ci racconta: “ Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe. “ Fu Gesù l’autore del gesto e ci servirebbe anche oggi un gesto simile che la sua chiesa non si sogna neppure di pensare, avendo la proprietà di banche e finanziarie. Oggi i mercanti non stanno più nel tempio ma si trovano dappertutto nelle vie e nelle piazze di ogni città piccola o grande che sia. Si travestono in Banche di credito cooperativo, Casse Rurali ecc.. ma hanno tutte e sempre il compito di rastrellare liquidità monetaria per fare con la stessa profitti. Non possiedono morale per cui portano via tranquillamente l’abitazione a chi non riesce a pagare il mutuo:non sono socialmente utili perché prestano liquidi solo a chi li ha già; giustificano i balzelli imposti ai clienti con le necessità di gestione che, però, non impediscono loro di comprare i palazzi più importanti delle città in cui operano aumentando a dismisura le loro proprietà immobiliari. Anni orsono, un mio amico, direttore di una filiale di banca nazionale, mi confidò che tra le regole auree di un buon bancario c’era l’osservanza di mantenere sempre un differenziale di 7 punti tra gli interessi attivi e passivi. Ciò significa che se io deposito in banca 10.000 euro ricevo un interesse all’uno per cento, come attualmente accade, di euro 100 in un anno, mentre la banca, prestando i miei soldi a terzi, ci ricava 800 euro. Dedotti i miei cento euro alla banca rimangono 700 euro di guadagno netto. Mi pare si possa affermare che, stando così le cose, le banche sono le interpreti più autentiche del concetto di mondo globale senza limiti né regole dove ai pochi privilegiati si contrappongono milioni di esseri umani senza risorse e diritti: una volta si chiamavano sudditi. Non avendo ancora la capacità e la convinzione necessarie per combattere questo capitalismo egoista e globale perché non cominciamo a contrastare questi nuovi mercanti nel tempio? Come? Anche nascondendo i pochi spiccioli che ci sono rimasti sotto un mattone anziché consegnarli ad uno sportello che ti dà un interesse ridicolo.
Fulvio Maiello- 17 aprile 2012
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Fulvio Maiello  |
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Località: Trento |
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 Lunedì, 16 Aprile 2012 16:18 Host: net-188-153-87-230.cust.dsl.teletu.it
Gli alieni sono tra di noi
Ormai da diversi anni siamo bombardati dai media da dati e notizie prima inusuali, ai quali non siamo abituati e che non comprendiamo. Cosa può sapere un italiano di media cultura di bond, aggiotaggio, spread e simili termini? Sembra un linguaggio da alieni che non si sa dove abitano, ma certamente non sono italiani. Qualcuno che sa le cose dice che si tratta di uomini come noi ma che non hanno, come tutti, un volto, un nome, una casa dove vivere e una nazionalità di appartenenza. Sono dappertutto, in ogni località, anche sperduta, ma nessuno può vederli. Nel passato tutti si viveva in gruppi, più o meno numerosi, all’ombra dei campanili che incentivavano la solidarietà e facevano vibrare i cuori con sentimenti come l’amore per la famiglia, la patria e il lavoro. Nelle piccole comunità tutti si conoscono tra di loro e, occorrendo, non si fatica troppo per trovare un aiuto. Una simile forma di società, antica di millenni e che ci dato l’arte, la scienza e la cultura attuali, oggi viene negata e sostituita da forme più moderne di convivenza, inventate dagli alieni e imposte a tutto il pianeta. Gli alieni hanno uno sterminato potere sul resto degli uomini per diversi motivi: perché sono ricchi e possiedono in pochi la maggiore parte delle ricchezze del pianeta, finanziarie, alimentari, naturali; perché sono senza nazionalità e possono agire senza paura di arrecare danno ai propri connazionali che non hanno; perché sono privi di morale e non sono soggetti alle regole che hanno fin qui impedito agli uomini di sbranarsi l’un l’altro come sarebbe nella loro natura. A loro è consentita ogni nefandezza sempre giustificata dal loro unico obiettivo: il profitto. Abbiamo visto nel corso di questa crisi mondiale come grosse concentrazioni di prodotti finanziari abbiano ridotto sul lastrico e alla disperazione milioni di famiglie in ogni parte del mondo e come tengono tuttora sotto la minaccia economica intere nazioni come la Grecia, la Spagna e l’Italia. Mi sembra legittimo a questo punto pormi e porre a tutti una domanda: Tutti abbiamo ceduto una parte della nostra libertà individuale quando abbiamo accettato le regole per vivere in pace con i nostri vicini, e lo abbiamo fatto volentieri, ma adesso che ci viene chiesto di cedere tutta la nostra libertà individuale in blocco come entità nazionale, siamo sicuri che sia una cosa giusta oppure non è che ci viene richiesto un suicidio collettivo? Quando una fabbrica, non più identificabile in un imprenditore, in una famiglia storica per il territorio, ma la cui proprietà è evanescente ed immersa nella nebbia di finanziarie sconosciute, annuncia improvvisamente ai suoi pochi, molti o moltissimi operai che entro pochi mesi l’attività sarà spostata in un territorio lontano e che tutte le maestranze perderanno il posto di lavoro, la prima reazione è di sconcerto e si cerca di capire il motivo di tale scelta. Quando la risposta è che la decisione assunta obbedisce a criteri economici, ovvero nella nuova sede la produzione costa meno e le leggi locali non garantiscono nessuna tutela per gli operai, allora scatta in ogni essere umano un sentimento di rabbia violenta. Non si possono subordinare i diritti fondamentali di ogni uomo alle leggi inumane dell’economia e del libero mercato. Il capitalismo non è sempre esistito nella storia dell’umanità e la civiltà ha progredito ugualmente. Allora ripensiamo alle forme politiche nelle quali ci ritroviamo ingabbiati: la CEE, l’ONU, i sistemi bancari sovranazionali e nazionali e le concentrazioni finanziarie nascoste nelle isole del Pacifico, in Svizzera e alle Bahamas e riprendiamoci la nostra libertà. Disconosciamo i nostri debiti e vediamo cosa succede.
Fulvio Maiello -16 aprile 2012
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ALESSANDRO  |
alex0210@tin.it |
Località: AVOLA |
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Avola, lì 12 Febbraio 2012
Egregio Presidente Sen. Prof. Mario Monti,
da uomo vicino a Pierferdinando Casini, Le scrivo poche righe con la stessa stima e con la stessa fiducia che il leader dell’UDC ha sempre espresso nei Suoi confronti, ma soprattutto mi rivolgo alla Sua persona con tanta umiltà e con la speranza di chi nutre un forte desiderio di sano cambiamento, un sentimento che ha sempre vinto la tentazione di fuggire dalla mia isola in direzione di realtà più felici, una viva speranza che mi dà la forza di resistere all’impulso di abbandonare una nave che affonda, anche a causa di politici che fra le loro numerose qualità, spesso non possono vantare virtù come onestà, senso civico, competenza, senso di giustizia, capacità di valutare obiettivamente i contesti presenti e quelli passati, pagine di storia che molte volte hanno avvantaggiato Regioni, Nazioni e Continenti, indebolendone subdolamente e a volte crudelmente altri, mettendo in evidenza un’azione insensibile che sicuramente esula da tutto ciò che possa essere definito servizio politico.
Egregio Presidente, dopo un volontario contributo giovanile a chi aveva meno fortuna, ho scelto di prestare servizio nella scuola nel ruolo di insegnante.
Alle agenzie educative attribuisco moltissima importanza e penso di non sbagliare se affermo che la scuola, in ordine di importanza, sia l’istituzione educativa seconda soltanto alla famiglia.
E’ palese il fatto che pochissimi sono gli investimenti a favore di un’istituzione utile a migliorare la società futura, ed è inconfutabile che i nostri rappresentanti in Parlamento, al fine di fare quadrare i conti, hanno deliberato tagli che hanno ridotto le risorse all’interno delle scuole, compromettendo inesorabilmente il risultato finale.
Tale risultato spesso non viene adeguatamente raggiunto anche per il servizio prestato dai docenti pigri, che vivono con sofferenza il loro ruolo, quindi non posso biasimare chi giustamente difende a spada tratta la meritocrazia all’interno della scuola, ma credo che un docente si misuri alla fine di un ciclo di lezioni, valutando bene il livello di partenza dei suoi alunni e quello raggiunto nell’arco degli anni grazie al servizio prestato dal loro insegnante.
Aborrisco l’idea di rendere pubblico l’esito della valutazione effettuata a un docente e mi fa paura un’eventuale spada di Damocle che oscilla sulla testa di insegnanti vittime di un potere eccessivo conferito a chi potrebbe abusarne.
Forse in alcuni casi il posto fisso è monotono e a volte anche noioso, ma sono convinto che tale affermazione non sia corretta quando ci si riferisce ad un insegnante, in quanto in una classe un docente deve misurarsi quotidianamente con alunni diversi tra loro, sia dal punto di vista economico sia da quello socio-culturale e, di conseguenza, deve pensare sempre a nuove strategie didattiche, al fine di garantire a tutti il raggiungimento degli obbiettivi programmati.
Egregio Presidente, sulle scrivanie dei dottori commercialisti spesso si accumulano le pratiche di alcuni cittadini che dichiarano dei redditi tali da non potere giustificare l’acquisto di macchine costose, di ville lussuose, di barche, di abiti firmati, di numerosi viaggi di piacere, di gioielli e tanti altri vizi che si potrebbero realizzare soltanto qualora si percepissero redditi molto più alti da quelli illegalmente dichiarati, ma da sempre nei periodi di crisi ad essere maggiormente colpito è colui che cerca di garantire il minimo necessario per sé e i suoi familiari, facendosi bastare lo scarno stipendio che si percepisce con un posto fisso.
L’impiegato statale gestisce un reddito più basso rispetto a molti altri lavoratori che vivono grazie a un posto fisso, ma l’insegnante, a differenza di altri servitori dello Stato di pari livello, ha la responsabilità degli alunni che gli vengono affidati e, come se non bastasse, per il fatto che non sempre il servizio viene prestato in una scuola ubicata nel comune di residenza, un docente dal suo misero stipendio deve sottrarre le spese per il carburante, per i tagliandi del proprio mezzo e, nei giorni in cui per motivi di lavoro è costretto a fermarsi a scuola anche nelle ore pomeridiane, deve farsi carico anche delle spese relative ai pasti.
In linea generale un dipendente statale non ha la possibilità di svolgere una seconda attività utile a guadagnare tanto quanto basta per arrivare a fine mese con maggiore serenità.
A chi svolge attività statale retribuita viene preclusa la possibilità di svolgere un secondo lavoro sin dal 1919, quando Luigi Einaudi sosteneva che il doppio lavoro era una delle cause principali di inefficienza.
Con la finanziaria del 1997 al dipendente pubblico è stato consentito di svolgere un’attività da affiancare al servizio prestato per lo Stato, a condizione che si trasformi il rapporto di lavoro da full-time a part-time e che la seconda attività non determini conflitti di interessi.
Dei due limiti non approvo il primo, ma condivido appieno il secondo, credo quindi che un impiegato statale dovrebbe avere la possibilità di gestire anche altre attività che non siano incompatibili con il servizio prestato allo Stato, a condizione che non vi sia spazio per l’evasione fiscale e che vengano garantiti tutti i diritti degli eventuali dipendenti.
Egregio Presidente Monti, giunti a questo punto, essendo lungi da me un tentativo di approfittare della Sua pazienza, desidero concludere la mia missiva e lo voglio fare ringraziando anticipatamente per la risposta che riterrà opportuno fare seguire alle mie modeste riflessioni, ma soprattutto augurandoLe sinceramente un buon lavoro.
Distinti saluti
ALESSANDRO BUSCEMI
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163) |
Fulvio Maiello  |
fulviomaiello@teletu.it |
Località: Trento |
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Un’occasione epocale
Con la costituzione del governo Monti, una compagine di persone tutte estranee agli attuali partiti politici, si è verificata una situazione inedita per la politica italiana. Per la prima volta ai vertici dei vari dicasteri e alla stessa guida del consiglio dei ministri ci sono persone nuove che non hanno scheletri nell’armadio, conflitti di interesse o privilegi di caste da difendere. Faranno bene e riusciranno a riportare l’Italia al posto che le spetta tra le nazioni? Non possiamo saperlo anche se tutti lo speriamo, ma una cosa deve essere subito chiara: non si può più tornare indietro. Primo destinatario del messaggio è l’ex premier Silvio Berlusconi. E inutile che si affanni ora a dichiarare che la manovra di Monti è recessiva e, non avendo nulla di già fatto da mettere sulla bilancia, continua a promettere di tutto e di più. A sentire lui i sondaggi lo danno in crescita inarrestabile ma, se si esce dal suo universo mediatico, lo troviamo invischiato nella fanchiglia di una palude maleodorante dove stanno tutti quelli, che come lui, hanno ingannato e sfruttato per anni gli italiani. Monti non sarà un santo e non farà miracoli ma almeno ci dirà la verità e non ci prenderà in giro. Gli italiani che hanno un minimo di sale in zucca lo hanno già compreso e non si faranno incantare una seconda volta. Patetici, ancora una volta, sono i suoi scagnozzi: Cicchitto per la camera e Gasparri per il senato che, come scolaretti diligenti, si affannano a chiedere di essere ascoltati dal premier prima di qualsiasi intrapresa. Non hanno capito che il loro tempo è finito e, per il futuro, si preparano grandi novità. I politici che avranno l’onore e l’onere di guidare la nazione negli anni avvenire non potranno più essere veline compiacenti e formose né avvocati senza clienti, medici falliti, come non dichiarare medici falliti quei professionisti che dovrebbero abitare e frequentare le case della Vita, come gli antichi egizi chiamavano gli ospedali, e non le abitazioni del vizio e delle sconcezze, oppure imbroglioni o mafiosi ma dovranno essere persone di sani principi morali, selezionate con cura e che dichiarino di mettersi al servizio del popolo e non di sé stessi o d amici. Questa almeno è la speranza. Potrà avverarsi? Lo spero ma,per intanto, non facciamoci scappare la ghiotta occasione che ci si presenta: aiutiamo il governo Monti e, in attesa di mandarli tutti a casa alle prossime elezioni politiche,ignoriamo le lamentele e le grida dei attuali deputati e senatori che sono i responsabili unici delle attuali difficoltà.
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162) |
Fulvio Maiello  |
fulviomaiello@teletu.it |
Località: Trento |
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Gli irresponsabili
Finalmente il sultano di Arcore si è dimesso e gli italiani hanno subito pensato che si doveva fare festa. Ma, come al solito hanno preso un abbaglio. Non hanno pensato che anche se l’uomo era ormai demolito nella sua credibilità e scaricato da tutti in campo internazionale ad eccezione del suo amico comunista Putin, i suoi scagnozzi rimanevano imperterriti a resistere nelle loro ridotte. Hanno reagito alla rovina del capo e loro con la pretesa di una reazione disperata. Come tanti kamikaze si sono lanciati in una campagna verbale di disconoscimento della realtà e della verità sulla falsariga dei comportamenti inaugurati e seguiti sempre dal cavaliere. Abbiamo sentito frasi come “ nessuno ci ha sfiduciati”, siamo “La maggioranza scelta dagli italiani” daremo la fiducia a Monti solo se “ farà ciò che diciamo noi” altrimenti “stacchiamo la spina quando vogliamo”.I Ferrara, Alfano, Cicchitto, per citare solo i più impegnati, non si rendono conto del male che stanno arrecando non dico agli italiani ma, in primo luogo, al loro comandante in capo. Evidentemente non capiscono i segni della storia. Quando Cicchitto si lamenta del comportamento da Piazzale Loreto solo perché alcune centinaia di cittadini si sono permessi di fischiare, pacificamente, al passaggio dell’unto del signore, non si rende conto che, con tale pervicace attaccamento personale alla poltrona, non fa altro che incoraggiare le soluzioni più estreme. Tutti quelli che chiamo gli irresponsabili debbono finirla di organizzare gruppi di dimostranti con bandiere e cori tipo “ meno male che Silvio c’è” che servono solo a Berlusconi che ha un disperato bisogno di sorridere e agitare i palmi delle mani, possibilmente issato sul predellino di un’automobile, per sembrare più alto, altrimenti si trasforma subito in un vecchietto pieno di rughe e di pensieri. Se un giorno, che nessuno si augura possa mai arrivare, un disperato o un pazzo pianterà una pallottola in mezzo agli occhi di Berlusconi, sarà stato lui e gli altri come lui ad avere premuto il grilletto. La storia non fa sconti e come durante la rivoluzione francese, alla caduta del fascismo oppure del tiranno libico è stata la violenza a determinare il corso dela storia e nessuno si sogna oggi di dire che i francesi hanno commesso dei crimini tagliando tante teste nobiliari oppure che gli italiani giustiziando il duce abbiano commesso chissà quale crimine più grave degli innumerevoli crimini commessi dal fascismo, come anche la vita di Gheddafi non è certamente più importante delle migliaia di cittadini libici martirizzati nelle prigioni e sotto le bombe. Come adesso non si trova più uno solo dei mercenari sudanesi di Gheddafi, presumibilnte dispersi tra le dune del deserto, così in un futuro ormai prossimo nessuno si ricorderà più di Ferrara, Cicchitto, Alfano, Gasparri, Santanchè e Brambilla, rientrati nelle loro funzioni naturali di piccoli uomini e donne alle prese con i problemi quotidiani di tutti.
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Laura Spazzacampagna  |
la.spazzy@libero.it |
Località: Roma |
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(Roma, Indignados – Day)
Tracciamo una linea. E’ urgente

Se non fosse che sono stata lì, direi che si tratta di un film. Di una specie di un film dell’orrore. No, orrore è una parola che rimanda ad uno stato d’animo suscitato da qualcosa di grande. Qui non si trattava di questo. Si trattava di violenza senza senso. E questo non genera orrore, genera una sorta di straniamento. Sì, forse “straniamento” è la parola adatta.
Straniato era il corteo davanti al montare delle azioni di distruzione che andavano aumentando, suscitando le reazioni delle Forze dell’Ordine. Straniata era la città, in parte assente, in parte nascosta dietro angoli di strade e dietro persiane socchiuse. L’effetto è stato di deserto. Come ogni situazione di violenza sull’ambiente, l’effetto è la perdita delle risorse vitali. E così in questo caso ciò che si è perso è stato l’aspetto umano, la valenza rivendicativa legata a delle vite reali di persone vere, ad un disagio legato ad una quotidianità fatta di famiglia, lavoro, e, perché no, anche solitudine. Questa immagine straniata delle piazze e delle strade da cui sono diventate improvvisamente assenti quelle vite reali, quelle stesse strade e piazze riempite delle sterili rivendicazioni alla sterile rabbia di qualche centinaio di persone non di certo animate da spirito di condivisione di un disagio quotidiano e di una sofferenza, non di certo motivate da uno spirito di rivendicazione messo in condivisione, questa immagine riempirà da domani telegiornali e prime pagine dei giornali, lasciando lo stupore attonito di quanti c’erano e non c’erano. Il dolore che nasce da questo effetto di straniazione, è quello di un esproprio da un diritto del vivere civile che è quello di manifestare il proprio disagio e la propria volontà e libertà di pensiero; è il dolore di centinaia, e centinaia, e centinaia di persone che sono dovute andare altrove, non a manifestare, alcuni a casa delusi, altri in altri punti di ritrovo per ragionare e rielaborare l’espropriazione vissuta di un momento di vita vera strappato alla vita vera.
Quanti erano? “Loro” poco più di cinquecento; “noi” a migliaia. E’ questo il dolore della straniazione. Può una parte decidere per il tutto? Rinominarlo? Ribadire modalità e posizioni contro quelle migliaia? E’ insopprimibile il bisogno di dire no, di dire basta.
Eppure non è possibile neanche accogliere il commento di chi vuole quei facinorosi in carcere. Quegli stessi facinorosi con cui tanti giovani manifestanti hanno tentato di avere uno scambio dialettico, foss’altro che per dire: noi soffriamo questa società quanto e più di voi, ma non per questo reagiamo come voi: perché E’ INUTILE. L’inutilità come sensazione successiva all’evento di distruzione è diffusa. Nei commenti di chi se ne va a casa deluso; nei commenti dei giovani che ambivano a far valere le proprie sacrosante rivendicazioni per un sacrosanto diritto al futuro; nei commenti degli osservatori, politici come di commento giornalistico. Tanta era l’aspettativa per riprendere in mano la rotta di un’Italia che voleva segnare la direzione verso il diritto nel senso più esteso del termine, quanta è stata la delusione davanti al potenziale che ci si trovava davanti.
Perché dico che non è il carcere, l’isolamento e la segregazione degli elementi di disturbo, che hanno avviato le azioni violente? Perché l’effetto che hanno provocato è lo stesso effetto di cui sono stati nutriti dalla violenza sistematica di una politica verso le reti di relazione e di solidarietà sociale che erano stati posti in essere in una società un tempo democratica. Così, come il processo dall’alto è stato quello di annientare il diritto dell’anziano e del bambino alle cure gratuite, di annientare le reti di comunicazione e di relazione a favore di un mondo fatto di relazioni virtuali, in cui ci si proietta in un altrove mediatico senza più aver contatto con la propria dimensione umana interiore e circostante, di annientare il diritto al lavoro, alla salute, alla socialità, alla cultura, all’istruzione, in tutto il mondo della base di movimenti violenti viene riprodotto lo stesso schema “de socializzante”. Qualunque sia il volto che si vuole mettere davanti alla violenza, la distruzione portata dall’annientamento dell’azione solidale di protesta non violenta parla da sé. Ed isolare questi facinorosi non porta che a ribadire la loro motivazione a manifestare in modo violento contro un potere violento. Solo il dialogo e la relazione può aiutare ad invertire questa rotta di straniamento, di isolamento, di fallimento, di delusione. Non è possibile perdere ancora, non in questo, non da qui, da questo giorno che avrebbe dovuto essere di protesta gioiosa.
Stabilire un limite, con un servizio d’ordine, è stabilire una linea di rifiuto di qualcosa. Di un qualcosa che per oggi ha provocato una sconfitta.
C’è molto da fare, tutti i giorni, parlando sui mezzi pubblici col vicino di posto, facendo la fila alla cassa la supermercato o la spesa in un mercato rionale. C’è molto da fare affinché si ritorni indietro, affinché questo un domani diventi solo un brutto ricordo. Tracciamo una linea, allora: non tra i facinorosi e gli altri manifestanti, ma tra il dialogo e la chiusura al dialogo; tra cosa crea rete, rapporti, forza, e cosa distrugge tutto questo.
Ma tracciamo una linea. E’ urgente.
Laura Spazzacampagna
Renato Lunedì, 17 Ottobre 2011 17:47 Host: 93-46-33-191.ip105.fastwebnet.it
Cara Laura,
sono Renato, 65 anni quasi, moglie e due figlie laureate, per trent'anni emigrante ora felice pensionato. Pacifico ma non pacifista. La violenza non mi piace ma mi rendo conto che fino a quando esistono i violenti si può reagire solo con la violenza.
Non sono riuscito a completare la lettura del tuo scritto.
Non offenderti ma se io fossi stato un responsabile del forum, tale scritto non lo avrei mai pubblicato.
Non si può e non si dovrebbe, per lo meno le persone intelligenti non dovrebbero, a mio avviso ben inteso, giustificare quello che è successo a Roma. Appoggio totalmente le ragioni della protesta, quella tranquilla, serena, oserei dire gioiosa. Come si potrei non appoggiarle? sono anche le mie ragioni!
Quello che, mi permetto di dire, tu non hai assolutamente capito, non voglio pensare di peggio, è che quelle alcune centinaia di teppisti se ne fregano altamente delle ragioni per le quali si manifesta. Sono presenti ovunque e per qualsiasi ragione anche assolutamente futile quale un fischio in più di un arbitro durante una partita. La loro testa è piena di violenza il loro corpo di sostanze "strane" probabilmente. Loro con predeterminazione hanno rubato a centinaia di migliaia di altre persone, non solo giovani, il diritto di manifestare, colpendo anche i manifestanti veri pur di farsi avanti. Per nascondere la loro intenzione si sono avvolti nella bandiera della pace per poi tentare di uccidere. Sì Uccidere!......o farsi uccidere.
Ora tu mi parli: "Perché dico che non è il carcere, l’isolamento e la segregazione degli elementi di disturbo, che hanno avviato le azioni violente? Perché l’effetto che hanno provocato è lo stesso effetto di cui sono stati nutriti dalla violenza sistematica di una politica verso le reti di relazione e di solidarietà sociale che erano stati posti in essere in una società un tempo democratica". Fine citazione
No cara Laura, questa gente non ha nulla a che vedere con quello che tu dici, sono delinquenti della peggior specie, per le loro teste bacate parole come politica, relazione e solidarietà sociale ecc. sono senza significato, o addirittura ridicole.
Ritengo la nostra società, che è anche mia e tua una società altamente democratica pur se non perfetta, e mi offendo quando qualcuno sostiene il contrario.
In una società non democratica episodi come quelli di ieri sono finiti in stragi. Siria. Ti basta?
Il semplice fatto che quello che è successo ieri sia potuto succedere dimostra senza ombra di dubbio la nostra democraticità. Su questo non ci piove.
Tornando a quei delinquenti che tu vuoi, nemmeno poco velatamente giustificare, io e la stragrande maggioranza degli italiani, diciamo: carcere ma carcere duro e lungo poi prima di poter rientrare nella società, quella vera, non la loro, un paio d'anno di lavori socialmente utili, anche in certi paesi detti sottosviluppati dopo aver pagato i danni causati ben inteso.
Io no ho i tuoi mezzi per poter esprimere il mio pensiero, così come tu hai fatto con il tuo, confido pertanto nella tua ospitalità.
Ciao Renato
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Alessandro Ricci Lunedì, 17 Ottobre 2011 17:51 Host: 93-46-33-191.ip105.fastwebnet.it
Cara Laura,
ho letto con emozione crescente le tue parole. Devo dire che, se condivise dal 90 % dei cosiddetti "indignati" (come sono certo che siano ), possono rappresentare la base per la crescita della consapevolezza del movimento nella sua forza. Quando scrivi: "Tracciamo una linea, allora: non tra i facinorosi e gli altri manifestanti, ma tra il dialogo e la chiusura al dialogo; tra cosa crea rete, rapporti, forza, e cosa distrugge tutto questo". Dici esattamente quello che è l'obiettivo fondamentale che il movimento deve porsi per crescere. Ancora una volta si è ripetuto lo schema di Napoli e Genova nel 2008 così bene descritto da Cossiga in un'intervista a la Repubblica in quello stesso anno: "Un'efficace politica dell'ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti [...] l'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita [...] io aspetterei ancora un po' e solo dopo che la situazione si aggravasse e colonne di studenti con militanti dei centri sociali, al canto di Bella ciao, devastassero strade, negozi, infrastrutture pubbliche e aggredissero forze di polizia in tenuta ordinaria e non antisommossa e ferissero qualcuno di loro, anche uccidendolo, farei intervenire massicciamente e pesantemente le forze dell'ordine contro i manifestanti. (dalla lettera aperta alle forze dell'ordine dell'8 novembre 2008; citato in "I consigli di Cossiga", "la Repubblica", 8 novembre 2008)
Sapere e ricordare questo è importante per non farsi imprigionare nei fatti narrati dagli altri e per costruire modi e contenuti che inceppino questa macchina oscena.Forse così si può iniziare a tracciare quella linea, ma non basta. Fondamentale è che dopo Roma il movimento non si chiuda, non si faccia intimidire e rafforzi ed estenda la sua rete sociale con il confronto ed il dialogo. E pensi ad una qualche forma di organizzazione che sia il corpo vivo e riconoscibile del movimento. Un abbraccio, cara Laura
Alessandro
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Fulvio Maiello  |
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Come il pifferaio di Hamelin
Alziamo lodi al Signore e intoniamo i peana che la circostanza richiede. Finalmente l’opposizione politica del nostro paese si è accorta dell’assurda e vergognosa situazione in cui è ridotto ad operare il Parlamento. Berlusconi, come il pifferaio di Hamelin, ci sta tutti traghettando verso il baratro. Tutti se ne sono accorti nel mondo, tranne gli italiani che cincischiano indecisi in attesa che ci pensi qualcun altro. Meglio tardi che mai, ma, se Bersani, Casini, Di Pietro e gli altri ci avessero pensato prima sarebbe stato meglio. Personalmente io sarei dell’opinione di intraprendere una guerra totale. Astensione continua dalle attività parlamentari fino alle dimissioni del premier oppure allo scioglimento delle camere. Vorrei vedere come se la caverebbe il Capo dello Stato,di fronte alla cancellazione di ogni forma di opposizione costituzionale. Qualcuno, per favore, spieghi a Franceschini o Di Pietro che i loro appassionati interventi non smuovono di un millimetro le falangi dei berluscones. La loro presenza in aula serve solo a legittimare l’abuso del potere e d è un fatto puramente formale. Allora ne prendano coscienza e lancino la palla al Colle, il quale non potrà cavarsela con una letterina. E’ un’azione politica che non può passare inosservata nel resto del mondo e, forse, spingerebbe i potenti della terra a intervenire in Italia, come fecero nel secolo scorso. Non abbiano timore perché ormai il re è nudo e, se non se ne sono accorti, segnalo loro che è iniziata la fine del capitalismo e del mercato come li intende Berlusconi. A questo mondo non c’è niente di eterno e tutto passa più o meno in maniera indolore ma più spesso con la violenza. Alla fine del settecento i francesi incavolati tagliarono un po’ di teste e regalarono al mondo i concetti di “Libertè, Egalitè e Fraternitè”, poi fu la volta dei russi, stanchi delle ruberie degli zar che ridiedero il potere al popolo. Poi finì come finì, ma non certo per volontà del popolo russo. Infine anche gli italiani si ribellarono ai soldati di Radescki e ci diedero la nostra Italia con le rivolte armate iniziate negli attuali covi della Lega. Vedi l’ironia della sorte, ma tanto Bossi non è in grado di capirla. Oggi si muovono gli indignados che rumoreggiano sotto le finestre di quelli che tengono nelle mani i destini del mondo: i capitalisti e finanzieri di Wall Street a New York. Allegri, la soluzione dei nostri problemi si avvicina, anche contro la nostra volontà.
Fulvio Maiello
Trento 13 ottobre 2011
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Fulvio Maiello  |
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Mi stupisce l’assoluto distacco che la famiglia Berlusconi, se di famiglia si può ancora parlare, dimostra rispetto alle estemporanee uscite e trovate di Berlusconi senior. Cosa deve ancora fare perché si decidano a chiedere la sua interdizione prima che faccia male a se stesso dopo che al popolo italiano? Se aspettano ancora un poco delle sue grandi ricchezze troveranno ben poco perché di escort affamate è pieno il mondo e non avranno alcuna difficoltà a rosicchiare una pezza di formaggio così grossa e appetibile. La moglie lo ha abbandonato e i figli sono impegnati nella gestione dell’impero. Se qualcuno non provvede di tanta ricchezza rimarrà ben poco. Occorre ricordare che il denaro serve per vivere e non si vive per il denaro? Poiché ritengo molto improbabile un intervento in tal senso allora mi rivolgo a tutti gli italiani perché siano essi a fare qualcosa.. Non invito nessuno a prendere le armi, né a scendere in piazza, né ad altre forme di violenza ma solo ad un comportamento comune. Per prima cosa debbono tutti rendersi conto che Berlusconi è un uomo malato in preda ad un delirio di onnipotenza che più che di condanne penali ha bisogno di pietà e di cure. Purtroppo la spirale che ha iniziato va avanti, ormai, anche senza di lui. Pensate ai pesci che rilasciano milioni di uova perché qualcuno possa sopravvivere alla caccia spietata dei predatori in maniera da assicurare la sopravvivenza della specie. Anche Berlusconi ha disseminato dovunque le sue spore e non basta eliminare lui per guarire dalla infezione anzi dirigendo, come si sta facendo, tutte le attenzioni su quello che fa e dice, si lascia che i suoi discepoli continuino nella nefasta opera di distruzione. La mia ricetta, a questo punto, è di lasciare il premier al suo destino e non interessarsi più di quello che fa o dice e dirigere piuttosto l’attenzione di tutti gli uomini di buona volontà al contrasto delle metastasi disseminate sul territorio. Fin dai più piccoli paesi dove ci sono suoi seguaci, ai rappresentanti locali del suo partito e agli eletti nelle amministrazioni comunali, nelle provincie e nelle regioni occorre ritenere tutti costoro responsabili delle stesse colpe imputabili al capo e quindi esternare loro pubblicamente tutto le rimostranze, la condanna e il disprezzo della gente che non è più disposta a sopportare altre umiliazioni. Un invito particolare va ad alcuni personaggi del suo entourage che per una certa classe ed eleganza, di cui fanno sfoggio, pensano di potere tranquillamente sopravvivere all’imminente caduta del loro capo. Mi riferisco al sottosegretario alla presidenza Gianni Letta e al manager Fininvest Fedele Confalonieri. Se vogliono veramente bene al loro amico gli siano più vicini anziché dedicarsi alla musica classica e al teatro e lo aiutino a districarsi dal cul di sac in cui si è cacciato.
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Fulvio Maiello  |
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Il default della nazione
Quando una nave si inclina da una parte o dall’altra e comincia imbarcare acqua il suo destino è segnato ed è quello il momento in cui, per primi, i topi cominciano ad abbandonare l’imbarcazione. I topi sono animali, come ci dicono, non intelligenti eppure riescono a capire quando è arrivato il momento di mettere in salvo la pelle. I nostri deputati del popolo della libertà, invece, restano sordi ai segnali che stanno arrivando numerosi e sono tutti schierati sul ponte decisi a seguire il loro capitano negli abissi marini assieme alla nave. Onore alla dedizione ma che escano in fretta dalla scena. Quali sono i segnali? Anzitutto l’invecchiamento della televisione come strumento di propaganda e plagio delle masse. Ora è il web ad essere salito in cattedra e con la sua capillare rete di contatti è riuscito a scuotere anche i regimi dittatoriali che sembravano forti restituendo ai ve.ri titolari i diritti e la libertà. Berlusconi non è il padrone del web. E’ vero che anche da Internet bisogna guardarsi perché c’è sempre il rischio che qualcuno prenda la barra del timone per condurre la barca dove fa comodo solo a lui. Come prima cosa occorre fare delle norme ferree perché ciò non possa più succedere  arlo del conflitto d’interessi. L’altro segnale è lo scricchiolio della dottrina assunta a credo religioso dall’attuale premier:la globalizzazione senza regole. Berlusconi non riesce nemmeno a concepire che una società metta insieme tutte le forze disponibili per assicurare a tutti i suoi componenti una vita decente e tranquilla. Per lui l’unica legge che capisce e quella del far-west dove ha sempre ragione chi ha più pistole e spara per primo. Lo scricchiolio si è avvertito, ed è la prima volta, proprio nello stato in cui è nato: gli Stati Uniti d’America. Anche oltre oceano, come in Italia la politica, non essendo in grado, per come è gestita di governare i processi della società viene clamorosamente smentita dalle forze economiche che bloccano di fatto ogni provvedimento. Abbiamo visto tutti la fatica che ha fatto il presidente Obama per convincere i repubblicani a partecipare, sia pure solo formalmente, al salvataggio della nazione dal fallimento. Non è servito a niente: i mercati non hanno creduto agli impegni dei repubblicani e hanno fatto bene. Infatti i ricchi, prima di perdere un solo granello del loro denaro lo sanno tutti che sono pronti a rimangiarsi la parola data e non rispettare gli impegni assunti. Anche in Italia c’è la stessa situazione con l’aggravante che, malgrado la schiacciante maggioranza in parlamento, il governo non riesce a varare un solo provvedimento utile al paese e di tutto si parla tranne di provvedimenti che aggrediscano l’evasione fiscale, sottraggano parte degli enormi utili alle finanziarie, grandi aziende e patrimoni privati. Questi sono i provvedimenti che aspettano i grandi capitali internazionali per allentare la stretta e dare un momento di respiro alla nostra economia. I nostri governanti, come i repubblicani in America, fanno finta di non capire. Ciò si deve alla imbecillità e carenza di cultura sociale di chi ha la guida del paese. Cosa ci si poteva aspettare di diverso da una masnada di azzeccagarbugli falliti, domestici ignoranti, zoticoni, analfabeti, violenti, ladri e donne di strada, tutti guidati dal principe dell’imbroglio? Considerato che la televisione ha perso il potere di manipolare i fatti e nascondere la verità, gli italiani hanno ormai già compreso come stanno le cose e, ora, non resta che farlo capire a chi ci governa. Sarebbe poco elegante vedere tante donne, anche carine, fare la fine dei topi che non sono riusciti a scappare. Animo, muovete le chiappe, prima che sia troppo tardi.
Fulvio Maiello 8 agosto 2011-Trento
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Fulvio Maiello  |
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Sono stanco di parlare di politica e voglio prendermi una pausa. C’è un argomento nuovo che m’intriga ed è il web con la sue novità ma anche pericoli. Rappresenta indubbiamente il superamento della pubblicità cartacea prima e della televisione dopo. La grande novità è che prima i messaggi partivano da una origine ben determinata, chi pagava i costi, ed erano diretti a tutti, ora i messaggi sono personali e vengono scambiati tra privati. Almeno così ci sembra. Se si segue facebook si nota subito un intreccio di comunicazioni e scambi di foto e musica che, francamente mi sembrano esagerati. C’è un uso abnorme delle nuove tecnologie con un diluvio di foto digitali che, a pensarci bene, non tutte possono interessare i destinatari o i frequentatori della nostra bacheca. Certo che tutti si sentono in dovere di fare i complimenti ed esprimere sentimenti di condivisione che, a mio parere, suonano falsi da lontano. Sono indotto a pensare che il fenomeno nasce dalla solitudine e dalla mancanza o insufficienza di affetti sicuri. Sono tutte richieste di aiuto che arrivano da persone che non sanno più dove rivolgersi e mandano le loro invocazioni nell’etere. A qualcuno arriveranno. Ecco il pericolo: ora anche i nostri sentimenti più intimi vengono registrati e trasferiti in un database dalle proporzioni infinite. Se è vero, come è vero, che la conoscenza è potere anche gli impercettibili fremiti dei nostri cuori possono essere usati per scopi impropri e farci un domani schiavi di nuovi dittatori. Personalmente, sarà per l’età,preferisco tenere per me alcuni sentimenti intimi perché i destinatari non debbono avere bisogno di esternazioni verbali o cartacee per riceverli ma, naturalmente, non mi sogno neppure di rivolgere una critica a tutti quelli che li esternano volentieri a tutti. Vorrei solo che si aprisse una discussione franca e aperta su queste tematiche perché mi sembra impossibile l’abbondanza di amore che riempie le pagine del web.
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