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Nome Riflessioni con eventuali Commenti
19) Benito Marziano  Maschio
benito.marziano@virgilio.it
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Noto
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Lunedì, 8 Gennaio 2007 04:54 Host: host102-154-static.104-80-b.business.telecomitalia.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Emozioni e ballate della nostalgia di Patrizia Tomba
Libreria Editrice Urso, Avola dicembre 2006, pagine 72, Euro 9,00

» in libreria, edito dalla Libreria Editrice Urso, una pregevole silloge di poesie della poetessa romagnola Patrizia Tomba. Il filo conduttore, il leitmotiv, direi, della raccolta ce lo suggerisce, gi‡ nel titolo, la stessa autrice: le emozioni e la nostalgia. Quelle sue, ovviamente, ma anche quelle del lettore che rimane subito conquistato dalla lettura.

Sono tanti i temi affrontati da queste rime, líamore, innanzitutto, quello per i luoghi, per quelle ìpietre pietoseî che allungano le loro mani su di lei ìcome una carezzaî (Pietre pietose), che Ë poi la carezza non soltanto delle pietre (che pure ci accarezzano), ma anche delle persone care, degli amici che fra quelle pietre hanno con noi vissuto e continuano a vivere, anche quelli che non sono pi? con noi. Ma Ë anche la carezza delle gioie e delle tristezze che fra quelle pietre abbiamo goduto e patito, Ë la carezza della nostra stessa infanzia, chÈ in quelle pietre ci sono tutte queste cose, e cíˆ anche un poí, o forse molto, di noi. Ma cíË, in alcune liriche, anche líaltro amore, líamore tout court, quello che magari ci far‡ soffrire ma che tuttavia, dice la poetessa, ìmi ha insegnato una gioiaî tale che, al peggio, non puÚ lasciare che un ìdelizioso sfaceloî (Delizioso sfacelo). E persino soltanto nel ricordarlo, un amore ìin voli gli affanni del cuore / dissolve di uccelli migranti / (Ricordo díamore).

» come una dolce amica la malinconia che alla Nostra va incontro con il volto dellíautunno, accompagnato dalla mesta serenit‡ dei suoi colori, dallíimmenso silenzio dei viali rotto soltanto dai ìtonfi sordi sul cavo suolo della stradaî dei ìduri frutti degli ippocastaniî (Autunno).

Non trascura, la Nostra, i temi sociali, vedi per tutti, Entropia, fra scienze sociali e filosofia dove scolpisce in due versi di forte denuncia la condizione dellíanziano che, in questa societ‡ arida egoista distratta ìÖ vede il suo ordine sacro saltare / in lapilli e detriti, cíË solo da dire che preferisce morireî. CíË altro da dire sulla condizione dellíanziano? Cosa si puÚ aggiungere ancora, oggi, in questa nostra societ‡ che si dibatte fra ipocriti riconoscimenti della funzione sociale degli anziani e la loro reale emarginazione che si esprime, persino, nel ricordare continuamente che le loro cosiddette ìaspettative di vitaî sono andate un poí troppo, forse, pi? in l‡ di quanto sarebbe stato conveniente per gli interessi dellíeconomia di lor signori.

Permea per intero questo componimento, al di l‡ dellíamarezza di questi versi conclusivi, una sottile ironia circa la supremazia di industria e di impresa su ogni altro valore, anzi, divenuti gli unici valori di questo tempo che giunge persino a identificare con esse il progresso. Non cíË forse da ricercarne le cause, sembra dire Patrizia Tomba, nel ripudio di quella ideologia che ìnoi che líabbiamo in cuore / sappiamo che non muoreî e ìforse Ë la ginestra del poetaî (Eravamo in quattro). Forse, come gi‡ il ìpoetaî simboleggiava nella cedevolezza della ginestra di fronte al fuoco la speranza del nascere di una solidariet‡ fra gli uomini, che tanto poco regna oggi, ma forse ancor meno nel passato, cosÏ la Nostra sembra dare un certo credito a tale eventualit‡ e, forse magari, al rinascere dellíideologia se quel fiore vinto dal fuoco ìÖ ancora / innalza il suo cantico fioco.î ††

Chiudono la raccolta le Ballate della nostalgia che sono un ritorno alla sua infanzia, a quellíet‡ a cui non si puÚ guardare se non con quegli occhiali piacevolmente deformanti del rimpianto e della nostalgia, anche, direi, quando si ha un passato da comunista ìtroppo ideologizzatoî (Cantico del pentito), ma per fortuna, appunto, comunista pentito, avendo cominciato ad apprezzare le fortune di questa nostra felice societ‡ dove se ìservon organi ai trapianti? / Ci son bimbi abbandonati!î E cosÏ, il comunista ìcon grilli in testaî di un tempo, ora puÚ dirsi ìÖrinsavito, / e direi quasi rinato: / sono un poí rincretinito, / ma non pi? ideologizzatoî

Leggere le poesie di Patrizia Tomba non Ë soltanto trascorrere molto piacevolmente un poí di tempo leggendo buona poesia, ma anche ricevere un ottimo impulso alla riflessione su alcuni problemi reali ed esistenziali che angustiano questo nostro tempo cosÏ distratto e con lo sguardo rivolto soltanto a concorsi a premi televisivi, reality show, lotti e lotterie, e altri falsi miti a cui sempre pi? ci vogliono consacrare i nuovi persuasori neanche tanto occulti.

Noto, 4 gennaio 2006

Benito Marziano
18) Bianca Scicolone  Femmina
Località:
GELA
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Domenica, 26 Novembre 2006 19:57 Host: host109-127-static.63-82-b.business.telecomitalia.it Scrivi un commento

Giovanni Manna, Un pianeta da (ri)scoprire - Gela: la mia, la tua, la nostra citt‡, pagine 88 - EURO 10,00
Mix tra realt‡ e fantasia di Manna
Pianeta da riscoprire - Un libro sulla citt‡ di Gela


Un pianeta da (ri)scoprire in un viaggio tinto di realt‡ e fantasia che ha come meta e al contempo come punto di partenza la citt‡ di Gela. Un libro che riscopre la citt‡ attraverso uníesplorazione, <<Un pianeta da (ri)scoprire ñ Gela la mia, la tua, la nostra citt‡ di Giovanni manna, 25 anni laureato in lettere classiche, ora a Milano lavora per la KlausDavi e Co sar‡ nelle librerie a fine mese, Nella sua prima opera edita dalla Libreria Urso, con uníintroduzione di Luciano Vullo, manna parla della sua citt‡ natale in chiave ironica, attraverso uníanalisi sulle abitudini quotidiane e il dialetto della citt‡. Il tutto raccontato mixando ironia e fantasia, utopia e realt‡, passato e presente. !îIn questo libro ñ spiega líautore ñ ho voluto fare una riflessione sulla realt‡ attuale, in un presente che non sempre rievoca líattualit‡ del passato, per cercare di evitare le sabbie mobili del futuro. Un viaggio ñ continua Manna ñ che si sviluppa in due direzioni, una geografica, líaltra temporale, con un viaggio nel viaggio, che a partire dalla colonizzazione fino ai nostri giorni, ripercorre il background storico di Gela per una volta rivisto in chiave fantasiosa ma allo stesso tempo reale.
17) Nicola Madia Jr 
Località:
Roma
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Mercoledì, 4 Ottobre 2006 04:50 Host: host107-154-static.104-80-b.business.telecomitalia.it Scrivi un commento

Altri anni, di Benito Marziano, Libreria Editrice Urso
Non sempre la nostra Rivista segnala libri di contenuto tecnico-giuridico. A volte capita che ai nostri lettori presentiamo un volume che ci ha particolarmente colpiti, lontano dai nostri temi quotidiani ed in grado di rapirci e di distrarre la nostra mente per qualche momento alla fine della giornata di lavoro. †††††††

†††††††† La raccolta di poesie di Benito Marziano, soprattutto per chi Ë appassionato di questo genere letterario, fa parte di questo catalogo. Del resto, a dimostrazione del valore dell'opera, Giovanni Stella, fine ed apprezzato scrittore siciliano, nonchÈ affezionato lettore e sostenitore de "Gli Oratori dei Giorno", ne ha curato la presentazione.

††††††††
†††††††† Per descrivere questa prima pubblicazione del Prof. Marziano, e segnatamente il suo talento di poeta, Stella non esita ad impiegare una nota espressione di Fernando Pessoa: "Il poeta Ë un fingitore. Finge cosÏ completamente che arriva a fingere che Ë dolore il dolore che davvero sente". ††††††††

†††††††† Ecco, leggendo le poesie di Marziano si ha la netta sensazione che egli, come tutti i grandi poeti, per un verso percepisce tutti i dolori del mondo, per l'altro si sforza di viverli con il distacco necessario ad inquadrarli nei loro tratti precisi cosÏ da poterli raffigurare e scolpire in maniera esatta nei suoi versi.

†††††††† Dalle sue poesie traspare, per l'appunto, come egli sia una persona che avverte profonda sofferenza ma che nel momento in cui partorisce la sua arte deve fingere di non provarla proprio per raccontarla. ††††††††

†††††††† In questo senso, colpiscono i versi che compongono "Il segreto della felicit‡" dove si avverte tutto il dramma interiore di un uomo che con lucidit‡ e freddezza ritrae i dolori di una vita con allusioni indirette e mai esplicite ma, per questo, idonee a suscitare un sentimento di malinconia e tristezza che solo il poeta ha la capacit‡ di provocare.

Nicola MadÏa jr.

GLI ORATORI DEL GIORNO Anno LXXIX N. 4, Roma Giugno 2006
Rassegna mensile díeloquenza fondata nel 1927
16) Benito Marziano  Maschio
benito.marziano@virgilio.it
Località:
Noto (Sr)
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Venerdì, 15 Settembre 2006 19:22 Host: host85-245.pool21345.interbusiness.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Tra lampo e tuono, di Enrico Camaggi

ìCome fossimo ormai / storie sognateî, leggiamo in Inamato amore, una delle poesie della silloge ''Tra lampo e tuono'' di Enrico Camaggi, opera appena pubblicata a cura della Libreria Editrice Urso di Avola. E ci sembra che in questi versi si possa racchiudere la cifra dellíintera silloge. Rivive una storia díamore, Camaggi, ma come fosse stata soltanto sognata, perchÈ di quellíamore gli sono rimasti solamente i ricordi e le lancinanti ferite ìdella feroce dolcezza di una femmina î (Mantide). » il racconto di un unico lungo lamento díamore, e la sua unitariet‡ ci sembra volutamente rafforzata dalla totale mancanza di punteggiatura e di maiuscole. » un ricordo-rimpianto, vogliamo qui far risaltare la fusione in uno dei due sentimenti, e con il trattino díunione come piacerebbe al Nostro, che fa frequente uso di questo piacevole e originale espediente. Un ricordo-rimpianto, dicevamo, che qui ben rende il senso di un amore perduto che, pur nel dolore dellíora, ora che Ë perduto, Ë perciÚ stesso bellissimo, perchÈ proprio gli amori perduti sono† sempre i pi? belli.

E ci racconta, il poeta, situazioni e momenti di questo suo tormento, di ìquesta stanchezza / malata di miraggi infaticabiliî (Nellíinsonnia), con un linguaggio efficace, ricco di invenzioni linguistiche: dicevamo dellíuso frequente di parole legate dal trattino, ma anche di ancor maggiore originalit‡, ci sembrano, le fusioni di parole, come quella ìcarteparole semplici e crudeliî (Un altro giorno), che qui ci sembra studiata allo scopo di rallentare il ritmo del verso, a fare pi? ìcrudeliî nel ìgiocoî le parole.

» una poesia, quella di Camaggi, che si legge díun fiato, e si rilegge con grande interesse perchÈ ci si sente coinvolti nella sua passione non estinta e nel ricordo piacevole e doloroso di essa.

Benito Marziano

Enrico Camaggi, Tra lampo e tuono (Libreria Editrice Urso, Collana ''Araba Fenice'' n. 23), settembre 2006, 16?, pp. 64, Euro 6,00
15) Giovanni Stella  Maschio
guntba@tin.it
Località:
Avola
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Mercoledì, 6 Settembre 2006 02:47 Host: host5-153.pool80104.interbusiness.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Ettore Randazzo, La giustizia nonostante, Sellerio editrice, Palermo 2006, pp. 177, Ä 10,00

Mentre accarezzo la copertina rileggo ancora una volta il titolo e mi colpisce, come la prima volta, quel nonostante che racchiude tutto il libro: dallíincipit ìMa almeno, avvocato, otterremo giustizia?î, alla chiusura ìQuasi un indennizzo... per lui. E per me, che mi ostino, chiss‡ perchÈ, a fidarmi della giustiziaî.
Líedizione Ë quella solita, raffinata di Elvira Sellerio nella collana ìIl divanoî, comoda anche per il formato tascabile, nella quale per stare in tema, líautore ñ al pari dellíassassino che torna sempre sul luogo del delitto ñ dopo la felice opera Líavvocato e la verit‡ di tre anni fa, ora propone La giustizia nonostante.
Eí un libro da divano, forse sÏ per il lettore, ma sono pagine, una dopo líaltra, scritte in trincea, da un generale che lotta, da decenni, in prima fila nellíesercito dellíavvocatura, per líavvocatura e la giustizia.
Un altro libro sullíavvocatura, sulla giustizia, dunque?
Assolutamente no. Non un libro di arringhe pronunciate e raccolte, come síusava un tempo, non un lavoro sulla storia, la genesi, le radici dellíavvocatura, non un volume di storie giudiziarie rievocate o di analisi solo tecnica dei mali della giustizia.
Il volume, in tal senso sui generis, Ë il frutto della simbiosi fra il narratore e líavvocato: in un testo accattivante e degno della migliore prosa convive tutta líesperienza posta a profitto nel rievocare, giorno dopo giorno, il tormento e la solitudine del difensore, che si fronteggiano con quelle del suo assistito.
Líautore, Ettore Randazzo, ha alle spalle, seppur giovane, una lunga militanza nellíavvocatura. Allievo di Nicola MadÏa e di Pierluigi Romano e come loro maestro completo, Ë noto sia agli addetti ai lavori che al grande pubblico per la strenua battaglia che su quel fronte combatte per una giustizia pi? giusta, alla guida dellíUnione delle Camere Penali Italiane, prestigiosa carica conquistata percorrendo incessantemente la via del dovere e del sacrificio.
Il risultato della fatica dellíautore, Ë indispensabile al giovane che si accinge alla professione nella sfera penale che ha prima saccheggiata poi sottratta la mia copia; al penalista esperto e serio che vi potr‡ confrontare con la sua casistica i rapporti con i suoi assistiti, lo snodarsi delle varie fasi processuali e le storture insite, i rimedi esperibili; al magistrato che chiamato ad amministrare giustizia, potr‡ rendersi conto tangibilmente di ciÚ che accade portandosi per una volta dallíaltra sponda del fiume; al cittadino comune che avvertir‡ quanto buio e incerto sia il tunnel ñ non molto dissimile da quello della grave malattia ñ di chi incappa nelle maglie della giustizia.
Nel volume alla introduzione fanno seguito sette capitoli, líultimo dei quali d‡ il titolo anche allíopera: sette tasselli sparsi ñ Finalmente solo. Líinganno della presunzione díinnocenza. Diritto di Difesa e Libert‡ del cittadino: teoria e pratica. Líinquisizione. Alla ricerca della retta via. La sentenza giusta. La difesa ìnelî e ìdalî processo mediatico. La giustizia nonostante ñ che alla lettura complessiva compongono quel mosaico dal soggetto nitido e dalla policromia di colori. Una copiosa appendice ñ il codice deontologico forense e quello del Magistrato e le regole di comportamento del penalista nelle indagini difensive ñ utilissima, anchíessa meritevole di attenta lettura, completa líopera.
In corpore vili (cosÏ Gesualdo Bufalino titolÚ idealmente il seminario dove mise a nudo sÈ e i suoi lavori) poteva essere a modesto avviso di chi scrive un titolo alternativo o un sottotitolo del libro.
PerchÈ qui líautore ñ ed Ë, ritengo, uno dei pregi maggiori dellíopera ñ si fa chirurgo di sÈ e si apre al cospetto del pubblico per mostrare a se stesso e agli altri le parti pi? nascoste e occulte, di avvocato e di uomo.
Randazzo racconta tutto della sua giornata che inizia al mattino presto e gli consente, nel silenzio del telefono e al riparo dallíinvasione dei clienti, di lavorare meditando e assistendo al sorgere del sole seduto sulla poltrona dei ricordi ñ una sorta di moviola della memoria ñ che ha resistito al tempo e al mutare dellíarredo.
Sono quelle poche ore, chiamiamolo cosÏ, il riposo del guerriero. Pi? che un riposo tuttavia, si tratta della preparazione agli eventi che nella drammaticit‡ dellíimprevedibile e spesso dellíinverosimile connoteranno il ritmo di tutta una lunga, estenuante, interminabile giornata.
In un processo di tipo accusatorio dove dovrebbe sussistere (o almeno vi si tende) la parit‡ fra le parti ñ accusa e difesa ñ una delle due gode gi‡ di per sÈ di una posizione privilegiata ñ non fosse altro perchÈ dispone gratuitamente di ingenti mezzi investigativi (dalle forze dellíordine a quantíaltro puÚ acquisire con provvedimenti) ñ e certamente non dovrebbe essere rappresentata in giudizio da soggetti che in base allíOrdinamento Giudiziario sono comunque ìcolleghiî dei giudicanti, con evidente anomalia, che sussisterebbe anche nellíipotesi in cui il collegio giudicante fosse composto da iscritti negli albi degli avvocati. Di qui la necessit‡, da tempo sollevata ñ purtroppo senza esito positivo ñ, della separazione delle carriere nellíambito della Magistratura. Solo cosÏ si puÚ dare vera attuazione al nuovo articolo 111 della Costituzione che nel disciplinare il Giusto Processo, sul quale molto si sofferma líautore, prevede lo svolgimento del processo ìnel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parit‡, davanti a giudice terzo e imparzialeî.
Una grande conquista di civilt‡ quella portata dalla nuova formulazione dellíarticolo 111 della Costituzione, che necessita tuttavia, come per tutte le grandi riforme volte a migliorare la Societ‡, per la sua completa attuazione ñ tra la norma costituzionale scritta e la sentenza resa cíË di mezzo la produzione legislativa speciale e il processo ñ di tempi lunghi, dibattiti, convegni, interventi del legislatore ordinario, pensiero di dottrina, pronunce di giurisprudenza e di testimonianze concrete, come questo libro di Randazzo che pone sotto la lente di ingrandimento tutti i piccoli e i grandi accadimenti che costituiscono gli anelli della lunga catena che Ë la vicenda giudiziaria.
Il processo penale quale mezzo al fine, strumento volto alla realizzazione della giustizia si appalesa di per sÈ un calvario, una sorta di tortura cinese, un incubo senza fine. E finisce col rivelarsi una vera e propria pena, ancorchÈ non detentiva, legata alla imputazione in caso di assoluzione, aggiuntiva a quella inflitta, in caso di condanna. Circostanza ben diversa dalla custodia cautelare, istituto di cui si fa spesso largo uso, fino allíabuso che costituisce invece una pena scontata anticipatamente e in caso assolutorio un grave irreparabile (non risarcito) danno al cittadino il cui dramma se lo porter‡ appresso tutta la vita.
Eí per tutta la durata del processo che líimputato si lega a doppio filo al suo difensore, come il paziente al medico, col quale condivide il dramma processuale, la solitudine e passo dopo passo, la sofferenza che entrambi vivono. Su questo aspetto il lavoro di Randazzo Ë puntuale, dettagliato, minuziosamente certosino e la descrizione dellíiter processuale d‡ contezza al lettore, soprattutto a chi mai ha avuto a che fare con la giustizia penale, quale Ë la realt‡, ignota ai pi?, che spesso sono giustizialisti irriducibili. FinchÈ ... non vengono raggiunti da un avviso di garanzia.
Rovescio della medaglia. Se la condanna dellíinnocente Ë il de profundis dello Stato di diritto e della civilt‡ giuridica e la stessa assoluzione Ë comunque preceduta dallíiter processuale, tormento e pena in sÈ, Ë opinione di chi sta scrivendo che alla condanna del colpevole di fatti gravissimi e di delitti efferati, deve conseguire la certezza che sconter‡ la giusta pena; chÈ ìmeccanismiî via via nel tempo che consentono uníampia riduzione e spesso la vanificazione della pena, sono altrettanto mortificanti quanto la sanzione inflitta a chi non Ë colpevole.
La mancanza della certezza della pena procura una incentivazione al delitto.
AndrÈ Gide che fu anche giurato popolare in un processo dal quale ricavÚ un gustoso libretto (Ricordi della Corte díAssise, Sellerio, stessa collana), scrisse che nei suoi soventi viaggi allíestero era solito visitare come prima cosa i giardini pubblici e i palazzi di giustizia.
Anche Randazzo ci rappresenta la sua predilezione a visitare le aule dei tribunali, laddove in base a come si svolge il processo ci si rende conto del grado di civilt‡ del popolo.
Eí vero. LíItalia, culla del diritto, ha perso il primato di garanzia processuale in favore dei paesi di Common Law che si ispirano alla Magna Carta, ma per fortuna Ë lontana dai riti processuali e dalle condizioni carcerarie di paesi come Thailandia, Turchia (chi non ha visto Fuga di Mezzanotte?), e via dicendo.
Fra i tanti argomenti líautore affronta anche quello relativo alla responsabilit‡ civile del magistrato (siccome ricorrente domanda dellíassistito al suo avvocato dopo líassoluzione) e lo tratta con signorile equilibrio sintetizzando la tesi pro e quella contro. Purtroppo gli argomenti contro la responsabilit‡ sono altrettanto validi anche per tutti gli altri cittadini, taluni spesso costretti a lavorare in condizioni di difficolt‡ e rischio enormi (si pensi ai medici; e non solo ad essi): eppure essi rispondono della responsabilit‡.
Gli italiani a larga maggioranza con un referendum si dissero favorevoli alla responsabilit‡ anche per i magistrati.
CiÚ nonostante con legge successiva il Parlamento nellíintrodurre líobbligo dellíammissibilit‡ dellíazione (e quindi di dover preventivamente svolgere una causa civile in tre gradi: con costi elevati e tempi lunghissimi), prima di poter iniziare líazione risarcitoria vera e propria, ha, di fatto, vanificato il risultato referendario.
Randazzo Ë anche uno dei massimi esperti di deontologia forense avendo lavorato al codice di categoria e pubblicato sullíargomento vari testi fra i quali un corposo volume scritto congiuntamente allíavvocato Remo Danovi, gi‡ presidente del Consiglio Nazionale Forense.
Pertanto non ha mancato di riportare molto opportunamente in appendice il testo del codice deontologico, ma si fa carico nel volume di dosare sempre e sapientemente il diritto ñ dovere della difesa, comunque da garantire, con il rispetto doveroso delle norme di deontologia, senza le quali salta líequilibrio processuale con rischio di sconfinare in una sorta di giungla giudiziaria.
Con una salutare ventata di ottimismo líautore conclude líopera manifestando la sua ostinata incessante lotta per contribuire volta a volta affinchË trionfi solo la giustizia. Nonostante...


Giovanni Stella
14) Carmela Monteleone  Femmina
carmelamonteleone@alice.it
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Avola (Sr)
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Giovedì, 31 Agosto 2006 03:44 Host: host96-155.pool80104.interbusiness.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Lucia Sortino, Il difficile cammino della mia vita
2006, 8?, pp. 56, Collana Cammini n. 2 della Libreria Editrice Urso, Euro 8,00

UN REGALO PER LUCIA

"Vorrei che la vita iniziasse un po' a ragionare, il pi? delle volte anche lei sbaglia ed assegna dei compiti difficili ed importanti a persone molto pi? piccole e fragili del compito stesso".
E' con questa meditazione sulla vita che Lucia Sortino† riporta alla mente i suoi 11 anni, quando un dolore allo stomaco iniziÚ a torturarla. Forse dolori mestruali? Forse appendicite? Fino a giungere al 26 dicembre del 2002 in cui la risposta fu una, secca e immediata e priva di remissioni di peccati: CANCRO.
La giovane Lucia, ora 17enne, nel suo libro-confessione non tralascia nulla.

"In alcuni dei miei ricordi mi ci vorrei infilare dentro per rifare quelle cose compiute da bambina, senza problemi, spensierata e felice come un tempo, quel tempo che non aveva lo stesso odore di quello di ora, quel tempo che rimarr‡ sempre in me".
Il ricordo della sua infanzia le d‡ forza di vivere. Ma la sensibilit‡ di Lucia Ë smisurata. CosÏ nonostante in lei vi sia un cancro che giornalmente la divora, si d‡ pena per i bambini affetti dallo stesso male , rivolgendosi al 'cancro' con queste parole: -io vorrei fare fuggire da te ogni piccolo bambino ma non posso- .quando penso ai miei piccoli amici morti a causa tua, mi sento quasi in colpa per esser stata pi? forte di loro. Io avrei voluto sconfiggerti non solo per me ma per tutti gli altri- ..perchÈ t'intrufoli nei bambini?".

Il cuore di Lucia Ë cosÏ sensibile e pieno d'amore, che arriva al punto di chiamare quelle piccole vite strappate dalla morte: -Eroi-. Scolpendo il loro ricordo nel cuore.

In mezzo a tale sofferenza, non da poco, Lucia osserva la vita con estrema accuratezza.

E saltano fuori delle grida con domande figlie di una lunga meditazione: -Una persona lotta per la propria guarigione, lotta tanto, prova tanti dolori, perde anni della sua vita in un letto, e poi il premio qual Ë? LA MORTE-.

Ma la giovane continua a meravigliarci. Nonostante abbia una croce da vivere si preoccupa delle guerre che attanagliano il mondo, manifestando cosÏ una grande umanit‡. E con disinvoltura riesce a donarci un paragone degno dei pi? grandi pensatori dove si antepongono le guerre combattute con le armi e quelle che lei e i piccoli eroi devono affrontare: -Vedo guerre di ogni tipoï.guerre per avere di pi?, guerre perchÈ si sconosce il vero amore, guerre perchÈ non si usano pi? dolci parole-.

Un altro giorno riapro la finestra e vedo ancora guerre, guerre diverse perÚ, non volute da noi.

Vedo piccoli ammalati, sofferenti e non conoscono il loro futuro".

Alle sue ore, la giovane Lucia, aggiunge attimi in cui parlando al cancro, come spesso fa, lo chiama "bastardo cancro" i prenderei a schiaffi, ti farei provare tutto ciÚ che fai provare tu, ma non posso farlo, tu sei solo un ammasso di cellule pazze, malate, tu sei un bastardo, sei un cancroï.

Come in ogni persona malata cronica, la contraddizione Ë forte.

Se da un lato grida bastardo cancro, dallïaltro cerca Dio come rifugio.

ïï.perchÈ si deve credere in qualcuno che Ë pi? importante di tutti gli uomini insieme, DIO.

Devi crederci e LUI ti aiuter‡ïï

Credo che sia proprio la presenza di Dio che la conduce a preoccuparsi per le lacrime che la madre versa e non per le sue. Ed Ë questa stessa presenza che la induce ad aver cura dei ïpiccoli eroiï† a cui lei Ë legata dal profondo dellïanima.

In Lucia riesco a vedere lïemblema della vita fatto di coraggio e forza intrepida.

Lei giovane e fragile ma al contempo dura e inossidabile.

Lei essere piccolo e indeciso ma al contempo grande e decisa a lottare.

Lei stanca di quelle degenze ospedaliere e desiderosa di tornare nella sua casa.

Lei che sogna i suoi sogni ad occhi aperti fra lacrime e singhiozzi celati.

Lei che ha avuto il coraggio di scoprirsi al mondo intero raccontando se stessa.

Si perchÈ Ë cosÏ. Ci vuole coraggio a raccontare la propria vita, indipendentemente dalla malattia.

Ci vuole coraggio ad aprire se stessi davanti a tutti. Usando una frase che io ripeto sempre: ïci vuole coraggio a sbuttanarsi al mondo interoï. †Una frase volgare ï.come spesse volte lo Ë la vita con noi malati cronici. SÏ, perchÈ lo sono anchïio e come Lucia non so se ho accettato tutto o no.

Voglio concludere queste righe con qualcosa di personale rivolto a Lucia.

ïCara compagna di sventura, tu non mi conosci ma anchïio sono una malata cronica.

Vivo con la dialisi e la mia malattia un giorno non molto lontano, avr‡ divorato tutti i miei organi conducendomi ad una fine straziante.

So cosa significa stare in ospedale, subire torture che non sai se serviranno a qualcosa.

Anchïio ho fatto il Prelievo midollare e le trasfusioni. Giornalmente faccio la dialisi 4 volte al dÏ per 30 minuti ogni cambio.

Ti capisco quando stai male. Come te mi sono legata ad amici cari che mi aiutano a sorridere e mi danno la forza di vivere.

La vita Ë piena di sorprese e fino alla fine la sceneggiatura puÚ cambiare anche nel finale.

E come diceva Raf in una sua canzone ...ïsognala la vita che vuoi non smettere mai, fai che sia infinita e cosÏ tu digli di sÏ ïsogni e tutto quello che cïË, sono dei frammenti di te, sono come un popolo un piccolo oracolo ïsogni se non cïË la fai pi?ïï.

Un abbraccio anche se non ti conosco

Ciao
Carmela Monteleone
13) Corrado S. Appolloni  Maschio
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Avola
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Martedì, 27 Giugno 2006 03:18 Host: host240-154.pool80104.interbusiness.it Scrivi un commento

Una vita (poesie, racconti, elzeviri), di Giovanni Stella ( Libreria Editrice Urso, Avola, 2003, pagg. XXVIII+1260, Euro 22,00)

Giovanni Stella Ë nato nel 1948 ad Avola, dove vive, ed esercita la professione di dottore commercialista.
La sua laurea in Economia e Commercio, conseguita discutendo una tesi in Tecnica bancaria, potrebbe far pensare a interessi molto lontani da quelli letterari, ma, se le vie del Signore sono infinite, anche quelle della letteratura non sono da meno.

Incamminatosi fin dall'adolescenza sulle luminose vie tracciate da PrÈvert, Quasimodo, Montale e Bufalino, ha trovato, cammin facendo, una sua personalissima via che, tra poesia e prosa, gli ha permesso di esprimere un complesso mondo di sentimenti ed emozioni che evidenziano unïinquietudine di fondo che lo spinge irresistibilmente a un'incessante ricerca di se stesso e degli altri, al desiderio di conoscere nuove verit‡ e nuovi orizzonti, a viaggi continui che ogni volta arricchiscono il suo bagaglio di esperienze e di conoscenze e che, ineluttabilmente, finiscono col legarlo sempre pi? alla sua odiata-amata Sicilia.

Malgrado nel titolo si accenni al 1989 quale data della sua prima opera pubblicata, Ë utile precisare che le prime composizioni poetiche risalgono al 1965, per cui la produzione letteraria del presente volume abbraccia quasi un quarantennio: per l'appunto "una vita", piena di ricordi, incontri, fatti e personaggi mai banali, tratteggiati con una penna che passa felicemente da squisite eleganze di gusto francese a fulminanti espressioni vernacolari.

E mi rendo conto cheTutto vale Nulla/ e che scrivo per lavarmi il cuore/ e per inviare un messaggio a quel fanciullo che fu/ e che ora non Ë pi?.

Questa malinconica confessione costituisce la pi? valida chiave interpretativa della ponderosa e personalissima recherche du temps perdu dell'eclettico autore.

Corrado S. Appolloni
12) Francesco Urso  Maschio
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Giovedì, 18 Maggio 2006 19:29 Host: host136-156.pool80104.interbusiness.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Demetrio Duccio, Filosofia del camminare, 2005, 8?, pp. 296, Euro 14,00
La strada ci cura perchÈ ci allontana da noi stessi
A pagina 31, 32 e 33 di Demetrio Duccio, Filosofia del camminare

Nessun luogo cosÏ composito, esposto, infido come la strada parrebbe poter essere fonte di cura, di raccoglimento e financo di consolazione. Eppure, Ë oltre il recinto, oltre le stanze, oltre il giardino, oltre il cortile che, mettendoci in cammino (e non solo metaforicamente), possiamo capire di pi? quel che siamo e vogliamo, che chiediamo a noi stessi. In una filosofia poetica, in una religiosit‡ personale paganeggiante e per questo guardata oggi ancora con sospetto, che si esprime nell'acuto, talvolta quasi doloroso, desiderio di sentirsi esistere sempre, e sempre di pi?, nella lucidit‡ della mente che cammina anche nei sogni, nel sonno, nei dormiveglia, nell'abbandono controllato dei sensi. Senza ricercare quella felicit‡ d'accatto, offerta come un prodotto di consumo, che non sia la gioia transeunte di aver raccolto un pi? intenso modo di percepire le forme plurime dell'esistenza. Un po' pi? di prima, sempre pi? avidamente di quel che si Ë saputo cogliere nei cammini precedenti.

La strada, che Ë viale, vicolo, piazza e poi sentiero, traccia, argine, Ë quindi una "strana" manifestazione dell'occuparsi di se stessi. Non perchÈ i muscoli si allenino, non perchÈ si scoprano cose gustose o si facciano incontri proficui e interessanti. Per l'esatto contrario:

-perchÈ i tessuti, sollecitati dal passo, restino senza uno sforzo cercato quel che sono, in base all'et‡ che ci Ë data;
- perchÈ le cose che si incontrano, osservandole da vicino, non saranno pi? le stesse nel momento in cui ne scriviamo, ne disegnamo - pur approssimativamente - i contorni;
- perchÈ non vogliamo proprio incontrare nessuno, in questi pur brevi spostamenti.
Senza alcuna tappa da raggiungere a ogni costo prima della sera; senza alcuna cima da scalare per essere fotografati in vetta o per farlo da soli in autoscatto; senza alcun abbigliamento da camminatori o emblemi peregrinanti. Semmai, lungo i loro percorsi meno battuti, parallelamente, a queste vie della fede, cercando nella dimenticanza delle selve una magione templare, un ostello verso gli imbarchi di Gerusalemme divenuto pieve o casale. La cura consister‡ cosÏ non nel dimenticare, nell'assentarsi da se stessi, nello "spaesarsi". Forse, all'apparenza, anche questo. Soprattutto nel concentrarsi di pi? su quel che non siamo, che ci viene a trovare perchÈ gli siamo andati incontro. Senza un tendersi la mano, un salutarsi, un informarsi reciproco. Dar altro valore alle cose, anche alle pi? consuete - in senso lato e multiforme - questo ci cura poichÈ non Ë rilassamento. » curiosit‡ avida. Siamo curati da un rinnovato, smodato, desiderio di distanziamento da noi stessi. Un camminare cosÏ, pi? che in altri modi di andare via, non morde, assaggia e poi riabbandona le cose. In una fretta ingrata e ingenerosa, scacciandole via. Ci consente semmai di assimilarle adagio, di ritrovarle, di sostare accanto a quelle che non c'erano il giorno prima, girandovi intorno. Ad attendere le altre che potranno esserci la mattina dopo o che avevamo trascurato. Tutto ciÚ Ë lezione esistenziale, consiglio morale. Se ci rasserena, sar‡ comunque pensosit‡.



...Il piacere del camminare meditando, per gustare quel che sentieri e strade secondarie riservano a chi pratichi l'arte dell'attenzione.

Peppe Santoro Giovedì, 18 Maggio 2006 19:31
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Un bel libro di un autore che apprezzo molto sopratutto per le indicazioni su come risolvere da sÈ i lievi problemi psicologici che possono capitare nella vita; ho apprezzato molto il libro anche come podista.
Buona lettura.
Peppe wink
11) Giovanni Stella  Maschio
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Giovedì, 13 Aprile 2006 04:33 Host: host48-155.pool80104.interbusiness.it Scrivi un commento Invia una E-mail

Benito Marziano, Altri anni, Libreria Editrice Urso, aprile 2005, Euro 8,50

Ferdinando Pessoa scrisse che ´il poeta Ë un fingitore. Finge cosÏ completamente che arriva a fingere che Ë dolore il dolore che davvero senteª.

†††††††† Me ne sono ricordato leggendo i versi di Benito Marziano.

†††††††† Come d'incanto, mi hanno spinto in un benefico, ristoratore, tuffo nel passato: richiamo di giovanile memoria.

†††††††† » stato uno sprofondare questo che credo possa toccare al lettore che si senta accarezzato dalla raccolta d'esordio del poeta netino.

†††††††† Altri anni Ë un'opera che non esito tout-court a definire ´prevertianaª, poichÈ ha in comune con i versi del grande poeta francese del Novecento oltre al tema dell'amore, descritto col gusto del paradosso, della realt‡ mista alla finzione, della gioia e del dolore che, alternandosi, si fondono, quindi si confondono, anche l'essenzialit‡ della parola.

†††††††† Marziano infatti fa un uso preciso della parola, riducendola - com'Ë buona regola dell'arte - all'essenziale, spogliandola del superfluo, presentandola in veste cristallina e con suono suadente e melodico, sÏ da essere diffuso con immediatezza alla mente e al cuore, veri destinatari del messaggio.

†††††††† PerchÈ le parole ï e Paroles Ë proprio il titolo della raccolta poetica pi? nota e struggente di PrÈvert - di Marziano sono suoni che si coordinano l'un dopo l'altro, volti a suggerire - tasselli sparsi di un mosaico che di volta in volta si ricompone - una corale invocazione alla vita, all'amore e un sofferto ricordo del dolore, necessario corollario dell'una e dell'altro.

L'amore come ricordo di giovent?, dunque, un ´riessereª col dono della memoria?

L'amore come stato d'animo e prova dell'esistere, eliminazione quindi della morte (a-mortis)?

O l'amore quale realt‡ oggi, finzione domani, l'uno e l'altra insieme il dÏ seguente?

†††††††† Questo, tutto questo Ë presente nella poesia di Marziano che con la sua prima raccolta edita fa ingresso nell'Olimpo dei poeti che ´mai viaggiano da soliª perchÈ ´portano sempre il male amaro del vivere e i dolori del mondoª.

†††††††† C'Ë il richiamo al Montale degli Ossi di seppia e al dolore dei poeti maledetti dell'Ottocento francese.

†††††††† ´Ho voluto per te fermare il tempo / a quando, carezzandomi il volto, / mi facevi proposte da puttana. / E poi ridevi...ª.

†††††††† CosÏ Marziano, nel mondo magico dell'arte, con l'uso della parola, ci conduce fra le immagini sfocate della memoria e sembra regalarci un quadro impressionista degno di Toulouse-Lautrec.

†††††††† E spesso su un sorriso di donna... si gioca una vita.

†††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††††† Giovanni Stella
10) Sebastiano Burgaretta  Maschio
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Venerdì, 10 Marzo 2006 06:00 Host: host245-154.pool80104.interbusiness.it Scrivi un commento

Salvatore Di Pietro, I perchÈ del nostro dialetto..., Libreria Editrice Urso, Avola 2006, Euro 18,00
DIALETTO; LINGUA VIVA

Queste pagine, certamente non esaustive, sono state scritte da un dilettante, ma di un dilettante nel senso etimologico del termine, cioË di una persona che ha osservato e studiato per diletto il suo dialetto e la gente che lo parla. Con questa clausola, che intelligentemente si libra tra il sussiego e lïautoironia, Salvatore Di Pietro congeda il suo corposo studio I perchÈ del nostro dialetto. Storia linguistica e sociale della Sicilia, edito dalla Libreria Editrice Urso di Avola. Eï unïaffermazione che fa onore alla modestia dellïautore e allïamore che egli, con questa articolata ricerca, dimostra di coltivare verso la sua terra e le persone che lïabitano. Non a caso il sottotitolo rende assai bene lo spirito e il registro che animano e guidano le linee generali di questo prezioso strumento, finalizzato a una conoscenza critica del nostro dialetto e a un approfondimento consapevole e articolato del rapporto che ogni uomo dovrebbe avere con la propria lingua di appartenenza, se vuole mantenere salde le radici della propria identit‡ storico-memoriale e promuovere la propria crescita socio-culturale, senza svendere sÈ stesso e il proprio portato antropologico-culturale al facile e allettante supermercato della globalizzazione indiscriminata e omologante.

Effettivamente il risultato dellïampio studio di Di Pietro si configura con i caratteri propri di una ricerca sociale e di costume, oltre che linguistica, della Sicilia e, in particolare, delle citt‡ sorelle di Avola e Noto. Ne sono prova evidente, confermata peraltro nel corso della ricerca tutta, le notizie ragionate, e spesso anche comparate, relative agli effetti che nel tessuto linguistico della Sicilia hanno prodotto fenomeni sociali di grande rilevanza, come lïemigrazione e la mafia con il loro corredo socio-antropologico e, di conseguenza, anche linguistico, talora persino con la creazione di veri e propri gerghi settoriali, quali, ad esempio, u brucculinu e u baccagghju.

Secondo lïaffermazione dello stesso Di Pietro, questo suo studio appartiene alla categoria del < prima che sia troppo tardi>, stante lïeutanasia linguistica che a suo dire viene indotta nella nostra societ‡ negli ultimi anni da quanti tendono a italianizzare la loro parlata. E quindi Ë un contributo di amore per uno strumento linguistico che Ë al tempo stesso strumento di cultura e di civilt‡, anche se probabilmente un timore come il suo puÚ apparire eccessivo e in contraddizione con quanto egli stesso afferma, quando poco prima puntualizza, a ragione, che il nostro dialetto, come del resto qualsiasi altro dialetto, essendo una lingua viva e usata soprattutto nella comunicazione orale, ha subito delle continue metamorfosi. Ed Ë nella natura stessa delle lingue proprie della comunicazione orale il dover subire continue trasformazioni, integrazioni e sostituzioni, esattamente come in un corpo vivo che rinnova le sue cellule pur nel mantenimento della matrice genetica di fondo. Per questo io sarei, al riguardo, meno pessimista, nulla togliendo al rimpianto e alla nostalgia per quanto si va tralasciando e/o perdendo, ma nondimeno con la fiducia nella vitalit‡ di un volto sempre nuovo di un corpo antico. Del resto simili considerazioni sono state sempre fatte nella storia del nostro dialetto, lungo il corso dei secoli, ad opera di studiosi e cultori. In quanto corpo vivo una lingua non puÚ non trasformarsi evolvendosi. Tanto per restare in Sicilia, se si va a leggere, per esempio, un testo siciliano di et‡ medievale, allorchÈ cioË il nostro dialetto aveva dignit‡ e ruolo di lingua ufficiale, ci si accorge di esser quasi davanti a un altro idioma, talmente variegato Ë lïesito dellïevoluzione plurisecolare subita dal corpo vivo della lingua siciliana, che ai nostri giorni, per motivi di ordine storico e culturale, viene ascritta allïordine dei dialetti.

Come corpo vivo il siciliano emerge anche dallïattenta ricerca e dalla metodica osservazione che sulla nostra lingua madre ha condotto Salvatore Di Pietro; un corpo vivo che parla della gente che lo adotta e tratta del cammino storico-culturale che questa gente ha compiuto e ancora compie. Un supplemento di analisi, che si aggiunge ad arricchire il lavoro, Ë fornito dalla storia personale e dalla condizione peculiare di vita dellïautore, che Ë nativo di Avola, dovïË vissuto per i primi venticinque anni di vita, e abita a Noto da ventisei anni. Gode perciÚ del privilegio di conoscere bene i sottodialetti delle due citt‡ e di poterne fare, nel contesto della sua metodica analisi, uno studio comparato, che rileva, con puntualit‡ e lodevole acribia, somiglianze e differenze che i cittadini dei due centri conoscono ma sulle quali magari non si sono mai sentiti spinti a indagare, per individuarne le ragioni storico-culturali.Di Dietro guida il lettore anche in questa direzione in tutta quella parte, assai ragguardevole, dello studio dedicata agli aspetti morfologici e sintattici dei due sottodialetti fratelli di Avola e Noto.

Ne viene fuori un ricco documento linguistico ragionato che Ë una vera e propria grammatica viva, la quale, come giustamente afferma lïautore, non Ë una rassegna di regole, ma il risultato dellïindagine sistematica dei meccanismi che determinano i fatti linguistici e che, generalizzandosi, trovano applicazione pratica nelle strutture delle frasi. Ed Ë anche un documento di alto valore culturale che, in virt? della condizione esistenziale, per cosÏ dire, ancipite dellïautore e dellïesito cui per ciÚ stesso questi Ë pervenuto con questo lavoro, avvicina una volta di pi? le due citt‡ sorelle. Un documento, dunque, che, anche per questa ulteriore ragione, oltre che per quelle intrinseche, non dovrebbe mancare nelle case degli avolesi e dei notigiani pi? attenti e aperti alla vita e al destino dellïuomo. Un documento che conserver‡ nel tempo il suo valore e del quale perciÚ il lettore farebbe bene a ringraziare, riconoscente, autore ed editore, con lïauspicio che ci siano tra noi, e sempre pi? numerosi, dilettanti come Salvatore Di Pietro.
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