da http://www.caminosantiago.org/cpperegrino/cpalbergues/caminofrances.html |
da http://caminodesantiago.consumer.es/albergues/ |
Con
l'andare si fa la via... SENTIERI PROPOSTI PER L'ANNO 2008 dalla Libreria Editrice Urso alla Mailing List con I PERIPATETICI DI ELORO e con AVOLA IN LABORATORIO L'attività esterna alla Libreria Editrice Urso, a parte ordinarie presentazioni di autori e libri in libreria e in locali pubblici, si dispiega nelle iniziative culturali di AVOLA IN LABORATORIO, dei PERIPATETICI DI ELORO e nelle ESCURSIONI DELLA MAILING LIST verso l'estero, con preferenza negli ultimi cinque anni della Grecia e della Spagna. Senza un rapporto costante e intrecciato con la società e con gli uomini la nostra stessa esistenza sarebbe stata ancora più povera. Ci corre l'obbligo di ringraziare amici vicini e lontani, che condividendo il nostro cammino, ci arricchiscono con tutti i loro doni che solo in parte si evidenziano in questo nostro virtuoso e virtuale spazio. | |
Viandante,
son le tue orme
20/21
marzo 2010 sabato/domenica
SETTIMA EDIZIONE DI DALLE
OTTO ALLE OTTO SALUTO
ALLA PRIMAVERA DEL 2009 per una primavera di pace nel mondo
e dentro di noi. Su itinerario proposto
già nel 2007 da Giuseppina Antonuccio Sessa, partenza da Piazzale della
Pace, sul Viale Aldo Moro alle ore 22,00; prosecuzione verso
contrada Mammanelli e sbocco al Km 3 della strada
statale 115 Avola-Noto. Condivisione della cena intorno alle 24.OO in casa privata, in contrada Cicirata con svolgimento
del tradizionale concorso e premiazione della
"Poesia regina della primavera 2009" (ognuno
dei partecipanti porta con sé, pena esclusione dalla
manifestazione, una poesia a tema libero che, leggendola,
sottopone al giudizio di tutti i partecipanti). Prosecuzione
del cammino con arrivo alla contrada Mare Vecchio per l'attesa dell'alba in prossimità della
tonnara di Avola, con la speranza, e, quasi, la certezza,
DA SAINT Jean Pied DE PORT,
OPPURE DA SOMPORT, FINO A SANTIAGO DE COMPOSTELA IL
PROGETTO CONTINUA (2004, 2005, ..., 2007, 2008, 2009...) Escursione
mediante un cammino di circa 800 km a piedi, in bicicletta
o a cavallo sino a Santiago de Compostela (Spagna). E'
l'itinerario di un pellegrinaggio rimasto vivo per oltre
1.000 anni, nella Spagna romana (allora erano i Celti a
percorrerlo), araba e cristiana. E' il Cammino di Santiago, "Il
Cammino" per antonomasia, che dai vari paesi d'Europa
conduce, attraversando il Nord della Spagna, a Santiago
di Compostela e al mare. Percorrerlo è
come rivivere più di mille anni di storia. Circa mille
sono infatti gli anni del cammino cristiano, ma prima ancora
era un cammino di iniziazione celtico... ADERISCI lasciando
Libro italiano dei pellegrini di Santiagointerno al sito della Libreria Editrice Urso.
Con la manifestazione LIBR'AVOLA si intendono realizzare camminate in lungo e in largo sui temi della letteratura della poesia, della narrativa, dell'arte, ecc., in una lunga serie di incontri realizzati intorno alla metà di ogni mese in locali pubblici e dedicati soprattutto alle opere e agli autori della Libreria Editrice Urso di Avola. Date programmate nel 2009: 22 agosto
Gruppo
dei PERIPATETICI
DI ELORO Consueto
appuntamento alle 9,30 della seconda domenica di ogni mese
(ad eccezione di luglio, agosto e settembre) nella
Piazza di Lido di Noto. Camminando e filosofeggiando, parlando di letteratiura, arte,
musica, scienza e di ogni altra cosa possibile e immaginabile,
si va attorno al teatro greco, all'agorà, al tempio
di Demetra dell'antica colonia greca di Eloros, in un paesaggio
unico...
Gruppo
di AVOLA IN LABORATORIO Associazione
di fatto di cittadini che vogliono promuovere uomini e cultura
nel territorio, senza obblighi di tesseramento e versamento di
quote sociali e senza organismi dirigenti; laboratorio originale
di democrazia culturale con miniconferenze a tema imposto e libero
allo stesso tempo, con appuntamenti fissi nell'ultimo mercoledì sera
di ogni mese (ad eccezione di luglio, agosto e settembre), dalle
20,30 alle 23,30 in Ristoranti-pizzerie del territorio netino e
avolese.
È necessario
comunicare sempre ogni adesione |
Viaggio
spirituale a Santiago (dal quotidiano LA SICILIA di venerdì 30 gennaio 2004) Il cammino spirituale verso Santiago de Compostela nelle iniziative del gruppo culturale "Avola in laboratorio". Nell'ambito degli "Incontri in pizzeria", mercoledì, si è discusso del viaggio al quale parteciperanno alcuni iscritti alla "Mailing list" di una libreria avolese, da San Jean Pied le Port in Francia sino a Santiago de Compostela in Spagna. Circa 800 chilometri segnano il percorso verso Santiago alla scoperta di luoghi e pensieri sconosciuti. La ricerca è spirituale ed è condotta da coloro che sentono l'esigenza di allargare le conoscenze culturali sfruttando la lentezza del passo e creando un solido legame con tutti i luoghi attraversati. Un modo, insomma, di conoscere il mondo ad una velocità che possa consentire di recepire i messaggi dei sensi e soprattutto di elaborarli con ritmi che accrescono l'esperienza senza che questa diventi una pratica stressante. Gli input della quotidianità appaiono infatti violenti superando la capacità di elaborazione perché troppi e in poco tempo. Il viaggio, in pratica, aiuta a pensare, completando, quindi, il processo di maturazione della avvenuta conoscenza di un evento prima del successivo messaggio che rimane in attesa di valutazione. Scoperta, solitudine, sofferenza, piacere di camminare ma anche incontri e relazioni casuali, caratterizzano il cammino, nel caso specifico verso un luogo che unisce la parte comune del misticismo, della religione e della filosofia. Nel corso dell'incontro di mercoledì, Tino Franza, già conoscitore del viaggio, ha relazionato sugli aspetti più significativi del lungo cammino raccontando la sua personale esperienza di circa un anno fa. Prima di lui l'introduzione di Francesco Urso, organizzatore della serata insieme a Sebastiano Burgaretta e a seguire, tra una portata e l'altra, gli interventi dei partecipanti. La valorizzazione delle associazioni culturali rientra nei fini dell'iniziativa. E' stato quindi invitato il maestro Sebastiano Bell'Arte, dell'associazione "Avola laboratorio musicale" che ha esemplificato e suonato l'antico strumento della cornamusa. Un incontro conviviale, in conclusione, finalizzato, come voluto dagli organizzatori, ad un proficuo scambio di idee, opinioni ed esperienze su argomenti ogni volta diversi ed approfonditi l'ultimo mercoledì di ogni mese. Giorgio Italia |
SCHEMA
DELLA RELAZIONE di Tino Franza sul tema VERSO SANTIAGO (per ''Gli incontri culturali in pizzeria'' dell'Assciazione ''Avola in laboratorio'', nell'incontro del 28 gennaio 2004 presso Ristorante-Pizzeria Al Carretto Contrada Laufi Noto Marina). La relazione è stata sui seguenti aspetti: 1. La scoperta. |
SANTIAGO
DI COMPOSTELA
|
Sui
mille e un modo di peregrinare,
a Santiago
«Dagli amici mi guardi Dio perché dai nemici mi guardo io!» Così mi sono detto con sorridente irritazione alla fine della serata di mercoledì 28 gennaio, dedicata al Cammino di Santiago. Il proverbio mi è tornato alla mente proprio pensando a quelle interpretazioni, a mio parere, arbitrarie, date al mio intervento dallamichevole compagnia di astanti che hanno - meritoriamente - svolto il dibattito. Un sorridente richiamo, beninteso, lo merito anchio, considerato che, per un eccesso di rispetto ai tempi di un programma - ahimè, dalle misure fin troppo abbondanti! - mi sono proibito di replicare alle osservazioni sollevate dalla mia relazione. Forse, anche, per un moto di disorientamento suscitato, non certo dagli assolutamente legittimi punti di vista diversi, ma da quelli appunto che - in buona fede, sicuramente - attribuivano al mio racconto - o ad altri racconti posti come impliciti? - contenuti del tutto assenti. Almeno credo. Tranne che, dal mio dire, non trapelassero risvolti di cui ero inconsapevole! Ad ogni modo, valga la buona fede e la licenza ermeneutica. Ciò che mi preme, dunque, adesso, è di riprendere proprio lo zoccolo duro della questione che è stata sollevata in quellincontro e che mi auguro prosegua sul forum di Ciccio Urso, in modo più meditato: Si può essere ugualmente pellegrini in modo laico e non religioso? Può concepirsi un pellegrinaggio sentimentale, oppure semplicemente esistenziale, motivato dal tentativo di scoprirsi, interpretarsi, identificarsi? Il viaggio, dunque, come passaggio, iniziazione e trasformazione in itinere, conversione esistenziale ? In breve, quello di Santiago deve necessariamente porsi come Cammino religioso? E infine - ci si dovrebbe chiedere - cosa intendiamo oggi per religioso? Per cominciare, mi si consenta di ricordarlo: non ero il pellegrino della tradizione. Il mio viaggio non è stato un atto di penitenza o di ringraziamento, o uninvocazione di grazia. Non ero un uomo del Medioevo, mosso da intenti edificanti o speranze salvifiche. Né poi credo che, se uno cerca Dio, debba spingersi così tanto lontano. Forse, non esistono luoghi speciali sulla terra dove trovarlo, neanche sulla Via di Santiago! Chissà, probabilmente, Dio è là dove ci si trova, anzi, là dove noi lo facciamo entrare, svolgendo fedelmente il nostro compito, vivendo le relazioni con gli altri uomini, le cose, il creato intero. Tanto meno, sono partito per sfuggire alla routine o per il bisogno di cambiare. E poi cambiare cosa? La casa dove abito? I vicini che incontro la mattina? La fidanzata? Lambiente? La mia città? No, almeno credo. Anche se un naturale elemento di rottura con le pastoie della stanzialità cè sempre in ogni viaggio, quello di fede compreso. Volevo solo avere, davanti a me, una strada lunghissima, e camminare lungo uno dei più vecchi percorsi del mondo, zaino in spalla, come un mulo, finché le forze me lo avrebbero permesso. Avevo fame di lentezza e di silenzi. Desiderio di fermarmi a osservare pianure assolate avvolte nel silenzio, paesaggi che mutano da regione a regione e la bellezza semplice di una chiesa romanica, di un ponte medievale o di uno sguardo femminile. Desiderio di ritrovare, più della meta, la solitudine e la serenità di antichi monasteri, di mangiare un pezzo di pane e formaggio disteso sullerba, gli occhi allinsù. Desiderio di ripercorrere le orme lasciate dalle fiumane di autentici camminatori di Dio che mi hanno preceduto. Ma anche, perché no, voglia di una verifica, di fare il punto con me stesso e il mondo. E per fare tutto ciò, che cosa cera di meglio che andare a piedi? E quale percorso è più ispirato, ardente, gravido di Storia e di storie del Cammino di Santiago? Erano queste, grosso modo, le motivazioni che mi avevano spinto a scegliere quella meta e non unaltra. Le ricordo a chi faceva osservare che dietro al mio viaggio, proprio a Santiago e non altrove, mancassero delle chiare e precise ragioni! Saranno state magari troppe, ma vaghe no! E, ancora: sì, una ricerca del genere non ha nulla di religioso. Eppure, non nasconde forse un valore lo stesso sacro - o post-religioso, nel senso che ne da Bonhoeffer - lesperienza di quanti tentano di realizzare la propria umanità, non nella trascendenza metafisica a cui siamo assuefatti, né in quella immaginativa, che è tipica delle religioni orientali, ma in quella etica, che consiste (oltre che nellesistere per gli altri) nello sperimentare una liberazione da sé e nellapertura al mondo (e pertanto a Dio)? E a cosaltro assomiglia, se non a questo nuovo tipo di trascendenza, anche lo stesso viaggio di conoscenza e di scoperta, che oggi muove in tanti sulla via di Santiago, a patto che quel percorso sia concepito con ragionevoli intenti, con tanta abilitade per comprendere lo mundo e le genti e scoprire le umane debolezze e le magnifitudini dei popoli, che è già grande patrimonio di intelletto, come scriveva nei primi anni del 1200 lautore del Liber Sancti Jacobi? Se tutto ciò non bastasse a legittimare il viaggio non religioso a Santiago, in base alla principio che il senso del Cammino in altro non possa consistere che nellesclusivo pellegrinaggio devozionale, mi permetto di ricordare - ma, attenzione, non per giustificare tutto, financo le ragioni più scriteriate - che, storicamente, nel caso di Compostella, non sempre prevalevano le sole istanze religiose. Numerose sono le fonti medievali che informano dellesistenza di individui che trasformavano il pellegrinaggio in un viaggio di piacere e davventura. Come il caso, allincirca otto secoli fa, del poeta Guido Cavalcanti, anchegli in cammino per Santiago, il quale, ostacolato nella sua peregrinazione, oltreché dalle esitazioni spirituali, dalle terrene apparenze, goliardo dunque più che pellegrino, si fermò a metà strada nella fiorente e galante città di Tolosa, innamoratosi duna giovane donna che egli chiamò Anetta o Amandetta, apparsagli nella chiesa della Daurade in riva alla Garonna, «tutta accordellata istretta», dove Guido sospinse anche la sua musa: Vanne a Tolosa, ballatetta mia ed entra quietamente alla Dorata. Ma, questo, è solo uno dei tanti esempi dellimpossibilità di separare due modi di viaggiare con tanti tratti in comune. E, ancora, molte altre prove dimostrano che, accanto a coloro che intraprendevano il viaggio spinti dalla fede e dalla speranza di vantaggi spirituali, esistevano pure quelli che lo facevano per semplice curiosità, desiderosi di conoscere nuove terre e nuovi orizzonti, oppure tutte e due le cose insieme. Che dire, per esempi,o della moda dei viaggi di formazione, diffusasi a partire dal XVI secolo fra nobili e borghesia soprattutto negli ambienti protestanti? Questi viaggi avevano molti tratti in comune con i pellegrinaggi; ne erano spesso la prosecuzione, seppure con un diverso scopo. Si continuava a recarsi a Roma, ma una volta sul posto ci si interessava anzitutto e soprattutto ai luoghi dellantica grandezza di Roma, senza escludere naturalmente una visita alle tombe degli apostoli. Fra i tratti in comune che esistevano nei veri pellegrini e in quanti viaggiavano per motivi di formazione, cera poi una certa propensione alla razionalizzazione: entrambi disdegnavano il vagabondare senza meta; pianificavano diligentemente il loro viaggio e lo realizzavano con grande cura. Tutto sommato, sia i pellegrini che quanti viaggiavano per motivi di formazione, volevano ottenere dal loro viaggio il maggior numero possibile di benefici. Gli uni volevano approfondire la loro fede, gli altri la loro conoscenza. Ai pellegrini importava la salvezza eterna, mentre a quanti viaggiavano per motivi di formazione la conoscenza di questo mondo. «Buen Camino!», dunque. Tino Franza |
Sui
mille modi Caro Franza, le risposte che qui dai alle 'arbitrarie interpretazioni ' di quella serata - che io, premetto, condivido in pieno - hanno tuttavia bisogno di qualche precisazione ulteriore. Perché, in effetti, se a quelle obiezioni, che ritengo molto più 'subdole' di quanto non possano apparire di primo acchito, si dovesse dare solo una risposta, diciamo così, 'di merito', rischieremmo di non cogliere pienamente la reale portata della posta in gioco, cadendo pure noi in banalizzazioni psicologistiche e sociologico-esistenziali. Quelle obiezioni, infatti, più che mettere in discussione la 'legittimità' delle diverse esperienze di quel viaggio o cammino, 'pretendono' di stabilire una scala di valori, culturali e sociali, fra esperienze 'importanti' ed esperienze che, come la nostra/vostra, non lo sarebbero, in quanto mosse da stimoli 'non universalistici' di individui divenuti 'oggi' epigoni insulsi di una Grande Tradizione. Ho cercato di dimostrare nella mia risposta, che spero tu abbia letto, come sia palesemente 'ERRATO' anche questo aspetto 'profondo' di quella obiezione. Un saluto. Orazio Parisi |
Da "Il Manifesto" del 3/9/2003
Il
cammino di Santiago di Compostela, in Galizia, era rimasto abbandonato.
Ora folle di pellegrini ricominciano a marciare per i 1.600 chilometri
della «via podiense» che traversano Francia, Pirenei,
Navarra e Leon. Il pellegrinaggio, l'enigma di una pratica comune
a quasi tutte le religioni umane (tranne una: la Riforma)
MARCO D'ERAMO
Guidando
sulle strade dei Pirenei, di Navarra e dei Paesi Baschi s'incrocia
spesso un segnale triangolare, bordato di rosso, simili a quelli che
portano disegnata la silhouette di un cervo o di un cinghiale, per
avvertire che questi animali possono traversare all'improvviso la
strada. Solo che qui l'ombra cinese è quella di un viandante
con un cappello a tesa larga, un fardello sulle spalle, una mantella,
un bastone alto e dall'impugnatura ricurva. Sotto il segnale stradale,
la scritta: «Peligro. Peregrinos andando». Dal di fuori
può sembrare balzano che un pio pellegrino venga paragonato
a cervidi o suini, ma non qui dove l'ombra di San Giacomo domina il
paesaggio per centinaia di chilometri. Perché nel terzo millennio,
nell'era del computer e della New Economy, ancora oggi quest'area
nel nord della Spagna è letteralmente cosparsa di varianti
del «Cammino di Santiago di Compostela», il più
famoso luogo di pellegrinaggio europeo fuori dall'Italia (Santiago
in spagnolo vuol dire appunto San Giacomo). Un pellegrinaggio che
nel `900 era andato progressivamente spegnendosi: era celebrato solo
dal generalissimo Francisco Franco che capeggiava i pellegrini davanti
alla Cattedrale di San Giacomo per presentare l'offrenda nacional, particolarmente negli anni giubilari del santuario
(che cadono ogni sette anni), soprattutto nell'anno Santo del 1965,
quando la rivista dell'Archicofradía, Compostela, contò 109.000
pellegrini. Il fondo fu toccato negli anni `70, quando solo una manciata
di persone intraprese il cammino: nell'introduzione a The Pilgrimage
to Santiago De Compostela in Middle Ages, Maryanne Dunn e Linda Davidson, le maggiori
specialiste nel campo, dicono che nel 1979 i pellegrini furono in
tutto e per tutto circa 70. Ma dagli anni `80, questo rito antico
sta invece risorgendo dalle sue ceneri, soprattutto dopo le Giornate
mondiali della Gioventù del 1989 che il pontefice Karol Wojtyla
celebrò proprio a Compostela. Secondo Dunn e Davidson, nel
1993 i pellegrini furono di nuovo 99.000, e il loro numero sta crescendo,
almeno a stare alle cifre fornite dal quotidiano francese Le Monde che ha mandato un inviato a Le Puy-en-Velay (Alta Loira), il punto
di partenza della più famosa delle quattro vie che portano
a Compostela, la via podiensis (le altre tre vie partono da Parigi, Arles e
Vézeley), che comporta 1.600 km da percorrere in 50-60 giorni
di marcia a seconda del passo. A Puy-en Velay i pellegrini partecipano
a una messa e poi in sacrestia si fanno timbrare un libretto color
pergamena che costituisce una sorta di lasciapassare del pellegrino,
ma anche l'attestato che ha percorso tutte le tappe. Ora, i timbri
erano 2.532 nel 1999, sono diventati 5.725 nel 2002 e quest'anno dovrebbero
raggiungere i 6.500, tanto che il quotidiano El Pais ha
lanciato l'allarme, dicendo che il Cammino di Compostela sta andando
in crisi per l'eccessivo afflusso di pellegrini.
Il pellegrinaggio di Compostela è ormai unico al mondo, perché
nell'era del trasporto veloce - auto, jet, treno, corriera - è
l'unico fedele all'idea originale. Vi sono altre mete certo più
frequentate: basti pensare ai milioni di persone che ogni anno nell'Islam
compiono l'hagi, il pellegrinaggio alla Mecca, o ai milioni di «pellegrini»
giunti a Roma per l'anno santo, o i 6-7 milioni di persone che ogni
anno si recano a San Giovanni Rotondo nel Gargano a venerare Francesco
Forgione, detto Padre Pio. Ma tutti costoro si fanno portare nel «luogo santo».
Il pellegrinaggio perde così la sua prima ragione di essere,
che era quella di un'espiazione e di un'intercessione grazie allo
sforzo dell'andare. Peregrinus in latino vuol dire «lo straniero»
(proprio nel senso di Albert Camus), colui che non appartiene al luogo
in cui transita. Nel pellegrinaggio, l'andare è molto più
importante della meta verso cui si dirige: hagi significa anche «dirigersi verso»
la casa di dio in terra, mentre il termine indiano tirtha trae origine dal «guado»
e dal bagno purificatore, e il giapponese henro è «camminamento»
(notizie tratte dalla lunga voce «Pèlerinages et lieux
sacrés» dell'Encyclopaedia Universalis).
Nel
Medioevo il pellegrinaggio era comminato come punizione di qualche
peccato, e più grave era il peccato, più lontana era
la meta. Il pellegrino alla Mecca si guadagnava il titolo di hagi, di «santo»
grazie ai disagi affrontati per raggiungere la Kaaba dall'Atlantico
e dal Pacifico. I ricchi notabili medievali pagavano qualcuno che
pellegrinasse al posto loro, un po' come nell'800 i giovani abbienti
si facevano sostituire - pagando un sostituto - nel servizio di leva
obbligatorio. Il perdono o l'intercessione divina sono «pagati»
dallo sforzo, dai disagi, dai pericoli corsi dai pellegrini.
È
incredibile come questa pratica sia diffusa in quasi tutte le religioni
del mondo (con una sola, notevole eccezione). Gli antichi greci si
recavano a Delfi; gli ebrei vanno al muro del Pianto; gli hindu si
affollano innumerevoli santuari, oltre che naturalmente Varanasi (Benares)
sul Gange; a Ceylon le folle si dirigono verso il Tempio del Dente
a Kandy, e in Birmania vanno alla Pagoda Shwe Dagon di Rangoon; i
buddisti giapponesi vanno a Kamamura e Nara; quelli cinesi a Mont
Omei in Szechan ad adorare di Bodhisattva Samantabhadra. Personalmente
ricordo il tempio Famen ricostruito nel 1982, nello Shaanxi, a 115
km a ovest di Xi'an, l'antica capitale imperiale. Durante gli scavi
per la ricostruzione, da una sottostante cripta di epoca Tang sono
riemersi più di 1.000 oggetti sacrificali compresi manufatti
d'argento e tavolette di pietra con scritture buddiste, 27.000 monete
e, audite, audite, ben quattro sacre falangi
(note come sarira) del Buddha che anch'io intravisto nella calca
dei fedeli. Come davanti a Loreto e a Fatima, il pellegrinaggio produce
a Famen la sua industria, fa aprire ristoranti, bancarelle di souvenir,
di santini e di bibite le cui lattine vuote cospargono l'asfalto.
Ma
certo è che nessuna religione ha prodotto pellegrinaggi quanto
il cattolicesimo. Alla rinfusa, e solo tra i più frequentati
«luoghi sacri»: in Italia il Volto santo a Lucca; S. Francesco
e la Porzinucola ad Assisi; Sant'Antonio a Padova, la Casa Santa a
Loreto, oltre naturalmente Roma e, di recente, San Giovanni Rotondo;
in Portogallo Fatima; in Francia la tomba di San Martino a Tours,
il Monte Saint Michel, il tempio di Maria a Le Puy, dopo il 1200 la
testa di Giovanni Battista ad Amiens, nei tempi moderni Lourdes e
Lisieux (Santa Teresa); in Belgio la fiala del Sacro Sangue a Bruges;
in Germania la «vera» tomba di San Bonifacio a Fulda;
le reliquie della sacra veste a Treviri e quelle dei re magi a Colonia;
in Inghilterra le reliquie di San Cuthbert a Durham e la tomba di
Tommaso Becket a Canterbury; in Irlanda la tomba di San Patrizio;
in Polonia l'icona della Vergine di Czestochowa (dopo il 1.200); e
troppo lungo sarebbe enumerare i luoghi di pellegrinaggio in America
Latina.
Come
si vede la terra è costellata di punti in cui il divino è
più vicino all'umano, un po' come per i greci c'erano sorgenti
sacre, sacre querce, monti sacri. Ricordo il primo impatto di Bali,
quando, appena arrivato, il tassista si fermò per fare un'offerta
a un albero, e pregarlo. Si capisce perché per la riforma protestante
i pellegrinaggi siano stati uno dei tratti che accomunavano il papismo
all'idolatria pagana, con questo culto delle unghie del santo, dei
calli della beata, questa convinzione delle doti salvifiche del capello
di un apostolo. Così già nella Confessione di Augusta,
redatta da Melantone, approvata da Martin Lutero e presentata nella
dieta del 1501, il pellegrinaggio è annoverato tra «le
azioni inutili e infantili»: in fondo, il mercato delle indulgenze
- la scintilla che scatenò la Riforma - non faceva altro che
chiedere soldi in cambio di pellegrinaggi. Il protestantesimo è
perciò forse l'unica religione al mondo che non contempli luoghi
sacri particolari (l'altare di dio è nell'anima di ciascuno
di noi) da raggiungere con sudore, fatica e dispendio.
E
certo è che tra tutti i pellegrinaggi, Santiago de Compostela
è quello che più offre il fianco alle critiche di Melantone.
In fondo i pellegrini che andavano a Gerusalemme si recavano sul colle
dove Gesù aveva subito la crocifissione, i romei andavano a
venerare gli apostoli Pietro e Paolo, martirizzati a Roma. Ma perché
Compostela, in un angolo sperduto del nord della Spagna? L'apostolo
San Giacomo Maggiore (San Giacomo minore sarebbe il fratello di Gesù)
era stato decapitato a Gerusalemme qualche anno dopo la crocifissione
(Atti degli apostoli, 12, 2): perché venerarlo all'altro capo del Mediterraneo?
Il perché sta in una prodigiosa «invenzione della tradizione»
nell'alto Medioevo. Fino al VI secolo, San Giacomo maggiore resta
bello tranquillo sepolto a Gerusalemme. Nel VII secolo comincia invece
a diffondersi la voce che la sua salma fosse stato portato in Spagna
che egli avrebbe in precedenza evangelizzato (?). Finché fu
solo tra l'VIII e il IX secolo che la tomba di San Giacomo è
scoperta a Compostela.
Queste date vanno accostate con il sorgere e l'espandersi dell'Islam:
è nel VII secolo, quando compare la leggenda del corpo traslato
in Spagna, che nasce l'Islam, con l'egira che inizia nel 622. Nel
636 cade Gerusalemme, il grande luogo sacro della cristianità.
Nell'VIII secolo la Spagna è ormai quasi tutta in mano musulmana,
tranne un piccolo lembo di terra al Nord, vicino alla costa galiziana
dell'Atlantico, appunto il regno delle Asturie (dove si trova Compostela).
Ed è il re Alfonso II (791-842) che costruisce la prima basilica
in terra sulla «tomba dell'apostolo»: Alfonso III (866-910)
la sostituirà con una basilica in pietra.
La
diffusione del pellegrinaggio continuerà a intrecciarsi con
il confronto tra cristianità e Islam. La basilica è
distrutta nel 997 dal condottiero al Mansur, comandante del califfato
di Cordova, che porta via le campane di Santiago, le fa fondere perché
diventino i lumi a olio della grande moschea di Cordoba. E la costruzione
dell'edificio attuale comincia nel 1078, quando sta iniziando appunto
la reconquista (e nel 1099 Gerusalemme
cade in mano ai guerrieri della prima crociata): per nemesi storica,
quando nel 1236 Ferdinando III di Castiglia riconquisterà Cordoba,
farà fondere le lampade della moschea e con questo bronzo rifabbricherà
le campane a Santiago. Ma, tornando all'XI secolo, la basilica di
Compostela riceve enorme impulso dalla riforma cluniacense e i benedettini
vi fondano monasteri e case di accoglienza. È allora che il
pellegrinaggio si diffonde. E, fatto straordinario, nel XII secolo
il pellegrinaggio genera la prima guida turistica - in senso proprio
- del mondo, La guida del pellegrino di San Giacomo di Compostela che descrive percorsi, tappe, ostelli, passaggi
difficili (come le lande della Guascogna, deserto di uomini e terra
che risucchia i passanti), sparla dei paesi baschi e della Navarra,
ma fornisce un vocabolario elementare basco di «frasi utili».
L'autore ha un'esperienza personale del viaggio: «Mentre procedevamo
verso Santiago, trovammo due navarresi seduti sulle rive del rio Salado
che stavano affilando i loro coltelli... Alle nostre domande risposero
con una bugia dicendo che certo l'acqua era potabile ... Perciò
noi abbeverammo i cavalli nella corrente e subito due di loro morirono»
(cap. VI: è disponibile una traduzione inglese del 1993).
Pellegrini vengono da tutta Europa: in Scandinavia vengono trovate
molte tombe con incise il simbolo del santo, una capesanta (la conchiglia
che è anche l'icona della Shell, e che in francese si chiama,
appunto, coquille saint-jacques): nel '400 sono pubblicate molte memorie di pellegrini veneziani,
francesi che raccontano le peripezie, gli incontri con briganti, i
pericoli, i passi pirenaici.
Così oggi il moderno camino di Satiago è rimasto l'unico
pellegrinaggio antico al mondo, in cui l'andare conta più dell'arrivo.
In parte si è trasformato: è una via di mezzo tra trekking
e turismo d'arte. C'è perfino chi lo fa a rate: 15 tappe un
anno, 15 il successivo, e così via. Ma la rinascita di Compostela
dice anche qualcosa di più profondo e (dal mio punto di vista)
più preoccupante, ovvero che assistiamo a una controffensiva
dell'«idolatria cattolica» (i retablos delle chiese spagnole evocano irresistibilmente
i templi hindu), rispetto all'austerità del divino nella religione
riformata. È in questo senso, e non solo dal punto di vista
degli incidenti stradali, che ha un significato il motto del cartello
stradale: «Pericolo: pellegrini in cammino».
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Cammino
di Santiago de Compostela
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