Le
tradizioni e il folclore avolese
Il
CARNEVALE Dl AVOLA
Il
primo documento relativo al Carnevale avolese risale agli inizi
di questo secolo. Si tratta dell'articolo Carnevale in Avola
pubblicato nel 1912 da Gaetano Apollo Gubernale sulla rivista "La
Siciliana", da lui diretta. Le notizie più interessanti riguardano
le maschere che, nei giorni della festa, inondavano le vie cittadine
in un festoso andirivieni che si concludeva la notte del martedì
con il rogo del pupazzo rappresentante Re Carnevale. Il Gubernale
scrive:
"La
maschera che conta un maggior numero di affiliati è quella
del massaru con vestimento all'antica, cioè la tradizionale
ormai scomparente meusa in testa, camicia di flanella
bianca, giacca cortissima, calzoni di velluto, ampi e corti fino
al ginocchio, calzette lunghe e bianche e stivaloni larghi. I massari
camminano saltellando sulla punta dei piedi, tenendo in mano una
forcella e sulla spalla i vertuli (bisacce). Vien dopo quella
dei micheli consistente in un berrettone a maglia bianca
infilato sulla testa fino al collo, con quattro buchi orlati di
rosso, fatti adattamente in ordine agli occhi, al naso e alla bocca;
e una lunga camicia di donna stretta al fianco da una cordicella
di liama (disa), oppure da una correggia di cuoio ornata
da cianciani (sonagli). I micheli portano in mano
una maccia r'ardicola (pianta di ortica), o una frasca d'ulivo,
con le quali van pungendo e percotendo gli amici e i parenti che
incontrano per via; il loro passo è un trotto continuato;
la voce un gutturale monotono, rullante, noioso. Essi sono capaci
di combinare per le vie scenette ridicole, umoristiche, piacevoli
per gli spettatori". Le maschere dette micheli avevano un
ruolo particolare l'ultima sera di Carnevale. Mentre
in piazza il pupazzo simbolo del Carnevale veniva bruciato e la
folla ballava manifestando la propria allegria, i micheli
piangevano il morto, circondandolo e agitandosi per simulare dolore,
facendo contemporaneamente tintinna re i sonagli che portavano al
collo. Altra maschera molto diffusa era quella dei piscaturi,
consistente in un cappuccio a punta e un lungo soprabito o pastrano
stretto al fianco con la solita liama.
I
piscaturi tenevano al braccio sinistro un gran paniere da marinaio
e nella mano destra una lunga canna (cimetta) in capo alla
quale stava attaccato un pezzo di spago, trattenente un cocciu
di pastiglia (una castagna disseccata). I monelli facevano a gara
per afferrare la pastiglia e quando l'avevano presa non potevano
evitare i colpi di canna che il piscaturi dava loro sulla
testa onde far lasciare "l'esca".
Altre
maschere erano quelle dei ruffiani e dei ballarini.
Quest'ultima era quasi identica nella foggia al costume tradizionale
greco. Un altro elemento associabile alla Grecia classica era dato
dai carri ambulanti
di
poeti dialettali e musici, simili a quelli usati dai greci nelle
feste orgiastiche in onore di Dioniso. Questi carri, detti dei pueti,
ci inducono a parlare di un'altra antica tradizione avolese: la
recita in pubblico delle poesie dialettali. Durante il Carnevale,
soprattutto nelle ore pomeridiane, i poeti giravano per il paese
su carretti siciliani addobbati per la circostanza con ramoscelli
di oleandro (rànnulu). Scrive il Gubernale: "Il carretto
è sormontato da più individui, quasi sempre contadini,
vestiti nelle fogge richieste dall'argomento che debbono trattare,
dove non deve mancare assolutamente il rappresentante la parte della
donna, il quale veste il costume semplice delle nostre massaie,
con un largo cappellaccio di curina (palma nana) in testa
e un fazzoletto di falsa seta che lo copre in parte. Stanno innanzi
l'autore della poesia, vestito per lo più da pulcinella,
e il suonatore della brogna, rudimentale strumento a fiato
ricavato da una grossa conchiglia di tritone. Negli incroci delle
strade il carretto si ferma e il suono inconfondibile della brogna
fa accorrere la gente curiosa". E ancora: "Gli argomenti delle storii
son tratti da una novità del giorno, e spesso pungono
con frizzi l'amministrazione comunale, gli avvocati, i dottori,
gli operai caravigghiari (pretenziosi), gli usurai, i padroni
di casa, i preti, i mugnai, i farinai, il governo... talvolta si
mettono in caricatura certi individui conosciuti dal poeta, traendone,
alla fine, una conseguenza morale".
Spesso
si esponevano argomenti di natura sentimentale e amorosa con salaci
allusioni a mariti traditi.
Per
tutto il periodo di Carnevale diffusissima era la tradizione di
trascorrere le serate recitando, per passatempo, indovinelli (nivinagghi).
Dal
secondo dopoguerra alla fine degli anni cinquanta, in una delle
piazze di Avola, venivano costruiti dei casotti nei quali, a Carnevale,
si teneva una specie di pesca con i numeri della tombola. Tra gli
oggetti messi in palio c'era di tutto, persino animali domestici
vivi, specialmente galli, che si tenevano sul tetto dei casotti.
I ragazzi giocavano col desiderio di vincere i pasticciotti, grossi
dolci rotondi ripieni di marmellata.
Sul
finire degli anni '50 i festeggiamenti carnevaleschi subirono un
periodo di crisi. Dai 1961 la pittoresca tradizione è stata
ripresa su basi nuove e con intento prettamente turistico. Da allora
i festeggiamenti del "Carnevale Avolese" si svolgono ogni anno.
Il programma, in genere, prevede quattro giorni di festa. Il sabato
grasso, alle ore 15,30, comincia a girare per le vie cittadine il
pupazzo, detto Re Carnevale, al suono della banda musicale. Alle
17,00 si tiene in piazza Umberto I un defilè di bambini in
maschera con
premiazione delle maschere più belle. La domenica, alle 15,00,
dal viale Lido parte una grandiosa sfilata di carri allegorici,
gruppi folkloristici, carretti siciliani e comitive in costume.
La sera si suona in
piazza Umberto I e la gente che non si reca a ballare nei locali
notturni passeggia in un mare di coriandoli e stelle filanti o balla
nei diversi settori della piazza. Il lunedì è dedicato
quasi esclusivamente alla recita delle storii, la cui tradizione
è stata felicemente ripresa con la partecipazione di numerosi
poeti che accorrono anche da vari centri della provincia. La giornata
del martedì è dedicata alle prove finali della gara
di poesie dialettali e ad una sfilata simile a quella della
domenica. Nella tarda serata, al centro della piazza Umberto I,
viene bruciato Re Carnevale, tra la musica e il divertimento della
gente.
Sebastiano
Burgaretta |